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venerdì 25 maggio 2018

You never had it - An evening with Charles Bukowski (Matteo Borgardt, USA/Italia/Messico, 2016, 52')




Quando lessi il primo libro di Bukowski - che, per assurdo, fu il suo ultimo, Pulp - ero decisamente più giovane di ora, non bevevo ed ero ancora preda della timidezza che mi permise di soffrire abbastanza, ai tempi dell'adolescenza, da iniziare a scrivere.
Anche se non lo ricordo, senza dubbio compresi le parole di quello che poteva essere praticamente un nonno - del resto, il vecchio Hank nacque nel millenovecentoventi, come il mio fondamentale nonno materno - solo parzialmente, tanto da rivalutarlo in termini di importanza personale e letteraria molto tempo dopo, una volta presa coscienza io stesso dei tanti alti e bassi della vita, ed una familiarità decisamente maggiore con alcool, sesso e lato bestiale ai tempi ben celato.
Non avevo però mai avuto occasione di confrontarmi con il selvaggio Buck "in persona", e dunque all'incontro quasi casuale con questo documentario/intervista legato a materiale girato nella casa di San Pedro, in California, dello scrittore nei primi anni ottanta da una giornalista italiana non ho potuto che rispondere con una presenza convinta e tutta la voglia di scoprire la parte oltre la macchina da scrivere di quello che, oggi, è uno dei riferimenti letterari indiscutibili di questo vecchio cowboy: curioso, in questo senso, che lo stesso Bukowski affermi che ogni scrittore rappresenti il meglio di se stesso soltanto nel momento in cui, solo, scrive, e che nel resto del tempo finisca per portare al mondo un esempio negativo, o pessimo.
Un quadro che ben racconta la poca fiducia del ruvido Hank verso il genere umano e la società così come l'ammissione senza ipocrisie di una serie di difetti che lo resero lo straordinario cantore della vita e dell'esperienza che era, un pirata come vorrei essere io stesso, con la differenza di almeno una trentina d'anni in più di occasioni da vivere su questa terra.
L'intervista, che tocca tematiche profondamente differenti tra loro, dalla politica, alla scrittura, alla società, passando ovviamente per alcool e sesso, non pare neppure per un istante volta a scoprire o tentare di spiegare Bukowski autore o uomo, quanto più a regalare al pubblico un'immagine genuina e magnetica di una personalità non facile e magica, di quelle che ti invitano sul balcone con panorama della camera in cui scrivono per poi rivelare di aver passato del tempo in quello stesso posto una volta l'anno, senza neppure esserne sicuri.
Del resto, probabilmente se leggesse un tentativo come questo di rendere l'idea di quell'atmosfera, o dei momenti raccontati da questo mediometraggio, lo stesso Bukowski mi manderebbe dritto affanculo, conscio del fatto che non esiste prova migliore se non il faccia a faccia - magari supportati da una robusta dose di alcool - per mostrare davvero quello che si è, o quantomeno quello che si pensa di essere, in barba a buone maniere o aspettative.
Avendo lavorato fino ai cinquanta suonati ed essendo salito alla ribalta soltanto nella maturità, Hank doveva ben sapere come stavano le cose, cosa significasse sopravvivere portando avanti le proprie passioni oppure accandonandole per una scopata o una sbronza, senza guardare in faccia nessuno: sicuramente avrebbe apprezzato non si guardasse in faccia neppure lui, nonostante il bene che alcune sue opere potessero stimolare nel lettore.
Personalmente, io sogno di avere la possibilità di una pensione a cinquant'anni, scrittore oppure no.
E di aggredire la vita il più possibile, e per il più a lungo possibile.
O quantomeno, di farlo con la stessa sfrontatezza del mitico Buck.
Che non significa necessariamente allo stesso modo - in fondo, non bevo vino e ho molta più fiducia nelle persone - ma con una dose di passione molto simile.



MrFord



 

mercoledì 23 dicembre 2015

Ford Awards 2015: i libri

La trama (con parole mie): come ogni anno, con l'avvicinarsi del giro di boa giunge anche uno degli appuntamenti più attesi del sottoscritto, ovvero i Ford Awards, le classifiche che, di fatto, tirano le somme di un'intera stagione di letture e visioni.
Per la prima volta dall'apertura del Saloon non figurano i Videogames, ridotti ormai agli scampoli di giornate di stanca o particolarmente libere che, chissà, Fordina permettendo, potrebbero tornare a fare capolino da queste parti tra dodici mesi.
Nel frattempo, do fuoco alle polveri con la top ten dei romanzi letti nel corso di questo duemilaquindici, che, lo ammetto, fatta eccezione per un paio di delusioni, è stato davvero soddisfacente, ed accolgo i Gallagher come simbolo di questa edizione dei Ford Awards.
Nel frattempo, quale titolo raccoglierà l'eredità di Cujo?


N°10: SCARAFAGGI di JO NESBO



L'appuntamento con i Ford Awards letterari non può far mancare il suo interprete più celebrato al Saloon, Jo Nesbo. Per il secondo anno consecutivo, pur non occupando le posizioni più alte della graduatoria, il buon Jo piazza in classifica il secondo romanzo in termini cronologici dedicato alle avventure del suo charachter più riuscito, Harry Hole, per la prima volta pubblicato in Italia. 
Ancora acerbo, come il precedente Il pipistrello, ma già mitico.


N°9: AMERICAN SNIPER di CHRIS KYLE, JIM DEFELICE, SCOTT MCEWAN



Da una figura controversa come quella di Chris Kyle, il cecchino più letale della Storia dell'Esercito statunitense al centro di un altrettanto controverso e splendido film firmato da Clint Eastwood, una biografia in grado di colpire per sincerità, passione e forza anche quando gli ideali espressi sono diametralmente opposti a quelli di chi li legge.
Un modo costruttivo ed interessante di scoprire quello che c'è dall'altra parte della barricata, e che potrebbe essere profondamente diverso da noi, almeno fino ad un certo punto: perchè, in fondo, siamo tutti umani guidati dalle stesse passioni.


N°8: IL CONFESSORE di JO NESBO



Secondo gettone raccolto dall'autore più premiato a livello letterario di questi anni al Saloon, che piazza un romanzo notevole ed un protagonista che non si dimentica, pur non riuscendo, di fatto, ad eguagliare le vette offerte dal detective Hole.
Il confessore, comunque, resta un one shot potente e come sempre perfetto nel descrivere le ombre dell'anima ed uno dei concetti più cari allo scrittore norvegese: quello della dipendenza.
Un romanzo sul peccato e sui peccatori, che da peccatore non ho potuto non amare.


N°7: TOKYO VICE di JAKE ADELSTEIN



Una delle sorprese più gradite di quest'anno: giunto al Saloon su suggerimento di un collega, a scatola chiusa, si è rivelato una lettura appassionante ed uno spaccato strepitoso legato alla cultura metropolitana nipponica, dalla Yakuza alle differenze lavorative tra uomini e donne, passando per il cibo e le usanze. 
Jake Adelstein, reporter d'assalto, affronta la vita in un altro Paese facendola propria, imparando dalla novità a costruire una propria tradizione.

N°6: SHOTGUN LOVESONGS di NICKOLAS BUTLER



L'amicizia, la Grande Frontiera made in USA raccontata come in una ballad strappacuore di Springsteen, i dolori e le gioie della crescita, vicende ordinarie che diventano straordinarie grazie alla semplicità della vita e della passione: tutto questo e molto altro in un romanzo certo non perfetto, ma tra i più sentiti che ricordi del passato recente.
Uno Stand by me versione adulta che tocca tutte le corde del cuore di chi sta attraversando quell'età in cui si è ancora nel mezzo, formati ma ancora all'inizio del proprio percorso "da grandi".


N°5: MISSING - NEW YORK di DON WINSLOW



Alle spalle una serie di romanzi non tra i suoi migliori, uno dei favoriti del Saloon, Don Winslow, torna alla ribalta con un crime movie dal ritmo tesissimo e decisamente pane e salame, reso ancora più tosto da un protagonista tra i migliori degli ultimi anni, Frank Decker, degno erede della grande tradizione di Hole e della coppia formata da Hap&Leonard.
Un road movie in salsa thriller che colpisce al cuore i padri, ma che ha il potere ed il grande respiro che solo il vecchio Don sa dare alle pagine.


N°4: COMPAGNO DI SBRONZE di CHARLES BUKOWSKI



Il vecchio Hank Bukowski non poteva mancare ai piani alti della classifica delle letture dell'anno, grazie ad uno dei titoli della sua bibliografia più importanti che ancora mancava al sottoscritto, e che ha assunto un significato ancora maggiore perchè giunto da queste parti nell'anno della fine di Californication - che deve un sacco al buon Buck - e della morte del mio amico Emiliano, che come il sottoscritto e mio fratello ha amato alla follia questo vecchio ubriacone che di tanto in tanto amava tenere la penna in mano.
Data l'anarchia di Buckowski, non tutti i racconti valgono davvero, ma quelli che lo fanno, sono lampi di genio assoluto.
Bagnati di sesso, alcool e vita. Come piace a me.

N°3: HONKY TONK SAMURAI di JOE R. LANSDALE



Un altro dei grandi protetti del Saloon dal punto di vista letterario è Joe Lansdale, che non ringrazierò mai abbastanza per aver creato Hap e Leonard, tra i miei personaggi preferiti sulla pagina scritta di sempre. Il nuovo capitolo della loro saga, giunto a cinque anni di distanza dal precedente, non delude le attese, pur non assestandosi tra i miei preferiti. 
O almeno questo è quello che ho creduto, considerando qualche posizione in meno in questa classifica, fino ad una quarantina di pagine dalla conclusione: poi il vecchio Joe sfodera uno dei finali più belli ed emozionanti che si potessero immaginare, ed apre una breccia grande quanto la Frontiera nel cuore del sottoscritto e di tutti i suoi fan. Lacrime, sangue ed emozione. Tutto in salsa Hap&Leonard.


N°2: L'ISOLA DEL TESORO di ROBERT LOUIS STEVENSON



Un Classico senza tempo che, all'epoca della scuola, ho sempre evitato per partito preso rispetto alle letture imposte, e che ho riscoperto proprio come un tesoro ora, che del periodo degli studi ho solo un vago ricordo: un romanzo di formazione ed avventura che è il capostipite di un genere, una meraviglia per gli occhi, l'immaginazione ed il cuore, che spero davvero che i miei figli potranno leggere ed amare come ho amato io dalla prima all'ultima riga.
Stevenson, con la sua visione da esploratore e pioniere, ha consegnato ai lettori di qualsiasi epoca un'epopea che è impossibile dimenticare. E non amare.





Raramente, nel corso della mia vita, ho trovato riscontro di me stesso in un personaggio come nel Long John Silver tratteggiato da Bjorn Larsson.
Pensandoci bene, solo Barry Lyndon aveva avuto lo stesso potere, su di me.
Questo, senza troppi fronzoli, è uno dei romanzi della mia vita.
Long John Silver, compagnone e spietato, egoista e generoso, esplosivo e sfuggente, con il suo amore incondizionato per la vita, è quanto di più simile esista al sottoscritto che si possa immaginare: un pirata per volontà che sfugge al ruolo di Capitano perchè l'unico ad avere il potere di deporlo deve rimanere lui stesso, un figlio della Libertà in grado di legarsi indissolubilmente a qualcuno o compiere le bassezze più atroci per vendicarsi di qualcun'altro.
Long John Silver è il Capitano della sua anima.
Ed io della mia.
La nave migliore con la quale possiamo partire alla volta del mondo.



I PREMI

Miglior autore: Bjorn Larsson
Miglior personaggio: Long John Silver, La vera storia del pirata Long John Silver
Miglior antagonista: Jim Hawkins, L'isola del tesoro
Scena cult: il momento in cui Long John Silver diventa "Barbecue", La vera storia del pirata Long John Silver, ed il finale di Honky Tonk Samurai
Premio "brutti, sporchi e cattivi": i Distruttori, Honky Tonk Samurai
Premio stile: Jake Adelstein, Tokyo Vice
Miglior personaggio femminile: Vanilla Ride, Honky Tonk Samurai
Miglior non protagonista: Henry, Shotgun Lovesongs
Momento action: il tentativo di autopompino, Compagno di sbronze
Atmosfera magica: la festa danzante di paese, Shotgun Lovesongs



MrFord

domenica 19 aprile 2015

Compagno di sbronze

Autore: Charles Bukowski
Origine: USA
Anno: 1972
Editore: Feltrinelli




La trama (con parole mie): per le strade di Los Angeles e della California, negli angoli più remoti delle periferie o nelle campagne dei lavori più umili dati ad immigrati clandestini e reietti della società, affogati nel sesso e nell'alcool vivono i personaggi protagonisti della raccolta di racconti firmata dal mito della Letteratura di strada Charles Bukowski, che porta tutto se stesso - in senso etico e letterale - nei personaggi che abitano queste favole nere, spensierate e malinconiche costruite attorno a losers e ultimi della classe.
Socialmente parlando.
Dal lirismo struggente alle volgarità gratuite, assistiamo ad una vera e propria carrellata di miserie umane e scommesse perdute con la vita cariche, come sempre, di tutta la grinta e la passione che il vecchio Hank riusciva a mettere nei suoi racconti.






Si può dire che, ai tempi, io abbia approcciato Charles Bukowski in netto anticipo.
Non ricordo esattamente quando lessi per la prima volta un prodotto della penna del mitico Hank, ma in una certa misura - e anche se non potevo saperlo, all'epoca - fu profetico rispetto a quello che sarebbe stato il mio futuro: perchè, come chi frequenta il Saloon da tempo già saprà, nel corso dell'adolescenza il mio pensiero era più quello di scrivere, per l'appunto, che non bere, girare per le strade, esplorare situazioni e persone come fossero viaggi.
Eppure, da un certo punto della mia vita in poi, è stato proprio così.
E, nonostante abbia un lavoro, una famiglia, una vita tutto sommato equilibrata posso fieramente definirmi parte di quel tipo di caotici viaggiatori che subiranno sempre e comunque il fascino irresistibile delle loro passioni, dell'idea che sentire sulla pelle qualcosa sarà sempre e comunque meglio di quanto sarebbe non sentirlo: gentaglia piratesca e non sempre raccomandabile come lo stesso Bukowski.
Personalmente, penso che la sua opera fondamentale sia Pulp, che, lo ricordo ancora, lessi a cavallo di un viaggio a Madrid nell'estate del duemilacinque - una delle più fondamentali della mia vita - poco prima di Delitto e castigo - ed è stato curioso scoprire in questa raccolta di racconti che il vecchio Charles considerasse Dostoevskij "un duro" -: Compagno di sbronze, come tutte le compilation di scritti, finisce per essere in qualche modo incostante ed alternare fasi di stanca con altre al limite del geniale, proprio come l'opera stessa del vecchio Hank.
Umana, di pancia, decisa, bastarda, senza controllo, anche quando il controllo esiste.
I protagonisti dei racconti, tutti figli della stessa esistenza di Bukowski, tutti profondamente Bukowski, anche nella distanza da lui, mostrano l'irriverenza e l'irruenza dell'adolescenza e quella malinconia struggente da fine delle vacanze che accompagna la crescita, la maturità, la vecchiaia, fino alla fine: ed è quasi incredibile pensare di trovare nelle stesse pagine momenti clamorosamente grotteschi e divertenti come i giri in macchina per trovare il posto migliore per scaricare la merda raccolta dal cesso intasato e la parabola legata all'impossibilità nel riuscire a succhiarsi il cazzo da soli - "perchè due centimetri o un universo intero, in quel caso, paiono alla stessa distanza" - ed altri legati a doppio filo alla solitudine, alla consapevolezza di essere animali in balia delle passioni, al non temere la morte, eppure essere ben consci che quando calerà il sipario, sarà un respiro spezzato, e poi nulla.
Ed il bello è proprio questo: nessuno è perfetto, la vita stessa non è perfetta, le giornate non sono perfette, il sesso non è perfetto, una qualsiasi sbronza non è perfetta.
Ma è proprio in tutto questo non essere perfetti, che sta la perfezione.
Hank doveva essere un individuo poco raccomandabile, un vero stronzo, un ubriacone, ma dalla sua prima all'ultima parola si sente come un pugno in faccia tutta la voglia indescrivibile di vivere e sentire la vita sulla pelle di questo animale (a)sociale dedito a tutti i piaceri che è possibile infliggere al proprio corpo ed al proprio spirito fino a vederli allo stremo, ed un passo oltre.
Compagno di sbronze è così: irascibile ed affascinante, disgustoso e godurioso, una rissa da bar con il migliore e più tosto avversario possibile che, chissà, con un bicchiere alla fine della lotta potrebbe perfino diventare il nostro migliore amico.
Ammesso che il caos interiore ci permetta di averne uno.
Compagno di sbronze è una lettura con due palle enormi, che non si preoccupa di piacere, o di farci sconti, e favori: non so se avete presente cosa possa significare uscire a bere con qualcuno che con il bere ha un certo feeling. E non parlo di studenti dall'aperitivo facile, o da drink la sera.
Parlo di chi vive sempre sul filo. Walk the line, cantava Cash.
Non è facile. C'è il rischio di vivere momenti decisamente dimenticabili.
Ma anche quello di provare sulla pelle l'emozione sincera che si esprime soltanto nel momento in cui si è senza freni.
E in questo, il vecchio Hank era davvero un professionista con i fiocchi.



MrFord



"That amazing grace
sort of passed you by
you wake up every day
and you start to cry
yeah, you want to die
but you just can't quit
let me break it on down:
it's the fucked up shit."
Warren Zevon - "My shit's fucked up" - 




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