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venerdì 31 luglio 2015

ll lato oscuro dell'anima

Autore: Joe R. Lansdale
Origine: USA
Anno: 2007
Edizione: Fanucci




La trama (con parole mie): Monty e Becky sono una giovane coppia sconvolta da un evento che mina dalle fondamenta non solo il loro rapporto, ma il legame con il mondo. Becky, infatti, professoressa che fatica a volte a rapportarsi con la tranquillità del compagno, è aggredita e stuprata in casa da un gruppo di ragazzi guidati da un suo ex studente, Clyde, che ha raccolto attorno a se una vera e propria banda dedita alla violenza cieca.
Salva per miracolo, Becky inizia il lento percorso verso il ritorno alla normalità, e grazie ad una coppia di amici ha l'opportunità di passare un pò di tempo in un isolato chalet, a seguito della notizia che lo stesso Clyde si è tolto la vita in carcere.
Peccato che Brian, braccio destro di quest'ultimo, stia per tornare alla carica radunando di nuovo i suoi compagni per vendicarsi della donna che crede responsabile della morte dell'amico: inizia dunque un viaggio da incubo a bordo di una Chevy Impala nera come la notte che porterà morte, sangue e dolore.







Sono passati anni, ormai, dalla prima volta in cui il mio cammino di lettore incrociò quello di Joe Lansdale, destinato a divenire uno degli autori favoriti del Saloon: il ciclo di Hap e Leonard - in assoluto la mia prima scelta -, quello del Drive-In, perle come In fondo alla palude o La sottile linea scura sono diventati piccoli e grandi cult che spero, un giorno, di riproporre anche al Fordino, raccontandogli magari di quel pomeriggio in cui passai proprio accanto allo scrittore texano un'intera sezione di firmacopie e chiacchierammo a proposito delle eventuali trasposizioni televisive e cinematografiche dei suoi lavori - ai tempi produzioni interessanti come Cold in July non si erano ancora concretizzate -, ed il vecchio Joe si rivelò una persona squisita ed alla mano, pane e salame come piace da queste parti.
Uno dei pochi titoli che ancora mancavano all'appello in casa Ford era Il lato oscuro dell'anima, viaggio allucinante, violentissimo e tirato che pare mescolare le fascinazioni horror del primo King, la tensione di Duel o I guerrieri della notte ed il pulp tarantiniano: a conti fatti, e lettura alle spalle, penso si sia trattato, insieme a Il mambo degli orsi del ciclo dei già citati Hap e Leonard, il romanzo più oscuro e terribile del buon Joe, che lascia da parte la sua consueta ironia - fatta eccezione per un paio di passaggi legati alle figure dei due poliziotti Ted e Larry -, la malinconia da fine estate e l'affetto per le sue creature per lasciare spazio al lato oscuro che da il titolo italiano al romanzo, e che conduce i suoi protagonisti in un Inferno in terra scatenato da un gruppo di ragazzi legati indissolubilmente alla volontà di portare con loro il Male, di quelli che finiscono per riempire la bocca di cronisti e programmi scandalistici e di presunta attualità.
Il viaggio di Brian, Clyde - terrificante la progressiva "possessione" del primo, così come il sogno che lo vede incontrare di nuovo il vecchio compagno di scorribande - e della loro Chevy che pare uscita dall'Inferno - e oltre al già menzionato Duel, mi torna alla mente il primo e mitico The Hitcher - è rappresentato come un vero e proprio incubo non solo per la protagonista Becky, scampata per miracolo alla morte la notte dello stupro, ma anche per il lettore e tutti gli altri protagonisti della vicenda, risucchiati in un buco nero che rappresenta alla perfezione la totale equità del Male assoluto.
Come il Cigurh di Non è un paese per vecchi, infatti, Brian/Clyde ed i loro complici lasciano dietro di loro una scia di cadaveri indipendentemente da chi siano, cosa vogliano o cosa, al contrario, finiscono per volere loro: come demoni partoriti dagli abissi più terrificanti del più terrificante degli incubi, i ragazzi perduti sulla Chevy Impala del sessantasei che pare non avere un proprietario o una registrazione cambiano le vite di tutti coloro che hanno la sfortuna di incrociarne il cammino, fosse anche solo di striscio - il vecchio meccanico e la moglie vicino alla statale -.
Nessuno pare scampare, ed anche una possibile vittoria finisce per lasciare cicatrici e ferite destinate a restare nel cuore per sempre: del resto, il vecchio adagio legato all'abisso ed allo sguardo che potrebbe ricambiare una volta osservato da noi, illusi viaggiatori e sognatori a spasso per questa terra, è così vero da fare più paura dei suoi emissari, e a volte l'amore e la voglia e la determinazione paiono non bastare, per affrontare quest'oscurità.
A quel punto, quanto tutto pare perduto, resta solo un modo per cercare di buttare il cuore oltre l'ostacolo: tirare fuori le palle.
Così che non ci siano più bulletti pronti a metterci sotto, o folletti impazziti che non vedono l'ora di farci la pelle.
Ci saremo solo noi. Di fronte all'orrore.
E chi vivrà vedrà, e come in un macabro e grottesco finale di una fiaba nera di Halloween, griderà in faccia all'altro "dolcetto o scherzetto?".




MrFord




"Look at the lost souls
they seem so black
look at the lost souls
souls of black."
Testament - "Souls of black" -




giovedì 30 luglio 2015

Vikings - Stagione 1

Produzione: History
Origine: Irlanda, Canada
Anno:
2013
Episodi:
9






La trama (con parole mie): Ragnar Lothbrok, figlio del profondo Nord, guerriero, padre e marito, medita da tempo di andare oltre all'idea delle semplici razzie ordinate dal suo Conte, Haraldson, costruendo una nave che lo conduca ad Ovest, alla scoperta di nuove terre.
Disobbedendo agli ordini dello stesso Conte, Ragnar giungerà in Inghilterra, dando inizio ad un'avventura che accrescerà la sua fama tra le tribù vichinghe, lo porterà al conflitto con Haraldson e ad una nuova fase della sua vita, ricca di successi e riconoscimenti ma non per questo meno difficile da affrontare.
Cosa attenderà, dunque, questo guerriero ed esploratore apparentemente prescelto da Odino?
E come cambierà la sua famiglia, a seguito degli eventi che la vedranno coinvolta?
Gli uomini che da sempre sono al suo fianco rimarranno fedeli all'idea, ai sogni e alla persona di Lothbrok?
Solo il Tempo, il sangue e, forse, gli Dei e gli Uomini, conosceranno la risposta.








Nel corso degli anni, come per il grande, il piccolo schermo ha finito per presentare, di tanto in tanto, proposte così clamorosamente fordiane da finire per essere promosse quasi a scatola chiusa: una di queste è senza dubbio Vikings, giunta in clamoroso ritardo su questi schermi dopo un timido affacciarsi del pilota un paio di estati or sono, quando ancora eravamo scossi dall'onda lunga del finale - splendido - di Spartacus.
Rimasto ai box non si sa neppure per quale motivo - in fondo, l'impressione di quella visione fu buona, e ricordò al sottoscritto proprio le atmosfere della saga del gladiatore ribelle -, approfittando di un periodo di magra dal punto di vista delle serie tv "da tavola", Ragnar Lothbrok e i suoi compari hanno fatto il loro esordio in casa Ford conquistando al volo la mia approvazione grazie ad atmosfere splendide, violenza, sesso a profusione, un buon numero di intrighi ed un'ottima alternanza tra passaggi decisamente fisici ed action ed altri di grande potenza lirica - si veda la chiusura della quasi psichedelica puntata "Il sacrificio", forse l'episodio che è riuscito a colpirmi di più, cinematograficamente parlando -, supportati da un cast decisamente in parte capitanato dal Charlie Hunnam del profondo Nord Travis Fimmel, perfettamente in parte nel ruolo di un protagonista coraggioso e carismatico, perfettamente descritto dal termine "cocky" di kidrockiana memoria.
Nove episodi, dunque, ricchi di avvenimenti e distribuiti lungo un arco di tempo notevole rispetto a quanto di norma accade nel corso della normale season di una serie, a partire dalla volontà di Ragnar di esplorare l'Ovest contro il volere del suo conte - un riesumato Gabriel Byrne - fino al conflitto con il conte stesso, passando dunque ad una seconda fase dedicata ai viaggi ed alle razzie nell'allora Inghilterra - ben resi i confronti tra i cattolici anglosassoni ed i "barbari" vichinghi - per concludere con l'esplorazione del mondo degli uomini del Nord, a partire dalle usanze religiose - e di nuovo torna il già citato episodio "Il sacrificio" - fino alle gerarchie tra il re ed i conti delle numerose e spesso molto distanti tribù.
Volontà di lottare e di godere, rivalità in fieri - tra gli spunti più interessanti per la seconda stagione, il rapporto decisamente complesso tra Ragnar ed il fratello Rollo, ma sono sicuro che anche Lagertha, moglie di Ragnar, e la sua nuova fiamma Aslaug faranno scintille -, l'esplorazione di un mondo selvaggio e crudele, all'interno del quale soltanto i più forti, o i più fortunati finivano per sopravvivere a carestie, malattie, guerre ed un rapporto con la Natura certamente più diretto e difficile di quello che abbiamo ora.
Dal punto di vista storico è interessante notare la ricostruzione ed immaginare quanto dura potesse essere la vita anche quotidiana ai tempi, malgrado senza dubbio l'approccio più diretto e "pane e salame" dei vichinghi, che per quanto mi riguarda e nonostante alcuni riti decisamente fuori da ogni logica - i sacrifici umani in primis - risultano più comprensibili e decisamente alla mano degli spocchiosi e poco sopportabili inglesi cattolici: da questo punto di vista l'introduzione e lo sfruttamento del charachter di Athelstan, monaco rapito da Ragnar alla prima razzia in terra inglese divenuto non solo una guida del mondo occidentale per il vichingo, ma anche e soprattutto un occhio razionale e più sensibile posto innanzi alla dura fisicità anche culturale dei vichinghi.
Forse ho finito per essere fin troppo rosicato con il voto, ma ho pensato che una proposta di questo tipo, con così tanti personaggi in grado di evolvere ancora e sottotrame da risolvere, possa puntare ad un'escalation qualitativa così impressionante da richiamare davvero alla memoria le gesta qui al Saloon celebrate con grandi brindisi del trace che fece tremare l'Impero Romano.



MrFord




"When the winds of Valhalla run cold
be sure that the blood will start to flow
when the winds of Valhalla run cold
Valhalla."
Black Sabbath - "Valhalla" - 




mercoledì 29 luglio 2015

Wednesday's child

La trama (con parole mie): in diretta dalla spiaggia, e purtroppo sempre in compagnia - fortunatamente solo virtualmente, dato che lui al sole si scioglie come una medusa - di Cannibal Kid, ecco pronte le nuove uscite che ci attendono per il weekend cinematografico.
Vecchie conoscenze del Saloon e nuove scommesse, per una settimana non così male come ci si potrebbe aspettare dal pieno dell'estate.

"Guarda, Peppa: ti ho asportato il cervello. Così la smetterai di scrivere stronzate sul Cinema."
Left Behind - La profezia
(dal 29 luglio)

"Hey Nick, il tuo parrucchino è più grande delle mie tette!"

Cannibal dice: Questo me lo vedo. Nicolas Cage di filmacci ne gira tanti e per lo più cerco di evitarli, ma Left Behind si preannuncia come una porcata aporcalittica di proporzioni davvero notevoli. La mia profezia è che potrebbe rivelarsi una delle visioni più trash e involontariamente divertenti dell'anno, come la lettura di un post serioso di WhiteRussian. Dunque a suo modo imperdibile.
Ford dice: Cage, come si sa, è sempre un idolo al Saloon, specie quando si dedica a schifezze annunciate come questa. In attesa di Sharknado 3, direi che Left behind si presenta come uno dei must see del trash dell'estate.



Pixels
(dal 29 luglio)

"Hey Peppa, vieni a fare un giro con noi: ci serve la mascotte!"

Cannibal dice: Chris Columbus è un regista cui sono molto affezionato, almeno prima che facesse la saghetta di Harry Potter. Mamma, ho perso l'aereo, Nemiche amiche, Tutto quella notte e Mrs. Doubtfire sono pellicole per tutta la famiglia, senza però essere delle pessime bambinate. Questo nuovo Pixels sembra una commedia fantascientifica dal sapore molto 80s che potrebbe rivelarsi un nuovo piccolo cult del regista e, chissà, potrebbe persino mettere d'accordo me e quel faccia da pixel di Ford.
Ford dice: Columbus è un regista che ha fatto parte della mia infanzia ed adolescenza, l'atmosfera eighties pare essere sempre più presente rispetto alle influenze nel Cinema attuale, dunque una chance a questo Pixels ci sta tutta. In barba alle differenze di risultato, in fondo, gli anni ottanta hanno influenzato in egual misura perfino il sottoscritto e Peppa Kid.



Ex Machina
(dal 30 luglio)

Damerino Kid e Tamarro Ford ad un meeting per la rubrica sulle uscite.

Cannibal dice: Film già visto e con una recensione tenuta in caldo da diverse settimane...
Anche se mi sa che con questo caldo potrebbe ormai essersi pure sciolta.
Ford dice: consigliatissimo da amici e lettori, Ex machina è passato sugli schermi del Saloon già da un po', in attesa del momento giusto e dell'uscita in sala qui nella Terra dei cachi per parlarne.
Sarà delusione o cult?
E più che altro, riuscirà a far litigare come si conviene i due rivali più rivali della blogosfera?



Kristy
(dal 30 luglio)

"Ora sono pronta ad accoglierti, Cannibal."
Cannibal dice: Kristo, certo che la programmazione cinematografica italiana è fresca quanto il clima di questi giorni. Pure questo film è già passato da diversi mesi tra le mie visioni (http://www.pensiericannibali.com/2014/11/kristy-cristo-che-strizza-il-giorno-del.html), e persino tra quelle di quella lumaca di Ford. Fossi in chi stabilisce le uscite nelle nostra sale, comincerei a preoccuparmi per davvero.
Ford dice: curioso decidere di programmare un film ambientato il Giorno del Ringraziamento ed uscito da più di un anno per il pieno dell'estate, ma i distributori italiani non mi stupiscono più.
Detto questo, una visione questo Kristy la vale, dunque, se potete, recuperatelo - http://whiterussiancinema.blogspot.it/2014/10/kristy.html-.


martedì 28 luglio 2015

Candyman - Terrore dietro lo specchio

Regia: Bernard Rose
Origine: USA
Anno: 1992
Durata: 99'






La trama (con parole mie): Helen Lyle, laureanda sposata al professore ed esperto di leggende metropolitane Trevor Lyle, incappa nel racconto di uno degli spauracchi del ghetto di Chicago, Candyman, anima tormentata pronta a rivendicare il sangue che versò in nome di un amore finito male ai tempi della Guerra Civile dilaniando le vittime con un uncino messo al posto della mano destra una volta evocato citando il suo nome per cinque volte di fronte ad uno specchio.
Curiosa e dubbiosa ad un tempo, la giovane ricercatrice pronuncia l'incantesimo che dovrebbe far comparire Candyman, e quando lo stesso giunge per perseguitarla proprio a causa del suo scetticismo, per la ragazza iniziano i guai: presente sui luoghi degli omicidi compiuti dall'assassino e considerata pericolosa, Helen dovrà tentare di scagionarsi ed affrontare il temibile nemico ad un tempo.
Quale destino attenderà la ricercatrice?



 Questo post partecipa orgogliosamente alla rassegna 2015 di Notte Horror.






E come se fossimo tornati ai tempi d'oro delle notti su Italia Uno, non perdetevi nessuna di queste horrorifiche recensioni.







Per un vecchio fan del Cinema di paura come il sottoscritto, l'occasione di una seconda tornata dell'iniziativa di noi bloggers cinefili legata al ricordo di Notte Horror risultava assolutamente irresistibile, ennesima dimostrazione degli stimoli che, spesso e volentieri, il confronto con altri perenni innamorati della settima arte alimentano.
L'occasione mi ha permesso di recuperare uno dei cult sotterranei del genere degli anni novanta, Candyman, che non mi era mai capitato, sorprendentemente, di vedere: il risultato dell'incontro con la pellicola di Bernard Rose è stato senza dubbio un ibrido in grado di mescolare la parziale delusione per quello che è considerato da molti un cult che non mi è parso all'altezza delle aspettative e la soddisfazione, comunque, di aver assistito ad uno spettacolo senza dubbio insolito - soprattutto per l'horror moderno -, ricco di spunti e riflessioni e per nulla banale, legato a questioni sociali come fu per Il serpente e l'arcobaleno e La casa nera di Craven, forse i due capisaldi di questo tipo di incursioni del terrore nell'ambito reale.
La delusione nasce principalmente dal fatto che, indiscutibilmente, Candyman non faccia paura: neppure quando viene chiamata in causa la leggenda dello specchio e del nome ripetuto cinque volte, o il fatto che lo stesso spirito vendicativo compaia soltanto a tre quarti della pellicola.
Senza contare un ritmo che pare più quello di una pellicola d'introspezione ed indagine interiore ed una cornice davvero molto, troppo legata al decennio cui appartiene, in grado di perdere nettamente il confronto con predecessori illustri come Nightmare o Hellraiser - per citare Clive Barker, produttore della pellicola e senza dubbio eminenza grigia della realizzazione della stessa -.
D'altro canto, però, il fascino di un "mostro" che agisce di fatto per vendetta di un sopruso mai dimenticato - e che ricorda cose più profonde ed importanti come 12 anni schiavo - ed una dimensione sociale assunta dalla pellicola rendono Candyman uno dei pochi esempi di horror "reale", in grado di investigare a proposito delle ansie e delle tensioni che, seppur in misura e modalità differenti, continuano a colpire la società a stelle e strisce ancora oggi.
L'indagine sul ghetto dal degrado enorme con la Sears Tower sullo sfondo di Helen rappresenta uno spaccato in grado di colpire anche a distanza di più di vent'anni il pubblico, forte delle esplorazioni nelle case popolari alla ricerca di quello che potrebbe essere ben più di uno spauracchio da leggenda metropolitana, e finisce per essere l'aspetto che più colpisce di una pellicola datata ma ugualmente efficace, forse non clamorosa come i suoi fan hardcore vorrebbero, ma meritevole di una visione non fosse altro che per un interesse sociale.
Del resto, il carattere urbano della pellicola ed un finale per nulla consolatorio rendono Candyman interessante quasi più a livello sociologico che non in quanto film horror - di fatto, la sceneggiatura non è propriamente il suo punto forte, sia in termine di scrittura che di spaventi, e non è molto diverso il discorso per quanto riguarda la regia -, e forse proprio per questo in grado di guadagnarsi una possibilità anche rispetto alla fetta di pubblico che con questo tipo di pellicole, di norma, non ha alcun legame.
Se non volete, dunque, rischiare di pronunciare cinque volte il suo nome di fronte ad uno specchio, quantomeno potrete considerare di indagare a proposito delle spaccature sociali che ancora affliggono una società moderna come la nostra.




MrFord




"I met him out for dinner on a Friday night
he really had me working up an appetite
he had tattoos up and down his arm
there's nothing more dangerous than a boy with charm
he's a one stop shop, makes the panties drop
he's a sweet-talkin', sugar coated candyman
a sweet-talkin', sugar coated candyman."
Christina Aguilera - "Candyman" - 




lunedì 27 luglio 2015

Il ragazzo della porta accanto

Regia: Rob Cohen
Origine: USA
Anno: 2015
Durata: 91'




La trama (con parole mie): Claire Peterson è una professoressa di liceo madre di un adolescente timido ed insicuro ancora scottata dalla separazione dal marito a causa dei ripetuti tradimenti di quest'ultimo.
Quando, nella casa accanto alla loro, viene ospitato dallo zio il giovane Noah, attraente ed apparentemente capace di dare sicurezza sia a Claire che a suo figlio, gli equilibri si rompono: a seguito di una notte di sesso, infatti, Claire finisce per pentirsi di aver ceduto alle lusinghe del ragazzo e tornare sui suoi passi, mentre Noah pare convinto che la storia con la donna abbia un futuro.
Le attenzioni di quest'ultimo, dunque, crescono fino a rasentare la psicopatia, e quando la sensazione è che il vicino possa diventare pericoloso, per i Peterson sarà troppo tardi, e l'inizio di un vero e proprio incubo: riuscirà Claire a proteggere figlio e marito dalla furia del rifiutato Noah?









E' curioso quanto facilmente un chissà quale masochismo estivo da calura e sambuca pre-pennica pomeridiana durante il giorno libero dal lavoro sia riuscito a convincermi a recuperare Il ragazzo della porta accanto, pellicola buona per il sabato sera - e forse anche pomeriggio - di Italia Uno pescata dall'oceano della rete diverse settimane or sono e rimasta in bilico tra l'hard disk ed il cestino fino alla conferma di un'uscita in sala anche qui in Italia, dunque tenuta buona per dovere di cronaca da buon blogger cinematografico - e non cinefilo, in questo caso, ovviamente -, ma tant'è: mi sono dovuto sciroppare un thrillerino esile e decisamente ridicolo con una Jennifer Lopez in piena crisi di mezza età pronta a lasciarsi andare ad uno pseudo pruriginoso lavoro che è riuscito a riportarmi alla mente l'abominevole Two mothers, poco plausibile e quasi sicuro partecipante alla sempre più ricca di titoli lotteria del Ford Award dedicato al peggio di questo duemilaquindici.
Come in ogni horror di bassa lega pronto a prestare il fianco a risate e critiche fin dalle prime sequenze in barba ad una qualsiasi logica, Il ragazzo della porta accanto inanella una sequenza impressionante di momenti WTF - ovviamente in negativo - tanto scombinati e trash da fare quasi simpatia, dall'entrata in scena di Noah che con un braccio tiene bloccata la porta del box di casa Peterson ai buchi enormi nello script - com'è possibile che il vecchio zio, adulto che dovrebbe fare da guida a Noah, sconvolto dalla morte dei genitori e segnato da problemi disciplinari nella vecchia scuola, sparisca per essere ricoverato giusto dalla scena successiva a quella in cui presenta il ragazzo, o che il nuovo istituto non sia a conoscenza dei trascorsi di atteggiamenti violenti dello stesso nuovo iscritto? -, per non parlare del fatto che la buona madre di famiglia Jenniferona from the block, ormonata a mille alla vista dei muscoli del ventenne re del bricolage e pronta a dargliela alla prima sbronza andata chissà perchè a smaltire a casa del ragazzo finisce per fare il passo indietro da figa di legno da subito, innescando il turbinio di psicosi in Noah, che lungi dall'essere giustificato - il fatto di essere scaricati, per quanto fisicati e prestanti e cool si possa essere, è un fatto umano che andrebbe messo in conto ed accettato come e forse più di un successo, e non progettare la morte di chi ha rifilato il due di picche - finisce per tramutare una delusione "d'amore" in una sorta di battaglia, per l'appunto, da horror - sempre scadente -.
Il vero peccato, in tutto questo, è vedere dietro la macchina da presa il mestierante Rob Cohen, da queste parti amato principalmente per il suo lavoro con Dragon - La storia di Bruce Lee e Daylight - Trappola nel tunnel, Dragonheart e, relativamente più di recente, il primo Fast and furious: posso capire il bisogno di lavorare e di avere il portafoglio gonfio, ma abbassarsi a dirigere schifezze di questo calibro mi pare troppo anche per chi, di fatto, è solo un artigiano come tanti nell'immensa industria del Cinema.
A conti fatti, comunque, direi che questo duemilaquindici giungerà alle classifiche di fine anno con un hype più alto legato al titolo che riuscirà a spuntarla nella lista dedicata al peggio che non rispetto alle pellicole migliori uscite nel corso della stagione: una cosa che, qui al Saloon, non si era mai verificata, e che apre scenari quasi spaventosi per i cinque mesi che ci separano da quel momento.



MrFord



"How can I ignore the boy next door
I love him more than I can say
doesn't try to please me
doesn't even tease me
and he never sees me glance his way."

Judy Garland - "The boy next door" - 






domenica 26 luglio 2015

Dragon - La storia di Bruce Lee

Regia: Rob Cohen
Origine: USA
Anno: 1993
Durata:
120'





La trama (con parole mie): il giovane Bruce Lee, nato in Cina ma destinato ad una carriera e successi nel mondo delle arti marziali e del Cinema che uniranno idealmente Oriente ed Occidente, perseguitato da un demone e spedito in giovane età dal padre negli States seguito nella sua ascesa dai primi lavori come lavapiatti ad attore conosciuto in tutto il mondo.
Nel mezzo, la storia d'amore con la moglie Linda, la nascita del figlio Brandon, le sfide affrontate una dopo l'altra per dimostrare che i pregiudizi razziali, quelli rispetto alle sue velleità artistiche e le teorie profondamente all'avanguardia nella pratica della disciplina di combattimento, libri, partecipazioni a show televisivi ancora oggi noti ed una fama che ha finito per alimentare la Leggenda costruita sulle spalle di un uomo.
Realtà o fantasia, diceria o cronaca, Bruce Lee visto attraverso gli occhi di chi lo ha amato di più.









I primi ricordi che ho di Bruce Lee sono legati a mio nonno almeno quanto quelli del West.
Era il pieno degli anni ottanta, e per l'Italia ancora più lontana di oggi dall'idea cosmopolita che già si viveva, pur se con difficoltà, negli States, era curioso osservare un attore divenuto superstar internazionale figlio della cultura orientale, data ai tempi molto per scontata e legata a realtà decisamente comiche e quasi dispregiative - come se chiunque fosse nato ad Est dell'Europa fosse destinato a vita a lavorare come cameriere -, tanto quanto era agli inizi la divulgazione, soprattutto nella generazione di cui faccio parte, delle arti marziali, delle quali il mitico Bruce è stato icona e grandissimo interprete.
Quando, nei primi anni novanta, Hollywood si affidò al mestierante Rob Cohen - che da queste parti è noto per Daylight, tanto per rimanere in tema amarcord - ed al libro scritto dalla vedova del Maestro Linda Lee per raccontare - romanzandola non poco - la sua storia, dalle umili origini al successo, fino alla morte - discussa per anni, ed avvenuta in giovanissima età come quella del figlio Brandon, divenuto celebre con Il corvo -, ricordo che fui più che felice di potermi godere sul grande - e piccolo - schermo quello che era stato uno dei miei miti d'infanzia, e che prima o poi si guadagnerà una giusta retrospettiva qui al Saloon.
Oggi, a oltre vent'anni dalle prime visioni di questo lavoro e da quella registrazione su Italia Uno che io e mio fratello consumammo con decine e decine di passaggi sui nostri schermi, continuo a guardare con grande affetto a Dragon - La storia di Bruce Lee, che unisce elementi di cronaca del percorso che fece uno dei volti simbolo delle Arti Marziali sul grande e piccolo schermo e non solo - i successi al Cinema, la serie di Green Hornet, le circostanze misteriose della morte - ad altri sfruttati per alimentare la Leggenda di un vero e proprio personaggio di culto per milioni di appassionati in tutto il mondo - la lotta con il demone, le circostanze legate all'infortunio alla schiena, il rapporto con il Destino stesso - un pò come un altro grande classico del periodo che in casa Ford finisce per avere lo stesso credito, La bamba.
Senza dubbio il film è un prodotto decisamente standard, che obbedisce ai voleri delle grandi produzioni e punta più sull'emozione e la sensazione del momento che non a raccontare le gesta di uno dei più grandi innovatori non solo del Cinema di botte, ma dell'approccio allo spettacolo degli anni settanta, eppure, grazie anche ad un cast decisamente in parte - soprattutto per quanto riguarda Jason Scott Lee, che a dispetto del cognome non ha alcuna parentela con Bruce, ma che lo rispecchiò alla grande nelle movenze e nella fisicità - riesce ancora, ad ogni passaggio in televisione, a catturare la mia attenzione come se avessi ancora quattordici o quindici anni e fossi in dubbio se concentrarmi sul destino "romantico" di Bruce che affronta i suoi demoni, con la determinazione dell'uomo che lotta sempre e comunque perchè conscio di meritare il successo o più ormonalmente guidato verso le conquiste che lo sfacciato Lee indubbiamente fece - non ultima sua moglie - nel corso della vita.
Probabilmente, se lo vedeste ora per la prima volta - e la cosa più nota di Bruce Lee che potreste sfoderare è il suo primogenito, sfortunato protagonista del già citato The Crow - mi prendereste per pazzo, che si parli del voto o di questo post decisamente affettuoso, eppure il potere che di norma hanno i guilty pleasures della gioventù in questo caso cede anche il passo all'omaggio che Cohen ed i suoi riuscirono a costruire alla memoria di un vero e proprio mito, seppure fin troppo oltre la realtà dei fatti rispettoso dello spirito audace ed innovatore di quella che, indiscutibilmente, è stata una vera Leggenda.
Da una parte e dall'altra dello schermo.




MrFord




"I wanna hide the truth
I wanna shelter you
but with the beast inside
there’s nowhere we can hide."
Imagine Dragons - "Demons" - 




sabato 25 luglio 2015

The Vampire Diaries

Produzione: CW
Origine: USA
Anno: 2009 - in corso 
Stagioni: 6 (in corso)





La trama (con parole mie): nuovo episodio della non ufficiale rubrica di Julez qui al Saloon, dedicato ancora una volta ad un guilty pleasure da piccolo schermo della parte in rosa del Saloon, The Vampire Diaries. 
Le vicende dei fratelli Salvatore, in bilico tra bene, male e dolori della crescita da adolescenza piena, hanno rappresentato, di fatto, la consacrazione dell'ex Boone di Lost Ian Somerhalder, imponendosi come alternativa a Twilight negli anni dell'onda lunga del rinnovato successo dei succhiasangue, riuscendo a mantenersi, pur partendo dal basso, ad un livello più costante rispetto al più blasonato - sulla carta - True Blood.
Come sarà andata, dunque, per i due fratelli della notte, all'esame della signora Ford?






Lo so, non ci sono scusanti. 
Vedo un sacco di cagate, ma che vi devo dire? 
Ho il trauma che quando tutti vedevano Beverly Hills e Melrose Place i miei mi vietavano la tv spazzatura ed io rimanevo fuori dagli argomenti di conversazione scolastici più gettonati.
Ora, che sono padrona di me stessa e di casa Ford – almeno quando MrFord non c’è – faccio indigestione di programmi per adolescenti con protagonisti adulti che fingono ragazzini. 
E soddisfo così il mio bisogno di strùggio e quella parte di me che i 16 anni e gli stravolgimenti ormonali del periodo non li ha ancora superati. Rimandata a vita in rincoglionimento adolescenziale.
Detto questo e tornando al nostro diario del vampiro, la serie tv con protagonisti i fratelli Salvatore e la bella Elena Gilbert è entrata nella mia vita ormai sei anni fa poco dopo la lettura (terrrrribile) del primo libro da cui è tratta. 
Ai tempi pensai, come fu per True Blood, che il team di sceneggiatori era stato grande a prendere un materiale decisamente scadente trasformandolo in qualcosa di godibile e non eccessivo pur trattandosi di un fantasy/horror.
Le prime stagioni ed il triangolo amoroso Delena/Stelena sono appassionanti, per chi non ha un cervello da ingegnere ed un cuore da matusa (oppure semplicemente ha trovato la pace dei sensi). 
I coprotagonisti sono ben delineati e sostengono il fulcro della storia senza rubare la scena: dalla maniaca del controllo Caroline, alla strega Bennet, al bravo ragazzo Matt, all’irruente licantropo Tyler, al ribelle fratellino Gilbert fino al serio professor Alaric, figura paterna per l’orfana Elena.
Con l’avvento degli originali e degli ibridi capeggiati da Niklaus (*sbav*), le storie contorte e bruciate in quattro e quattr’otto dei doppelgänger, e tutti gli ambaradan relativi ai lupi si scivola un po’ nel trash ma, forse perché già da principio mai sostenuto da un comparto tecnico d’eccellenza e dall’ambizione di essere una serie tv figa e innovativa, non si ha la sensazione di qualcosa che è cominciato bene ed è finito in vacca, se non forse per la parte relativa a quella sorta di aldilà che non ho neanche ben capito come è andata a finire.
Non si grida al miracolo, non si detesta, intrattiene il giusto nei momenti vuoti che non si ha voglia di riempire con noiose palle d’autore (o di piangere per film bellissimi, che da dopo la gravidanza piango persino per le pubblicità, io).
Quindi continuerò ad aspettare l’autunno per rincontrare i miei cari amici vampiri, giunti alla settima stagione e rivedere (sfortunatamente non più dal vivo, come in quel di Barcellona) lo sguardo trasparente ed intenso di Damon Salvatore, con il nostro appuntamento porno soft del sabato mattina.
Il mio personale triangolo. 
Io, Damon e il ferro da stiro.



Julez



"Just for a second a glimpse of my father I see
and in a movement he beckons to me
and in a moment the memories are all that remain
and all the wounds are reopening again."
Iron Maiden - "Blood brothers" - 




venerdì 24 luglio 2015

Indiana Jones e l'ultima crociata

Regia: Steven Spielberg
Origine: USA
Anno: 1989
Durata: 127'





La trama (con parole mie): mentre in Europa il dominio nazista prepara il terreno per quella che sarà la Seconda Guerra Mondiale, Indiana Jones riceve l'incarico di recuperare uno degli artefatti più leggendari della Storia, il Santo Graal, in quanto secondo esperto mondiale in materia.
Il primo, infatti, assoldato poco tempo prima di lui, pare sia misteriosamente scomparso proprio nel corso della stessa ricerca: come se le cose non fossero già abbastanza complicate, l'identità del predecessore del vecchio Indy è ben nota all'archeologo ed avventuriero.
Si tratta, infatti, di suo padre Henry, con il quale il dottor Jones ha un rapporto conflittuale fin dai tempi della giovinezza: ritrovato il genitore a Venezia e scoperto un indizio fondamentale per la ricerca, Indiana dovrà affrontare la minaccia nazista decisamente da vicino, e si troverà costretto a coesistere con Jones senior a partire dalle pagine dei libri fino alle rocambolesche fughe.
Riusciranno i due a sopravvivere l'uno all'altro in modo da completare la ricerca? 








Nel corso dell'infanzia, ai tempi in cui insieme a mio fratello consumavamo vhs una dietro l'altra, ricordo bene quello che identificai come uno dei miei primi "nonni" cinematografici, che avevo visto di sfuggita nella sua veste di James Bond ma, di fatto, avevo imparato ad amare con Gli intoccabili e Highlander: Sean Connery.
E ricordo anche la gioia di scoprire che avrebbe affiancato Harrison Ford nel terzo ed attesissimo - ai tempi - capitolo delle avventure di Indiana Jones, pronto ad aprire una parentesi sul passato dell'archeologo ed avventuriero e mostrare il complicato rapporto dello stesso con il padre, studioso sagace e pronto di spirito almeno quanto lui.
Dalla strepitosa sequenza d'apertura con un River Phoenix in grandissimo spolvero ai battibecchi tra i due protagonisti scopertisi addirittura rivali per la stessa donna - spassoso il momento "dell'addio" nel castello da parte della seducente nazista Elsa -, Indiana Jones e l'ultima crociata rappresentò - e rappresenta - uno dei migliori ritratti padre/figlio del Cinema d'intrattenimento, in grado di regalare parentesi cult che ho adorato dalla prima visione - l'emissario di Hitler lanciato dal dirigibile, con quel "Senza biglietto!" che ogni volta mi fa ridere come la prima - ed un ritmo elevatissimo, che conduce lo spettatore accanto ai due Jones a scoprire un'altra reliquia leggendaria dopo l'Arca dell'alleanza del primo film, il Santo Graal.
Il calice dal quale bevve Cristo nel corso dell'Ultima cena, che pare possa garantire l'immortalità a chiunque ne beva è lo spunto perfetto per unire leggenda, azione, confronto e lotta con gli emissari di Hitler - niente male anche il faccia a faccia con il dittatore pronto a regalare il suo autografo al Jones junior - che già si erano fatti sentire nel corso de I predatori dell'Arca perduta: dunque, passando da locations note - Venezia - al cuore dell'Europa per giungere nel pieno del deserto mediorientale, non mancano inseguimenti, lotte all'ultimo respiro, intrighi, battute ed una serie di prove per raggiungere il Graal che ricordano i grandi videogames d'avventura dei tempi - tra l'altro, la Lucas Arts in quel periodo sviluppò una serie di titoli legati proprio a Indiana Jones che fecero da traino ai successivi Il giorno del tentacolo, Sam e Max, The Dig, vere e proprie leggende del gaming -.
Un cocktail vincente che ha reso questo film uno tra i più godibili del decennio, ed un esempio per il Cinema di genere che ai giorni nostri raramente riesce ad essere così efficace, divertente e mai sguaiato: il legame, poi, tra i due Jones è uno di quelli cui guardo con maggiore interesse anche rispetto a quando queste tappe obbligate da spettatore toccheranno al Fordino, che potrà godere non solo di titoli che nel corso degli anni non hanno perso un grammo del loro fascino e che hanno cresciuto il suo vecchio, ma anche di charachters che i film d'avventura attuali difficilmente riescono a regalare al proprio pubblico se non attraverso remake o reboot spesso e volentieri di dubbio gusto.
In un periodo in cui paiono essere tornati di moda gli anni ottanta, recuperi come questo sono una vera e propria manna dal cielo: e poco importa cosa si cercherà, con chi si dovrà lottare, quale leggendario artefatto andrà recuperato.
L'importante sarà gettarsi a capofitto nel cuore dell'avventura accanto al Dottor Jones.
Anzi, ai Dottor Jones.



MrFord



"I was once like you are now, and I know that it's not easy,
to be calm when you've found something going on.
But take your time, think a lot,
why, think of everything you've got.
For you will still be here tomorrow, but your dreams may not."
Cat Stevens -  "Father and son" - 




giovedì 23 luglio 2015

Indiana Jones e il tempio maledetto

Regia: Steven Spielberg
Origine: USA
Anno: 1984
Durata: 118'





La trama (con parole mie): siamo nel 1935, e Indiana Jones, celebre archeologo, insegnante ed avventuriero, dopo una rocambolesca fuga dalla Cina, finisce in India, in un piccolo villaggio dal quale sono state trafugate pietre sacre per la popolazione.
Alla ricerca delle pietre stesse, Indy, il piccolo Shorty e la cantante Willie si troveranno a scoprire i segreti dietro il palazzo del maraja locale, dominato da una setta dedita al culto della dea Kali e legato ad un complesso sistema di tunnel, miniere ed un vero e proprio tempio all'interno del quale si compiono sacrifici umani.
Riuscirà il dottor Jones a mettere le mani sulle pietre per riportarle ai legittimi proprietari, avere la meglio sul leader della setta, sedurre Willie e portare a casa la pelle?








Senza dubbio, uno dei personaggi fondamentali per la mia formazione di cinefilo e di bambino di fronte alla meraviglia offerta dalla settima arte, che ha finito per accompagnare innumerevoli visioni in compagnia di mio fratello nel corso di tutti gli anni ottanta e nella prima parte dei novanta è stato Indiana Jones: l'alter ego di maggior successo di Harrison Ford, avventuriero spaccone e ciarliero, donnaiolo e decisamente umano, fisicamente, rispetto agli altri action heroes targati eighties, negli anni non ha perso ai miei occhi lo smalto di allora, eppure non ha avuto grande fortuna o spazio qui al Saloon, limitando le sue apparizioni ad un recupero de I predatori dell'Arca perduta quando ancora White Russian muoveva i suoi primi passi.
Dunque, spinto dalla leggerezza dell'estate, ho deciso di ripescare i due capitoli che seguirono proprio quella prima, fantastica avventura, e che, paradossalmente, nel corso della mia vita ho finito per vedere e rivedere un numero di volte decisamente superiore all'esordio sul grande schermo del Dottor Jones, che ad oggi risulta ancora essere l'episodio qualitativamente migliore della saga: in particolare, Indiana Jones e il tempio maledetto, con i suoi improbabili voli da aerei lasciati senza piloti, gli insetti delle catacombe, il rituale della setta dedita a Kali con tanto di cuore estirpato a mani nude, è stato - ed è - un guilty pleasure tra i più amati dal sottoscritto, perfettamente in grado di funzionare ancora oggi e di parlare ad un pubblico di tutte le età divertendo clamorosamente e senza ritegno.
Nonostante, infatti, sia a livello critico forse il capitolo meno interessante tra i quattro realizzati fino ad ora, tutto funziona a meraviglia, dall'incipit cinese all'ambientazione indiana dal sapore di film di genere anni cinquanta, passando per un villain d'eccezione - lo stregone a capo della setta - e comprimari perfetti per spalleggiare il sempre pungente Jones - dal giovane Shorty, il Data dei Goonies, alla cantante Willie, che regala un'ottima dose di schermaglie amorose con il nostro archeologo preferito nella grande tradizione di questo franchise -: se, a tutto questo, si aggiungono poi sequenze action perfette per ritmo e tensione - l'inseguimento nella miniera sui vagoni è uno dei passaggi più belli che ricordi della mia infanzia di spettatore -, le consuete battute di Indy ed il mestiere di Spielberg e soci, il cocktail servito è quanto di meglio si potrebbe chiedere al Cinema d'intrattenimento, lo stesso in grado di far sognare i bambini e far tornare bambini gli adulti, oltre a delineare situazioni e charachters che, in un modo o nell'altro, hanno finito per entrare nella Storia della settima arte così come nella memoria di generazioni di spettatori.
Personalmente, non vedo già l'ora che il Fordino sia abbastanza grande per potergli proporre cult dei tempi del suo vecchio come questo, sperando di trasmettergli la stessa passione per il Cinema e l'avventura che nutro e rinnovo ad ogni giorno e visione: e quando la quotidianità o film troppo scarsi non me lo permettono, posso sempre evocare ricordi dell'epopea indiana di Indiana o, ancora meglio, pescare dalla libreria il dvd e gettarmi a capofitto in qualche inseguimento mozzafiato come se fossi io a portare il cappello e la frusta.




MrFord




"In the temple of love you hide together
believing pain and fear outside
but someone near you rides the weather
and the tears he cried will rain on walls
as wide as lovers eyes
in the temple of love, shine like thunder
in the temple of love, cry like rain
in the temple of love, hear my calling
in the temple of love, hear my name."
The Sisters of mercy - "Temple of love" - 






mercoledì 22 luglio 2015

Wednesday's child

La trama (con parole mie): prosegue il periodo estivo, con uscite piazzate in ritardo o a caso dai distributori italiani, e con i consueti botta e risposta del sottoscritto e del sempre fastidioso Cannibal Kid, che neppure con il caldo torrido pare limitare la sua follia in termini di giudizi cinematografici.
Riusciremo, in questo weekend lungo iniziato di mercoledì - come sarà per la maggior parte delle prossime settimane - a trovare almeno un titolo degno d'attenzione?


"Pensieri Cannibali chiude! Festeggiamo per almeno un mese!"

Il ragazzo della porta accanto
(dal 23 luglio)

"Sei ancora più tamarro di Ford, con quella canotta!"

Cannibal dice: Thrillerino estivo con protagonista Jennifer Lopez, che io in genere odio. Sarà massacrato da Pensieri Cannibali come un qualunque action sponsorizzato da Ford?
Nei prossimi giorni la risposta.
Ford dice: thriller estivo degno di un bel pomeriggio afoso da Italia Uno che a breve passerà dalle parti del Saloon.
Presumibilmente, sarà un massacro.
Fate pure le vostre scommesse.




Il fidanzato di mia sorella

(dal 22 luglio)

"Guidi anche peggio di Ford, lasciatelo dire."

Cannibal dice: Pierce Brosnan non lo sopporto, un po' come James Ford. In questo film però c'è anche Jessica Alba, che invece la sopporto eccome. Per una visione estiva questa romcom a metà strada tra americanata e britannicità alla fine ci potrebbe quindi anche stare.
Ford dice: Brosnan non l'ho mai sopportato, e Jessica Alba, per quanto decisamente fornita di argomenti interessanti, neppure.
Salto dunque senza pietà neanche si trattasse di un film consigliato da Cannibal.



Cobain: Montage of Heck

(dal 22 luglio)

"Ford, sei stato proprio uno stronzo, a trattarmi così male: ora sono ancora più depresso."

Cannibal dice: Splendido documentario su Kurt Cobain già recensito (http://www.pensiericannibali.com/2015/06/cobain-montage-of-heck-il-dokurtmentario.html) e che finalmente dovrebbe - il condizionale è sempre d'obbligo - arrivare nei cinema italiani. Non perdetevelo!
Ford dice: documentario più che discreto dedicato alle gesta di una delle icone del rock più importanti e rivoluzionarie di sempre, che finalmente dovrebbe arrivare in sala. Personalmente, a prescindere dal giudizio tecnico, non ha fatto altro che accrescere la mia acredine rispetto a Cobain -http://whiterussiancinema.blogspot.it/2015/06/kurt-cobain-montage-of-heck.html -, ma una visione ci sta, eccome.




Il luogo delle ombre

(dal 23 luglio)

"Se quel bruto di Ford cerca di entrare per menare Peppa Kid, gliela faccio vedere io!"

Cannibal dice: Anton Yelchin ormai è dappertutto. Lo vedo ovunque e in qualunque genere di film. Questo tra l'altro è uno dei peggiori della sua carriera. Una porcatina fantasy che quindi a Ford probabilmente piacerà e che io invece avevo già stroncato qui: http://www.pensiericannibali.com/2014/03/odd-thomas-il-poco-strano-film-sullo.html.
Ford dice: film pseudo fantasy che non mi dice nulla e che non ho alcuna intenzione di recuperare, nemmeno preso dal peggior raptus di bisogno di neuroni spenti dell'estate. Lascio volentieri questo tipo di cose al mio "simpatico" antagonista.




Fuochi d'artificio in pieno giorno

(dal 23 luglio)

"Se provi un'altra volta a dire che Cannibale capisce di Cinema, ti butto di sotto!"

Cannibal dice: Poliziesco cinese che sa di gran fordianata, ma che propone un mistero notevole. Il titolo originale “Bai Ri Yan Huo” tradotto significherà per davvero “Fuochi d'artificio in pieno giorno”, oppure i titolisti italiani a questo giro hanno preso delle droghe ancora più pesanti del solito?
Ford dice: nessuno mai verrà a capo del mistero della traduzione del titolo - il destino dei film cinesi sarà lo stesso di quelli anglofoni, rispetto agli adattamenti? -, ma tra le uscite del periodo vacanziero, sarà per collocazione geografica, sarà per il genere, è una di quelle che mi ispirano maggiormente.
Speriamo bene.