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lunedì 9 settembre 2019

White Russian's Bulletin



Alle spalle - e di molto - le vacanze estive e la consueta esperienza legata a Notte Horror, torna il Bulletin raccontando quelle che sono state le prime visioni al ritorno dal mare, l'accoglienza che Cinema e Televisione hanno preparato per i Ford sperando in un autunno pronto a risvegliare un duemiladiciannove senza dubbio poco memorabile, a prescindere dalla scarsa frequentazione delle sale di questo vecchio cowboy: ci sarà da confidare nel meglio?


MrFord



FAST&FURIOUS - HOBBS&SHAW (David Leitch, USA, 2019, 137')

Fast & Furious - Hobbs & Shaw Poster


Non è un mistero che, per quanto mi riguarda, la saga di Fast & Furious abbia inserito un'altra marcia con l'innesto di The Rock nel cast, alimentando la parte fracassona e tamarra nel pieno spirito degli anni ottanta del franchise: alle spalle anche l'ingresso di Jason Statham, questo spin off rappresenta tutto quello che si potrebbe immaginare di eighties al momento.
Un action ignorante, dozzinale, per nulla plausibile, senza filtri, eppure divertente alla follia, con una coppia che funziona alla grandissima tra bromanticismo, battute e botte - incredibile, tra l'altro, quanto la stazza del buon Dwayne Johnson faccia apparire Statham, non proprio quello che si potrebbe pensare uno sfigatino, come un liceale ancora non al pieno dello sviluppo - e un ritmo che fa apparire le più di due ore di visione praticamente una scampagnata di una mezzoretta scarsa.
Tutto, nel suo genere, funziona, dalla coppia di protagonisti alla loro spalla femminile - davvero notevole Vanessa Kirby -, dai cazzotti alle improbabili evoluzioni alla guida: il guilty pleasure dell'estate, senza se e senza ma.




UNA FAMIGLIA AL TAPPETO (Stephen Merchant, UK/USA, 2019, 108')

Una famiglia al tappeto Poster


Da un The Rock protagonista ad un altro sfruttato per lanciare un film che, probabilmente, nessuno al di fuori del giro degli appassionati di wrestling si sarebbe cagato se non per l'intercessione del People's Champion: conoscevo, ovviamente, la storia di Paige, una delle wrestlers responsabili del passaggio dal periodo delle "divas" alle lottatrici che oggi rubano spesso e volentieri la scena anche in incontri decisamente impegnativi e qualitativamente elevati ai loro colleghi uomini purtroppo costretta ad un ritiro molto prematuro a causa di un bruttissimo infortunio al collo.
La pellicola dedicata alla sua vita ed alla sua ascesa nel mondo del wrestling funziona molto bene nel mostrare la fatica di un mondo spesso considerato finto - "it's fixed, not fake", sentenzia la fidanzata del fratello di Paige - ma in realtà legato ad un lavoro massacrante, così come una famiglia borderline risollevatasi proprio grazie al ring, meno nel raccontare l'evoluzione della carriera della protagonista, accelerata bruscamente, almeno per chi come me ne ha seguito il percorso, nella fase finale, che compromette la resa dell'intera pellicola.
Resta un buon esperimento, che spero possa portare nuovi - e nuove - fan allo sport entertainment.




THE RIDER - IL SOGNO DI UN COWBOY (Chloé Zhao, USA, 2017, 104')

The Rider - Il sogno di un cowboy Poster


Con ogni probabilità, questo è uno dei titoli più fordiani mai usciti in sala.
Una storia vera, il rodeo, la provincia profonda americana, quella in cui non c'è davvero altro che il nulla o l'addio, la filosofia del cowboy portata all'estremo.
Senza dubbio, è un film potente, realizzato alla grande, sincero nel portare sullo schermo una storia vera, e che mette di fronte chiunque abbia mai avuto dei sogni e chiunque, come me, ama vivere, ad un interrogativo importante: quanto vale l'istante?
Otto secondi valgono una vita all'opposto di quella che vorremmo? 
Oltre alla filosofia, dietro questo The Rider c'è anche una profonda riflessione sul sacrificio, sulla Famiglia, sull'amicizia, sugli spazi sconfinati che diventano prigioni, se non si sanno, possono o riescono a gestire: forse troppo autoriale per diventare davvero uno dei miei supercult, ma senza dubbio un titolo che colpisce e conquista, e che regala alla settima arte uno spazio ed alcune sequenze che è importante non dimenticare, prima fra tutte quella che chiude la pellicola.
The Rider corre, sente e si fa sentire, vive.
Perchè racconta un pezzo di vita.




GLOW - STAGIONE 3 (Netflix, USA, 2019)

GLOW Poster


Le ragazze di Glow tornano sul ring e lo fanno con la stagione paradossalmente più lontana dal ring stesso da quando esiste la serie: non per questo, però, non si parla e non si racconta il wrestling. Perchè lo sport entertainment è anche e soprattutto la vita extra-ring, l'organizzazione degli eventi, i rapporti tra gli atleti e la loro vita on the road: in questo senso, a prescindere dal fatto che cose come la versione de "Il canto di Natale" siano riuscite benissimo, la stagione ha una sua dimensione fondamentale proprio in questo, legata alle relazioni che, in questo spettacolo, tendono a costruirsi all'esterno del quadrato.
Si passa dai momenti grotteschi a quelli surreali, dal dramma alla commedia, e la caratterizzazione delle ragazze ed un finale che non lascia presagire niente di buono pongono già basi interessanti per il giro di giostra - o di corde - numero quattro: senza dubbio, pur non eccellendo, Glow mette in scena uno spettacolo solido e convincente, in grado di soddisfare chi sta da una parte o dall'altra delle corde.




JOHN WICK 3 - PARABELLUM (Chad Stahelski, USA, 2019, 131')

John Wick 3 - Parabellum Poster


John Wick è stato una grande illusione.
Approcciato nel suo primo capitolo senza alcuna aspettativa e rivelatosi come una sorpresa in grado di rinverdire, con altre, i fasti dell'action anni ottanta, e dunque divenuto, a causa delle scellerate scelte dei suoi autori, un prodotto serioso e pretenzioso nel secondo capitolo, al terzo era di fatto al banco di prova: purtroppo, nonostante alcune sequenze interessanti specialmente per i creativi metodi di uccisione ideati dal protagonista, il risultato finisce per essere ancora una volta ben lontano da quanto potessi aspettarmi, appesantito da un continuo reiterarsi delle dinamiche di base della vicenda - che Wick abbia scavalcato le regole è ben presente a tutti e non è necessario ribadirlo ogni cinque minuti - e da una durata che, invece che essere consacrata sull'altare delle botte - e ce ne sono - e della tamarraggine finisce per fare da spalla ad un'inutile ragnatela di intrighi, voltafaccia e cambi di gioco che non servono ad altro se non ad allungare il brodo.
Forse io sono troppo legato all'action ignorante e senza pretese, ma mi pare che questo John Wick e la sua combriccola vogliano alzare il tiro un pò troppo per quella che è la loro reale portata.


venerdì 19 giugno 2015

Game of thrones - Stagione 5

Produzione: HBO
Origine: USA, UK
Anno: 2015
Episodi: 10




La trama (con parole mie): nei sette regni ed attorno al Trono di spade continua a scorrere il sangue, complici gli intrighi e le guerre in corso in ogni angolo del mondo conosciuto. Mentre, oltre il mare, Daenerys cerca a fatica di contenere le rivolte intestine a Mereen ed i suoi draghi, Thyrion è in viaggio proprio verso la sua corte; ad Approdo del re, invece, Cersei intima a Jamie di recuperare Myrcella, la loro figlia tenuta alla corte del defunto Oberyn, e pianifica una vendetta religiosa contro i Tyrell che potrebbe creare non pochi problemi anche a lei stessa; nel profondo Nord, invece, Jon Snow si trova ad affrontare la minaccia dei White Walkers ed il peso del suo nuovo ruolo, in bilico tra i Guardiani ed i Bruti; Stannis Baratheon, Melisandre e l'esercito raccolto dal pretendente al trono, invece, progettano di invadere Grande Inverno schiacciando i Bolton, nel frattempo venuti in possesso di Sansa Stark; Arya, sua sorella minore, invece, si trova a Bravoos per affinare le sue doti di assassina e cominciare a vendicarsi di tutti coloro ai quali ha giurato la morte.







Presenti possibili spoiler involontari e indiretti.



Senza ombra di dubbio, una delle serie tv più importanti degli ultimi anni, nonchè una delle più amate di sempre, Game of thrones, è divenuta, nel corso delle stagioni, praticamente un fenomeno di costume, oltre ad un prodotto di altissima qualità: io stesso, da quel giorno cinque anni fa in cui con Julez approcciammo il pilota terminato con il volo dalla torre di Brann, ho visto crescere, vivere e morire decine di personaggi memorabili, applaudito a sequenze mozzafiato, osservato ammirato la tecnica e lo script di quello che, di fatto, per numero di protagonisti ed amore quasi maniacale di schiere di fan, potrebbe essere considerato l'erede ufficiale di Lost.
Questa stessa quinta stagione, di fatto, è stata l'ulteriore conferma dello standard tecnico assolutamente elevato della proposta di Weiss e Benioff, ed è stata in grado di regalare ottimi momenti all'audience culminati con un season finale da urlo, in bilico tra una walk of shame da brividi ed una chiusura quasi shakespeariana, con tanto di "idi di marzo", e con l'addio - vero o presunto che sia - di due dei cardini delle vicende dei Sette Regni.
Dunque, perchè anche uno dei riferimenti da piccolo schermo del Saloon è finito sotto le bottigliate?
Senza dubbio non per demeriti artistici, o per scivoloni effettivi, quanto, di fatto, per l'approccio: onestamente parlando, nonostante alcuni passaggi ben riusciti, questa quinta stagione è stata senza dubbio "di passaggio", e rispetto alla quarta, strabordante di momenti WTF, ha finito per segnare il passo ed apparire perfino noiosa a tratti, quasi si trattasse di un'annata spesa a disporre pezzi sulla grande scacchiera di Westeros in attesa di tempi migliori.
Come se non bastasse, comincio a nutrire qualche riserva su quello che è il marchio di fabbrica del buon George Martin, ovvero la sistematica eliminazione dei suoi protagonisti: il rischio, infatti, di puntare tutto sulla bocca spalancata del pubblico - come è stato per il finale di questa quinta season - potrebbe alla lunga innescare un effetto contrario, nello stesso, e privarlo dei suoi favoriti, oltre a risultare irrispettoso di fronte alle "creature" responsabili del successo del loro autore: inoltre, il progressivo sfoltimento del gruppo di main charachters lascia ora scoperti i Sette Regni non solo per quanto riguarda la lotta per la conquista dell'Iron Throne - al momento in mano al più inutile e privo di spessore dei regnanti - ma anche il cuore dei fan.
I due pezzi da novanta del cast, Thyrion e Daenerys, infatti, paiono essersi adagiati sui fasti passati cominciando a vivere di rendita, ed al momento solo Jamie Lannister, la coppia Cersei/Alto Passero ed il redivivo The Mountain paiono poter offrire qualcosa di interessante, almeno sulla carta e sempre che gli autori non decidano di fare un'altra epurazione.
Questo passo falso, però, è più concettuale che non artistico, e resto dunque fiducioso per il futuro di un titolo dal potenziale immenso, che ha regalato alcuni dei passaggi migliori che la televisione abbia offerto negli ultimi dieci anni: la minaccia dei White Walkers, il percorso di Arya, il futuro di Sansa, il ruolo sempre più inquietante degli emissari religiosi di Westeros - dal già citato Alto Passero a Melisandre -, la situazione del Trono di spade, quella del Nord ed il destino della "scomparsa" Khaleesi, tornata ad incrociare il cammino dei Dothraki.
L'hype è altissimo, e già da ora restiamo in trepidante attesa per il sesto giro di giostra, sangue e morte che già sappiamo Game of thrones ci offrirà: nel frattempo, però, con tutto il rispetto, Martin dovrà assaggiare, sotto forma di bottigliate, un pò della stessa moneta con la quale ripaga i suoi "figli" cartacei.



MrFord



"I stand surrounded by the walls that once confined me
knowing I'll be underneath them
when they crumble when they fall
with clarity my scars remind me
ash still simmers just under my skin."
Creed - "A thousand faces" -





sabato 28 giugno 2014

Game of thrones - Stagione 4

Produzione: HBO
Origine: USA
Anno: 2014
Episodi: 10




La trama (con parole mie): mentre a Nord della Barriera venti di guerra scuotono i Bruti ed incombono i misteriosi White Walkers, gli uomini delle Isole di ferro ed i traditori che cospirarono contro Robb Stark si battono per le terre dominate da Grande Inverno. Ad Approdo del re, intanto, fervono i preparativi per le nozze di Joffrey, mentre Sansa e Thyrion, sposi novelli, cercano di sopravvivere ai soprusi che i Lannister riservano ad entrambi. L'altra Stark, Arya, è invece in viaggio in compagnia del Mastino, che spera di ottenere dalla zia della ragazzina una ricompensa in denaro per averla consegnata.
Stannis Baratheon, nel frattempo, viaggia in cerca di fondi che possano riportarlo sul continente a dare battaglia ai Lannister e vendicarsi della sconfitta di Blackwater, mentre Daeneris decide di rimandare la sua invasione per consolidare il potere nelle terre oltre mare.
E mentre tutte le pedine si dispongono sulla grande scacchiera dei Sette Regni, si preparano morti e cospirazioni.






Non saprei da dove iniziare, scrivendo della quarta stagione di Game of thrones.
Considerato il rischio di spoiler ed il livello sempre altissimo delle emozioni - pronte a pareggiare un'unità ed una coesione orchestrate con meno perizia rispetto all'annata d'esordio -, il primo istinto è quello di ripassare mentalmente i momenti magici che questi dieci episodi hanno regalato agli occupanti di casa Ford, dalle grida di giubilo in chiusura di The lion and the rose allo straordinario monologo di Tyrion in coda al processo, passando per le vicissitudini di Sansa e Ditocorto, Ygritte e Jon Snow, i Guardiani della notte, Arya ed il Mastino e quello che è diventato da subito il momento cult dell'anno in materia di piccolo schermo, il duello tra Oberyn Martell e la Montagna.
Ancora oggi, con i colleghi al lavoro e di tanto in tanto a casa, non riesco a trattenermi dal gridare quel "Who gave the order?" che ha fatto da preludio ad uno dei finali più clamorosi dell'intera serie, paragonabile alle morti di Ned Stark e Khal Drogo, a Blackwater o alla nascita dei draghi: senza dubbio quel vecchio bastardone di Martin - che ancora si sta dilettando nel completare la saga letteraria - non ha alcuna pietà per i suoi protagonisti, oltre ad aver compreso che, per tenere alta la tensione, un Autore deve poter considerare di sacrificare anche le sue creature meglio riuscite.
In questo senso, mai come nel corso della quarta stagione abbiamo visto cadere tanti main charachters, festeggiando selvaggiamente in alcuni casi e rimanendo sbigottiti o tristi in altri: al confronto, Oz - che aveva abituato ad una vera mattanza dei suoi "eroi" - pare quasi un passatempo innocuo, tanto da alimentare ormai la tensione rispetto a qualsiasi preferito, a rischio di prematura scomparsa perchè tanto "si è all'interno di un prodotto tratto dalle opere di Martin".
Interessante l'alternanza di momenti divertenti - i siparietti tra Arya ed il Mastino su tutti - ad altri profondamente drammatici, così come al lavoro pazzesco svolto su Tyrion e Jamie - il loro dialogo a proposito del cugino dalla mente instabile è da antologia - e su Arya stessa, che promette di diventare una delle punte di diamante della serie nelle prossime stagioni, specie a seguito delle ripercussioni dell'ultimo episodio.
Meno in vista il personaggio di Daeneris, da sempre una delle mie favorite ma forse un pò troppo prigioniera del suo ruolo da regina: in un certo senso, mi mancano i tempi in cui cavalcava accanto a Drogo, e non doveva affrontare decine e decine di udienze in una sala del trono.
Spettacolare, invece, la new entry Oberyn, uno dei personaggi migliori dell'intera serie, in grado di spingere ad un livello superiore perfino il già mitico Tyrion, Cersei e Tywin Lannister, rendendo interessante perfino un charachter come quello della Montagna, praticamente un ammasso di muscoli dalle espressioni più limitate delle due del Clint dei bei tempi.
Ma senza scendere nel dettaglio delle vicende - una serie di questo calibro va gustata senza che qualcuno ce la racconti per filo e per segno - o soffermarsi troppo sull'aspetto tecnico - anche se i livelli sono altissimi, come dimostra il penultimo episodio Watchers of the Wall, incentrato interamente sui Guardiani della notte e diretto da Neil Marshall - la discriminante fondamentale rispetto all'impatto che Game of thrones sta avendo sul pubblico è data dalla straordinaria varietà e profondità dei personaggi in grado di fare breccia nel cuore degli appassionati, che volenti o nolenti riusciranno a trovare uno o più preferiti, se non addirittura un'immagine o un atteggiamento nei quali identificarsi.
Prima dell'avvento di questo serial, soltanto Lost, a mio parere, era riuscito a regalare all'audience una galleria di charachters di questo calibro: non parliamo, dunque, di qualcosa che passa e va, ma di destinato a restare, lasciando il segno.
Certo, con ogni probabilità dovremo aspettare ancora parecchio per scoprire cosa accadrà quando, finalmente, l'inverno sarà arrivato, eppure sono certo che la lotta per il Trono di spade e le vicende di tutti coloro che vi sono, volenti o nolenti, legati - dai più in vista ai fuggitivi, dai sopravvissuti ai destinati a morire - sapranno arrivare dove nessun'altra saga di ampio respiro era mai giunta.
In fondo, gli stessi protagonisti insegnano che a muovere i sentimenti più forti ed i massimi sistemi della vita sono più gli istinti, gli amori e le vendette che non la voglia di poggiare il culo su una sedia che pare sempre troppo scomoda per chi la occupa.



MrFord



"I say
we're growing every day
getting stronger in every way
I'll take you to a place
where we shall find our
roots bloody roots."

Sepultura - "Roots bloody roots" -





venerdì 11 aprile 2014

300 - L'alba di un impero

Regia: Noam Murro
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 102'




La trama (con parole mie): parallelamente alla successione di eventi che porterà Leonida ed i suoi trecento alla morte alle Termopili, Temistocle, generale ateniese responsabile della dipartita del re Dario, si scontra a più riprese in mare e sulla costa con la flotta di Serse capitanata dalla spietata Artemisia, nata in Grecia e rimasta segnata dal destino che un manipolo di opliti disegnò per la sua famiglia.
Con la morte degli spartani, tutte le città stato greche finiranno per mettere mano alle armi e fornire a Temistocle i mezzi per contrastare l'immenso esercito persiano, e la stessa Gorgo, vedova di Leonida, deciderà di prendere il mare per vendicare la morte dell'amato marito.






Ma per quale motivo, vi starete forse chiedendo, il vecchio Ford, che tanto detestò il primo 300 - uno dei film più dannosi e terrificanti della storia recente dei blockbuster da neuroni spenti, che solo il ricordo di Julez ubriaca che risponde a Leonida e agli "AUGH!" dei suoi con "Ma che fanno, gli indiani!?" rende più divertente - ha finito per imbarcarsi nella visione del suo spin off, peraltro neppure diretto da Zack Snyder - che sarà sopravvalutato, ma visivamente almeno riesce a distinguersi più dell'insipido Noam Murro -, limitatosi per l'occasione alla sceneggiatura - e limitato è la parola giusta -, già massacrato praticamente ovunque, nella blogosfera e non?
E' presto detto: la decina dedicata al peggio di fine anno reclama già da ora le sue vittime sacrificali, e a volte l'idea di farsi quattro risate prendendo goduriosamente per il culo una pellicola alletta più dell'impegno mentale, specialmente dopo giornate lavorative passate a fare gli assistenti sociali al servizio di clienti e colleghi.
In questo senso, 300 - L'alba di un impero è stato praticamente perfetto.
Senza neppure perdere un secondo per discutere di Storia o di approccio, della regia ad uso e consumo del 3D e totalmente priva di personalità, del cast appiattito totalmente - anche nei rari casi di attori o attrici degni di nota -, il lavoro di Murro diviene una sorta di divertente parodia di se stesso già dai primi minuti, confusi e scombinati tanto quanto i livelli di narrazione ed i dialoghi - qui in casa Ford ancora ci chiediamo a cosa alludessero con "il fetore negli occhi" di Serse: doveva essere il furore, o al sovrano credutosi divinità persiano puzzavano davvero gli specchi dell'anima!? -.
Con queste premesse - e le incongruenze con 300, nonostante, di fatto, questo L'alba di un impero dovrebbe fungere da approfondimento dello stesso - l'ora e quaranta scarsa è diventata una sorta di tiro al bersaglio all'indirizzo di una croce ben più che rossa, dalla morte di Dario per mano di Temistocle al Mar Egeo, che ricorda più il Pacifico delle tempeste e degli tsunami che non l'azzurro splendore battuto dal vento che ho conosciuto bene in anni di viaggi nelle isole elleniche, passando attraverso la mutazione del già citato Serse al ruolo di Artemisia, che come i migliori cattivi dei cartoni animati anni ottanta - o Darth Vader rispetto ai suoi luogotenenti - si diverte a stare seduta ad aspettare che i sottoposti portino a casa la vittoria non esitando a farli fuori in caso di fallimento.
A questa per nulla indifferente sequela di difetti - e senza che la componente tecnica o critica in tutto e per tutto si scateni - si aggiungono momenti scandalosamente trash come il confronto erotico tra Artemisia e Temistocle, i dialoghi risibili e l'ormai decisamente passata di moda retorica di grana grossa da pseudo guerrieri, buona giusto, probabilmente, ancora per qualche residuato tamarro della prima ondata di fedelissimi di Leonida, che continueranno probabilmente a giocare ai Nativi Americani sull'onda degli AUGH, giunti in soccorso dei pavidi cugini greci anche in questo secondo capitolo proprio nel momento del bisogno.
L'unica cosa che possa remare a favore di 300 - L'alba di un impero è data dal fatto che si tratti, inequivocabilmente ed inesorabilmente, di un film davvero brutto, ma altrettanto innocuo: e nonostante il finale lasci presagire un terzo e conclusivo capitolo, spero davvero che Snyder e soci - Miller compreso, che una volta ritenevo un grande Autore - decidano di mollare il colpo evitando di coprire di ridicolo se stessi ed i loro prodotti una volta per tutte.
E non solo, ma per risparmiare al sottoscritto una tortura.
Non vorrei, infatti, che di fronte ad un nuovo tassello di questo mosaico, mi cominciassero davvero a puzzare forte gli occhi.



MrFord



"Seven seas
swimming them so well
glad to see
my face among them
kissing the tortoise shell."

Echo&The Bunnymen - "Seven seas" - 



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