Pagine

lunedì 12 marzo 2018

Black Panther (Ryan Coogler, USA, 2018, 134')




Ai tempi in cui ero un assiduo lettore di fumetti di supereroi, nel corso delle parentesi mai troppo lunghe in cui mi dedicavo agli Avengers e agli eroi cosmici - i miei favoriti sono sempre stati i vigilantes "urbani" come Spider Man o Daredevil, o gli outsiders come gli X-Men e i mutanti in genere - non ho mai amato particolarmente il personaggio di T'Challa, Black Panther.
Ho sempre compreso il bisogno - soprattutto negli anni settanta, ma non solo - della Marvel di posizionare anche eroi che potessero essere riconosciuti dalla comunità afroamericana, eppure il sovrano di Wakanda mi dava l'impressione di essere troppo rigido, impostato, una sorta di versione molto seria di Capitan America - che è dire tutto - o di Iron Man privo dell'ironia e dell'aura da casinista.
Fortunatamente, non essendo mai stato un punto focale delle avventure degli Avengers, ho patito le sue caratteristiche decisamente poco, arrivando però al film a lui dedicato con un hype notevole, alimentato dalle recensioni entusiastiche raccolte oltreoceano - ma anche su diversi blog da queste parti -, dagli incassi pazzeschi che sta registrando in tutto il mondo, dalla presenza di Ryan Coogler dietro la macchina da presa - il ragazzo è davvero in gamba - e dall'ennesima tessera che dovrebbe comporre il grande puzzle costruito negli ultimi dieci anni nell'ambito del Marvel Cinematic Universe che dovrebbe portare all'esplosione di Infinity War.
Eppure, per quanto ben realizzato, con ottimi spunti di attualità - del resto, le questioni razziali purtroppo non passano mai di moda -, ben recitato e ritmato, sono passato attraverso Black Panther in modo abbastanza indifferente: so che in molti storceranno il naso a queste mie affermazioni - ma del resto, non mi sono mai preoccupato troppo di essere conciliante, e dopo La forma dell'acqua tutto pare una passeggiata -, ma l'impressione è effettivamente stata che l'intero film sia un ottimo compito realizzato ad arte ma privo di quella scintilla che fa appassionare ad una storia anche se non particolarmente originale - del resto, lo schema del fumetto di supereroi è, per detta dello stesso, mitico, Stan Lee, sempre lo stesso - e dell'ironia che aveva caratterizzato le ultime, riuscite produzioni legate al Cinematic Universe - dal secondo, bellissimo Guardiani della galassia a Thor: Ragnarok e Doctor Strange -, necessaria a non rendere questo tipo di titoli mattonazzi seriosi in pieno stile DC Comics.
Non che all'interno del lavoro di Coogler manchino le tamarrate, le botte e gli scontri sopra le righe, eppure fatta eccezione per un paio di interventi da applausi di M'Baku, prima rivale e dunque prezioso alleato di T'Challa, l'atmosfera della pellicola pare sempre piuttosto pesante, perfetta per rievocare nel sottoscritto i ricordi da lettore del charachter, che al contrario ha grandi potenzialità poco sfruttate: curioso come una produzione - per rimanere in stile "black" - come Cage, di qualità decisamente più bassa artisticamente parlando, sia riuscita in qualche modo a toccarmi di più rispetto a questa, che sulla carta ha davvero tutto - ed il successo riscosso lo prova, a conti fatti - per conquistare.
Sarà che l'anima di questo vecchio cowboy appartiene al popolo e non ai sovrani, ma nel corso della visione ho avuto l'impressione che qualcosa mancasse alla formula, e che il prendersi sul serio non è decisamente la strada giusta per questo tipo di pellicole - il difetto che riscontrai, ai tempi, in Age of Ultron -, specie considerando l'egregio lavoro che è stato fatto a mio parere su due personaggi ostici, distanti, freddi ed incazzati come Thor e Hulk, che ormai sono - curiosamente con Drax il Distruttore - l'anima comica del Cinematic Universe, o sull'austero Stephen Strange, che non avrei mai e poi mai pensato di vedere rappresentato come è stato reso da Cumberbatch.
Dunque, almeno al Saloon, questo celebratissimo e di successo Black Panther insieme al talentuoso Ryan Coogler sono per il momento rimandati - ma con fiducia - sperando che T'Challa si scuota una volta entrato nel calderone dell'Infinity War e che il regista di Fruitvale Station e Creed raccolga il testimone di grossi calibri come Spike Lee lasciandosi alle spalle la rabbia per fare spazio ad un approccio più aperto e, per usare un termine che alla Pantera è caro, "vibrante".




MrFord




7 commenti:

  1. Sinceramente non mi è dispiaciuto, ma (dopo tanto tempo) ho sentito tutte le due ore di film. Non dico che l'ho trovato pesante, ma il tempo non sembrava finire mai :S

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, manca del brio di altre produzioni Marvel. Peccato, perchè l'hype per me era alto.

      Elimina
  2. Spero anch'io, anche perchè oltreoceano sta andando fortissimo sia al botteghino che con la critica.

    RispondiElimina
  3. Per motivi organizzativi non sono ancora riuscito a vederlo ed in effetti anche la motivazione ad andare al cinema è stata un po' frenata da alcune paure che tu mi confermi. Ma i figli fanno pressing e penso che prima o poi dovrò capitolare. ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi ricordavo della passione dei tuoi figli per i film Marvel. Ti toccherà. ;)

      Elimina
  4. Se un film Marvel non ha convinto troppo qui, dalle mie parti cosa potrà succedere?
    Che verrà esaltato come un Capolavoro, forse?

    Mmm... ho qualche dubbio... :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho come l'impressione che potresti esaltarlo solo per darmi contro. ;)

      Elimina