Regia: Daniel Barnz
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 102'
La trama (con parole mie): Claire Bennett, straziata nel corpo e nello spirito da anni a seguito di un incidente stradale che l'ha privata del figlio, si rifugia in un'esistenza costruita attorno agli antidepressivi e sulle spalle della salda Silvana, sua confidente, domestica e coscienza.
Quando la giovane Nina Collins, sua compagna in un gruppo di terapia, si suicida lasciando marito e figlio, per Claire inizia un percorso che la vede rapportarsi non solo con gli stessi Collins, ma anche e soprattutto con un mondo esterno contro il quale è stata in guerra dal giorno in cui tutto, nella sua realtà quotidiana, è apparentemente finito.
Riuscirà la donna a venire a patti con il passato e se stessa, le medicine e la rabbia, il dolore ed il futuro, in modo da poter ricominciare a guardare il mondo faccia a faccia, piuttosto che rintanata su un sedile reclinato?
Il tempismo, che si parli di Cinema, Musica, Arte in generale o della Vita, è sicuramente un fattore importante non solo per la riuscita di un progetto o di un'impresa, ma anche per la percezione dello stesso.
A volte capita, come per un appuntamento che non funziona, di uscire con una persona interessante, carina, piacevole, magari anche intensa, e di non trovare alcun motivo per rivederla.
Con la visione di Cake è andata proprio in questo modo: probabilmente, se Daniel Barnz avesse portato sugli schermi un prodotto di questo tipo una decina d'anni fa, quando ancora titoli legati al superamento del dolore non apparivano inflazionati come oggi, la vicenda di Claire Bennett sarebbe risultata molto più potente ed innovativa di quanto non appaia oggi, a pochi mesi di distanza dall'uscita di un film associabile a questo e decisamente più incisivo come Still Alice.
In realtà, però, non vorrei calcare troppo la mano su Cake, che ha come unica colpa il fatto di non incidere quanto avrebbe potuto pur raccontando una storia onesta ed emozionante, azzeccando un personaggio che da solo regge l'intera pellicola - la domestica Silvana, interpretata da un'ottima Adriana Barraza - e regalando un paio di sequenze decisamente interessanti - il viaggio in Messico alla ricerca degli antidepressivi su tutte -: di fatto, il problema è che, una volta terminata la visione, resta poco impresso nella memoria soprattutto emotiva, quasi come se non riuscisse a travolgere come vorrebbe neppure nei momenti in cui la commozione e l'empatia con i protagonisti prendono il sopravvento.
Eppure la vicenda di Claire ed il suo progressivo ritorno ad affacciarsi alla vita a seguito di un dramma tra i più difficili da affrontare per una persona - genitori o no che si sia - è raccontata con onestà e la pancia che servono, ed osservare l'inevitabile percorso compiuto per passare dall'apnea al respiro profondo, dal sedile reclinato completamente allo sguardo sulla strada - e sulla vita, e sul mondo -, dalla propria famiglia perduta a quelle della confidente in proiezione Nina e dell'uomo responsabile della sua perdita - il sempre apprezzato William Macy, presente giusto in una scena e probabilmente legato alla partecipazione della compagna Felicity Huffman - è interessante e coinvolgente.
Peccato che, a conti fatti, tutto torni alla situazione iniziale dell'appuntamento che va liscio come l'olio destinato ugualmente ad essere l'unico e l'ultimo con chi abbiamo di fronte: tutto funziona, ma solo uno sbiadito ricordo resta.
Una visione, comunque, che non mi sento di sconsigliare, che resta in grado di emozionare e perfino a convincere nelle sue componenti più deboli - Sam Worthington, spesso e volentieri massacrato dagli snob, mi è parso anche convincente, probabilmente aiutato da un charachter molto profondo -, scritto discretamente e decisamente più onesto rispetto sia a pellicole da radical Sundance che a sbrodolate retoriche da blockbuster con lacrima facile.
Nel frattempo, io spero di non avere mai modo di percorrere la strada in salita di Claire Bennett - una convincente ma non così miracolosa Jennifer Aniston, che mostra forse più di non avere il talento di altre sue colleghe, piuttosto che paghi il fatto di imbruttirsi per portare a casa premi certi - e che Barnz, in futuro, sappia essere più che un bell'appuntamento pronto per essere dimenticato.
In fondo, le potenzialità per fare un passo oltre le ha tutte.
A volte capita, come per un appuntamento che non funziona, di uscire con una persona interessante, carina, piacevole, magari anche intensa, e di non trovare alcun motivo per rivederla.
Con la visione di Cake è andata proprio in questo modo: probabilmente, se Daniel Barnz avesse portato sugli schermi un prodotto di questo tipo una decina d'anni fa, quando ancora titoli legati al superamento del dolore non apparivano inflazionati come oggi, la vicenda di Claire Bennett sarebbe risultata molto più potente ed innovativa di quanto non appaia oggi, a pochi mesi di distanza dall'uscita di un film associabile a questo e decisamente più incisivo come Still Alice.
In realtà, però, non vorrei calcare troppo la mano su Cake, che ha come unica colpa il fatto di non incidere quanto avrebbe potuto pur raccontando una storia onesta ed emozionante, azzeccando un personaggio che da solo regge l'intera pellicola - la domestica Silvana, interpretata da un'ottima Adriana Barraza - e regalando un paio di sequenze decisamente interessanti - il viaggio in Messico alla ricerca degli antidepressivi su tutte -: di fatto, il problema è che, una volta terminata la visione, resta poco impresso nella memoria soprattutto emotiva, quasi come se non riuscisse a travolgere come vorrebbe neppure nei momenti in cui la commozione e l'empatia con i protagonisti prendono il sopravvento.
Eppure la vicenda di Claire ed il suo progressivo ritorno ad affacciarsi alla vita a seguito di un dramma tra i più difficili da affrontare per una persona - genitori o no che si sia - è raccontata con onestà e la pancia che servono, ed osservare l'inevitabile percorso compiuto per passare dall'apnea al respiro profondo, dal sedile reclinato completamente allo sguardo sulla strada - e sulla vita, e sul mondo -, dalla propria famiglia perduta a quelle della confidente in proiezione Nina e dell'uomo responsabile della sua perdita - il sempre apprezzato William Macy, presente giusto in una scena e probabilmente legato alla partecipazione della compagna Felicity Huffman - è interessante e coinvolgente.
Peccato che, a conti fatti, tutto torni alla situazione iniziale dell'appuntamento che va liscio come l'olio destinato ugualmente ad essere l'unico e l'ultimo con chi abbiamo di fronte: tutto funziona, ma solo uno sbiadito ricordo resta.
Una visione, comunque, che non mi sento di sconsigliare, che resta in grado di emozionare e perfino a convincere nelle sue componenti più deboli - Sam Worthington, spesso e volentieri massacrato dagli snob, mi è parso anche convincente, probabilmente aiutato da un charachter molto profondo -, scritto discretamente e decisamente più onesto rispetto sia a pellicole da radical Sundance che a sbrodolate retoriche da blockbuster con lacrima facile.
Nel frattempo, io spero di non avere mai modo di percorrere la strada in salita di Claire Bennett - una convincente ma non così miracolosa Jennifer Aniston, che mostra forse più di non avere il talento di altre sue colleghe, piuttosto che paghi il fatto di imbruttirsi per portare a casa premi certi - e che Barnz, in futuro, sappia essere più che un bell'appuntamento pronto per essere dimenticato.
In fondo, le potenzialità per fare un passo oltre le ha tutte.
MrFord
"I only wanted to be sure
that what it was was really pure.
I put my face down in the cake.
My feet were flailing in a lake."
that what it was was really pure.
I put my face down in the cake.
My feet were flailing in a lake."
Cake - "Up so close" -
Non l'ho visto, ma a me non ha convinto particolarmente nemmeno still alice! Per le stesse ragioni che dici di questo
RispondiEliminaSe non ti ha convinto Still Alice, allora forse questa non è la visione che fa per te!
Eliminasi, anche a me non è dispiaciuto, anzi ho apprezzato molto Jennifer Aniston, pur non essendo una delle mie attrici preferite, qui non è stata affatto male ^_^
RispondiEliminaNon male, ma non abbastanza da rimanere davvero impressa.
EliminaPeccato.
direi che concordo al 100 % , è un film dalle intenzioni oneste ma che lascia ben poco dopo la visione...
RispondiEliminaVerissimo: onesto e di pancia, ma non abbastanza potente da rimanere dentro.
EliminaAnche per me la domestica è il personaggio migliore.
RispondiEliminaMa Sam Worthington nooo. Giusto a te può convincere un attore tanto cane.
Io sento ancora adesso abbaiare
BAUU BAUU BAUUUUUUUUUUUUUU
A me non è sembrato meno cane di tanti attorucoli che esalti tu! ;)
EliminaAnche secondo me Worthington ha fatto un buon lavoro, e l'ho sempre trovato cane. Ma altrove. Concordo perfettamente col tuo pensiero: carino, toccante senza essere strappalacrime, ma si scorda subito.
RispondiEliminaPer certi versi è un peccato: gli attori hanno lavorato bene, il film è davvero carino, eppure non resta proprio nulla. Speriamo che al regista vada meglio la prossima volta.
EliminaMi sa che lo posso anche saltare,peccato per la Aniston,speravo fosse l'occasione per lei per dimostrare che non è solo un bel faccino.
RispondiEliminaEvidentemente non c'era nulla da dimostrare ;)
Se ti capita, guardalo. Altrimenti, di sicuro non perderai il sonno per non averlo visto. ;)
EliminaDevo dirti la verità, di fondo mi ha colpito. Non mi è dispiaciuto
RispondiEliminaNeanche a me è dispiaciuto, ma di fatto non mi è davvero rimasto dentro.
EliminaA me è piaciuta molto la Aniston, nell'insieme non l'ho trovato malaccio.
RispondiEliminaIl film non è male, affatto, ma come scrivevo a proposito dell'appuntamento usato come esempio, non è neanche così bene. :)
EliminaNon mi ispira e penso che, se e quando lo vedrò, mi metterà tristezza.
RispondiEliminaDevo ammettere che, più che tristezza, cerca di trasmettere la forza per ricominciare. L'unica pecca è che forse non è così all'altezza.
EliminaLo stanno smontando un po' tutto e non so se bypassarlo o meno...
RispondiEliminaPotrei farlo data la presenza della Aniston. Proprio non la sopporto. E non la trovo neppure bella.
Aniston a parte, se ti capita un'occhiata la puoi dare tranquillamente. Senza, ovviamente, aspettarti chissà cosa.
EliminaNon è affatto male, come film, ma effettivamente, se si hanno recuperi più interessanti, può rimanere tranquillamente in standby.
RispondiEliminaCredo proprio lo ignorerò come ho sin'ora fatto.
RispondiEliminaNon è irrinunciabile, ma sicuramente neppure imprescindibile. :)
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