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venerdì 9 marzo 2018

Galveston (Nic Pizzolatto, 2010)




In quest'ultimo anno e poco più da casalingo, purtroppo, per impegni, organizzazione in famiglia e mancanza del pendolarismo che ha caratterizzato gli ultimi quasi dieci anni di lavoro, ho diminuito - non per volontà - il volume di lettura, riducendomi a poche pagine al giorno, e dunque finendo per ritrovarmi a palleggiare un romanzo come Galveston dal settembre alle Canarie fino all'inverno lodigiano, senza per questo smettere di gustarmi la prosa malinconica, sporca e magica di Nick Pizzolatto, creatore di True Detective e romanziere dal talento cristallino.
La vicenda di Ray Cade, uomo di forza di un boss di New Orleans, abituato al crimine ed alla sopravvivenza, che giunge ad un crocevia della sua vita quando gli viene diagnosticato un tumore ai polmoni all'ultimo stadio finendo per mettere in discussione qualsiasi sua certezza e ritrovarsi al centro di una vicenda che vede gelosia, vendetta, speranze disilluse e nuove possibilità come nella migliore tradizione del noir di stampo romantico da Chandler in poi, trascina il lettore in una serie di situazioni che raccontano il disagio dell'America degli outsiders e di quei confini che, una volta valicati, non portano a nulla che sia una sconfitta, neanche ci trovassimo in uno dei pezzi più maliconici e struggenti di Springsteen o Neil Young.
Il rapporto che Ray costruisce con Rocky, ragazza allo sbando colpevole soltanto di essere nata in una vita sbagliata, e della sua sorellina - ma nulla è come sembra, come si avvince quasi da subito - ha il sapore della sconfitta fin dal primo istante, eppure non lo si abbandona, lo si cerca, si lotta almeno quanto il protagonista, che pur condannato a morte dalla Natura e dal Destino non molla la sua posizione neanche fosse uno di quegli alberi centenari che a fronte delle ruspe si attaccano al terreno con radici robuste, solide e cazzute.
Se dal punto di vista dell'originalità o della necessità di non staccare gli occhi dalla pagina Pizzolatto forse non raggiunge i livelli di scrittori come Nesbo o Winslow, tutto viene compensato dallo spirito e dal lirismo di alcune descrizioni da pelle d'oca, che trasportano in un mondo ai margini in cui non sempre sopravvivere basta, e la sensazione che il buon Nick abbia una penna fatata del calibro di quella di gente come McCarthy è quasi una certezza, tanto da chiudere più di un capitolo con il groppo in gola a fronte delle riflessioni tristi ma vere dei protagonisti del romanzo.
Per chi, come questo vecchio cowboy, va a nozze con alcool, outsiders, motel a basso costo e panorami da film incentrato sui losers, pallottole e amori mai consumati, Galveston non sarà soltanto un luogo in cui fuggire, perduti nel profondo Texas, ma quella speranza che chi vive ai margini ha sempre di trovarsi, un giorno o l'altro, a vivere dall'altra parte della barricata.
Anche quando non sarà mai vero.
E in bilico tra presente, passato e futuro, Ray e Rocky vivranno la loro storia, i sogni, le illusioni sulle spiagge di Galveston, dove tutto può essere costruito, anche quando non è vero.
E anche quando il sangue, la morte e gli orizzonti minacciosi di un uragano restano le uniche possibilità per chi non potrà mai vivere una condizione da vincente.



MrFord



4 commenti:

  1. Grande Pizzolatto autore della prima splendida stagione di True Detective, quasi quasi me lo recupero anche in versione scrittore!

    Ah, ha scritto pure la seconda pasticciatissima stagione di True Detective e questo libro sembra una fordianata clamorosa?
    Mmm... allora mi sa che passo. :)

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    1. La seconda stagione è stata una bomba, ma come al solito tu sottovaluti le cose belle e difficili. ;)

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