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martedì 19 ottobre 2010

Il colore viola

A seguito del concorso che avevo indetto ai tempi delle ferie estive - vinto alla grandissima dalla super suocera Antonella con Grosso guaio a Chinatown - eccomi qui a parlare de Il colore viola, uno dei film di maggior successo di pubblico e critica di Steven Spielberg con il minor numero di premi incassati fra Globes ed Academy.
Dal romanzo premio Pulitzer di Alice Walker, il più mainstream degli Autori statunitensi ha tratto un dramma classicissimo, simbolo di quel Cinema americano che tendenzialmente la critica snob si diverte a distruggere accusandolo di sentimentalismo e che, al contrario, da queste parti è grandemente apprezzato proprio per il suo coraggio nel mostrare emozioni popolari senza la minima vergogna e, in casi come questo, mantenendo una sobrietà nella narrazione assolutamente invidiabile.
Proprio a proposito di narrazione occorre sottolineare il mestiere da leccarsi i baffi di Spielberg nel mettere in scena questo dramma che, negli anni, non ha perso il suo smalto, pur rimanendo più legato all'immaginario collettivo del Pubblico che non alla Storia della settima arte, pur essendo palesemente superiore ad altre pellicole decisamente più fiacche dello stesso Steven succitato (Salvate il soldato Ryan docet): l'interpretazione di Woopy Goldberg prima che diventasse la controfigura macchiettistica di se stessa in pieno stile DeNiro e quella di Danny Glover - che ora è finito a lavorare accanto a John Cena, che con tutto il mio rispetto come wrestler, al grande schermo ha da dire proprio pochino - si mantengono in equilibrio perfetto anche nel pieno del dramma regalando momenti cui è difficile rimanere indifferenti, specie se si approccia la pellicola da un punto di vista emozionale prima ancora che moralistico, o tecnico.
Una fotografia di un'epoca che è anche simbolo di una progressiva emancipazione, portata sullo schermo in pieno stile made in Usa senza che dello stesso possano essere visibili solo i difetti ed i vizi di forma: una sorta di Forrest Gump ante litteram e dalla portata decisamente superiore, a modesto parere del sottoscritto ancora uno dei migliori film dello Spielberg "autoriale".
Negli occhi e nelle lettere di Celie e Sofia c'è tutta la potenza del legame tra sorelle, del coraggio dell'altra metà del cielo e della Storia che trova l'impulso di chiedere il suo tributo agli errori dell'Uomo - inteso come genere e come genere umano -.
Wow.
A volte mi stupisco di come possa fare anche un post quasi completamente serio.

MrFord

"But my hand was made strong
by the hand of the Almighty
we forward in this generation
triumphantly."
Bob Marley - "Redemption song" -

7 commenti:

  1. Sarà felice la mia mamma!
    Ma glielo posso dire che non l'abbiamo rivisto e sei andato a memoria?

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  2. Assolutamente sì! Dille tutto! Sono colpevole di essere andato a memoria.
    Il ricordo del film, però, è molto bello.

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  3. Mamma mia che serietà, che professionalità!!
    Sono piacevolmente basito.

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  4. Marianne: sottoscrivo in pieno.

    Dembo: che dire!? Se voglio mantenere lo standard dell'incontro con Joe devo assolutamente continuare a stupire!

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  5. Visto all'epoca, mi piacque, bel filmone da Hollywood classica, tipo film alla George Stevens.

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  6. Harmonica, hai detto proprio bene.
    Molto alla Il gigante.
    Quando Hollywood è così, ben venga!

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  7. Grazie tesoro mio, bellissimo post, e il film emozionante e ben fatto. Ti perdono anche se non l'hai rivisto perchè la critica mi è piaciuta. Un bacione e di nuovo grazie

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