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mercoledì 21 settembre 2016

Narcos - Stagione 2 (Netflix, USA, 2016)




Quando, da cinefili ed appassionati di serie televisive, si incontra un prodotto in grado di fare la differenza, esistono sempre molti modi di porsi rispetto allo stesso, di trasmetterne il valore una volta deciso di scriverne, o raccontarne: lo scorso anno, quando la prima stagione di questo clamoroso prodotto targato Netflix giunse a sconvolgere la blogosfera e non solo, puntai più sul raccontarne le qualità in un certo senso tecniche, dalla ricostruzione di un'epoca alle scelte perfette di cast, regia e produzione, fino alla resa di un crescendo di tensione notevole seppur legato ad una vicenda della quale praticamente tutti gli spettatori conoscevano già l'epilogo.
A questo secondo giro di giostra, però, le cose sono cambiate: nel corso di quello che è un lungo, intenso, travolgente racconto di una caduta quasi shakespeariana, ho visto mescolarsi la consapevolezza e la malinconia del Michael Mann di Heat - La sfida ad un ritratto umano di rara potenza, pronto a mostrare le contraddizioni di tutti i partecipanti ad un gioco al massacro che è tipico dell'Uomo fin dall'alba dei tempi, filtrato attraverso le passioni, il potere, l'amore, il desiderio e l'ambizione, il rapporto con i nostri amici o nemici, quello con noi stessi e con chi ci ha generato.
Il lento sprofondare di Pablo Escobar, più rassegnato che pronto ad accettare che gli eccidi, le violenze, le scelte ed i ricatti operati chiedano il loro tributo, mostra grazie agli autori al pubblico le sue diverse nature, da quella di uomo attaccato alla Famiglia all'assassino spietato, dal rapporto quasi morboso con la moglie ed i figli al confronto drammatico con il padre - stupendo il penultimo episodio, Nuestra finca, incentrato proprio sul genitore del criminale -, passando attraverso un velo di malinconia che si traduce in un declino non solo di posizione, ma anche fisico e sentimentale, legato alla figura del cugino nonchè primo, grande socio in affari, pronto quasi ad accompagnarlo come un fantasma incontro al suo destino.
Ma non deve e non vuole essere un'opera di umanizzazione di Pablo Escobar l'assassino, il trafficante, il criminale, Narcos: più che altro, pare una presa di coscienza di tutti i limiti propri dell'essere umano.
Perchè quest'epopea non ha segnato e caratterizzato solo il suo indiscusso e discutibile protagonista, ma anche e soprattutto chi l'ha amato ed odiato, combattuto, chi è morto per sua mano o per causa sua e chi l'ha ucciso, chi l'ha spalleggiato, tradito, affrontato, chi gli ha dato la caccia, chi l'ha considerato un idolo o la rappresentazione del Male su questa Terra.
Perchè Pablo Escobar, in misura ovviamente estrema e diversa, siamo tutti noi, con le debolezze, le contraddizioni, i giochi di potere piccoli o grandi e la ricerca di quella tranquillità che passa dal sogno di una fattoria ad una panchina in un parco, con fragole e panna, nella nostra città.
Non è la ricerca di un'empatia improbabile con quello che è stato un efferato omicida, quanto un incredibile tentativo di mostrare anche il peggiore degli uomini come un Uomo, nel bene e nel male, nell'essere l'espressione animale - in quale senso, positivo oppure no, dipende dai momenti e dalla prospettiva - che siamo: del resto, il confine che separa pose dei militari sorridenti che lo uccisero con il cadavere del re della cocaina ai loro piedi alle dichiarazioni della madre pronta a negare l'evidenza della natura spaventosa del figlio è davvero molto, molto labile.
Spesso e volentieri, uomini come Carrillo ed Escobar stanno solo dai due lati della barricata, ma in fondo, manifestano esattamente le stesse pulsioni, le stesse passioni.
E noi, che viviamo ad un volume più basso la vita, sappiamo bene che sarebbe difficile, con tutto quel potere tra le mani, non esplodere nel cercare di maneggiarlo.
Siamo umani, del resto: e non c'è dipendenza più pericolosa di questa.
Alla faccia di qualsiasi droga e qualsiasi narcotrafficante.




MrFord





 

17 commenti:

  1. d'accordissimo. Finita ieri...Un capolavoro, per fortuna rinnovata. Moura enorme...

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    1. Speriamo che senza Pablo e senza Moura il livello rimanga lo stesso. Serie totale.

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  2. All'altezza del primo capitolo, serie che dà dipendenza :P

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  3. Alla seconda stagione è mancata solo una cosa: l'effetto sorpresa della prima. Lo so che per un tradizionalista abitudianario come te Ford questo non è un difetto, però per me sì... :)

    Per il resto comunque è partita un po' in sordina, ma poi ha saputo crescere alla grande.

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    1. Partita in sordina!? Ma che serie hai visto!?
      Dall'evasione all'eccidio delle prostitute, fino alla lotta con Carrillo, già dalle prime puntate si trema!
      Ma certo, tu sei abituato al vitalissimo Mr.Robot! ;)

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  4. Come sai ai miei occhi è mancato qualcosa, forse proprio l'effetto sorpresa che dice il Cannibale, forse più sostanza... resta comunque una gran stagione, e una gran serie, che senza Pablo chissà se riuscirà ad andare avanti allo stesso livello.

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    1. Probabilmente questo è l'interrogativo di tutti i fan di questa straordinaria serie: basterà il cartello di Cali a colmare il vuoto lasciato da Escobar?

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  5. Pablito sarà una grandissima mancanza: speriamo sappiano portare avanti altrettanto bene la serie anche senza di lui.

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  6. Davvero? La continuano nonostante il finale :O ???

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  7. Sì, le stagioni tre e quattro saranno incentrate sull'ascesa e la caduta del Cartello di Cali. ;)

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  8. Mi sono tirata uno spoilerone galattico,visto che non avevo idea che alla fine lui morisse.
    Ben mi sta!
    Mi imparo a leggere le rece prima di aver visto le cose :(
    Sono a metà,cazzutissima anche questa stagione!

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    1. A parte il valore della proposta, ma sul serio non conoscevi la storia di Pablo Escobar!?!?

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    2. No.Ma ripeto,è colpa mia che ho letto i commenti!Grulla!

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    3. Ammazza, ma la storia di Escobar tra un pò la sapeva anche il Fordino! ;)

      Comunque la scritta "Pablo dies" campeggiava su tutti i manifesti pubblicitari di Netflix per la seconda stagione. :)

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