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sabato 9 luglio 2011

L'uomo in più

La trama (con parole mie): siamo nei primi anni ottanta. Antonio Pisapia è un difensore timido ed introverso con velleità d'allenatore, celebre per un gol in mezza rovesciata ed inviso ai compagni per la sua fermezza di idee. 
Antonio "Tony" Pisapia è un cantante, idolo di più di una generazione di ascoltatori, alle spalle una carriera fortunatissima e alla vigilia di un tour in partenza da Milano.
Ma la vita ha in serbo altro, per entrambi gli Antonio: un infortunio stroncherà la carriera del primo, uno scandalo sessuale quella del secondo.
Da quel momento, i Pisapia dovranno riconsiderare le proprie esistenze, lottare e cadere, lottare più duramente e cadere di nuovo, fino a quando il Destino non li metterà di fronte alla realtà più dura di tutte: nella vita non esiste il pareggio.

Non è un mistero che Paolo Sorrentino sia considerato, in casa Ford, come il più promettente tra i "nuovi volti" del Cinema italiano: in fondo, con Il divo ha consegnato alla Storia uno dei tre grandi Capolavori della settima arte nostrana degli ultimi quindici anni.
La mia passione per l'opera del regista partenopeo ebbe origine proprio dalla visione di questo film, che non ricordo neppure per quale motivo recuperai ai tempi - forse per il gran parlare che generò la presenza di Le conseguenze dell'amore al Festival di Cannes -, ma che mi colpì come un martello senza mai avere davvero bisogno di alzare la voce, tecnicamente - ottimo il piano sequenza costruito attorno all'ingresso di Tony in discoteca, grande colonna sonora, cast eccellente, azzeccatissima fotografia - quanto emotivamente.
Ed è proprio nell'emotività che risiede la forza di questo lavoro: le vite che si incrociano dei due Pisapia, che ricordano il Cinema melò di Wong Kar Wai - modello evidente del nostro Sorrentino - e danzano come le ballerine dei sogni che ispirano l'Antonio calciatore, travolgono per la loro passione come per la tristezza, l'impressione di una vita in cui solo i furbi, alla fine, riescono a farla franca, e che è "'na strunzata", per dirla come Tony il cantante, ma che, a conti fatti, è una partita che va giocata fino alla fine, con tutta l'energia di cui si dispone.
Personalmente, la storia di Antonio, con quel suo sguardo fiero e l'approccio timido, quasi fosse un ragazzino, mi è sempre stata più cara che non quella di Tony, artefice dei suoi successi come delle sue sfortune - come sottolineato nello straordinario monologo che prelude il finale ad opera di un altrettanto straordinario Servillo -, eppure i due non paiono essere altro che espressioni della stessa solitudine, dell'abbandono che il successo riserva ai suoi protagonisti, lasciando che l'oblio che segue il disprezzo passi a raccoglierne i cadaveri, come il più infido degli avvoltoi.
Sarà che Antonio e Tony sono due personaggi estremamente vividi e reali, sarà che qualche anno fa ero sicuramente più Antonio, e con il tempo la Natura di Tony è venuta progressivamente a galla, sarà che Antonio si chiama mio padre, che ha gli occhi chiari come il Pisapia calciatore e la sua stessa ferma, eppure velata dalla timidezza, decisione, e che Tony è l'espressione di quanto più casinisti eppure profondamente attaccati alla vita siamo cresciuti io e mio fratello, sarà che Antonio non dorme, e pensa ai suoi schemi, quelli da far applicare ad una squadra che non allenerà mai, e Tony non va al funerale di suo padre perchè "si è svegliato tardi", sarà per qualcosa che ancora non so, ma la visione di questo film e delle storie dei suoi due protagonisti riesce sempre a toccarmi nel profondo.
Sarà che vorrei tanto essere uno, e forse sono troppo l'altro. E viceversa.
E forse anche lo stesso Sorrentino deve aver sentito qualcosa di simile, ispirandosi alle vicende di Agostino Di Bartolomei e Franco Califano per dare forma ai suoi protagonisti, facendosi guidare dagli stessi, più che guidandoli.
Perchè Antonio e Tony necessitano l'uno dell'altro, come le differenti nature che convivono in ognuno di noi, formano il nostro carattere e ci aiutano a rialzarci, dopo ogni sconfitta.
Perchè nella vita non esiste il pareggio, e non sempre si è in grado di sopportare l'amaro sapore della caduta. E ancor più, della solitudine che la stessa comporta.
Perchè nella vita non ci sono meriti, lo ricorda Clint, e non possiamo, una volta messi all'angolo, pensare che non sia giusto trovarci lì.
Possiamo soltanto guardarci dentro, e scoprire quale sarà la prossima tappa.
Non è detto affatto che i migliori ricevano le carte giuste, lo sa il mondo, e lo sanno i due Antonio, protagonisti di cadute differenti, eppure entrambe tese - paradossalmente - alla Libertà.
Ci sarà chi si sentirà più vicino al calciatore, chi al cantante.
Ma la cosa davvero importante sarà data dal fatto che ognuno di loro è l'uomo in più dell'altro.
E così è per noi.
Il nostro uomo in più lo portiamo dentro.
Va soltanto tirato fuori.
Perchè se è vero che nella vita non esiste il pareggio, è altrettanto reale il fatto che, per noi, non si prospetta altro che una sconfitta, alla fine. 
La Natura decide. Sempre.
A noi non resta che rendere la stessa la più onorevole, intensa, meglio vissuta possibile.
In modo da non andare a fondo, ma tornare sempre a vedere cosa ci riserva il cielo sopra il mare.

MrFord

"Oh no, not I
I will survive
as long as I know how to love I know I'll be alive
I've got all my life to live
I've got all my love to give."
Cake - "I will survive" -

9 commenti:

  1. belle parole, ford. non son d'accordo solo su una cosa. secondo me sorrentino non è il regista + promettente. è il regista e basta. ogni suo film è una botta non indifferente (anche se ancora non ho visto this must be the place).

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  2. Ciku, effettivamente ai tempi de L'uomo in più era il regista più promettente.
    Ora, con Diritti, si divide il trono del meglio che abbiamo in Italia.
    Ad ogni modo, muchas gracias.

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  3. un ottimo sorrentino, ma non ancora il miglior sorrentino
    e non mi riferisco al divo...

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  4. Cannibale, lo sapevo dove volevi andare a parare, razza di degenerato.
    Il divo è il film italiano del decennio. Il resto quasi scompare. Anche gli altri Sorrentino. E sì, anche quello che dici tu! ;)

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  5. Davvero un bel film, dopo la visione ti lascia con un senso di malinconia.
    Non vedo l'ora di vedere This must be the place.

    Cannibale ti riferisci alle conseguenze dell'amore?
    Che bomba Titta Di Girolamo!

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  6. Dembo, concordo in pieno.
    Qui mi sa che aspettiamo tutti This must be the place.

    Le conseguenze dell'amore bello, ma forse un pò troppo freddo per i miei gusti.

    Pronto per dopo, fratellino!? ;)

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  7. Bellissimo post per un film che ricordo poco ma che mi piacque molto. Sorrentino è semplicemente un fenomeno, uno di quei registi con i quali capisci che no, non tutti possono fare tale mestiere con questi risultati. Nella maggior parte delle pellicole infatti mi capita di dire "ma se ci fossi stato io, con una buona troupe, bravi attori, un direttore della fotografia coi controcoglioni e una sceneggiatura come dio comanda non avrei forse potuto raggiungere lo stesso risultato?" "Sì" mi rispondo, alla fin dei conti molto spesso il regista è solo un piccolissimo pezzo dell'insieme. Ecco, con Sorrentino ( e non tantissimi altri) capisci che i registi, quelli VERI, sono qualcosa che tu non potrai nemmeno lontanamente raggiungere, hanno un talento, una capacità, una poetica, un marchio personale per cui tu contentissimo te ne torni nel tuo ruolo di spettatore e con umiltà e dedizione ti metti a vedere le loro opere senza fantasticare troppo perchè, cazzo, quello è il cinema, non quello che potresti fare anche tu.

    E' come nel calcio. Con gli allenamenti, l'alimentazione, la voglia e la cattiveria giuste tanti di noi avrebbero potuto diventar Gattuso, ma quando poi vedi Messi capisci che che te non sei nessuno, che è lui il pallone e te non ti senti frustrato o inferiore, ma soltanto fortunato di poterlo vedere con i tuoi occhi.

    Chi eccelle nel proprio campo è, da sempre, una fortuna per l'umanità intera.

    L'invidia deve esistere solo per chi ha avuto tanto senza meritarlo, per i migliori l'unico sentimento da provare è l'ammirazione. E un grazie in calce.



    Scusate il pistolotto.

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  8. Tranquillo, Dae.
    Quando si parla in maniera appassionata non è mai un peso.
    Grande Sorrentino e grande Messi, ma grandi anche tutti quelli che gli permettono di stare lì dove sono. In fondo, con i Gattuso c'abbiamo vinto un mondiale, no!? ;)

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