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venerdì 22 giugno 2012

Sotto il vulcano

Autore: Malcolm Lawry
Origine: Uk
Editore: Feltrinelli
Anno: 1947




La trama (con parole mie):  è il 2 novembre 1938, e siamo nel cuore del Messico delle rivoluzioni, delle feste dei morti, dei campesinos e degli europei in esilio o esplorazione.
Geoffrey Firmin, console britannico dedito all'alcool ritrova la compagna Yvonne, partita con l'intenzione di lasciarlo tempo prima e tornata per salvare il loro matrimonio.
Ad accompagnarli in una giornata filtrata da bevute, corride, silenzi della Natura e caotiche spirali tutte figlie dell'Uomo, il fratello del console Hugh, giunto dagli Stati Uniti: il loro viaggio alla scoperta della geografia fatta di visioni e solitudini che si sviluppa sotto i vulcani messicani diviene un'epopea di ricordi e speranze che si mescolano incessantemente, una disperata dichiarazione d'amore ed una lettera d'addio intrisa di passione, sudore e lacrime.




Esistono romanzi che si guadagnano la loro lettura, un pò come a volte capita con film così impegnativi da apparire, più che visioni, imprese eroiche dello spettatore: in questo senso, mi torna sempre alla mente il meraviglioso L'infanzia di Ivan di Tarkovskij, novanta minuti scarsi, che ad ognuna delle quattro visioni che gli ho concesso nel corso della mia vita è riuscito a dilatare il tempo apparendomi più o meno come avesse lo stesso minutaggio di Via col vento.
Sotto il vulcano, uno dei romanzi cult più ammirato ed incensato della letteratura inglese del novecento, è diventato per il sottoscritto un caso molto simile a quello del film del regista russo: quattrocento pagine così dense ed apparentemente sconnesse da farmi ricordare Dostoevskij come se fosse più o meno un autore per bambini, in grado di spezzare il ritmo di lettura quanto e più di romanzi densi come petrolio come Suttree del mio adorato Cormac McCarthy.
Dall'altra parte, però, è impossibile non riconoscere i lampi di genio assoluti che Lawry è in grado di regalare quasi celandoli tra una visione e l'altra dei suoi tre protagonisti: le lettere di Yvonne, la corrida ed il mescolarsi di presente e passato, le vite di Geoffrey, Hugh e della stessa Yvonne, la geografia di un piccolo paesino dell'entroterra messicano che diviene passo passo un personaggio vivo e presente, vero e proprio collante del romanzo, lasciano ammirati per la loro sconvolgente bellezza, ed una padronanza del mezzo letterario gigantesca pur se a tratti persa in un flusso di coscienza che pare incontrollato ed incontrollabile.
In questo senso, Lawry è riuscito nell'impresa di scrivere il romanzo perfetto per interpretare la sbronza nel senso più filosofico del termine, e nessuno che non abbia mai provato l'ebbrezza della progressiva perdita di coscienza legata all'alcool riuscirà mai a lasciarsi andare ad un'opera come questa, se non associandola ad una sorta di capogiro in loop: Geoffrey ed il suo peregrinare fatto di anis, tequila e mescal, il mondo che pare scomparire e rinascere, dettagli apparentemente insignificanti che divengono d'improvviso il fulcro per viaggi in altri luoghi, ritratti di persone che paiono vivere, esistere ed avere un senso soltanto lungo quel confine invisibile che divide la sbronza dalla lucidità, il mondo di chi conosce questo lato oscuro e seducente, i suoi demoni e le sue fate e di chi, invece, come in attesa su una banchina, vede allontanarsi i figli di questa mitologia apparentemente inspiegabile senza cogliere il senso del loro abbandonarsi ad una corrente magica e terribile, in grado di mostrare il peggio ed il meglio di chi si disseta con il suo nettare, concedere la forza per andare oltre ogni confine o stroncare ogni resistenza, e non lasciare altro che ceneri.
Proprio come un vulcano, che esplode in tutta la sua potenza senza curarsi di quello che distrugge attorno.
E nell'attimo che precede l'eruzione, ci si trova come ipnotizzati da una sorta di bellezza ancestrale, incapaci di muoversi, ad attendere che la lava spazzi via tutto quello che incontra, lasciando che restino ricordi cristallizzati sotto la crosta di una ferita troppo profonda: sotto il vulcano si muore, per l'appunto.
Eppure, nella cronaca struggente di quest'epopea malinconica, nella storia destinata a finire di Geoffrey e Yvonne, nelle gesta sempre troppo lontane di Hugh, c'è tutta la meraviglia di una vita vissuta fino all'ultimo goccio di ogni dannata bottiglia, a scoprire un mondo che, forse, deve soltanto essere imbrigliato come un puledro impazzito in un rodeo, o mostrato anche nelle sfumature che possono fare paura a tutti quelli abituati a salutare nel momento di una partenza, senza mai pensare che, in realtà, il viaggio potrebbe coinvolgere anche loro.
Questa è la magia clamorosa di questo romanzo, che andrebbe gettato nel fuoco o abbandonato come quando, nel pieno dell'hangover, si giura che non si berrà mai più, e ripreso la volta successiva, riscoperto, riletto, riassorbito, assaporato anche una pagina alla volta, senza badare troppo ai numeri o al resto delle nostre esperienze di lettori.
Questo è il potere di una delle forze più grandi della Natura, che libera il suo fuoco direttamente dal cuore della Terra, e lo fa esplodere nel cielo affinchè cambino - almeno fino al giorno dopo - tutte le nostre geometrie astronomiche, di mente e di cuore.
Questo è stare sotto il vulcano.
Vivere, farsi male, prendere tutto quello che si può, perderlo, e poi tornare a vivere di nuovo.
Fino a morire di quella stessa vita.
E a volte, chissà, potrà anche capitare di portare così tanto fuoco dentro da sentirsi così in alto da non vedere alcuna banchina, e avere attorno solo cielo e sogni, come se la lava non potesse toccarci.
Prima di tornare al nostro piccolo posto di comuni marinai mortali.
Sotto il vulcano.
Che è dove voglio essere, voglio stare, voglio vivere, voglio morire.
Cheers, Mr. Lawry.
Hai tu l'onore del bicchiere della staffa.


Dedico questo post a mio fratello Dario, cui devo la scoperta di questa incredibile esperienza.
Io e te, brotha, sotto e sopra il vulcano. Sempre.


MrFord


"Flew into existence, just a sweet bird of youth.
hugged my friends on the pavement,
hid my dreams on the roof.
wrapped in a blanket from the national health.
It isn't money but then what is wealth?"
Pretty things - "Under the volcano" -



6 commenti:

  1. Ford, me lo sono segnata! Quanto mi hai incuriosita? Tanto!

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    1. Rossana, è un romanzo che richiede un sacco di impegno, e di certo non facile, ma resta dentro come pochi.
      Fammi sapere poi come ti è sembrato!

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  2. come aveva dichiarato lo stesso Lowry, "volevo scrivere una divina commedia ubriaca". E ci è riuscito. "Sotto il vulcano" è la perfetta allegoria moderna della redenzione.
    Caro Ford ti consiglio anche Caustico lunare se non l'hai ancora letto.

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    1. Laura, ci è riuscito eccome.
      Caustico lunare mi manca, lo recupererò!

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  3. Ok, lo segno. I tuoi consigli letterari fino ad ora si sono rivelati piuttosto affidabili.

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    1. Piuttosto affidabili!? Ma se fino ad ora ti ho fatto scoprire solo libri indimenticabili! ;)

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