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giovedì 3 maggio 2018

A quiet place - Un posto tranquillo (John Krasinski, USA, 2018, 90')




Spesso e volentieri, la maggior parte di noi ambisce e dichiara di voler avere la possibilità di rifugiarsi, godere e vivere in un "posto tranquillo".
Ma cosa è davvero, un posto tranquillo?
Il silenzio, da animali sociali, è la nostra dimensione?
Non lo viviamo già abbastanza sul posto di lavoro, quando il conflitto tra essere umani ed essere ambiziosi, carrieristi, subordinati o capi pesa come un macigno?
O tra le mura domestiche, quando pur di evitare una discussione scappiamo nei nostri piccoli rifugi, sperando possano risparmiarci quello di cui non abbiamo voglia?
Sarà pure d'oro, ma nel silenzio esistono oceani di solitudine, incomprensioni, contraddizioni.
E non è facile pensare, scrivere e concepire un film che abbia la sua base proprio in questo silenzio.
Specie quando si tratta di portare sullo schermo sfumature di cult del passato, o di tematiche importanti quali quella della famiglia, del sacrificio, dell'amore.
Non a caso, il regista e protagonista ha voluto al suo fianco la sua compagna di vita.
Ma torniamo al principio.
Quando si dice "vorrei vivere in un posto tranquillo, lontano da tutto e da tutti", è davvero così?
Siamo davvero disposti a rinunciare alla parola, alla socialità, a tutto quello che ci rende quello che siamo allo stato attuale, pur di inseguire un'utopia che potrebbe rivelarsi distopia?
Siamo davvero pronti al silenzio?
In fondo, a ben guardare, nella quotidianità, dai telefoni cellulari, ai giocattoli, alla musica, ai film, a chi più ne ha, più ne metta, siamo continuamente impegnati a combatterlo, a chiuderlo in un angolo remoto della nostra mente per usarlo come arma nel momento in cui qualcosa o qualcuno comincia a non andarci a genio.
Come un mostro.
Un mostro che combattiamo fuori, o che portiamo dentro.
Personalmente, adoravo il silenzio e la tranquillità di questo "posto" ai tempi dell'adolescenza, quando mi sentivo in guerra con il mondo.
Ora mi pare solo un modo ipocrita e codardo di viverlo.
Che si parli di lavoro, nel momento in cui si finge di nulla anche quando il nulla non c'è, o di vita, quando pur di combattere si preferisce una non belligeranza che logora più della lotta.
Non ci sono mostri, nella realtà fuori dallo schermo. O pensiamo non ci siano.
Eppure, il silenzio pesa quanto e più del peggiore di loro.
La mia personale sensazione, il desiderio istintivo, sarebbe quello di gridare per farli uscire tutti dall'ombra e affrontarli faccia a faccia, perchè con tutti i miei difetti sento di vivere più direttamente ed onestamente e coraggiosamente di loro.
Eppure, in un posto tranquillo, sono io l'ipocrita, lo stronzo, quello fuori dagli schemi.
E se è così, un posto tranquillo io non lo voglio.
E preferisco essere il mostro, quello da cacciare e distruggere, quello sempre affamato, quello predatorio e senza controllo.
E in tutto questo, è davvero curioso che un film derivativo, poco originale e sopravvalutato, per quanto ben realizzato, abbia solleticato in me reazioni di questo tipo.
Forse è merito del silenzio.
Che io spezzo, al contrario della pellicola.



MrFord



3 commenti:

  1. Verissimo. Io mi aspettavo un disastro, invece il suo lavoro lo fa. Certo, considerarlo come è stato considerato mi pare decisamente eccessivo. ;)

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  2. Ford, se facessi silenzio sarebbe meglio per tutti, ahahahah :)

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