mercoledì 14 aprile 2010

I dannati di Varsavia

Sembrerà che me la meni e che non sia così "americano" come professo, andando a parlare di un'altra opera di Wajda, questa volta datata 1956/1957, ed ancora radicata all'eredità di follia e morte lasciata dal secondo conflitto mondiale.
Ma che posso dire: quando c'è di mezzo un gran film, confini ed epoche contano ben poco.
Wajda, allora trentunenne, e probabilmente fagocitato dai problemi economici e sociali della Polonia post-conflitto, si dedica ad un'opera girata con evidenti limitazioni in termini di mezzi e produzione, sopperendo agli stessi con una tecnica a dir poco splendida, dal piano sequenza iniziale - non rimanevo così affascinato dalla prima visione di Breaking news di Johnnie To, altro memorabile piano sequenza d'apertura - alla lenta, inesorabile discesa agli inferi che spetta i protagonisti della vicenda.
Condannati dalla voce narrante fin dalla prima scena, infatti, i membri della resistenza parte della squadra che sarà anima della trama divengono il simbolo di una lotta impari ed inutile contro un destino che ha già scritto non soltanto il copione del film, ma anche quello di un paese, e forse dell'intero genere umano, sprofondato in una fogna portatrice di tutto il marcio che si cela in ogni animo.
Nemici quasi invisibili a parte, dovuti a mezzi economici limitati e ad un'intuizione che farà scuola nei decenni successivi - qualcuno ha detto Carpenter? E Walter Hill? Per non parlare di The descent - i fantasmi peggiori che i protagonisti vanno ad affrontare nel loro viaggio attraverso il sistema fognario di Varsavia, diretti una salvezza che pare flebile quanto la speranza di contrastare l'esercito tedesco, in rotta eppure ancora troppo forte per loro, sono i conti in sospeso con loro stessi.
Non per nulla il regista si sofferma maggiormente sulle dinamiche interne alle due coppie creatisi nel cuore del gruppo di fuggitivi, rimaste quasi immediatamente isolate dal gruppo e alle prese l'una con una speranza - quella della sopravvivenza, e di stare insieme - che si affievolisce sempre più, e l'altra con la certezza - soltanto da una delle due parti - che questo non potrà mai accadere.
Amplificando l'effetto di questa terrificante solitudine crescente, e del terrore che si annida all'interno di una speranza sempre troppo flebile, le gallerie del sistema fognario divengono sudari viscosi di mota e fumo, pronti ad inghiottire anche per mezzo della luce, che mai come in questo caso è stata solo maschera di una salvezza impossibile.
Forse perchè dalla guerra non c'è uscita.
E forse perchè la guerra esiste con l'uomo.
Inutile tentare la fuga, e ancor più provarci passando dall'interno.
Qualcuno una volta ha avvertito il mondo che guardando nell'abisso, l'abisso ricambierà sempre l'occhiata.

"So much blood from such a tiny little hole."
MrFord

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