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venerdì 6 gennaio 2017

The infiltrator (Brad Furman, UK, 2016, 127')




Ricordo il periodo di scoperta e passione dei grandi crime movies americani come uno dei più goduriosi della mia formazione di cinefilo: passavo un sacco di tempo con mio fratello ed Emiliano a vedere e rivedere cose come Carlito's Way, Quei bravi ragazzi, i vari Padrino - prima o poi dovrò rispolverare il filmato con un mitico doppiaggio del terzo capitolo decicato alle gesta di Michael Corleone operato proprio dai miei due "fratellini" ai tempi -, Scarface e Donnie Brasco, tra imitazioni, citazioni a ripetizione, risate e sogni di quello che avremmo fatto in futuro, dentro e fuori il Cinema.
Ora, proprio come nei finali di quelle grandi pellicole, in due ci ritroviamo come vecchi banditi tornati sulla retta via e dedicati prima di ogni altra cosa ai loro figli - a proposito, auguri, Brotha! - e alle loro famiglie, mentre Emiliano è "rimasto sul campo", e solo lui, forse, può sapere quanto ci manca.
A prescindere, però, dalle malinconie, The infiltrator, diretto dal Brad Furman del discreto The Lincoln Lawyer, sarebbe calzato come un guanto a quei tempi: ambientazione anni ottanta - ottimamente resa -, un buon cast - spicca un sempre convincente Bryan Cranston -, ritmo teso ed una serie di riflessioni non da poco legate ad una delle figure più complesse della Storia della lotta tra crimine e forze dell'ordine, quella dell'infiltrato.
Ispirato alle reali vicende dello specialista Robert Mazur, il film si concentra su un'operazione che vide un gruppo di agenti della Dogana statunitense nel pieno del periodo della "guerra alla droga" sponsorizzata da Reagan ai grandi cartelli colombiani - su tutti, quello di Pablo Escobar - consegnare alla Giustizia decine di trafficanti, criminali, operatori finanziari e responsabili di grandi banche legate a doppio filo al riciclaggio di denaro legato ai proventi della grande "invasione" della cocaina che caratterizzò proprio gli eighties: senza concentrarsi sull'azione da film spaccaculi, Furman si appoggia letteralmente a Cranston/Mazur che, nelle vesti di un grande investitore - e riciclatore - di capitali finisce per legare con alcuni degli esponenti più di spicco dei cartelli, rischiando - e più di una volta - la vita e riuscendo a far fronte ai fantasmi interiori che, in questi casi, finiscono per colpire praticamente ogni agente dedichi settimane, mesi ed anni all'infiltrazione nelle organizzazioni criminali.
"Io non parlo come uno di loro, io sono uno di loro", sentenziava Joseph Pistone/Donnie Brasco nel già citato film di Mike Newell: in questo caso la riflessione è più simile ad un "Facciamo di tutto per entrare nel cuore di queste persone, nelle loro case, nella loro vita, nella loro Famiglia, e tutto solo per voltare loro le spalle".
Nella mia vita, in situazioni assolutamente diverse e meno "pesanti" da quelle raccontate in questo film, mi sono sentito spesso una sorta di infiltrato, e devo ammettere che occorre avere uno straordinario equilibrio per non trovarsi a giudicare se stessi per quello che si è fatto o si sta facendo - decisamente potente la sequenza che vede John Leguizamo affrontare la morte di un suo delatore come fosse la cosa più giusta sulla Terra -, lasciare tutti i rimorsi in un angolo buio e pensare soltanto alla propria strada: allo stesso tempo, occorre avere uno straordinario equilibrio per capire che, da una parte o dall'altra della barricata, finiamo per avere a cuore le stesse cose, soltanto protette o raggiunte con mezzi differenti.
Del resto, siamo Uomini.
Questo prima che esista la Legge. Prima che esistano le regole.
E probabilmente, saremmo in grado di aggirarle comunque.



MrFord



7 commenti:

  1. Non mi sono ancora convinto a guardarlo, però penso che presto lo farò!

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    1. Si lascia guardare molto bene. Fammi sapere com'è andata.

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  2. Sembra proprio uno di quei crime movies ammeregani retrò con un livello di originalità pari allo zero già visti e stravisti che a te che odi le novità tanto piace esaltare. ;)

    Io invece mi sa che continuo a risparmiarmelo senza problemi e senza pietà. :)

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    1. Ancora una volta dopo ieri, meglio così: almeno mi risparmio le tue lagne da radical. ;)

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  3. In realtà anche Donnie Brasco è un biopic, ma sì, come suo fratellino minore ci sta. :)

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  4. Altro film che ho apprezzato. Bryan Cranston mi convince sempre più!

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