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mercoledì 12 luglio 2017

Paradise Sky (Joe Lansdale, USA, 2015)




Joe R. Lansdale è indubbiamente uno dei grandi paladini letterari di questo vecchio cowboy.
Il suo stile molto pane e salame e la saga di Hap e Leonard - aggiunti al fatto che il buon Joe è una persona squisita e molto disponibile - l'hanno reso uno degli autori più letti dal sottoscritto nel corso degli ultimi dieci anni, e pur non parlando di qualcuno destinato a fare la storia della Letteratura quanto più di un grande artigiano "di genere", credo vorrò sempre bene alla sua ironia, alla malinconia magica ed alla violenza selvaggia dei suoi lavori.
Quando, mesi fa, uscì in libreria Paradise Sky, mi parve di essere tornato un bambino di fronte al suo giocattolo preferito: un nuovo Lansdale, western, con un protagonista che era tutto un programma e recensioni entusiastiche a spingere alto l'hype.
E cosa posso dire, di Paradise Sky? Senza dubbio è un ottimo prodotto, divertente e drammatico, perfetto per tutti gli amanti del West e delle sue leggende - bellissime le parti dedicate a Wild Bill Hickcock e Bronco Bill -, scorrevole e diretto come un pugno in piena faccia, eppure c'è stato qualcosa che non mi ha convinto come in altre occasioni nel lavoro del mitico Joe: probabilmente se non fossi stato un suo accanito lettore avrei potuto apprezzare di più le avventure di Nat Love, ma avendo alle spalle almeno una ventina di romanzi del padre di Hap e Leonard non ho potuto non riscontrare quel fenomeno che colpisce musicisti e registi con una lunga carriera alle spalle fermi nell'intento di continuare a produrre con una certa frequenza senza prendersi pause per ricaricare le batterie.
Paradise Sky, infatti, per quanto piacevole ed interessante, ha rappresentato ai miei occhi uno dei lavori "minori" dello scrittore texano, decisamente inferiore sia alla saga di Hap e Leonard che al ciclo del Drive In, ma anche e soprattutto a cose davvero toste come Freddo a luglio o In fondo alla palude, solo per citarne un paio che avevano colpito il sottoscritto dritto al cuore.
Nulla di irreparabile, sia chiaro, o di davvero deludente, ma forse un segno che, pur cavalcando la notorietà ed il successo, Lansdale dovrebbe cercare di conservare qualche cartuccia in più per evitare di saturare non tanto il suo mercato, quanto la freschezza della sua prosa, che ha nell'ironia nera e nel piglio serrato i suoi punti di forza.
Due cose che, a tratti, in Paradise Sky vengono a mancare, nonostante l'impegno profuso dall'autore per riadattare alcuni racconti - veri o finti che siano - del Vecchio West e la figura di Nat Love, un personaggio che pare un gran bel mix del protagonista di 12 anni schiavo e del Django di Tarantino.
Se, comunque, non siete dei veterani di questo tipo di prodotti, la cavalcata di questo insolito pistolero vi parrà avvincente, e riuscirà a regalarvi grasse risate quanto lacrime di profonda tristezza, ma se il nome di Lansdale non vi è nuovo, prima di dare fuoco alle polveri con questo lavoro, abbassate l'hype e le aspettative, in modo da non avere l'impressione che il buon Joe si sia seduto un pò troppo sull'essere Joe Lansdale, e si sia dimenticato quanto bene la "fame" faccia all'ispirazione di un autore.




MrFord




4 commenti:

  1. Non che sia un demerito, perché avercene più possibile scrittori come lui, ma è un autore fin troppo prolifico e spolpato fino al midollo dagli editori.
    Io dopo una ventina di suoi libri ho detto basta, ma prima o poi ritorno nei ranghi.

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    1. Io gli voglio troppo bene per mollarlo, ma effettivamente dovrebbe rallentare, la vena ne sta risentendo.

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  2. Un libro per tutti (ma tutti chi?) gli amanti del vecchio West?

    Grazie mille per la segnalazione, Ford. Lo segno immediatamente all'elenco di libri da NON leggere. ;)

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    1. Non pensavo in effetti che fosse un libro per un pusillanime come te. ;)

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