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mercoledì 4 ottobre 2017

La fratellanza (Ric Roman Waugh, USA, 2017, 121')




Esistono alcuni film - o romanzi, o dischi, metteteci quello che volete - che sulla carta non hanno nulla per piacervi e che, al contrario, finiscono per diventare delle assolute sorprese: ricordo benissimo, ad esempio, quando il recente Le cose che verranno, francesissimo e radicalchicchissimo, perfetto per Cannibal, finì per colpire quasi più me di lui, in barba alle scarse aspettative della vigilia.
Dall'altra parte, si incrocia a volte il cammino di pellicole che hanno tutto - ma proprio tutto - per essere pane per i nostri denti e si rivelano, al contrario, bocconi amari: ne è un esempio lampante La fratellanza - adattamento da vomito dell'originale Shot caller -, dramma carcerario zeppo di tatuaggi, testosterone, concetto di Famiglia, caduta e tentativi di riscatto, tradimenti e violenza che pare perfetto per una serata fordiana da rutto libero un pò più profonda rispetto a quelle da action puri, che, nonostante tutto, si è rivelato non solo poco credibile - ma poteva anche starci, con la buona volontà di un amante delle pellicole trash e fracassone - ma anche priva del mordente che è come l'aria per proposte di genere di questo tipo per evitare di finire a compiere il tuffo dal trampolino nell'oceano delle produzioni tutte uguali tra loro.
Non che i tentativi non vengano fatti, da parte di regista e sceneggiatori, per portare il lavoro lungo binari inaspettati - soprattutto nella seconda parte -, ma stranamente, quando le sorprese cominciano a piovere sullo spettatore, l'effetto scatenato - almeno nel sottoscritto - è stato il precipitare dell'interesse e del ritmo della pellicola, volata nella prima ora e un quarto per poi tramutarsi in un mattonazzo da quattro ore nei restanti quarantacinque minuti, quelli almeno sulla carta più tesi e risolutivi.
Personalmente mi dispiace più che altro perchè con qualche pretesa in meno ed un pò di sana azione in più il risultato, probabilmente, sarebbe risultato più dozzinale ma anche più a fuoco, e più adatto ad attori che ce la mettono tutta ma che, indubbiamente, non saranno mai dei Pacino, da Coster-Waldau passando per Bernthal - e voglio bene ad entrambi, passando da Game of thrones al Punisher in arrivo per Netflix -: d'altro canto, non posso dire di aver assistito ad uno spettacolo inguardabile o di quelli pronti a farmi incazzare neanche fossero stati girati dal già citato Cannibale per indispettirmi, e di aver apprezzato il taglio molto deciso e crudo dato alla vita all'interno di un carcere di massima sicurezza, che in un paio di momenti è riuscito perfino a ricordarmi le atmosfere della mitica - e stupenda - serie Oz, che una decina d'anni fa scosse come una tempesta il panorama fordiano da piccolo schermo - e che se non avete mai visto vi consiglio di correre a recuperare -.
Se, dunque, avete voglia di una serata "da duri", di quelle che hanno fatto la fortuna di alcuni titoli divenuti fondamentali per i ragazzini con la voglia di esaltarsi pensando di diventare i nuovi Tony Montana o robe simili, allora Fratellanza rappresenta senza dubbio una valida - pur se facilmente dimenticabile - alternativa: se siete, invece, alla ricerca di una cosa molto trash, meglio allora ripiegare su classiconi come Sorvegliato speciale; o ancora, se pensate di trovarvi di fronte ad una versione attuale di quello che furono cose come Cella 211 o Il profeta qualche anno fa, abbassate tranquillamente le aspettative.
Sarebbe come pensare di entrare nel cortile di un carcere di massima sicurezza da spaccaculi e pensare di poter stendere il più spaccaculi di tutti ed il giorno dopo essere già "the face that run the place".
E non è mai una buona cosa.



MrFord



mercoledì 29 maggio 2013

Snitch - L'infiltrato

Regia: Ric Roman Waugh
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 112'




La trama (con parole mie): John Matthews è un professionista nel campo dei trasporti edili, un tipo all'antica che si è fatto il culo e ha creato la sua impresa dalle fondamenta, che non rifiuta mai di rimboccarsi le maniche e dare una mano ai suoi lavoratori.
Suo figlio Jason, invece, non vede il padre così di buon occhio: lui e sua madre, infatti, lo hanno avuto al college, molto giovani, si sono separati ed hanno preso strade diverse, tanto che John ha finito addirittura per costruirsi una nuova famiglia.
Quando un amico di Jason dedito allo spaccio di anfetamine finisce per farsi beccare, incastra il giovane per avere uno sconto di pena seguendo quello che è il testo di una legge decisamente curiosa made in USA, mettendo il figlio di Matthews nella stessa situazione: per poterlo aiutare John si offrirà di trovare una pista che lo possa condurre a spacciatori più importanti barattando di fatto la loro consegna con la libertà del figlio.




Come tutti gli avventori del Saloon ben sanno, difficilmente riesco a stare troppo tempo senza dedicare almeno una visione al piacere del mio lato tamarro, e dunque approfitto delle serate di stanca in cui disintossicarmi dal lavoro e dagli impegni per abbandonare i propositi d'autore e lasciare spento il cervello con una bella pellicola che di norma mi aspetto ricca di esplosioni, botte da orbi e situazioni ben oltre il limite dell'assurdo: di recente, escludendo gli Expendables old school e la certezza - o quasi - Jason Statham, quando considero una scelta di questo genere mi affido spesso e volentieri a The Rock, mito del wrestling dei primi anni zero nonchè erede della grande tradizione degli action heroes che nel corso degli eighties è stata una delle basi del mio amore per il Cinema.
Così, dopo essermi dilettato con Il re scorpione e G. I. Joe - La vendetta, ho deciso che non potevo certo risparmiarmi Snitch - L'infiltrato, che sulla carta mi suonava come una cosa estremamente tamarra e potenzialmente in grado di regalarmi perle degne di rimanere impresse nella memoria: è invece cosa accade? 
Non solo scopro che The Rock, nel corso dell'intera pellicola, praticamente non muove un muscolo se non per guidare un articolato e prova a recitare la parte dell'uomo comune certamente non avvezzo alle armi o agli scontri - nonostante la stazza -, ma finisce per passarsela decisamente male anche in un paio di sequenze che lo vedono addirittura incassare una buona dose di legnate, in completa contraddizione con la realtà del mondo e del Cinema action tutto.
Se avessi considerato solo questo aspetto, Snitch avrebbe meritato bottigliate pesantissime, anche perchè far picchiare The Rock - e dico, The Rock - da dei semplici spacciatori di strada equivale a bestemmiare contro l'intero Pantheon delle divinità d'azione, scatenando l'ira di tutti gli Expendables provocando una tempesta devastante di calci rotanti, colpi sulla nuca, pallottole come se piovesse e chi più ne ha, più ne metta: il lavoro di Ric Roman Waugh - un artigiano e nulla più, sia chiaro - si salva solo ed esclusivamente per una trama che, seppur ovviamente non sviluppata nel migliore dei modi, finisce per trovare un suo senso come una sorta di thriller poliziesco di grana grossa di quelli da passaggio in tv il sabato sera, che senza infamia e senza lode scorre dritto verso la sua naturale conclusione offrendo, di contro, una riflessione davvero importante su una delle leggi più assurde che mi sia mai capitato di scoprire in vigore - eccetto, ovviamente, quelle da leggenda metropolitana anch'esse figlie della curiosa realtà sociale a stelle e strisce -.
Perchè la base della vicenda narrata, infatti, è data dall'assurda posizione che lo stato americano assume rispetto a chi viene arrestato per un reato legato allo spaccio di droga: oltre a considerare lo stesso, infatti, alla stregua di stupri, omicidi, rapine ed abusi di vario genere, l'unico modo per scampare ad una condanna - che, spesso e volentieri, è pesante - è quello di incastrare un altro spacciatore o presunto tale per una quantità di roba pari ad un minimo di mezzo chilo, creando in questo modo una sorta di catena di Sant'Antonio in cui amici, soci o, perchè no, illustri sconosciuti, passano il tempo a scaricare la patata bollente uno sull'altro.
Ora, senza dubbio gli strumenti di controllo - anche decisi - sono importanti, ma in tutta onestà ho trovato decisamente anticostituzionale questa disposizione del governo USA, pronto a fare della spiata - che sia giustificata, oppure no - una sorta di leva per il monitoraggio del traffico di stupefacenti, anche quando tutti noi sappiamo bene che non viviamo in un film con The Rock in cui tutto alla fine si sistema e la catena di scarico di responsabilità finisce per condurre dritti dritti al superboss del Cartello vero burattinaio dell'Organizzazione di turno.
Uno spunto, dunque, decisamente interessante per una pellicola assolutamente mediocre, all'interno della quale non trovano una performance convincente neppure due attori decisamente di livello come Susan Sarandon e Barry Pepper, che negli ultimi anni pare sparito ancor più di Edward Norton, suo compagno in quella che è stata una delle pellicole migliori per entrambi, La 25ma ora di Spike Lee.
Detto questo, e lasciato Snitch alle spalle, lancio un appello ufficiale a tutti i registi intenzionati a scritturare The Rock: una volta che il buon Dwayne è della partita, non buttatelo a capofitto in una parte drammatica e solo recitata.
Facciamoli lavorare, quei muscoli.
E soprattutto, non esiste davvero che The Rock si prenda una manica di botte senza restituire neanche un People's Elbow.
E ho detto tutto. La prossima volta che non vedo The Rock menare le mani, partono le bottigliate.
Siete avvisati.



MrFord



"It's the long arm, it's the strong arm
it's the long arm of the law
it's the long arm, it's the strong arm
it's the long arm of the law."
Warren Zevon - "The long arm of the law" -


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