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giovedì 31 ottobre 2013

Thursday's child


La trama (con parole mie): ed eccoci alla settimana di Halloween, una delle più affascinanti dal punto di vista "spettacolare" dell'anno. Speravate che, proprio per questo, i distributori ci avrebbero regalato una carrellata di pellicole da brivido per celebrare la ricorrenza proprio come stiamo facendo io ed il mio rivale Cannibal Kid nei nostri blog?
Beh, grosso errore. Almeno per quanto riguarda l'horror e la sua lunga tradizione.
Se invece si parla di titoli ben oltre la soglia dello schifo, allora siete capitati nel posto giusto, perchè questo weekend offrirà almeno tre o quattro perle del trash come solo in Italia sappiamo confezionare.

"Dite pure a Ford che sulla mia barca non ci mette piede, dopo quello che ha detto su di me!"

Sole a catinelle di Gennaro Nunziante


Il consiglio di Cannibal: risate a catinelle, si spera
Così come MrFord non ce la faccio a farmelo stare simpatico, Checco Zalone non ce la faccio a farmelo stare antipatico. A me fa ridere e se per questo, o magari anche non solo per questo, devo essere considerato un idiota, pazienza. Per quanto cinematograficamente irrilevanti, i suoi primi due film Cado dalle nubi e Che bella giornata mi avevano divertito parecchio, non mi vergono di dirlo. Forse un pochino sì.
Due commediole leggere e prevedibili, ma nemmeno così sceme e con anzi una comicità molto autoironica e bella cattivella, soprattutto per i buonisti standard italiani. Non correrò a vedere questo Sole a catinelle, ma se mi pioverà addosso non aprirò l’ombrello e me lo godrò. Alla faccia degli snob come Ford che “Checco Zalone no, che schifo!”. E poi il radical-chic sono io…
Il consiglio di Ford: bottigliate a catinelle.
Checco Zalone non mi sta antipatico, dico sul serio. Trovo che sappia fare il suo mestiere, e se la cavi anche dal punto di vista musicale. Ma al Cinema proprio non ce lo vedo, nonostante gli incassi e tutto il resto. Non ho visto Cado dalle nubi, ma Che bella giornata è stata una delle esperienze più traumatiche che ho vissuto come spettatore.
Inutile dire che prima di affibbiarmi un altro supplizio del genere dovranno passare almeno altri dieci anni.
Dunque lascio Zalone al Coniglione e proseguo.

"Faccio una serenata al Cannibale: lui sì che mi capisce!"
Before Midnight di Richard Linklater


Il consiglio di Cannibal: Trilogia del Before? Oh Yes. Trilogia del Be-Ford? No, thanks!
Ecco il terzo capitolo della saga più amata dai cinefili indie.
Harry Potter, Twilight, Batman, Superman, Rocky?
Ma va là. Sto parlando della “Trilogia del Before” firmata da Richard Linklater con protagonisti Ethan Hawke e Julie Delpy. Dopo Before Sunrise e Before Sunset, arriva Before Midnight.
Io, da buon fan della saga l’ho già visto e ne parlerò a breve. Quanto a Ford, gli consiglio una maratona immediata di tutti e tre gli episodi, per depurarsi dalle serie action trash anni ’80 che continua a guardarsi. Before the end of the world, Ford.
Il consiglio di Ford: meglio late che never!
Non ho mai amato, ed in parte per presa di posizione, questo tipo di film indie da radical spocchiosi come il mio rivale, eppure la trilogia di Linklater è riuscita finalmente ad incuriosirmi, quindi a breve mi cimenterò in una maratona dei tre Before cercando di mantenermi il più imparziale possibile, almeno in partenza.
Sono molto curioso di scoprire quello che sarà il risultato, e chissà, forse l'influsso di Halloween porterà anche in questo caso il sottoscritto e Peppa Kid dalla stessa parte della barricata.

"Ammazza Julie, siamo invecchiati quasi quanto Ford!"

Miss Violence di Alexandros Avranas


Il consiglio di Cannibal: Miss Ford ha cambiato nome?
Miss Violence è stato accolto alla grande all’ultimo Festival di Venezia, dove ha portato a casa ben due premi: il Leone d’Argento per la regia e la coppa Volpi per il miglior attore. Sticactus, mica roba da poco.
I premi ai festival cinematografici vanno presi sempre con le molle, un po’ come gli attesissimi Cannibal e WhiteRussian Awards di fine anno, però questo sembra un film autoriale bello potente e cattivo, dalla Grecia con furore, sperando di trovarci di fronte a qualcosa dell’impatto devastante di un Kynodontas di Giorgos Lanthimos o quasi.
Il trailer sulle note di “Dance Me to the End of Love” di Leonard Cohen promette bene e, se poi deluderà pazienza, come consolazione faremo scattare la violence contro Ford!
Il consiglio di Ford: la biografia di Katniss Kid o un film che davvero vale la pena di vedere?
Il Cinema greco, negli ultimi anni, ha conosciuto una nuova ribalta internazionale grazie a Lanthimos, autore dell'incredibile Kynodontas.
Questo Miss Violence potrebbe rivelarsi un suo almeno alla lontana degno erede, e ammetto di avere non poche aspettative in merito: sperando che le stesse non vengano tradite scatenando più bottigliate di quante se ne sia prese il mio rivale nell'ultima Blog War, mi butterò a capofitto nella visione.

Tipica reduce da visione di un film consigliato dal Cannibale.

Blancanieves di Pablo Berger


Il consiglio di Cannibal: Ford, questo è un film DALLA Spagna, non SU Ivana Spagna, la tua cantante preferita
Blancanieves è un film muto in bianco e nero dall’atmosfera più retrò di un Mr. James Ford. Subito ovviamente è stato definito come un possibile The Artist spagnolo e in effetti sembrerebbe piuttosto intrigante. Una possibilità credo di potergliela dare.
Al film, non a Ford. A lui posso concedere giusto la possibilità di lasciare l’Italia senza che ci sia bisogno di troppe polemiche e senza parole, come un film muto.
Il consiglio di Ford: Blancasnieves Kid, la vittima preferita della Strega Fordiana.
Così come Miss Violence riesce ad incuriosirmi nonostante l'aura potenzialmente molto - se non troppo - autoriale, questo Blancasnieves mi puzza di radicalchiccata lontano un miglio, e dato che in questo periodo non ho alcuna voglia di perdere troppo tempo in pellicole inutili, credo lo lascerò almeno momentaneamente in standby, in attesa di scoprire cosa ne pensa il mio rivale e decidere di conseguenza.

"Cannibal Kid, posso impedirti di scrivere le tue solite fregnacce con la sola imposizione delle mani!"
Ender’s Game di Gavin Hood


Il consiglio di Cannibal: checchè ne dica Ford, meglio gli Hunger Games
Ahia. Quando vedo il nome di Ford, io leggo flop. Poco importa che sia James Ford o Harrison Ford. Quest’ultimo ormai colleziona un disastro dopo l’altro e il fantascientifico Ender’s Game, tratto da una saga letteraria fantasy degli anni ’80, fin dal trailer si preannuncia una porcatona degna di After Earth. Io quindi avviso tutti: dove c’è Ford, c’è danno.
Il consiglio di Ford: la fine di Ford. Harrison, però.
Neanche il tempo di finire di massacrare l'orrendo Il potere dei soldi, ed ecco che Harrison Ford viene riproposto in sala con una potenziale porcatissima firmata da un regista che ho sempre trovato più inutile del Cannibale, Gavin Hood.
Nonostante, dunque, una materia che avrebbe potuto anche interessarmi, un titolo da scartare neanche fosse stato sostenuto con fervore dal mio antagonista.

"Io sono il Comandante Ford, e tu chi saresti!?" "Mi chiamo Peppa, Peppa Kid."
Captain Phillips – Attacco in mare aperto di Paul Greengrass


Il consiglio di Cannibal: americanata in mare aperto
C’è un nome che mi mette in agitazione più ancora di quello di Ford: Tom Hanks. Non lo reggo davvero. È un po’ il Fabio Fazio degli attori americani. Quando lo vedo, sento puzza di buonismo lontano un miglio. E in questo film, tratto da una storia vera su degli yankee presi in ostaggio da dei pirati somali, sento pure puzza di americanata e di celebrazione dei valori americani clamorosa. Al momento non credo di poter reggere una visione del genere e loro, insieme alle loro molto democratiche intercettazioni telefoniche, li darei volentieri in pasto ai pirati somali. E, se sulla barca avanza un posto, caricate su pure MrFord!
Il consiglio di Ford: attacco al buon gusto.
Greengrass, fino a qualche anno fa, sarebbe stato sinonimo di una almeno parziale garanzia, qui in casa Ford, considerata la saga dedicata a Bourne, eppure il trailer di questa roba che trasuda ammmereganismo è una delle visioni più agghiaccianti del mese, che sinceramente lascerei sciroppare al mio rivale in modo da fargli scontare l'ultima, clamorosa debacle nella recente Blog War anagrafica.
Ma sarò buono, e mi limiterò semplicemente ad evitarlo.

"Tom, meglio che vieni con noi: se ti becca Cannibal, allora sì che sei nei guai!"
Smiley di Michael J. Gallagher


Il consiglio di Cannibal: un horror da ridere
Cosa ne penso di Smiley?
Non ve lo dico, dovete andarvi a leggere la mia recensione http://pensiericannibali.blogspot.it/2013/08/smiley-un-sorriso-vi-uccidera.html.
Sinceramente non pensavo che un film low-budget, quasi amatoriale, del genere sarebbe arrivato nei nostri cinema. Evidentemente la nostra distribuzione sta alla canna del gas peggio di Ford e, pur di tirare fuori un horrorino da distribuire ad Halloween, ha scelto Smiley. Un filmino molto modesto, ma tutto sommato guardabile. Di più non vi dico, andate a leggervi la mia rece!
Il consiglio di Ford: per Halloween, aspettate la recensione fordiana di Halloween!
Filmetto che non mi dice praticamente nulla, e che soltanto il mio antagonista con i suoi scellerati gusti potevano in qualche modo risparmiare. Non credo che lo vedrò, considerato che la mia Halloween week ha progetti ben diversi ed un'agenda già piena di impegni.
A partire dal Maestro Carpenter.

Ormai perfino i Boogeymen fanno ridere.
Un castello in Italia di Valeria Bruni Tedeschi


Il consiglio di Cannibal: una radical-chic in Italia
Esiste qualcuno più radical-chic di Valeria Bruni Tedeschi, regista, sceneggiatrice e attrice italiana ma molto radical-chiccamente naturalizzata francese, figlia di un industriale e di una pianista, sorella di Carla Bruni e praticamente un personaggio di un film di Wes Anderson in carne e ossa?
No, non credo esista.
Nonostante il suo enorme radical-chicchismo, non ho visto i suoi precedenti film e chissà che non inizi da questo…
Nah, mi sa che potrebbe essere troppo radical-chic persino per me. Per Ford non oso immaginare. Una pellicola come questa potrebbe farlo diventare verde e trasformarlo nell’Incredibile Ford…
Il consiglio di Ford: Valeria Bruni Tedeschi. Ho detto tutto.
Il non plus ultra del radical chicchismo non solo della settimana, ma forse dell'anno, considerato l'effetto peggiorativo dato dal fatto di essere una pellicola made in Italy.
Non voglio neanche pensare di vederlo in locandina.

"Mi raccomando, acqua in bocca: non dire a Ford che abbiamo girato questo film."
Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oletto


Il consiglio di Cannibal: Ford, il mio rivale scemo
Un film italiano?
No dai, ho mal di testa.
Il consiglio di Ford: Cannibal, il mio rivale radical.
Non bastava la Bruni Tedeschi, vero!?
La Terra dei cachi vuole decisamente il nostro male.

"E così quello è il Cucciolo Eroico?" "Sì, me l'ha regalato Ford come bersaglio!"
Il pasticciere di Luigi Sardiello


Il consiglio di Cannibal: scommetto sarà un pasticcio, più che un pasticciere
Altro film italiano di cui io, personalmente, faccio volentieri a meno. E credo anche quel simpatico (?) pasticcione di Ford. Se poi voi volete proprio andare a vederlo, fate pure. Ognuno è libero di farsi del male come preferisce. Io ad esempio continuo a tenere una rubrica insieme al mio nemico mortale MrFord…
Il consiglio di Ford: il boss dei pasticci, Cannibal Kid.
Non c'è due senza tre, recita il detto.
E in una settimana di uscite in parte interessanti, questo sarà il terzo "gran rifiuto" offerto con grande piacere dal Saloon.

"E dopo questo, vado dritto a Il boss delle torte!"

mercoledì 30 ottobre 2013

True blood - Stagione 6

Produzione: HBO
Origine:
USA
Anno: 2013
Episodi: 10




La trama (con parole mie): Sookie, ormai alle spalle le storie con Bill ed Eric, si ritrova a dover fronteggiare la minaccia del millenario vampiro Warlow, responsabile della morte dei suoi genitori tornato per riscuotere un antico credito con la famiglia della cameriera telepate.
Nel frattempo la situazione che vede il progressivo incrinarsi dei rapporti tra umani e succhiasangue continua a peggiorare, ed il Governatore della Louisiana, accanto alla costruzione di campi di prigionia all'interno dei quali segregare le creature della notte, accarezza il sogno di un ritorno del Tru Blood sul mercato: c'è però un oscuro segreto, dietro la nuova versione del sangue sintetico.
La formula progettata, infatti, ha il compito di divulgare tra la popolazione vampirica una mortale malattia pronta a sterminare i figli di Lilith dal primo all'ultimo ribattezzata Epatite V.




Se osservare un regista cui ci si sente legati sprofondare un film dopo l'altro nell'oceano della mediocrità e delle stronzate soffocanti - vero, Malick!? - fa male al cuore di ogni cinefilo, osservare l'agghiacciante declino di una serie tv finisce per avere effetti anche più devastanti, considerato l'affetto che si finisce per provare rispetto ai protagonisti di proposte nate per accattivare e conquistare l'audience neanche si trattasse di un gruppo di vecchi amici.
True blood, creatura figlia del mitico Alan Ball, responsabile di quel Capolavoro di Six feet under, partita alla grande qualche anno fa e rimasta a livelli decisamente alti fino alla sua terza annata, sancisce con questa season numero sei la sua definitiva sepoltura - sempre per restare in tema "balliano" - con un anno di anticipo rispetto alla stagione conclusiva, fissata per il prossimo anno.
Tutto quello che, fino a qualche tempo fa, infatti, rendeva questo titolo un'intrigante rilettura del mito del vampiro applicato ad un'atmosfera rovente da southern profondo è stato sostituito da un trash ben oltre il pacchiano, personaggi divenuti macchiette ed un assurdo quanto illogico inanellarsi di eventi spesso e volentieri pronti a scadere nel ridicolo involontario: colonne portanti della serie come Eric Northman - che aveva avuto una vera e propria evoluzione nei primi due anni del prodotto - ridotte a pupazzoni privi di spessore, dinamiche ed eventi buttati a caso nel calderone neanche dietro la macchina da scrivere si trovassero gli sceneggiatori di Occhi del cuore, atmosfera da teen eccitabili buona giusto per la trasmissione della serie su Mtv ed un'escalation esplosa in un finale tra i più discutibili passati sul piccolo schermo negli ultimi anni.
Tutto questo senza contare la profonda antipatia - peraltro continuamente crescente - di Sookie, quella che dovrebbe essere l'eroina della serie e che, di fatto, rappresenta ormai una sorta di cacciatrice di cazzi - e mi perdonino le signore, ma del resto qui siamo in un Saloon -, preferibilmente di origine sovrannaturale, da attizzare per bene prima di dedicarsi al successivo, magari dopo aver abilmente eliminato il precedente facendolo passare per fesso oltre che per cattivo - ovviamente -.
Emblematico è il caso di Warlow, personaggio dallo spessore nullo nato e morto - fortunatamente - con queste dieci puntate che finisce per passare nella loro quasi totalità legato come un salame ad una sagra di paese: neppure l'utilizzo come sua nemesi di un grosso calibro come Rutger Hauer riesce a scuotere, dunque, un charachter inutile fin dal principio, simbolo del declino di un titolo che finisce per appiattire praticamente ogni suo punto di riferimento.
In questo senso, il responso è davvero impietoso: Bill in formato "divino" non si può assolutamente vedere, gli abitanti di Bon Temps paiono riciclati nel ruolo di bagonghi disposti ad accettare ogni ordine di stranezze, i vampiri in toto finiscono per recitare la parte dei perenni assatanati senza alcuno scopo, Alcide - che probabilmente finirà per essere affossato il prossimo anno - è un orsacchiottone senza carattere che rimbalza da una situazione all'altra, Sam un comprimario cui pare essere assegnato d'ufficio il ruolo di tappabuchi.
L'unico a scampare in qualche modo al massacro pare essere Jason, che conserva l'ingenuità da scemo del villaggio che ha fatto la sua fortuna fin dalla prima stagione, e che spero ardentemente non sia in qualche modo coinvolto nella debacle con la conclusione della saga: quello che è certo, nel frattempo, è che il Southern Comfort che ben simboleggiava True blood ai suoi esordi, è diventato una sorta di Crodino annacquato da discount.
Ed essendo in un Saloon questa non è mai una buona cosa.


MrFord


"Well, he's trying to survive up on Mulholland Drive 
he's got the phone in the car in his hand 
everbody's trying to be a friend of mine
even a dog can shake hands."
Warren Zevon - "Even a dog can shake hands" - 


martedì 29 ottobre 2013

Fordino unchained Vol. 5: happy birthday, dad! Edition


La trama (con parole mie): oggi è il mio compleanno. Normalmente dedicherei questo post alla consueta visione de Gli spietati, o a tutto quello che smuove le mie passioni e che, di norma, celebro sempre con questa ricorrenza.
Eppure quest'anno c'è qualcosa di più, oltre alla trentaquattresima candelina sulla torta.
Anzi, qualcuno.
Qualcuno che ha cambiato completamente la mia vita e le regole del mondo, dell'amore, di qualsiasi cosa possa immaginare.
Proprio lui, il Fordino.


C'è stato un tempo, da pre-adolescente, in cui odiavo le feste.
Finivo sempre a litigare con qualcuno, cercare lo scontro e creare scompiglio, e spesso e volentieri giungevano inevitabili anche le lacrime.
Tutto questo perchè la timidezza mi impediva di godere delle cose come avrei voluto, quasi ci fosse un motivo per il quale vergognarsi, nel farlo.
Fortunatamente le esperienze - positive o negative che fossero - sono riuscite ad aiutarmi a porre le basi per quello che sono ora, fino a vedermi, a volte, eccedere dall'altra parte.
Sono ben lontano dalla perfezione - e non finirò mai di ringraziare per questo -, ma del resto il bello della nostra umanità sta proprio in tutti gli squilibri che portiamo in dote a chi proprio per gli stessi impara ad amarci, finendo per sentirsi legato ai difetti quasi più che ai pregi.
E dunque torno con la mente a William Munny e a Gli spietati, Capolavoro firmato Clint Eastwood nonchè tra i film più importanti della mia vita, che si chiude proprio con l'interrogativo legato al perchè una giovane donna di buona famiglia potesse essersi innamorata di un assassino senza cuore e senza regole.
Oggi rivedrò l'ormai leggendario Unforgiven - questo il titolo originale - per la prima volta da padre, e chissà, se non sarà troppo in movimento, per la prima volta insieme a mio figlio: dentro di me spero non sarà l'ultima, e che tra dieci, venti o trenta compleanni lui sia ancora al mio fianco, in questo giorno, a gustarsi quello che è uno dei cardini della cultura cinematografica - e non solo - del suo vecchio.
Ma in realtà, se volete proprio saperlo, quando lo guardo, o vedo come Julez riesce ad addormentarlo con la velocità e la perizia di nessun'altro in famiglia, o rispondo ai suoi sorrisi, ai richiami, ai suoni che per lui sono già parole, o lo osservo sfrecciare con il girello avanti e indietro per tutta la casa, neppure Clint in persona potrebbe distogliermi.
In questo senso, ho un aneddoto divertente da raccontare a proposito di casa Ford: sono sempre stato molto legato, alle mie collezioni di cd e dvd, direi a livello maniacale.
Entrambe sono divise per categorie ed in rigoroso ordine alfabetico, ed in nessun caso un album o un film escono dalla porta senza la certezza che possa riportarli indietro in giornata: non li presto, al massimo li condivido per una visione.
Da quando, invece, AleLeo ha iniziato ad esplorare il mondo a partire da queste quattro mura, ho capito che sarebbe stato impossibile non metterli a sua disposizione: di norma, per quello che può raggiungere, raccoglie e lancia ogni titolo che si trova per le mani, dopo averne studiato forma e colori, e senza preoccuparsi se a finire da qualche parte sotto i suoi piedini siano Frank Zappa o Emir Kusturica.
Nello specifico, ho notato che dvd e bluray sono più masticabili, mentre con i cd si ha più la sensazione del lancio del disco - in senso letterale e figurato -.
Ed anche in questo caso, più che preoccuparmi di quale fine possano fare Tom Waits - per la gioia della signora Ford - o Le vite degli altri - del resto le ultime lettere dell'alfabetico sono nella parte più bassa ed accessibile delle librerie -, sorrido guardando il suo interesse e la sua curiosità rispetto al mondo, per piccoli mucchietti di plastica che hanno dato un significato alla mia vita, alle suddette esperienze ed ai ricordi e che per lui sono solo gioco, consistenza, scoperta.
Nell'ormai lontano 1990, Rocky/Stallone, nel quinto capitolo della sua saga, ringraziava suo figlio Junior/Sage perchè "averlo avuto era stato come rinascere un'altra volta": essere padre è sempre stato un mio desiderio, ma non avevo mai compreso a fondo il significato di quella frase fino ad ora.
E lo faccio guardandolo fare gioiosamente a pezzi quegli oggetti che sono stati il bagaglio del mio viaggio fino ad ora.
L'esistenza del vecchio cowboy è tutta in quelle mani.
E lui è il regalo migliore che potrò sperare di ricevere ad ogni mio compleanno da ora in avanti.


MrFord


"Why leave now? Let's party for the rest of the night! 
eleven o'clock, Twelve o'clock, One o'clock, Two 
me tired? Well boo-hoo! 
I'm starting to fall in love with you."

Warren Zevon - "The rest of the night" - 



lunedì 28 ottobre 2013

Dark skies - Oscure presenze



Regia: Scott Stewart
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 97'



La trama (con parole mie): Daniel e Lacy Barrett sono sposati con due figli, e fino a non troppo tempo fa assaporavano il piacere del sogno americano di una grande casa, sicurezza economica, barbecue con gli amici la domenica e due figli. I tempi della crisi, però, hanno cominciato a minare il rapporto tra i due, troppo impegnati a cercare di far quadrare i conti per dialogare ancora tra loro e con i ragazzi. Quando una serie di nuovi, misteriosi fenomeni comincia a sconvolgere la loro quotidianità a partire dagli incubi del piccolo Sam, però, i Barrett si stringono l'uno all'altro cercando di venire a capo di quello che sta accadendo.
Sarà Lacy, spinta da alcune ricerche in rete e dalla necessità di scoprire l'origine degli eventi che li hanno colpiti, a sospettare per prima che dietro i misteriosi fenomeni si celino, in realtà, esseri provenienti da un altro mondo.




Come molti appassionati ben sanno, ormai, l'horror ed uno dei suoi simboli più inquietanti, i bambini posseduti, sono un terreno minato per qualsiasi regista voglia confrontarsi con gli stessi rischiando, di fatto, di proporre al pubblico, nei casi migliori, un'insipida minestra riscaldata.
Negli ultimi mesi, fortunatamente, ho avuto la fortuna di assistere a due casi che hanno visto portare sullo schermo titoli certo non rivoluzionari o innovativi, nonchè assolutamente derivativi nella loro evoluzione, eppure funzionali e senza dubbio in grado di portare a casa la loro onesta pagnotta: The conjuring e, per l'appunto, questo Dark skies - Oscure presenze.
In più di un senso, potrebbero addirittura essere considerate pellicole sorelle: in entrambi i casi ci troviamo di fronte ad una famiglia messa alla prova da forze decisamente più grandi di lei e pronta a stringersi attorno ai suoi membri apparentemente più deboli ed esposti al pericolo, pronta a rivolgersi a specialisti "del settore" inizialmente guardati con scetticismo e a combattere le suddette forze fino all'ultimo.
Ma se nel lavoro di James Wan - tecnicamente superiore a quello di Scott Stewart - a fronteggiare i protagonisti troviamo i "consueti" demoni, in Dark skies assistiamo all'interessante esperimento - che definirei riuscito - di riproporre le mitiche figure degli alieni cui ci eravamo abituati nei gloriosi anni ottanta grazie a pietre miliari come Incontri ravvicinati del terzo tipo nell'insolita veste di nemesi horror a tutti gli effetti, inquietanti e silenziosi invasori pronti a studiarci come entomologi del tutto privi di qualsiasi empatia.
Interessanti anche la scelta di mantenere il contatto con gli sgraditi ospiti del nostro pianeta molto in secondo piano, lasciando dunque il compito di inquietare il pubblico ai Barrett e alle loro reazioni alle interferenze "spaziali", e di optare per un'escalation conclusiva assolutamente lontana dagli usuali finali consolatori hollywoodiani, pronta a lasciare almeno parzialmente con l'amaro in bocca come fu con Sinister lo scorso anno.
Certo, l'evoluzione della trama ed i momenti da salto sulla sedia potenziale non sono nulla che non si sia già visto, il cast non pare decisamente il migliore sulla piazza - nonostante abbia ritrovato con piacere J. K. Simmons, ormai mitico dalle parti del Saloon dopo Oz e Juno - ed alcune parti potenzialmente molto interessanti sono lasciate cadere fin troppo presto - i segni lasciati dagli alieni sui due figli che divengono un implicito atto d'accusa e ragione di sospetto rispetto ai genitori su tutti -, eppure il film funziona e si lascia guardare dall'inizio alla fine, mantenendo una dignità che la media dei titoli horror attuali decisamente non ha.
Una discreta sorpresa, dunque, che ha rispolverato un'ansia dal sapore anni ottanta che non si avvertiva dai tempi del successo di X-Files, e che sul grande schermo può essere ricondotta a piccole perle come Arlington Road: considerate le aspettative che il Saloon tutto nutriva in merito, direi che Stewart può considerarsi uno dei piccoli eroi del genere in questo spento, spentissimo duemilatredici.


MrFord


"I'll take you out of this world (to the other side)
on a midnight rocket ('til the morning light)
going up, going down (it's gonna be alright)
I'll take you out of this world tonight."
Kiss - "Outta this world" - 



Lou Reed (1942 - 2013)

So long, Vicious.


MrFord


"Sometimes I feel so happy
sometimes I feel so sad
sometimes I feel so happy
but mostly you just make me mad
baby you just make me mad
linger on, your pale blue eyes
linger on, your pale blue eyes."
Velvet underground - "Pale blue eyes" -





domenica 27 ottobre 2013

Corpi da reato

Regia: Paul Feig
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 117'




La trama (con parole mie): Ashburn, un'agente dell'FBI osteggiata per la sua spiccata antipatia e l'eccessiva applicazione di norme e regole dalla maggior parte dei colleghi, è inviata a Boston per investigare sull'identità di un pericoloso ed ancora senza volto boss della droga.
Mullins, una detective della polizia di Boston, è osteggiata per la sua volgarità, i modi spicci e rudi e la totale noncuranza rispetto alle regole e alle norme dalla maggior parte dei colleghi, conosce le strade della sua città e deve far fronte ai guai che il fratello ha con la Legge a causa dei trascorsi di quest'ultimo legati allo spaccio.
Quando le due si incontrano unendo le forze, nonostante le prime scaramucce e le diversità, per la criminalità organizzata i guai subiranno un'impennata da record.




Un paio d'anni or sono, il territorio della commedia sguaiata e sopra le righe da decenni saldamente in mano alla metà maschile del cielo è stato sconvolto dall'arrivo di uno dei titoli di genere più apprezzati degli ultimi anni, Le amiche della sposa, che riscosse un discreto successo anche qui nella blogosfera, raccogliendo i consensi soprattutto del pubblico non in rosa, piacevolmente sorpreso delle affinità nascoste che si è trovato in grado di (ri)scoprire nel cosiddetto - ed assurdamente così definito - sesso debole.
Paul Feig, regista di quel riuscito esperimento, ritenta dunque sfruttando il traino del suo pezzo da novanta, Melissa McCarthy, esplorando la parte femminile del buddy movie di stampo poliziesco grazie ad una vicenda che ricorda il recente 21 Jump Street: il risultato, come fu per il già citato Le amiche della sposa, è forse al di sotto delle aspettative - e senza dubbio del lavoro precedente del regista - ma ugualmente in grado di intrattenere senza grosse pretese, seppur appesantito da un minutaggio decisamente troppo generoso e da due personaggi destinati a diventare presto macchiette - anche se alcuni siparietti come quello che vede protagoniste le due agenti ed il capo del distretto di Mullins, il fu Biff di Ritorno al futuro, riconosciuto al volo da Julez, è davvero niente male -.
Dunque, passando da una McCarthy che parla come Hancock - devo aver perso il conto delle minacce di schiaffare qualcosa nel culo di qualcuno - ad una Sandra Bullock come spesso e volentieri accade a ricoprire il ruolo della precisina rompipalle, si arriva tutto sommato indenni al termine della visione consci di non essere stati presi troppo per il culo - per l'appunto -, senza aver impegnato troppo il cervello e reduci da un'esperienza da spettatori che riesce a strappare anche qualche onesta risata di grana grossa.
In un periodo certamente non memorabile per le commedie - fatta eccezione per il già mitico La fine del mondo ed il quasi mitico e prossimamente su questi schermi Facciamola finita - made in USA e non solo Corpi da reato finisce per rientrare nella stessa categoria di Come ti spaccio la famiglia, ovvero di quelle pellicole innocue e solo apparentemente "di rottura" per nulla destinate a lasciare il segno ma senza dubbio in grado di compiere il loro dovere al botteghino così come agli occhi degli spettatori: nessuna incazzatura, buon umore, pacche sulle spalle, una volgarità giustificata da un finale che vede i buoni trionfare sempre e comunque, e tutti a casa.
Certo, per questa stessa serie di motivi titoli come questo potrebbero perfino essere odiati da una certa frangia radical chic estrema di spettatori, ma dato che qui al Saloon vige un eloquio McCarthiano direi che me ne sbatterò bellamente, e seppur non soddisfatto dalla visione come se avessi incrociato i bicipiti con i miei fidi Expendables o le bottiglie per un party selvaggio animato da McLovin e la sua cricca, mi godrò il pensiero di essermi concesso una gita in un territorio prevalentemente macho per una volta conquistato da due protagoniste femminili senza alcun impegno ed accompagnandola con una montagna di salatini e rigoroso rutto libero.
Mullins, altrimenti, potrebbe offendersi e dire in giro che da queste parti le palle sono delle stesse dimensioni delle mentine.


MrFord


"Donne
in cerca di guai 
donne a un telefono che non suona mai 
donne 
in mezzo a una via 
donne allo sbando senza compagnia 
negli occhi hanno dei consigli 
e tanta voglia di avventure 
e se hanno fatto molti sbagli 
sono piene di paure."
Zucchero - "Donne" - 


sabato 26 ottobre 2013

Il potere dei soldi

Regia: Robert Luketic
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 106'




La trama (con parole mie): Adam Cassidy è un giovane di belle speranze pronto ad aggredire il mondo del lavoro nella speranza di fare successo come nuovo alfiere della telefonia mobile, nonostante l'apparente ostilità del suo capo, il magnate del settore Nicolas Wyatt.
Quando, licenziato, il giovane decide di sfruttare la carta di credito aziendale per una notte brava, diviene ricattabile, nonchè la pedina dello stesso Wyatt per mettere le mani sui progetti di un rivoluzionario smartphone creato dal suo storico rivale, Jock Goddard, che potrebbe conquistare non solo il mercato, ma anche la società dell'incattivito Nicolas.
Il rapporto con la direttrice marketing di Goddard e con la propria coscienza, però, muoveranno Cassidy verso una collaborazione con l'FBI che metterà i cattivi dove meritano e porterà al ragazzo tutte le opportunità possibili per un futuro da favoletta.
Neanche fosse un prodotto Disney.




Pensavo che sarebbe stato praticamente impossibile, almeno nel corso del duemilatredici, incappare in un'altra pellicola dello stesso livello di bruttezza assoluta di Dead man down, pronta a fare un figurone nella decina fordiana dedicata al peggio di fine anno, e invece sono stato contraddetto - e neppure poco - da Robert Luketic, regista di bassa lega che, comunque, in passato era perfino riuscito ad intrattenermi con il divertente La dura verità: Il potere dei soldi, infatti, riesce ad andare nettamente oltre alle già pressochè inesistenti aspettative che nutrivo in merito, attestandosi a schifezza galattica di caratura non indifferente, inutile cocktail di luoghi comuni, interpretazioni vergognose, miti più o meno solidi della settima arte caduti in rovina ed una serie di immagini da calendario di Chris Hemsworth girate principalmente per la gioia del pubblico femminile.
Un peccato per Gary Oldman, chiamato a recitare il ruolo del solito Gary Oldman schizzato, per Richard Dreyfuss - mito degli anni ottanta costretto a cucirsi addosso la figura del vecchio padre, triste eppure in qualche modo il migliore nel disastro generale - e per Harrison Ford, un tempo orgoglioso Indiana Jones e Han Solo, ed ormai solo un vecchio e pallido ritratto sbiadito di se stesso - e certo non per colpa dell'età anagrafica -, così come per Amber Heard, che non so se a causa della pochezza del film riesce a risultare perfino abbruttita ed ingrassata rispetto ai tempi di The rum diary o Drive angry, pellicole in grado di mostrare davvero tutto il suo potenziale.
Quello che resta oltre le critiche alle scelte di alcuni attori di fama mondiale di imbarcarsi in un'avventura di questo livello - portafoglio a parte - è davvero poco, se non un clamoroso mix di banalità e buchi di logica da far invidia ai peggiori horror ed una regia di un piattume da Guinness, alla quale finisce per essere preferibile quella amatoriale e che può pensare di vincere un confronto solo ed esclusivamente rispetto alle assurdità made in Italy portate in sala ogni settimana dai nostri lungimiranti ed acuti distributori.
Ogni spunto d'interesse che poteva essere legato all'utilizzo sempre crescente della telefonia come strumento di connessione globale associato ad internet o all'idea del "chi controlla i controllori" è letteralmente soffocato da una storiella di agghiacciante moralismo di fondo all'interno della quale il protagonista passa dall'essere uno squalo senza scrupoli mosso dal desiderio di denaro ed affermazione ad un vero e proprio boy scout al quale nessuno, alla fine, potrà rimproverare nulla, neppure la polizia, a capo della quale fa bella mostra di sè il rientrante Josh Holloway, che riesce a fare addirittura bella figura nella recitazione rispetto ai suoi ben più blasonati colleghi - ed è tutto dire -.
Pochezza a profusione, dunque, che unita all'approccio da Grillo parlante del redento "eroe" rende la visione ancora più indigesta, e senza dubbio forte la candidatura per Il potere dei soldi al podio dei "worst three" dell'anno: dimostrazione pratica del fatto che, quando pensi di aver incontrato il peggio, sei solo all'inizio del tuo percorso attraverso "una selva oscura".
A pensarci bene, sarebbe quasi stato più divertente passare un'ora e mezza a difendersi dagli attacchi dei gestori telefonici pronti a tempestare di chiamate per proporre questa o quella incredibile e vantaggiosissima offerta.


MrFord


"Money, get away
get a good job with more pay and you're okay
money, it's a gas
grab that cash with both hands and make a stash
new car, caviar, four star daydream,
think I'll buy me a football team."
Pink Floyd - "Money" - 



venerdì 25 ottobre 2013

Escape plan - Fuga dall'inferno

Regia: Mikael Hafstrom
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 115'




La trama (con parole mie): Ray Breslin è uno specialista in fughe da penitenziari di massima sicurezza a capo, con il socio Lester Clark, di una società che si occupa di sorveglianza. Quando un'agente della CIA propone di testare una struttura privata progettata per contenere i peggiori criminali e terroristi del mondo in modo da farli sparire dalla faccia della Terra, Breslin si ritrova, suo malgrado, incastrato e tagliato fuori dai contatti che potrebbero, in caso di bisogno, tirarlo fuori dai guai.
Trovato un insolito alleato nel detenuto Rottmayer, Breslin, ribattezzato Portos, dovrà riuscire ad individuare una falla in un sistema apparentemente inviolabile in modo da riguadagnare la luce del sole e scoprire chi l'ha voluto fregare: ovviamente non sarà facile, ed ovviamente a fronteggiare il duo di protagonisti si staglierà un direttore senza scrupoli.




Credo che, se fosse stato ancora il 1985, un titolo di questo genere, con Sly e Schwarzy in pompa magna protagonisti uno accanto all'altro, pronti anche ad un accenno di scazzottata tra loro, sarebbe stato un cult assoluto, un must che ora i vecchi nostalgici degli Expendables dei tempi andrebbero cercando in una qualche edizione speciale in bluray con tanto di contenuti extra, interviste, curiosità e chi più ne ha, più ne metta.
Peccato che l'anno corrente sia il duemilatredici, e che, a meno di un utilizzo di (auto)ironia massiccio come ben insegnano i due capitoli - presto tre - dedicati proprio agli Expendables, difficilmente un action movie in pieno stile eighties corre il rischio di lasciare davvero il segno, soprattutto rispetto al pubblico attuale.
E' il caso di questo Escape plan, che il sottoscritto ha letteralmente adorato dal primo all'ultimo minuto ma che, in tutta onestà, non ha i mezzi o il carattere di fondo - dicesi anche palle -  necessari per riuscire in qualche modo ad imporsi come riferimento attuale, che si parli di pubblico o, purtroppo, di critica.
Eppure il lavoro di Hafstrom è assolutamente onesto, i nostri due mitici si divertono come i matti a fare gli spaccaculi - e non solo, qui si ritrovano anche mezzi geni - e a fronteggiare il naturalmente perfido direttore intepretato da Jim Caviezel neanche fossimo tornati ai tempi di Sorvegliato speciale, altro cult firmato Sly cui continuo a volere un gran bene in memoria di quei favolosi tempi andati.
Certo, si potrebbe perfino pensare che la scelta di mettere il Gesù gibsoniano contro le due divinità dell'action per eccellenza sia stata voluta ed ironicamente pensata in modo che lo zoccolo duro di fan di Rocky e Terminator potesse pensare che i loro eroi non conosceranno mai davvero una fine, sia essa cinematografica o fisica, e che continueranno a fare polpette di tutti quelli che si frapporranno tra loro e l'ovvia vittoria finale, ma nutro qualche dubbio in proposito.
Comunque, a prescindere da quello che si potrebbe mettere in discussione delle interpretazioni, dello script, della logica di alcune scelte, della retorica di altre, dell'involontaria comicità dell'intera situazione - ma davvero c'è qualcuno che crede che Stallone e Schwarzenegger possano rimanere chiusi in un carcere detto impenetrabile per più di un'oretta di pellicola? O che possano cedere a maltrattamenti e torture assortiti? -, Escape plan è una vera e propria manna dal cielo per gli spettatori pane e salame come il sottoscritto, un prodotto artigianale del tutto privo di originalità eppure godibilissimo e piacevole, traboccante di quello spirito da "tutto è possibile" che rese grandi gli eighties che ora in molti rimpiangiamo.
E da "picchi come un vegetariano" al famigerato piano b, passando attraverso le sventagliate di mitragliatore fisso portato a braccia da Schwarzy come fosse una borsetta semivuota, non mancano i momenti di goduriosissima pacchia che hanno già il sapore di reiterata visione nelle serate da sbronza e rutto libero non appena uscirà la versione home video.
Poco importa, poi, che nonostante l'accoglienza discreta negli States, la critica "illustre" e radical continuerà a bersagliare tamarrate di questo genere: io, in barba alla logica e alla sanità mentale, continuerò a pensare che effettivamente quello che i sempre allegri Portos e Rottmayer finiscono per sconfiggere è un idolo da oppio dei popoli, e che loro, al contrario, dimostreranno che, in un modo o nell'altro, nessuno potrà pensare di farli fuori, perchè il grande potere del Cinema li ha resi in un certo senso immortali alla stregua dei Grandi che con loro non si mescolerebbero neanche per scherzo.
E fanno davvero un gran male.
Perchè non so voi, ma io vorrei sempre uno Sly e uno Schwarzy a pararmi il culo.


MrFord


"Out for my own, out to be free
one with my mind, they just can't see
no need to hear things that they say
life's for my own to live my own way."
Metallica - "Escape" -