Regia: Henry Hobson
Origine: USA, Svizzera, UK
Anno: 2015
Durata: 95'
Durata: 95'
La trama (con parole mie): siamo nella provincia rurale americana non lontani da Kansas City, in un presente straziato da un'epidemia che giorno dopo giorno rende i contagiati simili a veri e propri zombies. Il governo, attraverso la polizia e gli ospedali, si preoccupa di prelevare chi, al termine dell'incubazione, è sul punto di trasformarsi definitivamente per condurlo ai centri di quarantena, dove i soggetti vengono, di fatto, condotti alla fine.
Quando la teenager Maggie viene morsa e contrae l'infezione suo padre Wade ottiene come favore dal capo della polizia locale di portare la ragazza a casa e tenerla sotto osservazione fino a quando dovrà essere necessariamente portata in quarantena, organizzandosi in modo da trasferire a scopo precauzionale gli altri due figli, avuti da un secondo matrimonio, a casa di una zia.
Maggie e Wade, dunque, finiscono per passare insieme le ultime settimane di coscienza della ragazza.
Non troppo tempo fa, grazie al sempre mitico Bradipo, venni a sapere dell'uscita oltreoceano di un film che, sulla carta, aveva tutte le carte in regola per essere amato qui al Saloon: minutaggio più che onesto, Schwarzenegger, zombies ed Abigail Breslin, indimenticata e fin troppo cresciuta Olive di Little Miss Sunshine. Come se non bastasse, il suddetto Bradipo finiva per promuovere la pellicola, lasciando dunque che l'hype del sottoscritto in merito aumentasse a dismisura.
Visione alle spalle, ed uscita italiana clamorosamente avvenuta - con un titolo che è un vero e proprio affronto all'intelligenza umana -, non posso che trovarmi a confermare pienamente quelle che erano le migliori aspettative della vigilia: Maggie è un film di zombies atipico - chi si aspetta Schwarzy pronto a fare fuori morti viventi a frotte tra colpi d'arma da fuoco, cazzotti ed esplosioni ha sbagliato decisamente indirizzo -, la storia toccante di un lungo addio in grado di raccontare, prima ancora dell'epopea horror dei protagonisti e della cornice in cui vivono, il rapporto tra un padre ed una figlia, il superamento del dolore, la presa di coscienza rispetto alla malattia e alla morte.
Tematiche, dunque, decisamente reali e quotidiane sfruttate per dare una nuova interpretazione ad un genere che, di norma, riserva esclusivamente grandi massacri gore, ritmi forsennati e fiato sul collo: ovvero tutto quello che non troverete nel lavoro di Henry Hobson, pronto a stupire - in positivo - con tempi dilatati che trovano nella sfida rappresentata dal granitico Arnold pronto a piangere sulla scena il momento di maggior thrilling della pellicola, incentrata al contrario sui sentimenti che guidano i protagonisti verso l'inevitabile - e certo non conciliante - conclusione.
Una storia di genitori e figli - ottima l'evoluzione del rapporto tra Maggie e la sua madre acquisita, seconda compagna di Wade, e con il fratello e la sorella minori -, di teenagers - basta la manciata di minuti della gita con gli amici per descrivere le angosce ed i timori di un'età tra le più difficili della vita -, di dolore e soprattutto gestione dello stesso, dalle angosce e dalla maturazione della giovane protagonista alla presenza - non si potrebbe definire altrimenti - del padre, culminata nella sequenza - forse la più horror dell'intera pellicola, per certi versi - dell'ultimo saluto prima della scelta che conduce all'epilogo.
Per certi versi, volendo attribuire a questo film una profondità d'essai, si potrebbe quasi pensare che l'autore ed il regista abbiano scelto di sfruttare l'argomento zombie per affrontare un tema decisamente attuale e scottante come quello dell'eutanasia, a braccetto con la morte ed i rapporti che legano indissolubilmente insieme al sangue: l'accenno alla situazione del vicino di Wade, pronto a non denunciare la malattia di moglie e figlia per tenerle accanto nonostante la loro trasformazione è emblematico, in questo senso.
La stessa Maggie, in bilico tra quello che è stato, il ricordo della madre, il rapporto con il padre, quello che avrebbe potuto essere, la coscienza di tutte le possibilità che i suoi coetanei non contagiati potranno avere pur in un mondo segnato da una pestilenza come quella che l'ha colpita, è un charachter che non si dimentica facilmente: forte e fragile, piccola piccola quanto adulta.
In un certo senso, è così che siamo tutti, di fronte alla fine.
Testardi e vulnerabili, i bambini che eravamo e gli adulti che, in una certa misura, siamo costretti a diventare.
In un anno in cui è stato incensato decisamente troppo un presunto - e finto - cult come It follows, Maggie - nonostante il giudizio e l'accoglienza tiepidi, ed alcune ingenuità nella realizzazione e nello script - rappresenta decisamente meglio del suo più illustre - almeno sulla carta - compagno di genere un'alternativa unica e potente, un nuovo modo di vedere l'horror senza dimenticare, per questo, la sua tradizione.
Perchè l'horror non è che lo specchio deformato e deformante della nostra quotidianità.
E non sempre quello che la stessa riserva fa meno paura.
Visione alle spalle, ed uscita italiana clamorosamente avvenuta - con un titolo che è un vero e proprio affronto all'intelligenza umana -, non posso che trovarmi a confermare pienamente quelle che erano le migliori aspettative della vigilia: Maggie è un film di zombies atipico - chi si aspetta Schwarzy pronto a fare fuori morti viventi a frotte tra colpi d'arma da fuoco, cazzotti ed esplosioni ha sbagliato decisamente indirizzo -, la storia toccante di un lungo addio in grado di raccontare, prima ancora dell'epopea horror dei protagonisti e della cornice in cui vivono, il rapporto tra un padre ed una figlia, il superamento del dolore, la presa di coscienza rispetto alla malattia e alla morte.
Tematiche, dunque, decisamente reali e quotidiane sfruttate per dare una nuova interpretazione ad un genere che, di norma, riserva esclusivamente grandi massacri gore, ritmi forsennati e fiato sul collo: ovvero tutto quello che non troverete nel lavoro di Henry Hobson, pronto a stupire - in positivo - con tempi dilatati che trovano nella sfida rappresentata dal granitico Arnold pronto a piangere sulla scena il momento di maggior thrilling della pellicola, incentrata al contrario sui sentimenti che guidano i protagonisti verso l'inevitabile - e certo non conciliante - conclusione.
Una storia di genitori e figli - ottima l'evoluzione del rapporto tra Maggie e la sua madre acquisita, seconda compagna di Wade, e con il fratello e la sorella minori -, di teenagers - basta la manciata di minuti della gita con gli amici per descrivere le angosce ed i timori di un'età tra le più difficili della vita -, di dolore e soprattutto gestione dello stesso, dalle angosce e dalla maturazione della giovane protagonista alla presenza - non si potrebbe definire altrimenti - del padre, culminata nella sequenza - forse la più horror dell'intera pellicola, per certi versi - dell'ultimo saluto prima della scelta che conduce all'epilogo.
Per certi versi, volendo attribuire a questo film una profondità d'essai, si potrebbe quasi pensare che l'autore ed il regista abbiano scelto di sfruttare l'argomento zombie per affrontare un tema decisamente attuale e scottante come quello dell'eutanasia, a braccetto con la morte ed i rapporti che legano indissolubilmente insieme al sangue: l'accenno alla situazione del vicino di Wade, pronto a non denunciare la malattia di moglie e figlia per tenerle accanto nonostante la loro trasformazione è emblematico, in questo senso.
La stessa Maggie, in bilico tra quello che è stato, il ricordo della madre, il rapporto con il padre, quello che avrebbe potuto essere, la coscienza di tutte le possibilità che i suoi coetanei non contagiati potranno avere pur in un mondo segnato da una pestilenza come quella che l'ha colpita, è un charachter che non si dimentica facilmente: forte e fragile, piccola piccola quanto adulta.
In un certo senso, è così che siamo tutti, di fronte alla fine.
Testardi e vulnerabili, i bambini che eravamo e gli adulti che, in una certa misura, siamo costretti a diventare.
In un anno in cui è stato incensato decisamente troppo un presunto - e finto - cult come It follows, Maggie - nonostante il giudizio e l'accoglienza tiepidi, ed alcune ingenuità nella realizzazione e nello script - rappresenta decisamente meglio del suo più illustre - almeno sulla carta - compagno di genere un'alternativa unica e potente, un nuovo modo di vedere l'horror senza dimenticare, per questo, la sua tradizione.
Perchè l'horror non è che lo specchio deformato e deformante della nostra quotidianità.
E non sempre quello che la stessa riserva fa meno paura.
MrFord
"When your lost
I am found
when you slip
I hold my ground
when I fall
please take a bow
and when you're up
just remember I am down."
I am found
when you slip
I hold my ground
when I fall
please take a bow
and when you're up
just remember I am down."
The Black Crowes - "By your side" -
A me ha. colpito molto a livello "meta": vedere arnold, l'eroe d'infanzia, il gigante buono, che per la prima volta "perde" è stato un trauma.
RispondiEliminaSono stato tutto il tempo ad aspettare la scena madre di lui che imbraccia il fucile e difende la figlia dalla folla, o che si sacrifica eroicamente per curarla, ma niente.
Solo l'ineluttabilità della morte e del fatto che arnold non è più quello di commando...
Purtroppo, gli anni ottanta sono finiti, ed è inevitabile che anche Arnold e i suoi compari invecchino e diventino "mortali".
EliminaComunque, gran bel film.
ma sai non è tanto che è invecchiato e "mortale" (pure in the last stand è acciaccato ma se la cava alla grande, per dire), ma proprio che è - impotente - mentre da spettatori/fan siamo abituati a vedere che in un modo o nell'altro se la cava o comunque fa la sua figura
Eliminapoi imho il film gioca molto sulle aspettative da "film-arnold", non solo col trailer molto furbo, ma anche per tutte le volte che lui va prende il fucile e dici "ecco mo c'è il macello" e invece niente
sempre a livello "meta" ci ho visto l'addio dell'action hero anni '80 alla giovinezza, alla speranza del nuovo - rappresentata dalla figlia
ti puoi aggrappare quanto vuoi a un genere che ti ha dato tanto e che ti amerà per sempre, ma ormai più ti ci aggrappi più quel genere degrada - come degrada la figlia di arnold - e alla fine l'unica è accettare di lasciarlo/lasciarla andare
sigh
Interessante, questa lettura.
EliminaSoprattutto per chi, come me, deve ancora accettare il fatto che un giorno spero lontano tutti questi miti dovranno morire.
Ad ogni modo, lo rivedrei anche subito.
(Ammazza che brutta 'sta copertina - peggio del titolo nostro! :-D)
RispondiEliminaHo visto il film qualche settimana fa e non solo mi è piaciuto, ma mi ha pure commosso con quel finale forse prevedibile, ma che comunque avrebbe fatto parecchio male. La scena in cui lei dà il bacio in fronte al papà mi ha dato il colpo di grazia. Semplice, intimo, immediato, con un Arnold sedentario, invecchiato, inaspettatamente intenso. Felice di concordare con te. Che schifezza It Follows, è sempre giusto ricordarlo!
Verissimo.
EliminaPoi, certo, Arnoldone non sarà mai un grande attore, eppure l'effetto si sente tutto.
Promosso, al contrario di It follows.
ah ah io sono dalla parte di It Follows ma anche di Maggie, mi rifiuto di chiamarlo col vergognoso titolo italiano...un film che riesce a essere toccante , atipico in un contesto zombie. E grazie per la citazione! Il mito sei tu!
RispondiEliminaTitolo italiano da galera, un pò come It follows! ;)
EliminaDetto questo, concordo in pieno su Maggie e sull'essere toccante di un film che è stato davvero una bella sorpresa.
beh, mi hai messo curiosità
RispondiEliminaAllora buttati! Secondo me merita!
EliminaLo farò anch'io... mi avete convinto tutti
EliminaBravo, vedrai che la scelta verrà ripagata! :)
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaOttima l'evoluzione del rapporto tra Maggie e la sua madre acquisita, seconda compagna di Wade, e con il fratello e la sorella minori?
RispondiEliminaMa se sono presenti in scena per due secondi...
Che 'sta porcheria sia meglio di un vero cult come It Follows è fantascienza pura, più che un horror.
E se invece di Schwarzy ci fosse stato un Colin Firth, sono convinto che lo avresti bocciato senza pietà. Ma d'altra parte al cuore non si comanda ahah :)
A volte la quantità non serve: pensa, io di The tree of life salvo mezzora su tre ore! ;)
EliminaE sei tu, come al solito, preda dei pregiudizi: prendo anche per il culo il tentativo di Arnold di piangere, ma allo stesso tempo apprezzo il suo mettersi in gioco. Una cosa che prodotti scopiazzati, tutta tecnica e niente cuore come It follows non fanno. ;)
Il titolo italiano è terribile, uno dei peggiori di sempre.
RispondiEliminaPer il resto, film sorprendente sotto molti punti di vista, e più che discreto.
Mi sa che non ce la posso fare, nonostante Arnie. Non ho voglia di imbarcarmi in un film di figli morti, starei troppo male... è lo stesso motivo per cui non ho ancora visto Alabama Monroe.
RispondiEliminaDai che fra poco sua Maestà Arnold torna nei panni che l'hanno reso leggenda, HYPE
Fratello, capisco bene la questione sui figli.
EliminaMa da fan di Arnold, non puoi perdertelo. Davvero.
oddio lei è Olive??
RispondiEliminaQuella bambina grassa?? Gesù cristo.
Questa roba, comunque, me la guardo sicuro.
E fai bene a guardarla.
EliminaSolo non trattarla come Battle Royale. ;)
ti ho detto che Battle Royale l'ho almeno parzialmente rivalutato!
EliminaSolo trovo terribile il fatto di doverlo paragonare ad una merdata (hunger games) per trovarlo interessante.
E' come quando tuo figlio prende cinque e mezzo e ti dice: guarda che il compito era difficile, Marco ha preso 3.
Si, figlio, ma tu sei comunque idiota, come questo paragone.
Intanto lo stronzo del figlio della Simonetta però ha preso un altro cazzo di 8. Domani cagagli nell'astuccio.
Quella della cagata nell'astuccio dovrò riciclarla per il Fordino. ;)
EliminaNon ce l'abbiamo fatta proprio,ho personalmente superato lo scoglio del film lento=film brutto(cosa che non è riuscita al Khal),ma il fatto è che qui per i miei gusti regna proprio la noia con la N maiuscola.E far fare un film simile ad uno che recita come una patata bollita è un nonsense assoluto XD
RispondiEliminaDopo Breaking Bad, farò finta di non aver letto questo commento.
EliminaPotrebbero partire le bottigliate. ;)
Ho guardato TRE STAGIONI di BB "sulla fiducia"(nei tuoi confronti) sperando migliorasse,calcolando che io ed il Khal ci eravamo rotti le palle tipo alla 0103.You can't say i didn't try XD
EliminaMa io lo dico per voi: state rinunciando ad una delle tre migliori serie mai realizzate. ;)
EliminaAncora una volta mi ritrovo d'accordo con te. Profondo, allegorico e doloroso, come il vero horror dovrebbe essere. A partire da quel "non senti odore di cibo?", che smuove prima il sorriso, poi la paura ed infine la tristezza.
RispondiEliminaPerò It Follows ancora mi manca.
Non potevi trovare parole migliori.
EliminaMolto, molto profondo.
Al contrario di It follows, che ha una tecnica clamorosa ma poco, pochissimo cuore. Al contrario di questo.
Se tutto va bene lo guarderò stasera e non vedo l'ora. A prescindere da tutto, ad Arnie voglio un gran bene :)
RispondiEliminaNon sei la sola. Grande Arnold.
EliminaUna piacevole sorpresa, pur con le dovute pecche che giustamente citi.
RispondiEliminaComunque questo "It follows" devo vederlo, sono l'unico a cui ancora manca...
Non privo di difetti, ma ugualmente affascinante.
EliminaIt follows va visto, se non altro per la tecnica.
Dai mi sembra che le premesse per un recupero ci siano tutte!
RispondiEliminaAssolutamente. Recupero approvato!
Eliminanon capisci un cazzo mi dispiace
RispondiEliminaCaro Don Rodrigo, di non capire un cazzo lo so bene.
EliminaE' la base della volontà di continuare ad imparare e fare esperienza.
E tu come sei messo? ;)
Invece tu che arrivi e sentenzi un "non capisci un cazzo" senza minimamente argomentare la cosa sei un giusto vero? I commenti ai video del cazzo che ti guardi su you tube la dicono lunga sulla sfortuna genetica che hai avuto al momento della nascita.
EliminaNon preoccuparti cmq, non tutto è perduto. Puoi ancora rimediare, puoi ancora ficcarti in gola uno stronzo e spararti in faccia
Fratello, tranquillo: Don Rodrigo ha già un sacco di problemi da gestire, con i Bravi e Renzo e Lucia.
EliminaNon disturbiamolo troppo, noi che non capiamo un cazzo. ;)
Simpatico sto personaggio James.
EliminaTutte te le fortune, da me non vengono mai.
Forse perchè capisco ancora meno di un cazzo, che ne so
Ma sai com'è, in un Saloon i personaggi dell'ultimo giro di bevute si trovano sempre! ;)
EliminaFord ripijaaateee ;)
RispondiEliminaRipijate tu! ;)
EliminaBellissima recensione e sì, è vero, siamo sulla stessa linea.
RispondiEliminaEcco, l'espressione migliore l'hai usata tu. lungo addio, perfetta, te l'avrei rubata se ti avessi letto prima.
Tutti parlate, giustamente, di eutanasia, e avete ragione, ma secondo me il film è sulle malattie degenerative e inarrestabili.
L'eutanasia rientra in moltissimi altri casi purtroppo, vedi coma irreversibili.
Io credo invece che questo sia un film su quelle patologie lente ma inesorabili.
E sul terribile viaggio insieme che malato e chi gli sta intorno devono compiere
Il tuo punto di vista è assolutamente condivisibile, ed è stato ben interpretato da un film che è tutto tranne che perfetto, ma è talmente umano da farsi amare, e non poco.
EliminaMa questa locandina sembra un falso... quando mai lui ha in mano quella pistola? Ha il fucile. bho!
RispondiEliminaA me non ha fatto proprio impazzire, credo che ora che l'ho visto non lo rivedrò. Io faccio un po' fatica con l'analogia che quasi tutti gli hanno riconosciuto con la malattia, ma ci può stare. Ma l'eutanasia mi sembra un paragone strano... d'altra parte non c'è molta scelta se non ucciderli, al limite c'è una piccola riflessione sul fatto che quello che gli danno in quarantena li uccide tra atroci sofferenze (pare, dice il medico). Ma non ci spiegano nemmeno perchè in quarantena fanno ciò. Dici che c'è qualche ingenuità... secondo me moltissime! :-)