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giovedì 19 aprile 2012

Piccole bugie tra amici

Regia: Guillame Canet
Origine: Francia
Anno: 2010
Durata: 154'



La trama (con parole mie): un gruppo di amici da una vita abituato a passare le vacanze sempre insieme nella casa al mare del facoltoso Max si ritrova poco prima della partenza stretto attorno ad uno degli elementi di spicco dello stesso, in fin di vita in ospedale.
La triste occasione è un modo per confrontarsi e decidere di partire ugualmente pensando in qualche modo di celebrare anche il ricordo dell'assente e sperare di trovarlo migliorato una volta rientrati tutti a Parigi: ma il periodo di relax al mare risulterà decisamente più impegnativo di quanto tutti loro avessero immaginato, e le risate ed i momenti di tranquillità saranno facilmente travolti da ricordi, rimorsi, rimpianti, bugie e confronti non sempre "amichevoli".
Tutti gli ingredienti che rendono i legami unici ancora più forti.




Sono dell'idea che si debba davvero voler bene a film come questo.
Una pellicola imperfetta, sottilmente furba, chiaramente ispirata da cult del passato - in questo caso, Il grande freddo su tutti -, a tratti radical chic - e sapete bene quanto io detesti anche solo il sentore della categoria -, eppure vera ed emozionante come solo quelle girate con il cuore sanno essere.
E se non vi bastasse rischiare sulla mia parola che Piccole bugie tra amici è davvero un viaggio per cui vale la pena sappiate che quella durata apparentemente titanica pare svanire in un soffio, tanta è la partecipazione indotta nello spettatore, e che l'attore/regista Canet sfodera alcuni pezzi di bravura dietro la macchina da presa da farsi rizzare i capelli, in particolare il piano sequenza d'apertura, un vero e proprio spettacolo di quelli da rimanere con il cuore in gola ed il fiato sospeso dal primo all'ultimo fotogramma.
Ma nonostante si possa parlare, volendo fare i sapientoni di Cinema, solo ed esclusivamente di quella sequenza in particolare e concentrare nell'analisi della stessa tutte le energie del post senza pensare o preoccuparsi più di come prosegua la vicenda, è un'altra la strada che mi piacerebbe intraprendere, per parlare di questo piccolo, disequilibrato gioiellino: quella dei sentimenti.
Perchè è tutto sul filo - estremamente fragile - degli stessi che si giocano i disequilibri di questo gruppo di amici che più amici non si potrebbe e che, come in tutte le migliori famiglie, non lesinano l'un l'altro colpi molto bassi ed estrema generosità: nessuno di loro crea particolare empatia con l'audience, e tutti vengono definiti più dai difetti o dalle bugie, per l'appunto, che non dalle qualità e dai bei gesti.
L'ego evidente di Max e quello sotterraneo ma straripante di Marie, il sommesso sentimento di Vincent e quelli incontrollati di Ludo - strepitoso Jean Dujardin - ed Eric, tutte le piccole e grandi nevrosi di questi adolescenti troppo cresciuti contribuiscono a costruire un affresco che ricorda molto da vicino - anche se, in questo caso, si tratta di amici, e non di persone che non si frequentano dai tempi della giovinezza - quello del nostrano Compagni di scuola, uno dei migliori film di Carlo Verdone.
E mentre noi, coinvolti perchè toccati nel profondo da difetti tutti umani che, se non abbiamo riscontrato guardandoci allo specchio, abbiamo visto prendere forma nelle persone che amiamo, o abbiamo amato, cerchiamo di attaccarci ai momenti più divertenti in cui Canet finge di trascinarci - neanche fossimo noi ad essere in vacanza -, lo script ci attende sornione prima di prendere la via di un finale che, se a tratti potrà apparire a suo modo consolatorio, arriva dritto come un treno pronto a farci a polpette, prendendosi cuore e favori e facendoci dimenticare - furbamente - tutti i piccoli difetti dell'opera nel suo complesso.
Ma è giusto così, perchè questo film è come le bugie dei suoi protagonisti: è Max che evita Vincent insultandolo attraverso il figlio ma che, di fronte all'evidenza della realtà pronta a risvegliarli tutti a suon di schiaffi, non può far altro che stringerlo neanche fosse l'unica ancora di salvezza della sua barca alla deriva, o Marie che non vorrebbe il fardello che porta, almeno fino a quando non ha la certezza di avere perso qualcosa che, forse, poteva essere più importante, e allora e solo allora trova la forza di tornare sui suoi passi.
E' un film sulle indecisioni e gli errori, perchè di indecisioni ed errori è fatta la nostra vita.
Ed i protagonisti, che fanno il possibile per non piacerci, non ci piacciono perchè - chi più, chi meno, chi in modo diverso - siamo come loro: bambini troppo cresciuti in balìa di un mondo cui non possiamo fare altro che mentire - spesso e volentieri - per far fronte ad una quotidianità con la quale nessuno riesce davvero a venire a patti.
A meno che non sia al mare, passi la vita quasi senza scarpe e abbia il motore nelle braccia, "perchè quando smetterà di remare allora vorrà dire che sarà finita".
Forse bisognerebbe fare così, e lasciarsi tutte le convinzioni alle spalle, per contentarsi di muscoli irrobustiti dall'esperienza e di un sacco di sabbia.
Ma la sabbia è anche tempo che passa: e lì, sulla spiaggia, in pace, avremmo sempre il dubbio di non aver vissuto abbastanza.
In fondo, siamo nati per stare al centro della pista, dare tutto - anche il nostro peggio - e andarcene con il botto.
Guardare per credere.
Vivere per credere.
Come dicevo, non possiamo non voler bene a questo film.
In fondo, parla anche un pò di noi.


MrFord


"Knowin' you can always count on me
for sure
that's what friends are for
for good times and bad times
I'll be on your side forever more
that's what friends are for."
Stevie Wonder - "That's what friends are for" -



martedì 13 marzo 2012

Quasi amici

Regia: Olivier Nakache, Eric Toledano
Origine: Francia
Anno: 2011
Durata: 112'



La trama (con parole mie): Philippe è un milionario parigino tetraplegico alla costante ricerca di un assistente che possa reggere la sua pressione ed i suoi ritmi.
Quando Driss, un giovane proveniente dai quartieri più problematici della città, ex detenuto ed in cerca soltanto di una firma su un documento per il sussidio di disoccupazione, porta il suo temperamento indisciplinato e solare all'interno della residenza dell'uomo, Philippe decide di assumerlo, conquistato dal modo di fare del ragazzo, che ha il grande pregio di trattarlo da pari a pari.
Il rapporto tra i due, iniziato non senza difficoltà, diverrà un'amicizia strettissima che permetterà ad entrambi di crescere ed osare, cambiando in meglio le proprie vite: il tutto senza dimenticare di portare un pò di rivoluzione anche nella quotidianità dei collaboratori di Philippe.



Il 30 novembre del 2000 fu il mio primo giorno di servizio civile.
Prima di quella data non mi era mai capitato di avere un contatto diretto con una persona disabile, e sinceramente l'idea mi spaventava non poco: il fatto di dovermi confrontare con ragazzi della mia età la cui esistenza era segnata inesorabilmente da una sedia a rotelle o dalla cecità mi faceva tremare di fronte alle infinite possibilità di fare figure di merda a raffica parlando con loro, sbagliare in qualcosa nell'imboccarli o portarli in giro, per non parlare dell'assoluto terrore di finire a pulire il culo a qualcuno - paura che, fortunatamente, non ebbi modo di testare -.
Il mio debutto in solitaria come accompagnatore avvenne proprio il pomeriggio di quello stesso giorno: Gloria, una studentessa di psicologia che a seguito della rimozione di un tumore al cervello aveva perso il senso dell'equilibrio, parte dell'abilità motoria e la normale velocità nel parlare, doveva essere accompagnata a lezione. Un viaggio relativamente breve, dalla metropolitana all'aula dell'università.
Fu come riportare a casa un ubriaco camminando su un pavimento di cristalleria, sperando di non sfondarlo finendo con il culo per terra e tagliuzzato per bene.
Ora, a distanza di più di dieci anni, quando penso a Gloria non mi viene in mente nulla che riguardi la sua disabilità, quanto la sua passione per i R.E.M. ed il suo sorriso.
Non l'ho mai vista un giorno - neanche nei peggiori - senza quel sorriso.
Un bel sorriso, peraltro.
Ma perchè sto sviolinando un racconto sul mio passato da obiettore?
Certamente non per menarmela come un radical chic qualsiasi o farvi pensare a quando questo vecchio Ford sia un bravo ragazzo - cosa non vera, peraltro -: l'esperienza con i disabili è tosta, e uno dei passaggi più importanti è capire che non ci sono differenze, in un rapporto con una persona che abbia un qualche tipo di handicap.
Ho avuto "assistiti" con due palle d'acciaio e altri capaci di fare leva sul sentimento di pietà delle persone, ragazzi solari ed ottimisti ed altri profondamente incattiviti. Alcuni dei veri e propri stronzi.
Ed è proprio questo il bello dell'ottimo film di Nakache e Toledano.
E' tutto e senza ritegno genuino, sentito ed onesto.
Non ci sono cazzi, da una parte e dall'altra: dalla volontà - e dalla paura - di Philippe di essere visto e trattato come un uomo, a prescindere dal suo stato, alla pura gioia di vivere di Driss, con i suoi Earth wind and fire, la voglia di portarsi a letto la segretaria Magalie ed il terrore di finire a pulire il culo del suo capo - fidatevi, la sensazione di disagio alla sola idea è terrificante -.
Quasi amici è un film perfetto così com'è.
Certo, non tutto funziona, e a volte si percepisce un certo gigionismo, eppure, andando indietro con la memoria ad altre visioni decisamente retoriche e pesanti legate all'argomento - i soporiferi Mare dentro e Lo scafandro e la farfalla -, mi sento abbastanza tranquillo nell'affermare di essere di fronte ad una delle migliori pellicole legate alla disabilità della storia recente, e ancora prima - cosa importantissima - alla storia di un'amicizia costruita pezzo per pezzo neanche ci trovassimo nel più bromantico dei buddy movies.
Tutto funziona, dall'ironia al ritmo, e i due protagonisti sfoderano il meglio regalando interpretazioni sentite ed emotivamente coinvolgenti, dall'inseguimento in macchina che apre la pellicola all'ottima chiusura, primo vero segnale di una maturazione che segnerà - in positivo - l'esistenza di entrambi.
Stemperando la retorica ed alleggerendo i toni - perfette le gag della prima doccia e dell'ultima rasatura - il cocktail preparato dai registi risulta essere uno dei più sorprendenti di questo inizio anno, ennesima conferma di un 2012 cinematografico partito davvero nel più confortante dei modi: e nel rapporto di Driss con il fratellastro e la zia si riesce anche a trovare spazio per una riflessione sociale che vede il confronto tra due mondi e la loro distanza ridursi grazie a gesti apparentemente sorprendenti - l'incontro dello stesso Driss con il vicino dedito al parcheggio in sosta vietata - eppure espressione di una genuina normalità.
La stessa che rende grande questo film.


MrFord


"Wanna thank you,
wanna thank you
freedom in stride, love, peace of mind
we just wanna give Gratitude."
Earth, wind and fire - "Gratitude" -


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