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martedì 27 novembre 2012

End of watch - Tolleranza zero

Regia: David Ayer
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 109'




La trama (con parole mie): Bryan Taylor e Mike Zavala sono due compagni di pattuglia, agenti che lavorano ogni giorno in uno dei distretti più violenti di Los Angeles. Per loro passare i momenti più tranquilli della giornata scherzando in macchina come due vecchi amici è normale quanto trovarsi coinvolti in una sparatoria, e le scene che si ritrovano davanti agli occhi sono spesso e volentieri di quelle che tutti vorrebbero evitare.
Il loro spirito d'iniziativa e la voglia di mettersi in mostra li porta, a volte, ad entrare in conflitto con colleghi, superiori, agenti federali e, ovviamente, i "cattivi": dall'ultimo galoppino da strada ai boss, infatti, tutti sanno che non si scherza con i pesci grossi dei cartelli della droga, pena il rischio di finire stecchiti prima ancora di scoprire di avere una taglia sulla testa.
Quando i due agenti scopriranno che una trappola li attende, potrebbe essere troppo tardi.





Avete presente quei film che vi danno soddisfazione neanche fossero un kebab di quelli piccanti da sentire le lacrime agli occhi, con la carne calda e saporita al punto giusto, pronti a riempirvi lo stomaco e darvi la carica per una bella bevuta?
Ecco: End of watch - e mi rifiuto di citare l'assurdo e ridicolo sottotitolo italiano - è uno di questi.
Scritto e diretto dallo sceneggiatore di Training day, che già mi aveva sorpreso in positivo con Harsch times - solido noir metropolitano con un Christian Bale in grandissimo spolvero di qualche anno fa -, suo esordio alla regia, questa tostissima via di mezzo tra un mockumentary ed un action movie mostra la vita di una pattuglia di poliziotti in un quartiere a rischio di Los Angeles, una delle metropoli più turbolente dal punto di vista della criminalità - organizzata e non - degli States.
Ayer, che scrive e dirige tagliando con l'accetta ed è palesemente dalla parte dei ragazzi in blu, dipinti di fatto come persone perbene al massimo dedite a qualche scherzetto da caserma, confeziona una sorta di thriller urbano dal ritmo serratissimo, un fratello cinematografico di quello che fu per il piccolo schermo The Shield, interpretato alla grande dai due protagonisti e reso sempre più credibile e profondo ad ogni minuto che passa, accelerando sempre più fino alla clamorosa sequenza che vede la coppia Gyllenhaal/Pena affrontare la trappola che i boss del cartello hanno in qualche modo organizzato per loro decidendo che si erano spinti troppo oltre per rimanere ancora in vita.
Sicuramente lo spirito dell'operazione è molto ammeregano, lo stile volutamente grezzo - la macchina da presa a spalla, che soprattutto nelle prime sequenze mette molto in difficoltà lo stomaco dello spettatore, non è proprio la più amata dall'audience - e molte prese di posizione potenzialmente discutibili, tanto che molti potrebbero storcere il naso di fronte al prodotto finito, eppure tutto funziona che è una meraviglia, e per una volta si ha la netta impressione di assistere alla versione più vera e realistica possibile di un film d'azione di quelli che normalmente tutti noi cazzoni cui piace fare i duri - o presunti tali - adoriamo, completi di sparatorie ed esplosioni varie in cui, ovviamente, a farsi male sono sempre e soltanto i bad guys.
In questo caso, però, non siamo all'interno di un Die hard o di un Arma letale, ma per le strade di una città che pare non fare sconti proprio a nessuno, e così finisce che ragazzi come Bryan e Mike, che in fondo non sono tanto diversi da noi - o forse noi non saremmo tanto diversi da loro, se facessimo quel tipo di lavoro -, si ritrovano a dover lottare con le unghie e con i denti per riportare a casa la pelle ogni giorno nella speranza di evitare che la propria moglie - o marito, o figlio - riceva la telefonata che nessun parente di poliziotto vorrebbe ricevere.
Senza dubbio, considerato il rapporto "qualità/prezzo", quello del piedipiatti è un mestiere ingrato a qualsiasi latitudine, specie se tradotto in un servizio prestato in strade ad alto potenziale di rischio: in questo senso, il lavoro di Ayer rende decisamente bene l'idea del culo che chi lo sceglie deve farsi ogni giorno - se si ha la sfortuna, o il coraggio, di pattugliare quartieri come quelli che frequentano i due main charachters della pellicola -, prendendosi comunque il tempo che serve anche per mostrare la quotidianità e la normalità degli stessi agenti, nei pregi e nei difetti, dalle piccole rivalità interne al senso di fratellanza che, inutile negarlo, cementa i rapporti di chi è costretto - volente o nolente - ad imparare a coprire le spalle del proprio partner confidando nel fatto che lui - o lei - faccia lo stesso per non finire dritto dritto all'obitorio.
Il regista e sceneggiatore, inoltre, riesce nella non facile impresa di non scadere nell'eccesso di retorica, e giunto all'apice drammatico del suo lavoro decide di chiudere mostrando quella stessa quotidianità che è andato fotografando istante per istante dal primo minuto della pellicola, il mondo che questi ragazzi spesso troppo avventati o troppo fragili - come quelli che tentano di fargli la pelle dall'altra parte - vogliono così disperatamente, e fieramente, difendere.
Quello che li vede sognare un matrimonio, o una figlia che possa non soltanto non frequentare mai un poliziotto, ma nessun uomo in generale.
Ragazzi come noi, insomma. Solo con il potere di una pistola e un distintivo.
Che possono essere i più difficili da gestire ed i più pericolosi da portare addosso in una vita tra le più difficili che abbiamo il potere di scegliere.


MrFord


"Hey love (hey love)
turn your head around (turn your head around)
take off that frown
your in love
wake up (wake up)
open the door (open the door)
don't cry no more
your in love."
Delfonics - "Hey Love" -


 

17 commenti:

  1. Bene. Aspettavo che qualcuno andasse in avanscoperta. Se resta in programmazione fino alla settimana prossima (ammesso che io la settimana prossima abbia ancora voglia di entrare in un cinema), proverò a recuperarlo.
    È comunque mi hai fatto venir voglia di kebab, pure! :)

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    1. Il kebab è sempre il kebab, in fondo!
      Comunque se ti capita, recuperalo!

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  2. mi consola questa tua rece anche se io non ho gradito Harsh times come hai fatto tu. La visione è programmata per stasera....

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    1. Bradipo, secondo me è un buon film: solido, teso, scivola via che è una meraviglia. Mi farai sapere!

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  3. La retorica yankee mi spaventa assai, ho paura che un film del genere, per quanto mi incuriosisca parecchio, dovrei spegnerlo dopo dieci minuti...

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    1. Simone, spaventava anche me: eppure il film è tosto e fila che è una meraviglia.
      Arrivi alla fine e non ti sei neppure reso conto della componente retorica.

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  4. mi trovo parecchio d'accordo. sarà che da quando hai messo quell'header molto cannibale, mi sa che ti sei incannibalito parecchio pure tu stesso... :)

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  5. Non ancora visto, ma tra le prossime visioni.
    Sono molto curioso di vederlo, in fondo harsh times era un piccolo gioiellino.

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    1. Fratello, secondo me ti gaserà ti brutto!
      Fammi sapere! ;)

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  6. non è il mio genere, ma non mi sono mai tirata indietro dinnanzi alle cose nuove...

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    1. Patalice, fai bene.
      Non si sa mai cosa si potrebbe scoprire, e chissà che una sorpresa non si riveli come un nuovo cult!

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  7. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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