Visualizzazione post con etichetta Tim Miller. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tim Miller. Mostra tutti i post

venerdì 27 dicembre 2019

Ford Awards 2019: del peggio del nostro peggio




Come ogni anno, l'appuntamento con il Ford Award dedicato ai film peggiori passati su questi schermi nel corso degli ultimi dodici mesi diventa un momento utile per riflettere non solo sulle pellicole clamorosamente brutte o malriuscite, ma anche su quelle che, per aspettative o potenzialità, hanno tradito clamorosamente le attese. Quale sarà il vincitore di quest'anno di questa decisamente poco ambita classifica?


MrFord



N°10: US di JORDAN PEELE

Noi Poster

Apre la carrellata proprio una pellicola dal sapore di delusione profonda: Jordan Peele, alle spalle il successo di Get out, porta sullo schermo una riflessione sulla società e le differenze legate ad essa di grande impatto visivo e tecnicamente molto valida. Peccato che compia uno dei passi falsi peggiori che un autore possa compiere: pecca di grandissima presunzione, e proprio quando potrebbe diventare un nuovo cult, finisce per avvitarsi su se stesso perdendo gran parte della potenza accumulata nel corso dei minuti. E quel "noi", all'improvviso, diventa "loro", e Peele appare più parte del Sistema che non della Ribellione.


N°9: TERMINATOR - DESTINO OSCURO di TIM MILLER

Terminator - Destino oscuro Poster

Altra clamorosa delusione - nonchè occasione sprecata - legata ad una pellicola che personalmente attendevo con trepidazione rivelatasi la fotocopia sbiadita del mitico Terminator 2 - Il giorno del giudizio. L'idea di portare sullo schermo il vero e potente sequel dei primi due film di una saga che negli anni ha avuto molti bassi e pochi alti non ha portato ad altro se non ad un'operazione nostalgia nata e finita male. Un vero peccato, soprattutto per i vecchi fan.


N°8: WOUNDS di BABAK ANVARI

Wounds Poster

Altro giro, altra delusione per un titolo della scuderia Netflix finito al Saloon spinto dai commenti positivi di alcuni colleghi bloggers e dalle atmosfere cronenberghiane partito in modo intrigante e finito con il peggiore dei finali finto autoriali/pessimisti/finti incomprensibili.
Un pasticcio che inghiotte un attore sempre interessante costretto, con la cornice di New Orleans, a tenere il peso dell'intero lavoro sulle spalle, fumo negli occhi di quelli che, come a conti fatti è stato, paradossalmente finiscono per stregare, non si sa come, i cinefili più radical.


N°7: X-MEN DARK PHOENIX di SIMON KIMBERG

X-Men: Dark Phoenix Poster

E anche la saga dei nuovi X-Men, iniziata qualche anno fa come prequel della precedente, non sfrutta la spinta dei due ottimi capitoli iniziali e si chiude con una delusione cocente, una pellicola che stravolge le vicende narrate negli albi a fumetti e diventa un baraccone poco emozionante e coinvolgente in grado di far risultare scialbi o mettere in disparte anche personaggi clamorosamente azzeccati come il Quicksilver di Evan Peters.
Un peccato, perchè i mutanti di casa Marvel, in realtà, avrebbero potenzialità perfino più grandi dei loro cinematograficamente più illustri colleghi Avengers. E invece finiscono qui.


N°6: HELLBOY di NEIL MARSHALL

Hellboy Poster

Altro regista amatissimo in casa Ford, altro titolo che portava grandi aspettative, altre clamorosa delusione. Con l'ingrato compito di riproporre un personaggio reso molto bene sul grande schermo qualche anno fa da Del Toro, Neil Marshall toppa in modo sconvolgente regalando, si fa per dire, al pubblico una pellicola pasticciata, dozzinale, troppo pane e salame - e non in senso buono, questa volta - perfino per uno come il sottoscritto, che del pane e salame ha fatto negli anni una bandiera.
Più concentrati sull'idea di dare inizio ad una nuova saga e ad un brand, gli autori perdono la strada presto e male, confezionando un lavoro spento e senz'anima. 


N°5: DOMINO di BRIAN DE PALMA

Domino Poster

Nel corso degli anni anche i grandi registi, purtroppo per me, di tanto in tanto hanno finito per popolare la classifica del peggio, senza sconti quando la delusione era troppo grande o il risultato del loro lavoro decisamente lontano dagli standard che gli stessi avevano negli anni contribuito a settare: a questo giro tocca a Brian De Palma, storico nome del thriller che, sfruttando - spero insieme ai suoi produttori - la scia di notorietà del protagonista legata al ruolo giocato in Game of thrones finisce per compiere uno degli scivoloni più clamorosi della sua carriera, ed invece di una riflessione profonda sul ruolo del terrorismo oggi - specialmente in Europa - finisce imprigionato in una vera e propria fiera del pacchiano e delle banalità da Studio Aperto.


N°4: ALADDIN di GUY RITCHIE

Aladdin Poster

Se qualche anno fa qualcuno mi avesse detto che Guy Ritchie, autore di cose come Lock and stock e The Snatch, sarebbe finito a dirigere l'ennesimo, inutile reboot/remake di un Classico Disney - che peraltro amo moltissimo - giusto per fare cassa, avrei riso, e anche forte.
E invece ecco che l'autore anglosassone finisce schiavo delle manie di protagonismo di Will Smith e di una revisione di Aladdin che mescola parkour e presunta "modernizzazione" ed una povertà di idee che ha del clamoroso: perfino i Fordini, che conoscono il cartone animato a menadito - e forse proprio per quello - hanno attraversato la visione totalmente indifferenti.


N°3: ESCAPE ROOM di ADAM ROBITEL

Escape Room Poster

I teen horror di sopravvivenza sono un vero e proprio campo minato all'interno del quale avventurarsi, cinematograficamente parlando: il rischio di trash senza ritegno e pellicole pronte a "totalizzare zero sul grafico Pritchard" è elevatissimo, e le possibilità di incontrare qualcosa di davvero interessante sempre troppo basse.
Appartiene pienamente al novero Escape Room, filmetto dimenticato in fretta perfetto nell'incarnare la pochezza di questo tipo di Cinema. Che, forse, potrebbe non essere neppure considerato Cinema a tutti gli effetti.


N°2: PEPPERMINT - L'ANGELO DELLA VENDETTA di PIERRE MOREL

Peppermint - L'angelo della vendetta Poster

Firmato dallo stesso autore del tanto detestato - qui al Saloon - primo Taken, Peppermint entra a piedi uniti nel filone del revenge movie di grana grossa, propinando al pubblico una vicenda assolutamente implausibile raccontata con l'arroganza di chi, al contrario, pensa di stare realizzando qualcosa di profondo ed interessante. In realtà, tutto suona come una versione al femminile del suddetto Taken, giusto per arruffianarsi l'opinione pubblica sfruttando tutto quello che è accaduto ed è diventato, purtroppo, una sorta di "moda" nell'ultimo paio d'anni.
Una vera e propria schifezzona che si contrappone alle delusioni d'autore di questa classifica.


N°1: LA LLORONA - LE LACRIME DEL MALE di MICHAEL CHAVES

La Llorona - Le lacrime del male Poster

E a proposito di schifezzone, ecco quella che vince a mani basse il Ford Award per il peggio del duemiladiciannove: un horror totalmente illogico, prevedibile, noioso, realizzato come peggio non si poteva e nato da una costola della più fortunata serie The Conjuring.
Una produzione buona per le peggiori distribuzioni da agosto inoltrato e sale deserte che qui al Saloon abbiamo avuto la sfortuna di incrociare in una di quelle serate di stanca in cui un horror - o un film di genere - potrebbe avere il potere di migliorare l'umore e distrarre come un massaggio rilassante, e che in questo caso ha finito per rivelarsi peggiore di qualsiasi incubo.



I PREMI

Peggior regista: Pierre Morel per Peppermint - L'angelo della vendetta
Peggior attore: Nicolaj Coster Waldau per Domino
Peggior attrice: Jennifer Garner per Peppermint - L'angelo della vendetta
Premio "parrucchino di Nicholas Cage" per il personaggio trash: la Llorona, La Llorona - Le lacrime del male
Effetti "discount": Wounds
Premio "dolcetto o scherzetto" per il costume più agghiacciante: le incarnazioni del Genio in Aladdin, Aladdin
Stile de paura: Linda Hamilton per Terminator - Destino Oscuro
Premio "veline": Mackenzie Davis per Terminator - Destino Oscuro
Peggior scena d'amore: un qualsiasi siparietto sentimentale legato a Jean Grey, X-Men Dark Phoenix
Premio "pizza, spaghetti e mandolino": la trasformazione da moglie modello ad assassina sterminatrice di Jennifer Garner, Peppermint - L'angelo della vendetta

mercoledì 6 novembre 2019

White Russian's Bulletin



Alle spalle i festeggiamenti ed i bagordi legati al compleanno, torna con il giusto e standardizzato ritardo il Bulletin, che se non mi sono perso tra una sbronza e l'altra la memoria di qualche visione recupera due dei titoli dei sabati sera Cinema con i Fordini ed un paio di novità molto chiacchierate di recente, giunte una dal calderone di Netflix e l'altra direttamente dalla sala, prima di chiudere con un ripescaggio targato Prime Video, tanto per sottolineare l'importanza che, ormai, hanno le piattaforme streaming per il Cinema.


MrFord



LA STORIA INFINITA (Wolfgang Petersen, Germania, 1984, 102')

La storia infinita Poster

Nella carrellata di pellicole che attendono i Fordini nel programma "sabato sera Cinema" che con Julez abbiamo inagurato da qualche settimana non poteva mancare uno dei cult assoluti di tutti i nati tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta, La storia infinita.
Ricordo ancora quando lo vidi al Cinema all'aperto al mare con mio nonno, abbastanza inquietato dal Nulla e dallo scontro tra Atreyu e Gmork: come scritto nel post per il compleanno, allora mi rivedevo nel timido Bastian che riviveva nella fantasia le gesta tradotte in parole dagli scrittori, mentre ora sono più un ibrido tra lo stesso Atreyu e Falcor, altra creatura cinematografica divenuta mitica.
Nonostante oggi se ne vedano tutti i limiti e rispetto al romanzo perda ovviamente il confronto, il film funziona ancora come favola, e ai Fordini, cresciuti in tutt'altra generazione, è piaciuto molto, incuriositi dal confronto tra Bene e Male e dai "mostri": e la macchina del tempo che innescano i loro occhi nel corso della visione è una vera e propria magia.




WOUNDS (Babak Anvari, USA/UK, 2019, 95')

Wounds Poster


Circolato rapidamente nella blogosfera dopo il tam tam creatosi a seguito della distribuzione su Netflix, Wounds è stato forse il "film di Halloween" per molti degli avventori del Saloon, considerate le contrastanti recensioni lette praticamente in ogni dove: portato sulle spalle da un sempre ottimo Armie Hammer ed ambientato in una New Orleans sotto la quale pare pulsare un mondo di blatte, Wounds parte con un buono spunto e idee interessanti, pur senza inquietare o forzare lo spettatore al jump scare: peccato che, come spesso accade con i film di nicchia ed almeno parzialmente ambiziosi, lo sviluppo e lo scioglimento della trama con conseguenti rivelazioni finiscano per fare acqua - o blatte - da tutte le parti e conducano ad un finale che, in tutta onestà, mi ha lasciato davvero molto perplesso.
Un progetto, dunque, che poteva risultare particolare ed interessante che, invece, si sgonfia minuto dopo minuto fino a risultare perfino fastidioso: peccato, perchè mantenendo forse una maggiore semplicità e buttando meno ingredienti nel calderone qualcosa di abbastanza tosto sarebbe potuto uscire. Qualcosa, quantomeno, diverso da una blatta.
Che potrà essere imbellettata quanto si vuole, ma resterà sempre una blatta.




HOOK - CAPITAN UNCINO (Steven Spielberg, USA, 1991, 142')

Hook - Capitan Uncino Poster


Altro giro per i "sabati sera Cinema", ed altro film cult, questa volta per chi apparteneva alla generazione appena successiva alla mia, come il buon fratello Ford: ricordo che vidi Hook all'inizio dell'adolescenza, catturato dalla bellissima sequenza della gara di insulti alla tavola dei Bimbi Sperduti proprio durante una delle innumerevoli visioni del più giovane - ma non all'apparenza - dei Ford: il lavoro di Spielberg, baracconesco e per famiglie, era e resta un film sottovalutato e magico, che ai più vecchi tra noi ricorda il grandissimo Robin Williams in una delle sue tante interpretazioni, con personaggi cult - Rufio spacca! - e quel qualcosa che incolla allo schermo anche quando si incrocia il suo cammino dopo averlo imparato a memoria.
Prova del suo valore, il fatto che entrambi i Fordini abbiano retto alla grandissima le due ore e venti di visione senza battere ciglio, infilando domande a raffica sui rapporti tra i personaggi ed assaporando un nuovo elemento legato all'amore scoppiato di recente per "Il rock di Capitan Uncino" di Bennato.
E il Bangarang è finalmente arrivato anche ai più piccoli di casa Ford.




TERMINATOR - DESTINO OSCURO (Tim Miller, USA/Spagna/Ungheria/Francia/Germania/Rep. Ceca/Cina/UK/Australia/Nuova Zelanda/Canada, 2019, 128')

Terminator - Destino oscuro Poster


Devo ammettere che l'hype per il nuovo Terminator firmato dal regista di Deadpool con protagonisti Linda Hamilton e Schwarzy era davvero alle stelle, quasi si potesse tornare ai fasti dei primi due episodi del franchise, maltrattato in anni recenti se non per l'ultimo Genysis, primo valido dai tempi del mitico T-1000: e proprio allo strepitoso Judgement Day strizza l'occhio - per usare un eufemismo - questo Destino Oscuro, che mescola apparentemente le carte solo per riportare in gioco trama e situazioni del lavoro di James Cameron, bruciando completamente un personaggio che poteva diventare decisamente interessante come quello dell'umana potenziata Grace catapultandolo in una copia smorta del secondo film della saga prima di immolarlo sull'altare dell'eccessivo carisma dei "vecchi", che per quanto sacrificabili - ma non troppo - diventano ancora una volta gli squali pronti a mangiarsi qualsiasi charachter o situazione anche potenzialmente affascinante.
Una grossa delusione, per gli occupanti di casa Ford e per chi come me vide l'ascesa del T-1000 in sala, cui questo nuovo Rev-9 può giusto giusto pulire le cromature.




AUGURI PER LA TUA MORTE (Christopher Landon, USA, 2017, 96')

Auguri per la tua morte Poster


Giunto in una sera di stanchissima sugli schermi del Saloon - credo di aver battuto ogni record precedente di abbiocchi nel corso di una visione, oltre a quello di essere andato a letto entro le ventitre senza essere malato -, Auguri per la tua morte, una sorta di versione slasher di Ricomincio da capo - apertamente citato a fine pellicola -, nonostante i tracolli da divano appena citati si è rivelato molto più divertente ed interessante di quanto non potesse suonare alla vigilia, finendo per fare fronte ad una certa scontatezza in fase di scrittura con una leggerezza di fondo che non guasta mai, e fa pensare che, in fondo, il regista non debba essere troppo spocchioso.
Interessante anche, pur se in qualche modo abbastanza telefonata, la ricerca dell'assassino da parte della protagonista e le varie modalità di omicidio portate in scena in questa versione "sanguinolenta" del Giorno della Marmotta, pronta a mostrare allo spettatore un pò di cara, vecchia, old school del genere priva di jump scares o trucchetti buoni giusti giusti per i due secondi del salto e poco altro.
Assolutamente imperfetto, ma decisamente meglio di quanto potessi pensare.


sabato 31 dicembre 2016

Ford Awards 2016: i film (dal 10 all'1)




Ed eccoci finalmente arrivati: la cavalcata dei quaranta titoli favoriti da questo vecchio cowboy per quanto riguarda le pellicole uscite in sala nel duemilasedici giunge alla conclusione con una decina senza dubbio prima di cuore che di testa o tecnica, all'interno della quale ho voluto che fossero principalmente i sentimenti a farla da padroni.
Quale sarà, dunque, il film che conquisterà la vetta?




N°10: THE END OF THE TOUR di JAMES PONSOLDT

 

Come ben saprà chi ha seguito le vicende del Ford Award dedicato ai libri, il romanzo che ha consacrato David Foster Wallace, Infinite Jest, è risultato per me una rottura di coglioni cosmica.
Prima che tentassi quella scellerata impresa, però, mi avvicinai all'autore americano grazie a questo film, che è prima di tutto un grande ritratto di un'amicizia, il primo titolo ad avermi fatto quantomeno comprendere in parte il gesto compiuto dal mio carissimo amico Emiliano.


N°9: KUNG FU PANDA 3 di JENNIFER YUH e ALESSANDRO CARLONI

 

Senza ombra di dubbio, a prescindere dal suo valore, Kung Fu Panda 3 è un film che resterà per sempre nella mia memoria, perchè è il primo visto in sala dal Fordino, che venera Po come un eroe.
A prescindere, però, da quella che è stata la mia esperienza, il terzo capitolo del riuscitissimo franchise Dreamworks è una lezione sull'importanza della capacità di mantenere una mente aperta e pronta ad imparare, sempre e comunque, sulla ricerca di se stessi e sul sostegno che una Famiglia può dare in modo da permetterci di compiere anche imprese apparentemente impossibili.
Ai tempi del post, lo descrissi come "Gandhi che incontra i cartoni animati".
Ed è proprio così.


N°8: DEADPOOL di TIM MILLER


Deadpool è una clamorosa, incredibile, devastante, fottuta figata atomica.
Non ho nient'altro da dire.


N°7: THE HATEFUL EIGHT di QUENTIN TARANTINO

 

L'uscita in sala di un nuovo film di Tarantino è sempre e comunque un evento.
Quest'ultimo Hateful Eight ha diviso i suoi fan hardcore, e per quanto mi riguarda ha rappresentato uno dei punti più maturi della carriera del ragazzaccio di Knoxville.
Dialoghi fittissimi, un approccio meno cazzaro ed una riflessione sulla Storia degli USA che prosegue il discorso iniziato con Django. Una bomba.


N°6: HELL OR HIGH WATER di DAVID MACKENZIE


Giunto da queste parti grazie al tam tam della rete, distribuito - forse - poco e male in Italia, il lavoro di MacKenzie è un esempio di quello che il Cinema di Frontiera e Western è per la settima arte.
Ritmo tesissimo, outsiders, echi di Cimino e riscatto sociale, fratellanza, sacrificio, violenza e follia.
Una sorta di Point Break - l'originale - del Nuovo Millennio. 


N°5: THE DRESSMAKER di JOCELYN MOOREHOUSE

 

Presentato come una commediola da due soldi dall'insulsa distribuzione italiana, The Dressmaker rappresenta, al contrario, la commedia nera più profonda delle ultime stagioni.
Figlio di un'Australia di provincia, di dicerie, maldicenze, vendette e vecchi peccati, un film sulla famiglia e sull'assurdità della vita che riesce a divertire, commuovere e scuotere come la vita stessa.


N°4: ROOM di LENNY ABRAHAMSON

 

Un film che è stato senza dubbio tra le sorprese dell'anno, non il mio favorito ma uno di quelli, come per la corsa agli Oscar, che ho amato di più.
Come padre, come figlio, come cinefilo: l'interpretazione del piccolo Jacob Tremblay è da antologia.
Eppure, passa quasi in secondo piano rispetto all'enome gamma di emozioni che questo film smuove.


N°3: CREED di RYAN COOGLER

 

Non poteva che guadagnarsi il podio il ritorno sul grande schermo di uno dei personaggi che ho più amato nel corso della vita - e non parlo solo di Cinema -, Rocky Balboa: affidandosi al giovane - e bravissimo - Ryan Coogler, Sly tira fuori uno dei migliori film della saga dello Stallone Italiano nonchè l'interpretazione più importante della carriera, che gli è valsa un Golden Globe ed un quasi Oscar. Il Tempo ci batterà tutti, ma non può battere un mito così.


N°2: ANIMALI NOTTURNI di TOM FORD

 

Affrontato con clamorose riserve ed atteso come l'ennesima pellicola radical da bottigliare, Animali notturni si è rivelato ipnotico e denso, quasi un ritorno alle atmosfere del Lynch dei tempi d'oro.
Una vendetta d'amore letteraria che diviene una cicatrice lasciata per sempre nel cuore, un crescendo magico che esplode in un finale da restare senza fiato che riesce a fare invidia a gente come Wong Kar Wai.


N°1: CAPTAIN FANTASTIC di MATT ROSS

 

Ed eccolo, il vincitore del Ford Award di quest'anno.
Per la prima volta, credo di non aver premiato necessariamente il film più bello, o quello con la valutazione più alta assegnata.
Semplicemente, il mio cuore di spettatore, di figlio e di padre ha indicato la via.
Ed è stato un enorme piacere così.



I PREMI

Miglior regia: Tom Ford per Animali notturni

Miglior attore: Jacob Tremblay per Room

Miglior attrice: Jennifer Jason Leigh, The Hateful Eight
Scena cult: l'evocazione dei "chi", Kung Fu Panda 3 e Sweet Child O'Mine al funerale, Captain Fantastic
Miglior colonna sonora: Hell or high water

Premio "leggenda fordiana": Rocky Balboa, Creed

Oggetto di culto: il costume di Deadpool, Deadpool

Premio metamorfosi: Ben Foster e Chris Pine, Hell or high water
Premio "start the party": la famiglia Cash nella foresta, Captain Fantastic
Premio "be there": ancora una volta, la Philadelphia dello Stallone Italiano




MrFord

martedì 23 febbraio 2016

Deadpool

Regia: Tim Miller
Origine: USA, Canada
Anno:
2016
Durata:
108'








La trama (con parole mie): Wade Wilson, ex membro delle Forze Speciali, mercenario dal cuore tenero, dopo aver trovato l'amore trova anche, sotto l'albero di natale, un cancro terminale. Avvicinato da misteriosi individui che dicono di volerlo guarire per renderlo, di fatto, un supereroe, ed accettata la loro offerta nella speranza di poter tornare accanto alla donna della sua vita, Vanessa, Wade si trova con il volto ed il corpo completamente sfigurati dalla mutazione, poteri incredibili di rigenerazione ed una grande incazzatura celata abilmente dall'ironia che l'ha sempre contraddistinto.
Inventato, grazie all'amico Weasel, l'alter ego Deadpool, Wade inizia a pianificare la tanto agognata vendetta contro i responsabili di tutte le sue disgrazie: peccato che sistemarli a dovere sarà più difficile del previsto e dovrà avvenire forzando un'alleanza certo non desiderata con alcuni degli X-Men di Charles Xavier.










Con ogni probabilità, se il mio io quattordicenne avesse visto Deadpool al Cinema, la mia storia sarebbe stata molto diversa, o se non molto, almeno in parte: ai tempi delle medie e dei primi anni delle superiori, infatti, patii tantissimo una timidezza che superai davvero soltanto con la fine dell'adolescenza lottando con le unghie e con i denti, e da appassionato di Fumetti adoravo il modo in cui un supereroe come l'Uomo Ragno dribblava il problema con battute a raffica ed un umorismo da maschera pronto a scacciare ogni paura.
Ma, già allora, c'era chi era riuscito a fare molto meglio del vecchio Testa di tela: sto parlando del Mercenario Chiacchierone, l'antieroe numero uno tra i miei favoriti dalla metà degli anni novanta ad oggi, Mr. Wade Wilson, alias Deadpool.
Leggere le sue avventure era come assistere ad una versione dopata e pirotecnica di quelle di Spidey, quasi come se si passasse da Wall Street a The Wolf of Wall Street, o da Lock&Stock a Pulp Fiction: da allora, ed anche dopo aver appeso gli albi a fumetti al chiodo - o quasi - come lettore, il charachter aveva mantenuto un posto d'onore nella mia memoria, custodito gelosamente nonostante una piccola parte non esaltante nel per nulla esaltante Wolverine: Origins e nell'interprete scelto in quell'occasione e dunque per questo tanto atteso esordio in solitaria su grande schermo, Ryan Reynolds, uno degli attori più cani dell'universo conosciuto.
Ma torniamo al mio io quattordicenne, che probabilmente sarebbe uscito dalla sala esaltato oltre ogni misura e convinto di poter superare qualsiasi timidezza a suon di battutacce e scorrettezze verbali alla maniera del vecchio Wade, e ringrazierebbe in eterno l'esordiente Tim Miller per aver confezionato non solo il film di supereroi - anche se la definizione non piacerebbe a Pool - più grandioso dell'anno, ma anche delle ultime stagioni, vincendo a mani basse la concorrenza pur agguerrita e portando sullo schermo una versione pulp e soprattutto ironica come non mai dei vari Kick Ass, Scott Pilgrim, Super e via discorrendo: perchè Deadpool è questo, un cocktail esplosivo di quelli pronti a stendere il bevitore esperto senza che se ne accorga o distruggere quello alle prime armi già dalle prime sorsate.
Narrazione scomposta, quarta parete letteralmente sbriciolata da uno strabordante protagonista - da impazzire i riferimenti alla saga cinematografica degli X-Men, tra Patrick Stewart e James McAvoy, quelli a proposito delle scene più violente e della colonna sonora o il riferimento alla scarsa capacità attoriale dello stesso Reynolds, impagabile -, scene d'azione esilaranti e perfette per ogni patito dei film di botte e degli effettoni, un crescendo con tanto di battaglia finale che ad un tempo omaggiano e sbeffeggiano tutti gli stilemi di un genere, scorrettezze come se piovessero e perfino lo spazio per una storia d'amore che, a suon di volgarità e colpi bassi, finisce per diventare più romantica di tante altre raccontate con epica ed enfasi certamente maggiori e seriose: e poi legnate, sangue, teste mozzate, proiettili, risate, vecchie cieche appassionate di Ikea e la costruzione della base per un protagonista che, se continuerà ad essere scritto e diretto con questo piglio, rischierà di soppiantare nel cuore dei fan del genere qualunque altro.
Il mio io quattordicenne, scrivevo poco sopra, sarebbe uscito esaltato e pronto a lottare con sorriso e lingua lunga contro la timidezza ed il mondo: non so se sarebbe andata diversamente da come effettivamente è stato, ma quello che è certo è che mi piacerebbe potergli mostrare cosa il futuro è stato in grado di fare con uno dei nostri favoriti di sempre del Fumetto mainstream.
Ma in fin dei conti, chi se ne frega. Del mio io quattordicenne e di tutte le elucubrazioni.
Io, oggi, nel duemilasedici, sono uscito dalla visione di Deadpool esaltato ed a pieno regime.
Quasi come se mi fossi fatto un acido e schiaffato i titoli di testa di Enter the void per un paio d'ore, poi Spongebob per un altro paio ed infine avessi sognato un coltello piantato in testa per vedere uscire animaletti animati da dietro le spalle di Julez.
E l'effetto, a distanza di un giorno o due, non è ancora finito. Anzi.
Dunque fanculo i quattordici anni, la critica, il questo ed il quello.
Deadpool è una ficata come ne esce - se va bene - una all'anno.
E per me si è già guadagnato il posto che fu di Fury Road la scorsa stagione.
Perchè finalmente, ed è sotto gli occhi di tutti, realizzare una tamarrata d'Autore è più che possibile.
E' fottutamente reale.
Ed ora un paio di esplosioni, gli Wham! che attaccano Careless whisper ed una bella scopata di chiusura.
E non aspettatevi teaser del sequel.
Parola di Pool.
Forse.





MrFord





"I'm never gonna dance again
guilty feet have got no rhythm
though it's easy to pretend
I know you're not a fool
I should have known better than to cheat a friend
and waste a chance that I've been given
so I'm never gonna dance again
the way I danced with you."
Wham! - "Careless whisper" - 





Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...