Pagine

giovedì 9 dicembre 2010

The killer inside me

Ero sul The Ghan, che da Darwin portò me e Julez ad Alice Springs, quando lessi il bellissimo romanzo di Thomson adattato fedelmente da Winterbottom per il grande schermo.
In quelle ventiquattro ore di treno nel pieno del deserto australiano l'atmosfera rarefatta e sudaticcia del Texas agghiacciante di Lou Ford pareva cadere alla perfezione, per uno dei primi romanzi in cui un "cattivo" diveniva l'io narrante della vicenda della letteratura contemporanea e non solo.
E di essere un cattivo Casey Affleck pare ormai avere preso coscienza piena, dopo l'ottima prova in L'assassinio di Jessie James per mano del codardo Robert Ford.
E pare anche che si sia affezionato al cognome, che, in qualche modo, mi sente molto chiamato in causa.
L'ambientazione di questo lavoro di Winterbottom - che si allontana, e di molto, dal suo stile abituale, realismo estremo e camera a spalla - è molto simile a quella del coeniano Non è un paese per vecchi, anch'esso tratto da un romanzo post-western di pregevolissima fattura e legato al ruolo del Destino e delle profondità più oscure dell'Uomo.
Lou Ford, un protagonista più terribile e disturbante del Chigurh del lavoro dei Coen appena citato proprio perchè molto più umano nel nascordersi, mentire, trasformare la violenza in amore e l'amore in violenza, non può essere reso, nonostante la performance sopra la media dell'Affleck bravo a recitare, quanto fra le pagine del romanzo, sicuramente più approfondito per quanto riguarda la ricerca delle forze dell'ordine rispetto agli omicidi commessi da Ford ed il loro rapporto con Ford stesso, sfiorando addirittura, in alcuni momenti - la trasferta a Forth Worth ed il climax finale, nonchè il rapporto con il vecchio sceriffo -, al capolavoro di Dostoevskij Delitto e castigo.
Ad ogni modo, Winterbottom ed il suo staff tecnico ed artistico portano a casa un risultato invidiabile, che seppur non all'altezza del romanzo che lo ispira rende al meglio l'atmosfera in esso contenuta, e rispetta i tempi, le tematiche e la conclusione anche quando le stesse possono risultare scomode agli occhi dei distributori o del consueto pubblico da sala.
The killer inside me è un film disturbante quanto il suo protagonista, dal quale riesce a prendere le distanze senza necessariamente ridurlo ad una macchietta, o al classico malvagio da film di genere: la sensazione, al contrario, è quella delusa ed atterrita del giovane Johnny Pappas, confusa ed arrabbiata dei suoi colleghi vicesceriffi ed investigatori, annebbiata e rapita delle sue sfortunate donne, cinica e disincantata dei rappresentanti del Sindacato.
La partecipazione, dunque, come chiave di lettura della pellicola diventa anche la sua particolarità, il pregio principale: una qualità che permette di superare le difficoltà di un montaggio e di un adattamento non sempre perfetti - soprattutto nella prima parte - e completare la visione angosciante e terribile filtrata dalla sensibilità hopperiana - che ricorda molto Non bussare alla mia porta di Wenders - che pervade l'intero lavoro.
Non siamo di fronte ad un capolavoro all'altezza del romanzo che l'ha ispirato, o alla potenza di prodotti simili come Le tre sepolture di Tommy Lee Jones, eppure, di fronte a Joyce Lakeland/Jessica Alba deturpata che sussurra "Non ho detto niente" in lacrime al suo aguzzino è difficile trattenere le emozioni, o chiedersi fino a quali abissi è in grado di scendere la nostra condizione di animali abitanti della Terra.


MrFord


"My girlfriend says
that I need help,
my boyfriend says
I'd be better off dead."
Therapy? - "Knives" -


6 commenti:

  1. Applausi a scena aperta per "dell'Affleck bravo a recitare".

    Sì, è vero, niente di eccezionale, ma comunque un bel prodotto, curato molto bene e con dei dialoghi e pensieri del protagonista davvero agghiaccianti.
    Ma lì è merito di Thompson.

    Come si usa solito dire, il romanzo è un altro pianeta -vedremo mai un film che ci è piaciuto più del romanzo?- ma resta comunque un gran adattamento, molto fedele all'origiale.
    Personalmente preferisco che i film tratti da romanzi aderiscano il più possibile alla "sceneggiatura" originale, ma questi son gusti.

    Gran bella recensione, fratellone.

    Per domenica va bene se ti faccio sapere qualcosa sabato?

    RispondiElimina
  2. l'affleck bravo a recitare era una battuta che facevo anch'io, ma dopo the town non ne sono più convinto per nulla.

    questo film non mi è piaciuto, per chi non ha letto il libro come me credo che molte cose non siano ben chiare e spiegate a dovere. non sono riuscito a entrare nel personaggio come in quello di altri "mostri" nascosti nella normalità (dexter e american psycho). boh, mi è sembrata un'opera troppo letterale, poco cinematografica e molto noiosa: insomma, davvero radical chic!

    RispondiElimina
  3. e invece a me è piaciuto! sarà perchè adoro il genere e nonostante non abbia letto il libro tutto quello che si deve percepire viene detto e spiegato esaurientemente.
    Buona recitazione, fotografia da sturbo e ambientazione fantastica, adoro il country..

    RispondiElimina
  4. Dembo: cominciamo dalla fine. Fammi pure sapere sabato, senza problemi.
    Merito di Thompson, certo, ma hanno reso discretamente il tutto. Sono della tua opinione quando si parla del rispetto dei romanzi, soprattutto quando sono grandi, come in questo caso.

    Cannibale: comprendo il tuo punto di vista, soprattutto la parte iniziale non aiuta chi non ha letto il romanzo. Per quanto riguarda il resto, anche io continuo a preferire Dexter a Lou Ford, anche se forse rispetto ad American psycho vince L'assassino che è in me.
    Tu che dai del radical chic ad un film che non mi è dispiaciuto!? Non è che è Nachele anche per te?

    Lorant: la fotografia deve molto a Hopper, e credo sia l'aspetto più radical chic del film. ;)
    Per quanto riguarda il country, sono con te al mille per mille.
    Mi sa che siamo "southern" entrambi!

    RispondiElimina
  5. bottigliate per entrambi allora!

    RispondiElimina