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sabato 26 marzo 2011

Il socio

La trama (con parole mie): Mitch McDeere, giovane e rampante laureando in legge di Harvard, viene contattato da un piccolo studio legale di Memphis in modo che entri a far parte di questa contenuta, educata, equilibrata "famiglia" grazie ad un "offerta che non può rifiutare".
Per Mitch e la moglie Abby sarà l'inizio di un incubo, presi nel mezzo della lotta tra l'Fbi e lo studio stesso, in realtà maschera legale dei traffici di una potente famiglia mafiosa di Chicago.
Il nostro, strenuo credente della Legge, dovrà scegliere se accettare una vita da complice, da testimone protetto radiato dall'albo o la morte.
Ma ovviamente, c'è sempre un'altra via.

Per quanto strano possa sembrare, non avevo ancora visto Il socio, uno dei blockbuster mascherati da film d'autore più noti e conosciuti degli anni novanta, tipico prodotto all'americana, caposaldo del legal thriller nonchè pellicola dal cast all stars.
E devo dire di essermelo goduto, in una certa misura.
In una certa misura perchè c'è un "ma" non proprio indifferente.
Questo tipo di Cinema made in Usa, con il protagonista solido come la roccia, messo alle strette da tutto e da tutti che, alla fine, nonostante i passi falsi, riesce a cavarsela alla grande, è la tipica espressione da cultura a stelle e strisce che, negli anni a cavallo tra l'ottimismo ruggente degli eighties e la demolizione dei nineties, cercava di salvare il salvabile senza rendersi conto che un'epoca era ormai tramontata e, più che a tenere il forte, l'idea migliore sarebbe stata quella di osare lanciandosi in battaglia.
Tutta questa sviolinata per dire che, certo, Il socio è un elegantissimo prodotto commerciale, che scivola via senza intoppi e finisce per essere uno di quei film che quando si incrociano in tv non si riesce a cambiare canale neppure quando li si è già visti e stravisti, eppure, anche fermandosi solo per un istante a riflettere, la distanza che lo separa da opere come i gioielli di Polanski o gli Eyes wide shut di Kubrick è più che siderale.
Dietro la confezione di gran classe ed il cast quotatissimo, la fotografia ed il montaggio curati nel dettaglio, la regia senza sbavature di Pollack - anche se in questo caso non si tratta certo di uno dei suoi lavori migliori -, infatti, emerge principalmente una trama telefonata sin dal principio, accattivante ma mai davvero profonda, tesa eppure mai davvero in grado di fare percepire allo spettatore un pericolo effettivo per il protagonista, e non soltanto per il fatto che si tratti di Tom Cruise.
Resta comunque l'interessante sviluppo della trama legato alla tattica legale che permette a Mitch di studiare un piano alternativo che gli possa evitare di essere radiato dall'albo a seguito dell'eventuale testimonianza contro il suo studio ed i clienti ad esso legati, anch'essa purtroppo poco sfruttata dalla sceneggiatura, probabilmente troppo accademica e mai davvero in grado di osare anche una sola mossa oltre il confine dettato dalle regole standard del film per tutti.
L'impressione che si ha, infatti, godutosi l'intrattenimento vero e proprio, è quella di una cricca di boss della produzione che, come gli stessi soci fondatori dello studio di Mitch, dettano le regole affinchè una pellicola non esca mai dal seminato, perchè Reagan e gli ottanta sono crollati ed i volti del nuovo decennio non paiono essere così confortanti per i vecchi conservatori incalliti - di Memphis e non - intenti a fare barbecue nei giardini delle loro villette.
Peccato davvero, perchè forse rischiare qualcosa in più prima avrebbe prevenuto almeno in parte il dolore della caduta.
Che, a ben guardare, a noi non ha fatto neppure troppo male: il Cinema ha le spalle larghe e il dna di un Balboa, e così, dopo aver incassato ed essere andato giù, appena prima della campana del nuovo millennio ha deciso di tornare ad avanzare, alzando la testa.
In barba a tutti i Reagan passati e futuri.


MrFord


"All I wann say is that 
they dont really care
about us 
all I wann say is that
they dont really care
about you."
Michael Jackson - "They don't care about us" -






6 commenti:

  1. un film solido, ma il genere legal thriller non mi ha mai entusiasmato molto e se negli anni successivi sono arrivati tanti, troppi film e telefilm su questo filone è anche per buona parte colpa di 'ste cose di john grisham: basta! :)

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  2. Ti dirò, a me i legal thriller, se fatti bene, piacciono assai.
    Roba come L'uomo della pioggia e Philadelphia mi sfizia a manetta.
    Detto ciò, concordo sull'eccessiva presenza di Grisham e del genere, soprattutto sul piccolo schermo!

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  3. ho un pessimo ricordo, sia del libro che del film, anche se- ammetto- in alcune parti è fatto davvero bene.
    non posso che accodarmi: inflazione di legal thriller! fortuna che ultimamente si sono dati una regolata!

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  4. Einzige, io il libro non l'ho letto, il film mi è sembrato il classico blockbusterone mascherato - in alcune parti molto bene - da film d'autore.
    Di sicuro non memorabile, ma certamente godibile.
    Per il resto, concordo: basta legal thriller, soprattutto in tv!

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  5. Mi era piaciuta moltissimo la colonna sonora,fra jazz e blues,e la trama boh sì forse un pò scontata,ma non mi dispiaceva!
    https://www.youtube.com/watch?v=gNXcGPHy9i8&list=PLxoPqIzolcQNl7XPEE2WOVa-esQsvvt7V

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    1. Io l'ho visto più che altro perchè mi pareva strano essermelo perso, anche se, a distanza di qualche anno, non lo ricordo quasi per niente!

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