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domenica 21 giugno 2015

A touch of sin - Il tocco del peccato

Regia: Jia Zhangke
Origine: Cina, Giappone, Francia
Anno: 2013
Durata: 133'




La trama (con parole mie): un operaio in perenne lotta contro il Potere rappresentato dai padroni e la loro corruzione, solo e provato dai soprusi, decide di porre fine con la violenza all'ingiustizia che ha dominato la sua vita; un giovane padre con una passione quasi incontrollabile per le armi da fuoco viaggia tra la Cina e la Birmania lasciando dietro di sè una scia di sangue all'insaputa della famiglia; una giovane receptionist di un centro massaggi, segnata dalla fine della storia con un uomo sposato e molestata da un cliente, reagisce nel modo più estremo possibile, ed è costretta a fuggire; un giovane si barcamena tra un lavoro e l'altro cercando di mantenere una vita dignitosa ed inviare soldi alla madre, ma le difficoltà quotidiane ed emotive rendono l'impresa di difficile realizzazione.
Quattro storie per quattro spaccati di violenza nella Cina di provincia attuale.








Questo post partecipa alle celebrazioni del China Day: inside the tradition, through the revolution.




Da parecchio tempo, qui al Saloon, non si tornava a viaggiare per le strade tracciate dal Cinema orientale, e di quello d'autore, che come spesso mi capita di scrivere quando parlo di qualche tamarrata di valore, è stato ed è una parte importante della mia vita di spettatore, in grado di regalare emozioni e riflessioni diverse ma ugualmente potenti - se non di più - rispetto a tutto quello che è puro intrattenimento.
Avevo scoperto Jia Zhangke quasi per caso, anni fa, in occasione della sua vittoria al Festival di Venezia con lo strepitoso Still Life, e per troppo tempo avevo rimandato la visione di questo celebratissimo A touch of sin, uscito un paio d'anni or sono, che ho approfittato per recuperare in occasione del Day dedicato al Cinema cinese organizzato dalla nostra compare Alessandra, promotrice di un'iniziativa che ho amato dal primo istante.
Tornare per le strade della Cina di provincia, lontana dall'immaginario che noi stranieri e potenziali turisti coltiviamo rispetto ad una delle terre e delle culture più affascinanti del mondo è stato decisamente intenso, nonostante debba ammettere mi sia mancato e non poco l'approccio grottesco che aveva letteralmente illuminato, a tratti, il già citato Still life.
Le quattro storie raccontate quasi fosse un esponente del nostrano neoralismo da Jia Zhangke sono espressione di un disagio nascosto sotto il tappeto da quella che è considerata una delle potenze economiche emergenti mondiali, di un'inquietudine e di una violenza che si consumano spesso senza possibilità di scampo o di ritorno, e che sono legate ad un background sociale che mostra ancora numerose zone d'ombra sia in materia di diritti che di condizioni di vita: cornici di imponenti ed agghiaccianti strutture architettoniche, palazzi formicai e condizioni igieniche precarie, treni ad alta velocità di nuova generazione accanto a motorini che paiono usciti dagli anni sessanta europei, una vita che separa i nuovi ricchi - ovviamente pochissimi - ad una moltitudine di sconfitti, derelitti, outsiders, minoranze destinate ad essere schiacciate da un peso enorme che continua ad aumentare.
E dalla vicenda dell'operaio pronto ad imbracciare il fucile per raddrizzare i torti - che rimanda, con una spettacolarizzazione pari a zero, al concetto espresso anche da noti cult hollywoodiani come Un giorno di ordinaria follia - al lavoratore pronto a rimbalzare tra un impiego e l'altro giusto per vedersi negare l'amore ed una vita dignitosa, passando attraverso la violenza cieca del giovane padre appassionato di pistole e della vendetta della receptionist vessata emotivamente e fisicamente dal genere maschile, ci troviamo di fronte ad un affresco dolente e terribile, che neppure nel finale - con il rimando al Teatro cinese tradizionale che in passato amai anche in Addio mia concubina - dal sapore di monito al Paese, più che alla gente che lo abita, pare trovare una qualche consolazione o seppur fioca speranza per il futuro.
Jia Zhangke non si preoccupa di piacere troppo, o di fare concessioni al grande pubblico, nonostante una cura notevole di tutti gli aspetti tecnici della pellicola - bellissima, a mio parere, la fotografia, ed almeno in paio di occasioni i movimenti di macchina lasciano a bocca aperta -, eppure, e nonostante non raggiunga le vette di Still Life, A touch of sin scava dentro mano a mano che trascorre tempo dalla visione, radicandosi e sedimentando, quasi rappresentasse l'abisso che si dovrebbe temere di guardare perchè potrebbe decidere di ricambiare lo sguardo.
E credetemi, quello di Zhangke e della sua Cina "nascosta" fa davvero paura.



MrFord



Mi accompagnano in questo viaggio lungo la Grande Muraglia:


China: inside the tradition.

Storia di fantasmi cinesi (Siu-Tung Ching, 1987) sul Bollalmanacco di Cinema
The Killer (John Woo, 1989) su Director's Cult
Lanterne rosse (Yimou Zhang, 1991) su Scrivenny 2.0

China: through the revolution.

I love Beijing (Ning Ying, 2000) su The Obsidian Mirror
Infernal Affairs (Wai-Keung Lau e Alan Mak, 2002) su Non c’è paragone
Life without principle (Johnnie To, 2011) su Solaris
Closed Doors Village (Xing Bo, 2014) su Mari's Red Room
Mountains may depart (Zhangke Jia, 2015) su Montecristo



"It comes down to this.
Your kiss.
Your fist.
And your strain.
It get's under my skin.
Within.
Take in the extent of my sin."
Nine inch nails - "Sin" - 





23 commenti:

  1. Anch'io ho scoperto Jia Zhangke con "Still life", visto proprio a Venezia. Solo che dopo... colpevolmente non ho visto altro :( questo "day" potrebbe essere l'occasione buona per riscoprire un Autore

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    1. Infatti ho approfittato per iniziare da questo, che una visione la merita assolutamente.

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  2. come dici giustamente Still Life è strepitoso, questo ce l'ho a prender polvere e non ho mai avuto il coraggio di imbarcarmi nella visione...dovrò farlo prima o poi..

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    1. Anche io l'avevo in attesa da un sacco di tempo, e devo dire che, pur non essendo ai livelli di Still life, merita eccome.

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  3. Questo film mi attila quanto mangiale al listolante cinese: ovvelo zelo. :)

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    1. Non ti piace la cucina cinese!? Sei pazzo più di quanto non credessi! ;)

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  4. bisognerà che mi decida a recuperare sia questo sia Still life...

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    1. Still Life fantastico.
      Questo solo buono.
      Ma entrambi da vedere.

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Sembra davvero interessante, anche se come cinema orientale avrei altri cultoni da recuperare, prima.

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    1. E' ora che tu cominci il recupero d'Oriente, allora! ;)

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  7. Recupero tutto, che sono un ignorante nel cinema orientale.

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    1. Recupera più che puoi, l'Oriente ha un sacco da offrire!

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  8. Sfuggito ai miei radar, ne so pochissimo di cinema cinese...

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  9. mmm di Neorealismo amo solo quello italiano, però se dici che è bello mi fido! :)

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    1. Secondo me merita. E Still life, sempre suo, è anche meglio.

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  10. Mi hai convinto! Lo recupero senz'altro.

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  11. Mai sentito nemmeno nominare. Segno per un futuro recupero, quanta ignoranza!!

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    1. Segna, segna.
      Questo è un regista da tenere d'occhio.

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  12. Sempre sentito nominare, ma mai recuperato. La Cina è io non andiamo d'accordissimo...

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    1. Questo - e Still life - sono due recuperi che andrebbero fatti.
      A prescindere dal legame con la Cina.

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