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martedì 18 luglio 2017

Les amours imaginaires (Xavier Dolan, Canada, 2010, 101')




Sono davvero contento che Les amours imaginaires sia stato il secondo lavoro del giovane fenomeno Xavier Dolan, e di stare seguendo il suo percorso artistico cronologicamente, colmando una lacuna che cominciava a farsi davvero troppo pesante: perchè se fosse stato il primo, senza dubbio io e lui saremmo partiti con il piede sbagliato.
Non che si tratti di un film deludente, o brutto, o talmente radical da solleticare le peggiori bottigliate del sottoscritto, ma senza dubbio, alle spalle il fulminante esordio di J'ai tué ma mére, tutto emozioni e nessuna spocchia, probabilmente a seguito dei primi riconoscimenti, il "Prescelto" della settima arte cede in questa sede almeno in parte al desiderio ed alla voglia di mostrare e mostrarsi prima che all'esigenza di raccontare una storia, un sentimento, uno stato d'animo.
In Les amours imaginaires, infatti, oltre ad una grande cultura cinematografica ed echi che fanno pensare ad Almodovar e Wong Kar Wai, scene musicate che farebbero invidia a Tarantino - ed allo stesso Wong - ed una riflessione sui triangoli d'amore e sull'amore non corrisposto senza dubbio profonda e coinvolgente, si nota un certo autocompiacimento del quale era privo l'esordio del canadese, che non inficia il risultato finale in termini tecnici e cinematografici ma, senza dubbio, almeno ai miei occhi, mostra il fianco ad una critica che non ero riuscito neppure ad immaginare con la pellicola precedente.
Una cosa buona, sotto molti punti di vista, considerato che parliamo di un regista spaventosamente giovane e con margini di miglioramento ancora enormi, e che nonostante non mi abbia convinto agli stessi esaltanti livelli del lavoro precedente alimenta comunque l'hype rispetto alla cavalcata che mi sono prefissato di compiere rispetto alla sua opera grazie ad un approccio che non mi aspettavo, legato a doppio filo all'amore ed al modo di vivere lo stesso ed alle figure che, maggiormente, lo influenzano nel corso della nostra vita.
E' interessante notare, rispetto a Les amours imaginaires, quanto i suoi protagonisti, per quanto odiosi e poco sopportabili nel loro battagliarsi per un amore non corrisposto, abbiano suscitato più la mia tenerezza che non un'incazzatura, quasi fossero figli adolescenti cui dare una pacca sulla spalla ed augurarsi si facciano meno male possibile, e che le sequenze - tutte splendide, occorre ammetterlo - giostrate e girate con l'ossatura della Bang bang di Nancy Sinatra riproposta in italiano da Dalida sono risultate ipnotiche anche per i Fordini, colpiti sia dal brano - ballo selvaggio di lei, domande sul significato del "bang bang" di lui - che dalle immagini, quasi danze di colori sullo schermo per uno di quei film "di papà" a proposito dei quali non si fanno troppe riflessioni, neppure "ma è buono o cattivo?", tipico interrogativo di questi tempi di AleLeo.
Ad ogni modo, Dolan può anche aver compiuto un leggero passo indietro, ma resta come uno di quegli allievi eccezionalmente talentuosi che un insegnante che si rispetti ha quasi il dovere di tartassare in modo che possano davvero tirare fuori tutto il mondo che hanno dentro: non posso pensare o presumere di essere suo insegnante - non saprei girare una sola scena con questo stile, e forse girarla in generale -, ma in qualità di fratello maggiore, mi riservo di marcarlo stretto e, se necessario, picchiare duro in modo che tutto possa davvero uscire fuori ed esplodere.
Tutto, ma proprio tutto l'amore - per il Cinema e per l'Amore - che il giovane Xavier mostra di avere.
Soprattutto quello non immaginario.




MrFord




10 commenti:

  1. Dolan a sorpresa piace molto pure a me. Su questo non mi esprimo, sopratutto perché all'età in cui l'ha fatto io guardavo ancora (e guardo tuttora 😅) i cartoni animati...
    Un autore davvero interessante. Spero che col tempo non si bruci.

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    1. Spero anch'io che non si bruci, perchè ha davvero moltissimo da dire.

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  2. Questo lo devo ancora vedere, me lo segno e lo recupero ^_^

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  3. L'ho visto prima dell'esordio, purtroppo, sono andato troppo in disordine, ma mi era piaciuto ugualmente. Anche se lui anche attore, tema queer... Insomma, temevo girasse sempre lo stesso film. E invece no. Per quanto sia bravo anche come interprete (c'è un thriller psicologico, Elephan Song, che regge solo lui), meglio quando si mette meno in ballo. Già è eccedente di suo, in senso buono.

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    1. Nonostante le tematiche siano simili, i suoi lavori riescono ad avere identità separate: anche io lo preferisco "distante", ma riesce sempre e comunque a colpire.

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  4. Passo indietro?
    Questo film è a un livello talmente superiore rispetto al suo acerbo esordio che non sembrano nemmeno girati dallo stesso autore.
    C'è poco da fare, anche all'interno del cinema di Dolan non ne capisci niente. Ma potevo già immaginarmelo... :)

    Comunque lo so che le scene al rallenty ti avranno fatto imbestialire come quelle di Confessions, solo che non hai avuto il coraggio di confessarlo. :D

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    1. E invece sai che non mi hanno dato fastidio?
      Sarà che questo film è nettamente superiore a Confessions, che tu invece come al solito avevi esaltato. ;)

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  5. Rispetto all'esordio, qui siamo più sui miei gusti, con rallenti, radicalchicchismi e amori immaginari e proibiti. Gli preferisco comunque l'altro, ma quanta bellezza sa creare!

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    1. Anch'io preferisco l'esordio, ma questo è davvero un grande esempio di bellezza portata sullo schermo.

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