Regia: Paul Thomas Anderson
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 144'
Durata: 144'
La trama (con parole mie): Freddie Quell, un marinaio veterano della Seconda Guerra Mondiale alcolizzato e dedito al sesso e all'impulsività sfrenata, tornato negli Stati Uniti e perso in se stesso e nel ricordo di un amore precedente alla sua partenza si rifugia quasi per caso tra le braccia del leader della Causa, Lancaster Dodd, sorta di padre padrone di una famiglia che assume connotati misti di setta, gruppo di studio allargato, chiesa senza una religione, truffa, violenta elite filosofica ed intellettuale.
L'uomo, riprogrammato dal Maestro, si scontra con se stesso, i suoi ricordi ed i suoi fantasmi, si batte e lotta per la Causa mostrando quanto l'animale che porta dentro possa essere utile per mettere a tacere le voci critiche: ma quando finisce per alzare lo sguardo oltre l'orizzonte, scopre di poter vivere lasciandosi alle spalle quello che è stato un esperimento per trovare le risposte che cerca in quella che è da sempre la sua vera vocazione di vita.
The master è stato un film che ha lottato con le unghie e con i denti, qui al Saloon.
Ha dovuto, in un modo o nell'altro, conquistarsi quei tre bicchieri che vedete qui sopra con tutta la fatica possibile, passando dall'apparire come un'opera autoriale a tutti i costi degna di bottigliate ad uno sfoggio di tecnica pazzesco - ci sono un paio di piani sequenza e movimenti di macchina da brividi -, dall'indagine approfondita e mai banale alla grande esibizione di un gruppo di attori straordinario.
Perchè senza dubbio alcuno, tanto quanto Paul Thomas Anderson è senza dubbio un virtuoso della macchina da presa, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams - a sorpresa, devo dire - e Joaquin Phoenix - gigantesco - lo sono dall'altro lato della stessa, e conferiscono a The master la personalità che il cineasta non sarebbe stato in grado di garantire da solo, o affidandosi esclusivamente alla sua straordinaria abilità.
Ma cos'è, esattamente, The master?
Un'esibizione di tecnica vuota di qualsiasi significato ulteriore?
Un ritratto impietoso di quello che è il fenomeno delle sette o pseudo tali come Scientology, rispetto alla quale è stato associato con la sua uscita in sala?
Una riflessione sulle debolezze umane?
Qui in casa Ford, The master ha significato, di fatto, una lotta: quella di Freddie Quell con se stesso, di Freddie Quell con Lancaster Dodd, di Lancaster Dodd con la società ed i suoi detrattori, dei suoi detrattori con l'ombra da eminenza grigia della figlia del leader, della figlia del leader con Freddie Quell, e così via.
C'è tanto degli States, in The master, senza dubbio: c'è la volontà di affermarsi a fronte del desiderio di emancipazione da un modello in grado di entrare dentro così come apparire quanto di più lontano esista - l'Europa? -, ci sono l'istinto e l'animalità che si dibattono di fronte alla ragione e alle regole, il bisogno di una famiglia e la necessità di trovare la propria libertà.
Freddie Quell, reduce ed alcolista, guidato dal cazzo e dalla libido, approccia la vita come fosse un sogno erotico, un'ideale da scopare senza ritegno e vergogna, senza guardare in faccia a nessuno, neppure a se stessi.
Lancaster Dodd è un manipolatore. Un uomo di desideri celati, torbidi segreti ed espedienti, un cacciatore di fondi, denaro, successo, gloria e fama. Un filosofo dai bisogni profondi di un animale, uno studioso che non potrà mai concedersi il lusso di un abbandono.
Freddie Quell e Lancaster Dodd. Due lati della stessa medaglia.
America ed Europa.
Istinto e Ragione.
Promiscuità e Famiglia.
In mezzo, la costruzione di una storia che, forse, non è così importante, o almeno non quanto il conflitto che porta i due inseparabili lati dell'evoluzione a confrontarsi, coprirsi e salvarsi l'un l'altro, riscoprire di avere bisogno l'uno dell'altro, per poi prendere strade diverse e, a scapito del passato, essere diversi, lontani, su binari che conducono il più lontano possibile.
The master è un film difficile. Un titolo che, in più di un momento, ho pensato di bottigliare selvaggiamente. Una materia che ha ispirato dubbio più che certezze, mostrato accademismo prima che cuore, volontà di apparire prima che di essere.
Eppure tutto si gioca con un finale che è un'essenza del Cinema nel senso più alto del termine, capace di mostrare senza ritegno alcuno che la ragione ha bisogno dell'istinto, che esistono l'Europa e gli States, le sette e l'individuo, la costrizione e la libertà, il segreto e l'essere selvaggi.
Esistono Lancaster Dodd con la sua famiglia, e Freddie Quell con la sua scultura di sabbia.
Il primo con la mano della figlia, il secondo con una ragazza conosciuta in un pub.
E per quanto Lancaster possa bere, scopare, aggredire, ringhiare, non potrà mai essere Freddie Quell.
E per quanto Freddie potrà rinunciare a mentire, cercare di seguire le regole o guidare una motocicletta il più velocemente possibile, non potrà mai essere Lancaster Dodd.
Gli States sono e saranno gli States, l'Europa è e sarà l'Europa.
Paul Thomas Anderson ha cercato di essere entrambe.
E ha scoperto cosa significhi essere se stessi.
Ha dovuto, in un modo o nell'altro, conquistarsi quei tre bicchieri che vedete qui sopra con tutta la fatica possibile, passando dall'apparire come un'opera autoriale a tutti i costi degna di bottigliate ad uno sfoggio di tecnica pazzesco - ci sono un paio di piani sequenza e movimenti di macchina da brividi -, dall'indagine approfondita e mai banale alla grande esibizione di un gruppo di attori straordinario.
Perchè senza dubbio alcuno, tanto quanto Paul Thomas Anderson è senza dubbio un virtuoso della macchina da presa, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams - a sorpresa, devo dire - e Joaquin Phoenix - gigantesco - lo sono dall'altro lato della stessa, e conferiscono a The master la personalità che il cineasta non sarebbe stato in grado di garantire da solo, o affidandosi esclusivamente alla sua straordinaria abilità.
Ma cos'è, esattamente, The master?
Un'esibizione di tecnica vuota di qualsiasi significato ulteriore?
Un ritratto impietoso di quello che è il fenomeno delle sette o pseudo tali come Scientology, rispetto alla quale è stato associato con la sua uscita in sala?
Una riflessione sulle debolezze umane?
Qui in casa Ford, The master ha significato, di fatto, una lotta: quella di Freddie Quell con se stesso, di Freddie Quell con Lancaster Dodd, di Lancaster Dodd con la società ed i suoi detrattori, dei suoi detrattori con l'ombra da eminenza grigia della figlia del leader, della figlia del leader con Freddie Quell, e così via.
C'è tanto degli States, in The master, senza dubbio: c'è la volontà di affermarsi a fronte del desiderio di emancipazione da un modello in grado di entrare dentro così come apparire quanto di più lontano esista - l'Europa? -, ci sono l'istinto e l'animalità che si dibattono di fronte alla ragione e alle regole, il bisogno di una famiglia e la necessità di trovare la propria libertà.
Freddie Quell, reduce ed alcolista, guidato dal cazzo e dalla libido, approccia la vita come fosse un sogno erotico, un'ideale da scopare senza ritegno e vergogna, senza guardare in faccia a nessuno, neppure a se stessi.
Lancaster Dodd è un manipolatore. Un uomo di desideri celati, torbidi segreti ed espedienti, un cacciatore di fondi, denaro, successo, gloria e fama. Un filosofo dai bisogni profondi di un animale, uno studioso che non potrà mai concedersi il lusso di un abbandono.
Freddie Quell e Lancaster Dodd. Due lati della stessa medaglia.
America ed Europa.
Istinto e Ragione.
Promiscuità e Famiglia.
In mezzo, la costruzione di una storia che, forse, non è così importante, o almeno non quanto il conflitto che porta i due inseparabili lati dell'evoluzione a confrontarsi, coprirsi e salvarsi l'un l'altro, riscoprire di avere bisogno l'uno dell'altro, per poi prendere strade diverse e, a scapito del passato, essere diversi, lontani, su binari che conducono il più lontano possibile.
The master è un film difficile. Un titolo che, in più di un momento, ho pensato di bottigliare selvaggiamente. Una materia che ha ispirato dubbio più che certezze, mostrato accademismo prima che cuore, volontà di apparire prima che di essere.
Eppure tutto si gioca con un finale che è un'essenza del Cinema nel senso più alto del termine, capace di mostrare senza ritegno alcuno che la ragione ha bisogno dell'istinto, che esistono l'Europa e gli States, le sette e l'individuo, la costrizione e la libertà, il segreto e l'essere selvaggi.
Esistono Lancaster Dodd con la sua famiglia, e Freddie Quell con la sua scultura di sabbia.
Il primo con la mano della figlia, il secondo con una ragazza conosciuta in un pub.
E per quanto Lancaster possa bere, scopare, aggredire, ringhiare, non potrà mai essere Freddie Quell.
E per quanto Freddie potrà rinunciare a mentire, cercare di seguire le regole o guidare una motocicletta il più velocemente possibile, non potrà mai essere Lancaster Dodd.
Gli States sono e saranno gli States, l'Europa è e sarà l'Europa.
Paul Thomas Anderson ha cercato di essere entrambe.
E ha scoperto cosa significhi essere se stessi.
MrFord
"Come crawling faster
obey your Master
your life burns faster
obey your Master
Master."
obey your Master
your life burns faster
obey your Master
Master."
Metallica - "Master of puppets" -
Boh?! Forse tutto questo é successo mentre dormivo... come spesso accade ;)
RispondiEliminaSai come si dice: "A volte dorme più lo sveglio che il dormiente"! ;)
EliminaUh, sì come mi era piac.... zzzzzzzzzz zzzzzzzzz zzzzzzzz
RispondiEliminaAh vedo che non sono la sola! ;)
EliminaEbbene no! :)
EliminaAllora dovrò rimaneggiare il detto: "A volte dorme più lo sveglio che le dormienti!" ;)
EliminaRimaneggia pure, ma non fare troppo rumore, altrimenti ci svegliamo! ;)
Elimina(Fra l'altro "le dormienti" è un gran bel quadro!)
Che fai, i riferimenti radical!? ;)
EliminaStarò attentissimo a non fare troppo casino, allora!
:-P
Elimina;)
EliminaMi hai fatto venire la curiosità, e sono andata a rileggere quello che scrissi all'epoca. Che se non avessi ammesso di essermi addormentata forse non se ne sarebbe accorto nessuno! :)
EliminaAhahaha beh, dopo tutto questo ricamarci sopra, dovresti rivedere il film, secondo me! ;)
EliminaIo non me la sono sentita di bocciarlo. Vediamo tra un anno quando lo rivedrò. Forse lo incoronerò come un grande capolavoro. I due attori - Phoenix e Hoffman - comunque sono dei The Masters.
RispondiEliminaDenny, io credo sia uno di quei film che acquistano valore ad ogni nuova visione. Mi farai sapere!
EliminaA me è sembrato solo un qualcosa di molto confuso, sono uscito dalla sala con molta confusione in testa.
RispondiEliminaMa probabilmente sarà che di cinema non capisco un cazzo XP
O forse il Master ha già iniziato un lavoro di riprogrammazione su di te! ;)
Eliminaprobabile XD
EliminaBeh, se sparisci all'improvviso sappiamo perché! ;)
Eliminathe master?
RispondiEliminasi parla di me??
ahahaha
certo che per partorire la recensione di questo grandissimo film c'hai messo più tempo che per partorire il fordino... :D
Assolutamente sì: il master dei pusillanimi! Ahahahahahah! ;)
EliminaIn realtà abbiamo visto il film e ho scritto la recensione più di due mesi fa, ma dato che non era più una novità da sala l'ho fatta slittare almeno un paio di volte! ;)
Freddie e la sua scultura di sabbia, per me l'immagine più bella e significativa di tutto il film. Un film duro, complesso e primordiale, come l'uomo che deve ritornare "bestia" per sopravvivere. E' tutto così complicato che nella maggior parte dei casi chi guarda si chiede proprio, ma è un puro virtuosismo registico o c'è dell'altro dietro questo The Master? Io sono per la seconda, mi è rimasto tutto dentro di questo film, uno dei più maestosi visti in questi ultimi anni in sala. Un Phoenix poi superlativo, la sua interpretazione e la sua risata, il suo modo di muoversi sulla scena. Un grande!!!
RispondiEliminaValentina, gran bella analisi: un film molto complesso, ma altrettanto potente. Spero di rivederlo una volta uscito in dvd, in modo da poter cogliere qualche sfumatura in più.
EliminaPhoenix pazzesco davvero!
Capolavoro, l'ho capito in ritardo; una settimana dopo la visione ;)
RispondiEliminaIl classico film che ti entra nelle ossa, come Joaquin Phoenix.
Capolavoro forse no, ma senza dubbio un grande film che ha il potere di entrarti dentro piano piano.
EliminaPhoenix spettacolare.
Bellissima rece, azz io ancora non l'ho visto. Devo recuperare assolutamente, magari aspetto il dvd.
RispondiEliminaCmq, addirittura 3 bicchieri? Mi hai messo di nuovo voglia di vederlo che dopo quello che avevo letto in giro (noioso, lento, inconcludente) un po' di hype era calato.
Fratello, senza dubbio è un film lento ed impegnativo, ma ti ripaga di ogni sforzo.
EliminaTre bicchieri meritatissimi. ;)
Tre bicchieri sono troppi secondo me. L'ho trovato un film poco coraggioso, nonostante le straordinarie interpretazioni di Phoenix e Hoffman. Vorrebbe essere (forse) un film su Scientology, però ha paura di affondare il coltello e da un certo punto in poi si mette a parlare d'altro, lasciando tutto nel limbo... e non ha nemmeno la forza di approfondire il rapporto latentemente omosessuale e morboso tra i due protagonisti. Ottima messinscena, al solito, ma a mio avviso un film piuttosto ipocrita.
RispondiEliminaIo più che un film su Scientology ho visto una sorta di confronto Europa/States, messo in scena e recitato da dio.
EliminaCerto, è ostico e a tratti spocchioso, ma avercene di Cinema di questa fattura!
Il mio attore preferito: il grande "Commodo" !
RispondiEliminaSenza dubbio Phoenix è un attore da paura!
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