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domenica 3 aprile 2016

Infinite Jest

Autore: David Foster Wallace
Origine: USA
Anno: 1996
Editore: Einaudi






La trama (con parole mie): siamo dalle parti di Boston in un futuro prossimo in cui Stati Uniti, Canada e Messico sono riuniti sotto un'unica bandiera, e tra tennis, aneliti indipendentisti del Quebec ed un film che porta al piacere fisico estremo chi lo guarda e ci si perde, assistiamo alle vicende della famiglia Incandenza, pronta a rimbalzare tra una stranezza e l'altra, un futuro da star della racchetta ed un bong di colore imprecisato, quello che era e quello che potrebbe essere.
Ma cosa mostra questo "Infinite Jest" pronto a ribaltare le regole di qualsiasi cosa, ed a rapire inesorabilmente chi se ne ritrova preda?
Riusciranno i protagonisti di questa epopea a trovare una risposta? E sarà una risposta sensata, o un tentativo fuori da ogni schema di trovare un senso ad una vita sempre e comunque troppo complicata?










In tutta onestà, è la seconda volta che capita nel corso della mia vita di lettore.
Di norma, anche nei casi in cui mi trovo di fronte a qualcosa che azzecca poco con le mie corde, tiro dritto e mi faccio forza fino alla fine, sicuro del fatto che, in un modo o nell'altro, la fatica sarà ripagata.
Curioso che, come la prima volta, accada con un romanzo che è considerato un cult imprescindibile, uno di quei titoli che andrebbero letti almeno una volta nella vita, senza se e senza ma: ai tempi fu Il signore degli anelli la vittima sacrificale del sottoscritto, nonostante tre - e dico tre - tentativi differenti di superare la noia terribile della prosa troppo descrittiva di Tolkien facendomi forza grazie ai personaggi e ad una cornice che ho sempre apprezzato, senza successo.
A questo giro di giostra, è stata la volta di Infinite Jest, celebratissimo titolo che valse a David Foster Wallace l'appellativo di genio assoluto della narrativa americana, di recente tornato alla ribalta grazie all'ottima visione di The end of the tour, che, come scrissi nel post dedicatogli, riuscì non solo a solleticare la curiosità rispetto alla lettura di questa pietra miliare, ma anche il desiderio sopito del sottoscritto di rimettermi alla tastiera per scrivere qualcosa che non sia una recensione: le aspettative, dunque, in proposito, erano molto alte, la curiosità molta, il desiderio di confrontarmi, dopo Il Cartello, con un altro volume imponente, pressante.
Peccato che, a conti fatti, si sia rivelato tutto come un gigantesco buco nell'acqua.
Personalmente, non ho nulla contro Wallace, la sua indubbia proprietà di linguaggio e la straordinaria cultura pronte ad eruttare ad ogni pagina, alla fantasia grottesca o al coraggio di lavorare ad un'opera così complessa e scombinata, eppure anche solo arrivare a centocinquanta pagine scarse sulle mille totali si è rivelata un'impresa pressochè impossibile e fantascientifica, che ho dovuto abbandonare per non torturarmi continuamente con il pensiero dello spreco di tempo e lettura che sarebbe stato dedicare ad Infinite Jest almeno un altro paio di mesi - considerato il ritmo con il quale stavo procedendo - di viaggi avanti e indietro dal lavoro.
E ad ogni secondo di quest'impresa fallita, ho continuato a rimuginare sull'effetto provocato dalle sbronze di parole di Wallace a quello della stessa matrice firmato Bukowski, autore molto legato al grottesco che qui al Saloon ha un posto d'onore: se, infatti, da un lato l'inquietudine esistenziale del buon David ha assunto le sembianze di una sorta di mostro composto per un quarto da una donna in periodo mestruale, per un altro da un professore radical e sbomballato, dunque dal tuo compagno di liceo rimasto ai tempi delle (troppe) canne all'intervallo e dalla sensazione di perdersi talmente tanto in se stessi da essere impossibilitati a vivere il mondo all'esterno, dall'altro il mitico Hank è sempre stato in grado di farmi percepire una vitalità incontrollabile, una voglia di azzannare, mangiare, sputare, leccare le cose da farmi sentire la Natura animale dritta nel profondo del cuore.
Per limiti miei, dunque, del mio approccio e della formazione che mi ha condotto dall'adolescenza dei pipponi ad ora, non credo di essere in questo periodo della mia vita in grado di poter dedicare altro, al vecchio Wallace, se non le bottigliate delle grandi occasioni, ed un brindisi alla liberazione da quella che pareva, senza se e senza ma, una prigionia da lettura in grado di non farmi neppure lontanamente godere di quello che è uno dei miei grandi piaceri quotidiani.
Questo, con ogni probabilità, mi costerà l'ingresso nei circoli letterari più cool della blogosfera e non, nei caffè da reading alternativi e via discorrendo, ma volete sapere una cosa?
Non me ne importa un bel cazzo.
Preferisco recuperare una bella bottiglia, tornarmene a casa, scolarmela tutta dopo essermi ingozzato a tavola, sdraiarmi sul divano e meditare su quel tipo che cercava di farsi un pompino da solo e, non riuscendo nell'impresa, sentenziava: "Possono essere due centimetri o anni luce, ma il risultato è dannatamente lo stesso".
Quanto ha ragione.




MrFord





"I wanna tell you a story about an acrobat. it's a funny situation I'm going to explain. in a nutshell he had sat on a chair's hind two legs badaboom! Because of a Lego brick he's dead. So what? So strange? It was only a game. Does it seem strange?"
Jarvis - "Badabap the parrot" -







20 commenti:

  1. Viva la sincerità. Non l'ho letto proprio per paura di trovarlo esattamente come te e perché quelle pagine di troppo mi pietrificano. Complimenti, però, perché sei la prima persona che dice leggerà Infinite Jest e alla fine l'ha letto per davvero. Io lo dico, sì, ma resterà uno di quei propositi fatti un po' alla cazzo.

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    1. Ahahah beh, incasso i complimenti, anche se ci sarebbero stati più se l'avessi finito. ;)

      Ad ogni modo, credo che tu potresti farcela: sei giovane e sveglio. Provaci.

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    2. Be', almeno l'hai aperto, ahahah!
      Di solito lo si abbandona a sé stesso sul comodino e si dice che è un must, per posizione presa. ;)

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    3. Vero. Ma di solito se qualcosa mi incuriosisce, cerco di vivermela, che vada bene o, come in questo caso, male. ;)

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  2. Dissento nella maniera più totale. Adesso sarebbe troppo lungo spiegare le motivazioni del perché Infinite Jest è uno dei libri più importanti degli ultimi anni. Posso solo dire che dentro c'era già Il cartello e anche io e te che stiamo scrivendo su questo blog.
    Ma va bene così. Buona vita Ford e tanti auguri per la nuova arrivata.

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    1. Grazie, Eraser.
      Anche se, in tutta onestà, mi piacerebbe discuterne.
      Soprattutto perchè, dentro, per quello che ho letto, ho visto solo le ansie di un uomo straordinariamente colto e di talento, ma decisamente poco vicino al concetto di vita e di "dentro" che intendo io. ;)

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  3. DFW o lo si ama o lo si detesta, credo non ci siano mezze misure. Io ho letto IJ in meno di una settimana, poi sono corso in libreria a comprare tutto ciò che era stato tradotto di DFW...

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    1. Verissimo: credo sia uno di quegli autori senza mezze misure anche nelle reazioni di chi lo legge.

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  4. Beh, Infinite Jest non l'ho letto. Per paura. Anche grandi lettori me ne hanno parlato, chi ci ha provato ovviamente, come un parto difficile per il lettore almeno quanto si immagina lo sia stato per il suo autore. Ora non mi sento pronto nonostante in molti ne parlino come un'innovazione nel campo della scrittura da non potersi ignorare. Per quello che riguarda l'accostamento a Bukowski, che apprezzo molto per le letture che feci delle sue opere, penso sia azzardato proprio per scarto generazionale, indole della persona e di conseguenza anche come autore. Foster W. e Buk sono diversi, punto. Anche io conosco più il primo del secondo, non so se la tua conoscenza di DFW si limiti a questo Infinite Jest, io però ti consiglio di non bollare l'autore con quest'opera e di leggerti La scopa del sistema, un ottimo romanzo, divertente e assolutamente godibile e facile da seguire.

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    1. Sono sicuramente diversi, eppure ho trovato indicativo il loro approccio: entrambi sproloquiano sull'esistenza, uno con una base culturale clamorosa ed un talento pazzesco, l'altro con tutta l'energia di pancia dell'esperienza.
      Ed io sono tutto per lui.

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  5. Dopo la visione dell'ottimo The End of the Tour, le tue semi-bottigliate (ormai sempre più mosce) sono un'ulteriore ragione per recuperare questo libro!

    Anche se devo ammettere che le mille e passa pagine mi spaventano almeno quanto la possibilità che mi possa fare il tuo stesso effetto... :)

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    1. Nonostante desidererei ardentemente il contrario, sono dell'idea che ti farebbe il mio stesso effetto.
      Ma sei sempre in tempo a smentirmi! ;)

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  6. Oltre a mandarti un abbraccio per la bellissima Fordina, mi trasformo un attimo nella pessima groupie che sono quando si parla di DFW. È in assoluto lo scrittore che più mi ha toccato nel profondo, ma siccome sono una lettrice acerba, di pancia e non particolarmente acuta, se avessi iniziato con IJ avrei avuto una reazione simile alla tua. Quindi, se vuoi, quando avrai voglia, io ti consiglio Una cosa divertente che non farò mai più, perché è un concentrato dell'incredibile intelligenza di Wallace e fa davvero molto ridere.

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    1. Prima di tutto ringrazio, dunque ti dico: curioso che il fatto di essere "di pancia" sia stato la cosa che ha spinto il sottoscritto ad abbandonare Infinite Jest. Troppo di testa, in senso negativo, per uno schiavo della vita vissuta come me.
      Comunque non mi precludo nulla, e anche se non so dirti se e quando, mi segno il titolo che consigli. :)

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  7. Altro libro che ho sempre lasciato da parte per paura della complessità, dilungata per un numero di pagine apparentemente problematico.
    Prima o poi leggerò qualcosa di Wallace.
    Ma forse non inizierò con questo ^^'
    Quella cosa su "Il Signore degli Anelli" però non volevo leggerla...

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    1. Anche secondo me, forse, non conviene iniziare con questo.
      E dispiace anche a me per Il signore degli anelli.

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  8. Mi spiace non sia riuscito a convincerti, io ho iniziato ad amare DFW con La scopa del sistema, e ricordo con tanto affetto tutti quei sorrisi involontari di fronte all'ironia e ai mille rimandi alle note a piè pagina (qui fondo libro) con questo Infinite Jest.
    Da lì in poi non mi ha mai deluso, anche se sto per finire la sua bibliografia, e la voglia di riaffrontare e riamare questo mattone che mattone per me non è stato, c'è ancora.

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    1. Probabilmente il mio modo di percepire la vita è molto diverso da quello di Wallace, per questo "non ci siamo presi".
      Comunque un giorno, chissà, tenterò con altro.

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  9. E poi ci sono io che di questo libro ingnoravo persino l'esistenza...

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    1. Beh, è il bello di poter imparare sempre qualcosa, no!? :)

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