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mercoledì 17 settembre 2014

Good Morning Vietnam

Regia: Barry Levinson
Origine: USA
Anno:
1987
Durata: 121'




La trama (con parole mie): siamo a Saigon, nel 1965, e la guerra del Vietnam impazza.
Per risollevare il morale delle truppe viene chiamato a trasmettere l'aviere Adrian Cronauer, popolare dj delle forze armate. L'uomo, decisamente anticonvenzionale in quanto a metodi ed approccio, riscuote da subito un successo clamoroso con la sua "Good morning, Vietnam", ed al contempo attira le antipatie di alcuni degli ufficiali stanziati sul posto e responsabili delle trasmissioni.
Quando il suo legame con una ragazza del luogo e l'amicizia con il fratello di quest'ultima lo mette in pericolo, Cronauer si troverà a dover combattere non solo per la propria libertà di parola e trasmissione, ma per la sua vita e quella dei suoi nuovi amici, arrivando a giocarsi il posto nell'esercito e dietro il microfono.







La recente scomparsa di Robin Williams, oltre a segnare profondamente il sottoscritto - in fondo era stato il volto di almeno un paio di pellicole simbolo della mia crescita - ha risvegliato la curiosità in merito alla riscoperta o al recupero di titoli che l'avevano visto protagonista e che, per colpa o per destino, dalle parti del Saloon ancora non si erano viste: una di esse, se non per qualche spezzone colto nel corso delle numerose visioni concesse invece da mio fratello, è proprio Good morning Vietnam, uscita nel pieno degli anni ottanta e forse all'apice della carriera del suo protagonista e perfettamente ascrivibile alla cerchia dei titoli antimilitaristi in grado di stemperare il dramma attraverso una decisa ironia - non a caso fu paragonato, ai tempi, al MASH di Robert Altman, pur non raggiungendone i livelli -.
Ispirato alla vera storia di Adrian Cronauer e praticamente cucito addosso a Williams - che, di fatto, mise nel personaggio molti dei suoi tratti tipici e dei trademarks in quanto a battute che il pubblico avrebbe ritrovato spesso e volentieri anche in seguito -, il lavoro di Levinson è solido e funzionale, tipico esempio di Cinema USA in grado di accontentare il grande pubblico senza essere snobbato dall'elite legata all'autorialità, meritevole di raccontare una vicenda legata fortemente al Vietnam ma lontana dai drammi bellici che molti grandi Maestri dedicarono a quella che, di fatto, resta una delle cicatrici più profonde nella cultura a stelle e strisce - da Kubrick a Coppola, passando per Stone e Cimino -: interessante, infatti, quanto mostrato rispetto alla vita almeno in parte "pacifica" per le strade di Saigon, ed il rapporto tra i soldati americani ed i locali, dai ristoranti ai corsi di inglese - teatro delle gag migliori di Williams - passando per la lotta legata alle proprie radici dei vietnamiti ed il desiderio di ricominciare a vivere dall'altra parte di quel mondo, nel cuore del sogno americano venduto da quei soldati sempre in bilico tra l'invasione e la voglia di comunicare.
Proprio il linguaggio ed il suo utilizzo come strumento per abbattere le barriere ed agitare le acque si aggiungono alle tematiche più importanti trattate dal lavoro del regista di Sleepers e Piramide di paura, dalle sventagliate di battute a raffica del protagonista alla sua scoperta del mondo celato dalle strade di Saigon, passando alle già citate e spassose lezioni di slang da strada fino al concetto alla base della radio, ovvero un mezzo in grado non solo di divulgare notizie ed informazioni, ma di sfruttare musica e parola affinchè chiunque si trovi in ascolto possa non solo trascorrere del tempo piacevolmente, ma anche prendere spunto ed ispirazione per piccole o grandi imprese.
Certo, ci troviamo di fronte comunque ad un prodotto viziato almeno in parte dal buonismo a stelle e strisce da blockbuster - seppur colto - che non lesina colpi bassi - molto ben riusciti - come l'utilizzo di uno dei pezzi più noti e "da strappo" della Storia della Musica - What a wonderful world di Louis Armstrong -, eppure Good morning Vietnam è uno di quei titoli destinato a rimanere un Classico cui è impossibile non voler bene, quasi fosse lo scatenato Cronauer, che con tutti i suoi eccessi - verbali e non - finisce per segnare il cuore di chiunque si trovi in un modo o nell'altro ad ascoltarlo: dunque, dalle visioni a scuola fino a quelle da serate in famiglia, il lavoro della premiata ditta Levinson/Williams continuerà a funzionare, divertire e, in una certa misura, anche a commuovere.
Perchè in fondo, pur se con un pò di retorica, riesce a parlare della guerra giocando sul sorriso prima che sul dramma, e lo fa con una buona dose di onestà, da titolo pane e salame: se, dunque, un giorno il Fordino dovesse manifestare interesse rispetto all'argomento Vietnam al Cinema, senza dubbio questo sarà uno dei primi film cui penserò.
E non è una cosa da poco.



MrFord



"I see skies of blue,
and clouds of white.
The bright blessed day,
the dark sacred night.
And I think to myself,
what a wonderful world."
Louis Armstrong - "What a wonderful world" - 



26 commenti:

  1. Non un capolavoro e non esente da qualche retorica di troppo, eppure ha la sua straordinaria dose di umanità.

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    1. Non il più mitico con protagonista il buon Robin, ma decisamente piacevole.

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    2. Piacevole? Forduccio che me combini? Goooood Morning Vietnam...hehehe come non dare del mitico ad Adrian? xD

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    3. Mitica, forse, l'interpretazione: il film è piacevole. ;)

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    4. Quando il Cinema ci si mette bene, è facile trovare un accordo! :)

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  3. È dispiaciuto molto anche a me per Robin.. far ridere milioni di persone e non riuscire a trovare gioia per se stessi, che tristezza.

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  4. pensa che l'ho cancellato l'altra sera dell'HD esterno

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  5. ma perché mai un giorno il fordino dovrebbe interessarsi al vietnam?
    stai già meditando di farlo diventare un soldato?

    comunque questo film me lo sono sempre perso pure io e non so se lo recupererò a breve. se l'hai definito buonista e retorico persino tu che sei il re del buonismo e della retorica, ho paura ahahah :D

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    1. Il Vietnam è storia, razza di scriteriato che non sei altro! E senza dubbio non vorrei facesse il soldato per farsi ammazzare in qualche angolo dall'altra parte del mondo!

      Detto questo, dopo l'otto a quella merdina di Colpa delle stelle, tu di retorica non dovresti più parlare! ;)

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  6. Anche io l'ho visto recentemente per la prima volta, ironia della sorte pochi giorni prima che il buon Robin ci lasciasse. Una performance incredibile! Tra l'altro l'ho visto in lingua originale, e non ho la minima idea di come abbia fatto il suo storico doppiatore italiano a riportare le battute ed i giochi di parole, o solo stare dietro alla velocità di parlata. Comunque, bellissimo film che mi ha commossa.

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    1. Il doppiaggio è reso bene, ma senza dubbio Robin regalò, in questo caso, uno dei suoi momenti più memorabili.
      E concordo, film che davvero si fa voler bene.

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  7. Paragonato a COSA, all'epoca??? A MASH? Ma scherziamo?

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  8. Sai che anche io mai visto? Forse qualche spezzone, ma mai per intero.
    Dovrò decidermi anche io a guardarlo prima o poi...

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  9. Robin Williams da Oscar e Carlo Valli miglior doppiatore da qui a Nettuno. La retorica (come la scena con in sottofondo la canzone di Armstrong) non l'ho trovata così fastidiosa perché alla fin fine questo è un film che non vuole riflettere troppo sulla guerra in maniera pedante o mettendo in scena la crudeltà più cruda di essa, ma è un one man show imperdibile e meravigliosamente umano. Perché l'aggettivo più adatto a Robin Williams è proprio questo: umano.

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    1. Concordo: retorica positiva e mai ingombrante, ed un Williams pazzesco - così come Valli, oggettivamente -.
      Ottimo anche l'aggettivo umano.

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  10. Bestemmio? Secondo me non è un bel film ma Robin Williams lo rende degno di visione, credo che raramente è stato così bravo...

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    1. Effettivamente è una delle sue interpretazioni più incredibili: il film, invece, secondo me è discreto.

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  11. Sono particolarmente legata a questo film, e non solo perché c'è dietro la storia di un sorriso spezzato in maniera tragica, a cui tutti abbiamo dovuto rinunciare. Ma anche per il senso di libertà che provo, tutte le volte che indosso quella cuffia e parlo davanti al microfono. =)

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    1. Verissimo: anche a me è capitato di recensire in radio, ed è una sensazione niente male!

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