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lunedì 30 novembre 2015

The final girls

Regia: Todd Strauss-Schulson
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 88'






La trama (con parole mie): Max, adolescente figlia della star di un cult slasher anni ottanta, a due anni dalla morte della madre ancora si trova a dover fare i conti con il senso di perdita.
Quando, in cambio di un aiuto scolastico, accetta di partecipare alla proiezione di un double-feature con le pellicole appartenenti al brand che aveva reso famosa la genitrice, accade l'impensabile: un incendio nella sala spinge Max ed i suoi amici alla fuga attraverso il telo, e proprio questo salto finisce per trasportare tutti loro nella "realtà" del film, dove la mamma della ragazza è solo Nancy, il personaggio che interpretò ai tempi.
Come si comporterà il gruppo di adolescenti attuali rispetto ai charachters del cult che hanno conosciuto solo sul grande schermo? Cosa cambierà nella storia di Camp Bloodbath il fatto che ognuno di loro sa cosa aspetta i personaggi ed il pazzo omicida Billy Murphy?
E come si comporterà Max rispetto alla madre "ritrovata"?










Finalmente è accaduto.
Il Cinema, dopo essersi goduto - un pò come qualsiasi campo, artistico o no - gli anni ottanta ed averli ripudiati per quasi un ventennio bollandoli come una sorta di tentativo mal riuscito di chiudere gli occhi divertendosi rispetto a tutto quello che poteva andare male, pare essere arrivato a comprendere la fondamentale importanza che quel decennio ha avuto non solo nella formazione della generazione di registi più o meno coetanei del sottoscritto, ma anche del tipo di approccio alla vita destinato a farci più coraggio nel momento in cui affrontiamo i momenti peggiori della stessa, invece che seppellirci nella disperazione come insegnarono - e noi adolescenti di allora lo sappiamo bene - i successivi novanta.
In questo senso, il duemilaquindici che volge alla conclusione è stato senza dubbio l'anno che più ha sottolineato questa nuova - e da queste parti caldamente sponsorizzata - tendenza, dal sorprendente Kung Fury a prodotti di grana grossa ma dallo spirito clamorosamente eighties nello spirito come Fast 7, Jurassic World e Terminator: Genysis, fino a giungere a The final girls: proiettato da queste parti spinto da recensioni entusiastiche raccolte praticamente ovunque nella blogosfera, il lavoro del mio quasi coscritto Todd Strauss-Schulson è un vero e proprio trionfo di ironia, intelligenza, divertimento, metacinema ed una dichiarazione d'amore alle atmosfere di cult come Nightmare, Venerdì 13, Halloween e tutto quello che possa tornare a galla nella vostra memoria rispetto ai tempi mai dimenticati di Notte Horror.
Come se non bastasse, poi, il sentito omaggio a quello che è il mio decennio del cuore, The final girls è anche un ottimo esempio di tecnica, dall'ottima fotografia - splendide le sequenze dell'inseguimento conclusivo di Billy Murphy rispetto ai protagonisti - ad una colonna sonora rigorosamente figlia dei tempi raccontati, passando per un look piacevolmente vintage che ricorda non solo il Cinema, ma anche i videogiochi, un cast perfetto nel mostrare le ingenuità di allora e l'approccio attuale - per chi ha vissuto entrambe le epoche, esilarante il rapporto della svampita Tina con gli smartphone - ed una profondità che, a tratti, solletica e non poco la nostalgia per il tempo che fu e l'ineluttabilità di alcuni avvenimenti destinati, nel bene o nel male, a cambiare la nostra vita.
Ma a prescindere dagli aspetti tecnici, dai dettagli e dalle critiche vere e proprie, la cosa che più mi soddisfa rispetto ad una visione di questo tipo è data dal fatto che The final girls è un film straordinariamente bello, ottimamente riuscito, intelligente, in grado di tradurre in immagini l'amore che ha sempre guidato il sottoscritto davanti ad uno schermo, e dai momenti peggiori - in termini di qualità delle pellicole - a quelli più esaltanti ha continuato a sostenermi, e continua a farlo ogni volta che siedo ed attendo la partenza di un nuovo viaggio sullo schermo, ancora oggi.
Dalla televisione al primo videoregistratore, dalla meraviglia della rivoluzione dei dvd all'alta definizione dei bluray, da quella volta in cui non mi fecero entrare in sala per Intervista col vampiro perchè ero senza documenti e non credevano che avessi davvero quattordici anni indietro fino a La storia infinita visto all'aperto con mio nonno, o Rocky IV con mio padre, quando mi coprii il volto per non vedere Apollo ucciso sul ring dai colpi di Drago, fino a quando porterò il Fordino per la prima volta in sala, o a quella sera, nelle ultime file per vedere Le ferie di Licu, che avrei dovuto recensire, con Julez ci dedicammo a tutt'altro che non fosse la visione, il Cinema è stato ed è una delle passioni più grandi della mia vita.
Ed è un vero piacere scoprire, rivedendosi nelle immagini girate e pensate da qualcuno che potrebbe avere avuto un percorso simile al mio, che non sono il solo.
E' un piacere confortante scoprire che c'è stata, c'è e ci sarà sempre una "final girl" che sconfiggerà il mostro.
Soprattutto quando il mostro sei tu.




MrFord




"And she'll tease you
she'll unease you
all the better just to please you
she's precocious and she knows just
what it takes to make a pro blush
she got Greta Garbo stand off sighs
she's got Bette Davis eyes."
Kim Carnes - "Bette Davis eyes" - 






domenica 29 novembre 2015

Tutti pazzi in casa mia

Regia: Patrice Leconte
Origine: Francia
Anno: 2014
Durata: 79'






La trama (con parole mie): Michel, dentista molto benestante, trova in un mercatino delle pulci un vinile rarissimo legato ad un ricordo del suo passato, e sfruttando il riposo del sabato, corre a casa con l'intento di ascoltare l'album in questione prendendosi un'ora lontano da tutto e da tutti.
Peccato che nulla, dal momento in cui varcherà la soglia, andrà per il verso giusto: dagli operai decisamente poco competenti al lavoro sull'ex camera del figlio con il quale ha un rapporto complicato alla moglie, depressa e decisa a rivelargli la verità a proposito di una scappatella avuta più di vent'anni prima, alla migliore amica di quest'ultima, intenzionata a confessare il fatto di avere con lui una relazione da tempo, fino ai vicini, pronti a festeggiare il vicinato stesso proprio in quel giorno parranno tutti spingere nella direzione che vedrà Michel impossibilitato a godersi il suo momento di relax.
Riuscirà l'uomo a superare le difficoltà e guadagnare l'agognato istante?








Fin dai tempi del mio primo, post-diploma, scellerato - almeno dal punto di vista dei rapporti umani - viaggio in solitaria a Parigi, il rapporto di questo vecchio cowboy con i nostri cugini d'oltralpe non è mai stato dei migliori: da milanese, trovo siano una versione "dopata" ed ancora meno sopportabile di meneghini d'Europa, in particolare se si parla degli abitanti della Ville Lumiere - che pure ho visitato in tre occasioni, sempre ammirandone la bellezza oggettiva -.
Eppure il Cinema transalpino ha regalato e continua a regalare ottime soddisfazioni agli appassionati, dall'autorialità sfrenata alle commedie, che rispetto ai nostri Cinepanettoni riescono a mantenersi sopra il livello di decenza minimo che i prodotti di grana grossa e diffusione di massa dovrebbero sempre e comunque garantire: non troppo tempo fa, avevo a sorpresa apprezzato Non sposate le mie figlie!, divertito slapstick multietnico decisamente più evoluto rispetto a quello che potremmo produrre da queste parti, e spinto dalla presenza dello stesso protagonista - Christian Clavier -, degli incassi registrati in patria e del regista - il Patrice Leconte dell'ottimo L'uomo del treno - ho deciso di imbarcarmi nella visione di questo Tutti pazzi in casa mia, spacciato dai trailer quasi come fosse il sequel dell'appena citata pellicola firmata da Philippe De Chauveron - che, probabilmente, un numero due finirà per sfornarlo, considerato il successo riscontrato -.
Il risultato, per quanto a tratti decisamente divertente - l'idea dell'uomo determinato a passare sopra a qualsiasi cosa, o quasi, per potersi ritagliare uno spazio per se stesso, lontano dalla quotidianità lavorativa e di famiglia, penso sia decisamente in grado di toccare qualsiasi spettatore a prescindere dalla sua idea di Cinema, o cultura cinefila -, aiutato da un minutaggio decisamente abbordabile - ottanta minuti scarsi - ed impreziosito da un finale dolceamaro pronto a stimolare un sentimento di partecipazione in tutti i padri e figli dell'audience - soprattutto i primi -, non riesce ad essere incisivo come il titolo citato poco sopra, e finisce per parcheggiarsi nella nutrita schiera di prodotti destinati alla breve distanza ad essere dimenticati inesorabilmente.
Nulla che risulti - e mi viene da scrivere ovviamente, considerato il gusto che i francesi riescono a mettere anche in prodotti di grana grossa come questo - particolarmente scarso o irritante, quanto più che altro poco sfruttato in special modo dal regista, nome noto agli appassionati di proposte autoriali - quantomeno, le proposte autoriali dei festival più "mainstream" - dal quale ci si sarebbe aspettato molto di più: restano a tenere in piedi la baracca il simpatico - o antipatico, pur tra le risate generali - protagonista, la sensazione che, in un nucleo familiare, esista sempre un bagaglio enorme di spunti per una commedia e l'impressione, pronta a farsi strada tra una battuta ed un equivoco, che tutto risulti essere più triste di quanto non sembri, tanto quanto nella stessa tristezza - o malinconia, sarebbe più adatto definirla - abbiamo la possibilità di trovare la scintilla in grado di cambiare la nostra vita.
Mi rendo conto che, messa come l'ho messa, una recensione di questo genere pare di fatto schizofrenica, in bilico tra il divertimento senza ritegno, spessore e le intuizioni solo suggerite del Cinema d'autore, ma di fatto è proprio così, che ho vissuto Tutti pazzi in casa mia: un prodotto senza pretese segnato, comunque, da un'anima che avrebbe potuto andare oltre.
Il suo più grande pregio, ed il suo più spaventoso limite.
Considerato, però, il mio rapporto con la Tour Eiffel, direi che può andare già bene così.




MrFord





"Relax don't do it
when you want to go to it
relax don't do it
when you want to come
relax don't do it
when you want to come
when you want to come."
Frankie goes to Hollywood - "Relax" - 






sabato 28 novembre 2015

The Wicker Man - Il prescelto

Regia: Neil LaBute
Origine: USA, Germania, Canada
Anno: 2006
Durata: 102'






La trama (con parole mie): Edward Malus, uno sceriffo californiano, è contattato attraverso una misteriosa lettera da una ex che non fa più parte della sua vita da anni, pronta a chiedere il suo aiuto rispetto alla scomparsa della figlia.
La donna, tornata a casa in una comunità molto chiusa e particolare che vive su un'isola nel Pacifico poco distante dalle coste californiane, risveglia ricordi in Malus che lo inducono a recarsi sul posto e dedicarsi all'indagine, per quanto si trovi, di fatto, fuori servizio: l'atmosfera dell'isola risulterà da subito molto strana ed inquietante, e mentre tutti gli abitanti paiono fare fronte comune rispetto all'insabbiamento della scomparsa della ragazzina, il tutore dell'ordine si ritroverà a dover gestire il sentimento rinato per la vecchia compagna, pronta a rivelargli che la piccola scomparsa è in realtà sua figlia.
Riuscirà Edward a scoprire la verità? E a quale prezzo?









Tutti gli avventori abituali del Saloon ben sanno quanto il sottoscritto voglia bene a Nicholas Cage, al suo parrucchino, ai suoi eccessi ed alla sua caninità attoriale.
Ma, devo ammetterlo, non avrei mai e poi mai guardato l'inutile remake del supercult The Wicker man già massacrato in ogni dove, nella blogosfera e non: considerato il recente recupero dell'opera di Eli Roth, avevo già deciso di pescare dall'oceano della rete il sequel di Hostel, che al contrario pare sia effettivamente una cosa non male.
Peccato che, in una serata di quelle in cui torno troppo tardi dal lavoro e Julez con il Fordino sono già a nanna, pronto ad azzannare la cena e gustarmi una visione non troppo impegnata, il file denominato Hostel 2 che avevo inserito nella chiavetta si sia rivelato proprio questo Il prescelto, con ogni probabilità uno dei punti più bassi della carriera del mitico Nicola Gabbia: rimaneggiato nel contesto pur mantenendo l'inquietante finale - quantomeno la sofferenza di una chiusura consolatoria me la sono risparmiata -, divenuto una sorta di Odissea in una comunità dominata dalle donne e guidata da un insano culto religioso dell'agente di polizia protagonista, questo filmaccio trova la sua collocazione nel novero di quelle pellicole che si fa sempre bene ad evitare, e che vengono buone giusto per farsi due risate con gli amici nelle serate molto, molto alcoliche, e neppure in quel caso, penso, finirebbero in cima alla lista.
E' curioso come, ad un paio di giorni dalla visione, riesca a ricordarmi più chiaramente - e con molto più piacere - della cena rispetto ai singoli passaggi della pellicola, dai buchi logici agli incubi che assediano il main charachter e che regalano almeno un paio delle tipiche espressioni da strafatto di Cage ad ogni suo risveglio: dunque, più che cercare di ripercorrere l'indagine che dovrebbe condurre il poliziotto al ritrovamento della figlia riscoperta sparita a causa delle leader della comunità - almeno a quanto parrebbe al buon Edward Malus, segnato anche da un nome che non lascia presagire niente di buono -, preferisco tornare alla pasta al sugo e all'hamburger di cavallo con peperoni piccanti che hanno allietato la prima parte della mia serata, proseguita con verdura a profusione, frutta, un paio di noci e l'immancabile White Russian.
Interessante quantomeno il cast femminile, con volti noti agli appassionati del grande e piccolo schermo come Frances Conroy ed Ellen Burstyn, ottima nel ruolo di matriarca della piccola isola, ed interessante la cornice sfruttata come ambientazione, ma per il resto, c'è ben poco da fare o da salvare: e se neppure un fan di Cage e del suo parrucchino vivente come il sottoscritto riesce ad andare oltre la schifezza per godersi la visione senza pensieri, allora le speranze per il lavoro di Neil LaBute sono ancora meno di quelle che un uomo allo sbando ha di sopravvivere ad una comunità interamente gestita da donne.





MrFord





"You watch the world exploding every single night
dancing in the sun a newborn in the light
say goodbye to gravity and say goodbye to death
hello to eternity and live for every breath
your time will come, your time will come
your time will come, your time will come."

Iron Maiden - "The Wicker Man" - 







venerdì 27 novembre 2015

Hotel Transylvania 2

Regia: Genndy Tartakovsky
Origine: USA
Anno:
2015
Durata:
89'






La trama (con parole mie): sono passati sette anni da quando Mavis, figlia di Dracula, ed il viaggiatore Jonathan, completamente umano, si sono innamorati, prima di decidere di sposarsi ed avere un bambino, il piccolo Dennis, cresciuto da sempre in una realtà che vede mostri e uomini convivere più o meno pacificamente.
Quando, raggiunto il limite di età secondo il quale è possibile determinare se possa essere un vampiro oppure no, Dennis appare decisamente più simile al padre, il buon Conte decide di dare fondo a tutte le sue possibilità e con l'aiuto degli amici più intimi cercare di stimolare il passaggio tra le fila dei mostri del piccolo, approfittando di una gita della figlia con il genero in California, dove pensano di trasferirsi per agevolare l'esistenza "normale" di Dennis - nonostante lo stesso Jonathan non desideri altro che rimanere accanto al suocero ed in mezzo ai mostri -.
Ovviamente, tutto si complicherà più del previsto, e quando i nodi verranno al pettine, la Famiglia, umana e non, dovrà decidere da che parte stare.










Ricordo bene il periodo in cui rimasi piacevolmente sorpreso dal primo Hotel Transylvania: era l'estate del duemilatredici, stavo superando uno dei periodi peggiori - lavorativamente parlando - della mia vita ed iniziavo a godere della paternità e di uno dei periodi di vacanza migliori che possa ricordare, con il Fordino ancora piccolo ed uno stacco come fossi ancora a scuola.
Le aspettative rispetto al lavoro ti Tartakovsky erano davvero basse, ed il risultato finì per sorprendermi in positivo, nonostante si fosse di fronte senza dubbio al classico blockbuster d'animazione per famiglie: al secondo giro di giostra dedicato alla famiglia di Vlad, alle prese con l'arrivo del suo primo nipotino, in un certo senso si è ripetuta la stessa storia senza che, fortunatamente, alle spalle vi fossero tormenti di alcun genere.
Hotel Transylvania 2, di fatto, riprende pari pari il discorso iniziato con il primo titolo di quello che, a giudicare dagli incassi in tutto il mondo, diventerà un franchise, presentando una formula già rodata che risulta godibile e divertente per grandi e piccoli, non si limita - fortunatamente - alle gag presentate dal trailer e pecca soltanto rispetto al fatto di non inventare nulla di nuovo ed essere, di fatto, una versione meno sorprendente - sempre in positivo - del predecessore.
Certo, non stiamo parlando di Studio Ghibli o della Pixar, quanto di un giocattolone che allinea momenti divertenti uno dopo l'altro e tocca un nervo scoperto per il pubblico per il quale è pensato: la Famiglia. Considerato che, di norma, prodotti di questo tipo finiscono per essere la tipica scelta del sabato o domenica pomeriggio con bimbi al seguito e cena fuori dopo la visione l'idea di sviluppare il concetto di focolare domestico mescolando il mondo umano e quello dei mostri funziona anche come specchio di una società fortunatamente sempre più multietnica, ripescando nell'immaginario dei più vecchi di noi che, da bambini, avevano adorato cose come Carletto il principe dei mostri.
In questo senso i siparietti forniti da Frankenstein, la Mummia, l'Uomo lupo, l'Uomo invisibile - fantastico nel fingere di avere una fidanzata, ovviamente invisibile anch'ella - e lo stesso Vlad, che nel ruolo di nonno speranzoso di vedere il proprio primo nipote rivelarsi come lui un vampiro regala chicche a profusione e rende bene la figura dell'adulto di un'altra epoca che si confronta con l'era "smart" dei bambini di oggi.
A questa galleria molto azzeccata di personaggi si aggiungono il valore del piccolo Dennis - che mi ha riportato alla mente Gli incredibili, in quanto a caratterizzazione - e di Mavis, figlia di Vlad già protagonista del primo film, che nel doppio ruolo di madre e figlia rende il doppio, un ritmo sostenuto da road movie ed un minutaggio che, ancora una volta, è assolutamente approvato dal sottoscritto.
Unica, vera pecca l'adattamento italiano, culminato con la resa pessima fornita dal doppiaggio del padre di Vlad affidato ad un impastatissimo ed inascoltabile Paolo Villaggio.
Come già scritto, non aspettatevi di trovarvi di fronte la sorpresa del mese: parliamo, senza ombra di dubbio, di un film costruito ad uso e consumo dei guadagni al botteghino ed assolutamente ed inequivocabilmente indirizzato ad uno specifico target di pubblico, eppure nel suo assolutamente dignitoso e certo più studiato di cose come Minions: insomma, per dirla come si direbbe dalle mie parti, "Piuttosto che niente, meglio piuttosto".





MrFord





"My beloved monster and me
we go everywhere together
wearing a raincoat that has four sleeves
gets us through all kinds of weather."
Eels - "My beloved monster" - 





giovedì 26 novembre 2015

Thursday's child

La trama (con parole mie): siamo ormai nel pieno dell'autunno, pronti a rivolgere lo sguardo non solo alle temperature che si abbassano ma anche alle classifiche di fine anno, pronti a tirare le somme di questo duemilaquindici cinematografico. Peccato che, fatta eccezioni per sorprese ottime come il recente Kreuzweg, in sala si continuino a vedere schifezze nella peggiore tradizione delle Feste.
A questo giro di giostra, infatti, oltre ai primi ed indesiderati Cinepanettoni della stagione ed alle consuete e bislacche opinioni del mio antagonista Cannibal Kid, ci toccherà anche il nuovo lavoro di Shambalà, che pare ormai essere la bruttissima copia del regista degli ottimi Il sesto senso e The village.
Riusciranno i nostri eroi - o più facilmente antieroi - della blogosfera ad affrontare nuove e terrificanti sfide? Ai prossimi post l'ardua sentenza.




"Hey, Kid, ma che combini!?" "Non vedi!? Imito quella bestiaccia di Ford!"






The Visit

"Per carità, un'altra maratona di radicalchiccate cannibalesche no!"

Cannibal dice: Un nuovo film di M. Night Shyamalan qualche anno fa sarebbe stato accolto con grande eccitazione. Dopo gli orripilanti L'ultimo dominatore dell'aria e After Earth, ma anche la ridicola serie tv Wayward Pines, le aspettative nei confronti del regista de Il sesto senso, Unbreakable e The Village si sono però abbassate. E di parecchio. Come essere passati da Pensieri Cannibali a WhiteRussian con un click solo. Questo nuovo horror sembra comunque rappresentare un ritorno alle sue origini thriller-horror e, nonostante lo stile found footage faccia temere il peggio, potrebbe non essere troppo malvagio.
Ford dice: Shambalà è uno dei registi più massacrati al Saloon degli ultimi anni, neanche fosse un Von Trier qualsiasi, e nonostante i titoli aspiranti al primo posto nella classifica del peggio dell'anno siano già parecchi, potrebbe diventare una visione obbligatoria in quel senso. Staremo a vedere.



Il viaggio di Arlo

"Ruggite più forte che potete, sta arrivando Ford!"

Cannibal dice: Nuova produzione della Pixar che non pare aver niente a che vedere con i migliori prodotti della casa, come il recente Inside Out. Sembra giusto una robetta adatta ai bimbi in fasce. O ai vecchi dinosauri, come Mr. Ford.
Ford dice: essendo un vecchio dinosauro e data la passione del Fordino per i dinosauri stessi, penso che la visione di questo nuovo film targato Pixar non mancherà in casa Ford, nonostante le aspettative non siano certo le stesse di Inside out. A meno che non venga promosso da Peppa Kid: in quel caso potrebbero precipitare di molto sotto lo zero.



A Bigger Splash

"Cannibal, è inutile che continui ad allungare l'occhio: qui non c'è trippa per gatti."

Cannibal dice: Attenzione, questa potrebbe essere la cannibalata della settimana!
Luca Guadagnino mi aveva convinto parecchio con il suo precedente Io sono l'amore, nonostante la fastidiosa presenza di Alba Rohrwacher. Questo suo nuovo thriller noir erotico ha poi diviso parecchio all'ultimo Festival di Venezia, tra entusiasti e schifati, e sembra una visione tanto radical-chic quanto da non perdere, pronta a entusiasmare me e a schifare Ford.
Ford dice: non ho mai approcciato un film di Guadagnino, troppo radical e troppo alternativo per i miei gusti da buzzurro.
Penso che continuerò in questa direzione, lasciando che se lo sciroppi il re dei radical Cannibal Chic.



Il sapore del successo

"Mi dispiace dirtelo, ma questa roba che ha cucinato Peppa Kid è assolutamente immangiabile."

Cannibal dice: Bradley Cooper da quando ha girato American Sniper sembra essersi bevuto del tutto il cervello. Di recente ha persino dichiarato che non andrebbe mai a letto con Jennifer Lawrence...
E adesso si mette pure a girare una commediola culinaria che lascio volentieri alla Antonella Clerici della blogosfera, Mrs. Ford.
Ford dice: Bradley Cooper mi sta simpatico, ed è da sempre uno dei preferiti - per motivi decisamente diversi dai miei - di Julez, alla quale potrei tranquillamente lasciare visione e recensione di questa commediola per una delle sue sessioni di stiro. A meno che la desperate housewife Katniss Kid non voglia correre a vederselo in anteprima.



Club Life

"Bevi acqua naturale come quel pusillanime di Peppa Kid: sei bandito dal Saloon, ragazzino!"

Cannibal dice: Puttanatina giovanile sulla vita notturna di New York che non promette niente di buono, ma che mi attira. Dopo tutto posso mica perdermela e sputtanarmi la mia reputazione da appassionato di puttanatine giovanili?
Ford dice: questa mi pare proprio la tipica stronzata da supergiovane che viene buona per il finto supergiovane per eccellenza, Cannibal non più tanto Kid.
E la lascio ben volentieri a lui.



Natale all'improvviso

"Brindiamo tutti alla dipartita di Cannibal Kid, il regalo di Natale più bello per la blogosfera."

Cannibal dice: Dopo quello con Massimo Boldi di un paio di settimane fa, ecco un altro cinepanettone...
Hey, un momento, non c'è De Sica, bensì è una produzione statunitense?!? Gli americani non ci copiano quasi mai e, quando lo fanno, ci copiano i cinepanettoni?
Ma questi sono più stupids di Ford!
Ford dice: italiano, americano, di Casale Monferrato, qualsiasi cinepanettone mi risulta indigesto. Dunque giro ben bene al largo.



Babbo Natale non viene da nord

"Ford e Cannibal? Spero solo che non guardino mai il mio film: non voglio che si trovino d'accordo nel massacrarlo."

Cannibal dice: Manca ancora un mesetto, ma il Natale ha già rotto le scatole più dei soporiferi film che piacciono al mio blogger rivale.
E comunque quest'anno Babbo Natale non viene da Ford, perché ha fatto il cattivo!
Ford dice: altro giro, altro regalo, altro cinepanettone.
Spero se li schiaffi tutti il mio rivale, così da procurarsi una bella indigestione come si deve.



La felicità è un sistema complesso

"Ammazza che facce da funerale! Devono essere appena usciti da una proiezione sposorizzata da Cannibal!"

Cannibal dice: La felicità per me è un mondo senza Ford. Vedete? Non è niente di complesso.
Ford dice: la felicità, per me, è arrivare al giorno in cui Cannibal si renderà finalmente conto di quanto abbia giovato la mia presenza alla sua cultura cinematografica. E magari anche quando finalmente gli avrò allungato un paio di cazzotti.



Uno per tutti

"Giorgio, mi vuoi davvero far credere di essere un attore drammatico!? Questa sì che è una battuta!"

Cannibal dice: Una possibilità la si concede a tutti. Ma a Ford e a Giorgio Panariello no. Proprio no.
Ford dice: uno per tutti, nessuno per Panariello. Specialmente io.



Dio esiste e vive a Bruxelles

"Mi sa tanto che mi sono fatto un White Russian di troppo, questa volta: mi piace un film che è piaciuto anche a Cannibal!"

Cannibal dice: Un film ambientato a Bruxelles? E che parla pure di religione?
Io preferisco non commentare niente, visto che in questi giorni in giro per il mondo ci sono dei pazzi più pericolosi di Ford che potrebbero male interpretare le mie parole...
Ford dice: in questo periodo le questioni divine ed il Belgio paiono parecchio scottanti, e le lascio volentieri a chi sbrodola in tv stronzate in merito.
Mi tengo cose come Kreuzweg, e sono a posto così.




mercoledì 25 novembre 2015

Kreuzweg - Le stazioni della fede

Regia: Dietrich Bruggemann
Origine: Germania, Francia
Anno: 2014
Durata: 110'






La trama (con parole mie): Maria, quattordicenne molto credente che vive con la famiglia a stretto contatto con una parrocchia fondamentalista cattolica, vive con molto trasporto e decisione l'avvicinamento alla Cresima ed il rapporto con Dio, sognando di essere da Lui scelta per ascendere al cielo sacrificando se stessa in modo che il suo fratello minore, malato, possa guarire.
Il legame con la Fede è così forte e radicato da portarla al conflitto con se stessa, le sue pulsioni da adolescente e la madre, figura dispotica all'interno della famiglia legata ad un approccio ancora più marziale della religione rispetto a quello della ragazza: riuscirà Maria a venire a patti con la sua radicata fede e la sua età, o il suo destino sarà quello di affrontare una crisi che potrebbe cambiarle la vita?








Nel corso della vita, ho sempre avuto un rapporto complicato, con la religione.
Essendo nato e cresciuto in paese cattolico ho subito, almeno fino al periodo delle scuole medie, l'influenza della cultura millenaria del nostro continente: dunque processo obbligato, dal battesimo alla comunione, fino alla cresima.
Venne poi l'adolescenza a mettere in discussione il tutto, e nel giorno del funerale di mio nonno, lo stesso dell'amore per il Western e di molti dei ricordi più felici che ho dell'infanzia, dissi a me stesso, dopo averlo visto spegnersi un giorno dopo l'altro per un'estate intera spesa andando a trovarlo in ospedale quotidianamente, che non mi sarei più fatto fregare dal senso di colpa e dalla paura: si vive e si muore, come Natura vuole.
E mi sarei goduto il più possibile quello che c'era nel mezzo.
Prima di arrivare ad abbracciare appieno il mio nuovo punto di vista ci vollero anni, esperienze, viaggi, batoste e vittorie, e tutto quello che l'esistenza presa per le palle porta in dono, ma nel frattempo non ho mai nascosto la mia avversione per tutte le religioni e l'influenza che hanno, in tutto il mondo, sull'Uomo.
L'unico baluardo a continuare a farmi riflettere sul concetto di Fede - che non è religione, sia chiaro - è rimasto il Cinema, pronto, stagione dopo stagione, a sottopormi a prove più profonde ed importanti di quante abbia avuto da dio o chi per lui: Red lights, Vita di Pi, Alabama Monroe, questo Kreuzweg, sono riusciti a toccare corde che mai e poi mai avrei pensato potessero neppure esistere, dentro un peccatore ateo e dedito al caos come il sottoscritto.
Come se non bastasse, questo film aveva tutte le carte in regola per rischiare la tempesta di bottigliate, al Saloon: alte pretese, nessuna volontà di dialogare con il pubblico prendendo la via più semplice - e non più facile, si badi bene -, tutte le caratteristiche tecniche del perfetto lavoro d'autore - inquadrature fisse, lunghi piani sequenza, ritmo scandito da capitoli che sono, di fatto, quasi cortometraggi all'interno della pellicola -: ma la storia di Maria, devota e determinata quanto una Giovanna D'Arco moderna, ed altrettanto deviata, a suo modo, conquista inesorabilmente già dalla prima "stazione" di questa Via Crucis.
La lezione di catechismo "estrema" del prete della parrocchia della giovane protagonista, e la volontà di quest'ultima di manifestare quanta più Fede possibile, inizialmente guardate con ironia e dall'alto in basso da chi, come il sottoscritto, di fatto si considera oltre certe stronzate, apre una breccia che conduce, un passo dopo l'altro, allo strepitoso crescendo finale, che oltre a mettere in luce il concetto di Fede con coscienza critica mette all'angolo anche chi vive lontano dalla stessa grazie a tre passaggi da brividi: la stanza d'ospedale e l'evoluzione della malattia del fratellino della protagonista, il rapporto tra i genitori a fronte di un evento così sconvolgente come la perdita di un figlio, la ripresa su quel fiore gettato in una tomba prima dello "sguardo" della macchina rivolto al cielo sono un pugno nello stomaco rispetto a chiunque, che stia da una parte o dall'altra della barricata della Fede stessa.
Per quanto mi riguarda, continuerò a pensare che la religione sia una delle più grandi truffe ideate dall'Uomo per l'Uomo, nonostante Kaiser Soze dichiari che la più grande bugia che il Diavolo abbia raccontato al mondo sia il fatto che non esiste, come rimarca anche il catechista di Maria.
Di fatto, qui al Saloon si crede più al Cinema che non in dio, dunque pare assurdo che, in qualche modo, le due cose si intersechino: eppure, a volte, è così.
Questo perchè, di fatto, dio - o chi per lui - e la religione sono figli dell'Uomo, e dunque a volte, quando riescono a volare alla stessa altezza, pare quasi finiscano per essere una cosa sola.
Da questo punto di vista, crederò sempre nella settima arte.
Credo in Kreuzweg.
E credo nell'Uomo, che è riuscito a raccontare con questa potenza una cosa complicata, profonda, di fatto inenarrabile come la Fede.
E non parlo di religione, sia chiaro.
In un'epoca come questa, figlia di strumentalizzazioni che portano solo il peggio che si possa pensare dell'umanità, Kreuzweg mostra una religione che è possibile non seguire.
Una religione che può condannare, o che può salvare.
La scelta è e sarà sempre nostra.
E non di qualcuno ai piani alti che pensa di pensare per noi.





MrFord





"Scioglie la neve al sole ritorna l'acqua al mare
il vento e la stagione ritornano a giocare
ma non per te bambina che nel tempio resti china
ma non per te bambina che nel tempio resti china."
Fabrizio De Andrè - "L'infanzia di Maria" -