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mercoledì 25 ottobre 2017

Il gioco di Gerald (Mike Flanagan, USA, 2017, 103')





Senza dubbio Stephen King, anche grazie all'immenso bacino fornito dalla sua opera, può essere considerato uno degli autori più "saccheggiati" della Storia del Cinema, battuto forse soltanto dal Bardo Bill in persona: da Shining a The Mist, passando per It, Le ali della libertà, Il miglio verde, sono molti gli esempi di questa fruttuosa - anche se non sempre qualitativamente all'altezza - "collaborazione".
Il gioco di Gerald, legato a tematiche simili ad un altro supercult cinematografico tratto da un lavoro del Re del brivido, Misery, è giunto sugli schermi di molti di noi grazie alle ottime recensioni raccolte ed al lavoro come di consueto straordinario di Netflix, che sempre più pare essersi consolidata nel ruolo di nuova frontiera del Cinema e delle serie televisive: a rendere il tutto potenzialmente più interessante la presenza dietro la macchina da presa di Mike Flanagan, molto amato da diversi appassionati di horror, autore di titoli decisamente sopravvalutati come Oculus ed altri più convincenti, come Hush o Ouija - L'origine del male.
Considerate le premesse e le già citate recensioni, quello che speravo di trovarmi di fronte era un titolo che sancisse il salto di qualità definitivo del regista nativo di Salem, ma purtroppo, come spesso accade quando le aspettative sono alte, si finisce per essere quantomeno parzialmente delusi.
Il gioco di Gerald, thriller di sopravvivenza che racconta il dramma interiore e non solo di una donna che vede il compagno morire d'infarto nel corso di un tentativo di gioco erotico lasciandola sola ammanettata al letto ed impossibilitata a liberarsi, si poggia principalmente sulle suggestioni, l'atmosfera ed il lavoro svolto dai due protagonisti, Carla Gugino e Bruce Greenwood, chiamati a lavorare su più fronti proprio per amplificare l'effetto delle immagini che prendono vita nella mente di Jessie, costretta a lottare con i propri demoni prima ancora che con la stessa prigionia per riuscire a sopravvivere - tema molto caro al buon King -.
Eppure, forse per la difficoltà oggettiva di portare in scena un lavoro da stanza chiusa, ho avuto l'impressione che l'operato di Flanagan fosse più che altro espressione di un "vorrei ma non posso" cinematografico, il tentativo di costruire un cult senza di fatto riuscirci nonostante alcune buonissime intuizioni - l'idea di far lavorare le due metà della coppia come fossero la coscienza di Jessie muovendosi nella stanza di fronte a lei come sul palco di un teatro rende molto bene -, una confezione molto curata ed una tensione che gioca bene le sue carte: il risultato, infatti, appare a tratti troppo sbrigativo - la parte iniziale che precede il gioco erotico, piuttosto piatta, i ricordi del trauma subito dalla protagonista per colpa del padre, il finale rivelatorio a proposito del "mostro" finiscono per far perdere fascino ad un titolo che avrebbe potuto fare il paio con il già citato Misery ma che colpisce poco e scivola via abbastanza in fretta, proprio quello che un horror - o un thriller - non dovrebbe fare.
Discreti i due protagonisti - eccessivo, a mio parere, l'entusiasmo creatosi attorno alla performance della Gugino -, buona la tenuta - anche se non saprei che effetto potrebbe fare a chi ha letto il romanzo -, un paio di momenti coinvolgenti ma nel complesso troppo poco per essere considerato non solo un potenziale cult, ma anche, banalmente, un bel film.
Flanagan ha fatto di peggio, ma considerate le sue potenzialità, occorre ammettere che ha portato sullo schermo anche di molto meglio.
Un pò come, probabilmente, è stato per King e Il gioco di Gerald.




MrFord




12 commenti:

  1. Per me, invece, il più bello tra i film di Flanagan, che non sempre mi ha convinto. Notevolissimo, sempre tratto da King, sempre Netflix, 1922: insomma, quest'anno il Re è stato fortunato.

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    1. Vero.
      1922 è bellissimo.
      Il Gioco Di Gerald a me piace molto anche come romanzo. Forse paga un po' di essere statico, ma io l'ho apprezzato in tutte e due le versioni sia cartacea che non.

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    2. Ink, ho recuperato al volo 1922, ti farò sapere. :)
      Per quanto riguarda questo, non so: sarà che ne avevo letto benissimo, sarà che Flanagan per me è parzialmente sopravvalutato, ma mi sarei aspettato decisamente di più.

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  2. Vero, il Re è tornato di gran moda. ;)
    Ad ogni modo, questo mi è parso interessante ma privo della scintilla in grado di far compiere il salto ad un film.
    Come vedrai tra qualche giorno, ho decisamente preferito It.

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  3. Eccomi, sono una di quelle che ne ha parlato bene nelle recensioni :P
    Che dire, a me è piaciuto molto come Flanagan ha risolto il casino delle voci nella testa della protagonista e com'è riuscito a rendere dinamico un plot che, potenzialmente, rischiava di abbattere lo spettatore dalla noia e sì, ho adorato anche la Cugino :)

    Confermo inoltre la bontà di 1922, di cui parlerò venerdì sul blog.

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    1. Le idee sono buone, eppure non so, è mancata la scintilla, tanto da ritrovarmi più ad aspettare la fine che non con il fiato sospeso.
      Spero che 1922 sia meglio. ;)

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  4. Troppo frettoloso nel suo inizio e troppo patinato nel suo finale, sì, ma comunque un bel film teso che a me fa ancora sussultare. Non facile visto che costretto a letto, si gioca bene le sue carte.

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    1. Senza dubbio se le gioca, anche se non siamo certo di fronte ad un potenziale cult.

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  5. Me lo salto, questi film mi fanno salire la claustrofobia

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  6. Oh, finalmente qualcuno che lo ridimensiona.
    E strano che a farlo sia tu.

    Mi toccherà per forza vederlo, nonostante il senso di claustrofobia mi faccia girare al largo, giusto per scoprire se ha ragione la massa (a questo punto probabilmente) o tu. :)

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    1. Come scrivevo a Marco qui sopra: se hai visto Misery, questo è un gioco da ragazzi.

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