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venerdì 30 novembre 2012

Sangue misto

Autore: Roger Smith
Origine: Sudafrica
Anno: 2010
Editore:
Einaudi




La trama (con parole mie): Jack Burn dovrebbe essere al settimo cielo per la felicità. Ha una giovane moglie in attesa di una bambina - che sarà la loro secondogenita -, un figlio che lo adora, un mucchio di soldi ed un appartamento in una delle zone più esclusive di Città del Capo.
Ma la realtà è molto più complessa di una cornice da sogno: l'uomo, infatti, lotta ogni giorno per ricostruire il rapporto con Susan, che vorrebbe lasciarlo ed occuparsi solo dei figli, i bigliettoni che gli consentono uno standard elevato di vita sono il frutto di una rapina andata male che l'ha fatto finire dritto dritto tra i ricercati della polizia statunitense, spingendolo alla fuga, e la città simbolo della rinascita sudafricana non è così dorata come il turismo la dipinge.
Benny Mezzosangue questo lo sa: in fondo, dai Cape Flats al carcere di Pollsmoor, la sua vita è stata un'unica, indicibile sofferenza, una continua lotta per sopravvivere con il coltello perennemente tra i denti.
Lo sa anche l'ispettore Barnard, fervente cristiano e sovrano incontrastato delle baraccopoli, poliziotto corrotto dall'aspetto sudicio che perfino i senzatetto più disperati avrebbero paura a toccare.
Quando le vite dei tre uomini si incroceranno per una casualità, il destino farà il suo corso e nulla sarà più lo stesso.





Ormai il mio fratellino Dembo conosce bene i gusti del sottoscritto, e potrebbe comprare per me film e romanzi praticamente a scatola chiusa, sicuro del risultato: questo Sangue misto, scoperto proprio grazie a lui, si è rivelato una rivelazione rispetto ad ambientazione ed intensità almeno quanto fu, per il Cinema, District 9 qualche anno fa.
Per tutti noi europei, di fatto, il Sudafrica rappresenta l'idealistica realizzazione del sogno di Nelson Mandela fotografato alla grandissima da Clint Eastwood nel suo Invictus, con l'apartheid ed il razzismo sconfitti ed una nuova alba giunta ad avvolgere quella che è dipinta come una delle realtà più "incantate" del continente più antico del mondo: fortunatamente, autori come Roger Smith - e Neill Blomkamp prima di lui - ci ricordano quanto anche le imprese più riuscite celino dietro i successi e la loro apparenza angoli decisamente poco consolanti che necessitano di anni ed anni di impegno, sacrificio e lavoro. E' il caso del lato oscuro di Città del Capo, quei Cape flats all'interno dei quali vige ancora il regime di segregazione degli anni più terribili, scandito da corruzione, droga, prostituzione, sfruttamento ed una dose inusitata di violenza.
Proprio dai Cape Flats viene Benny Mezzosangue, un meticcio sfigurato e scheletrico che ha imparato sulla sua pelle il significato di odio e morte, un tipo abituato a non fidarsi di nessuno - se non del proprio istinto - e a dire buonanotte quando serve, prendendosi le vite che finiscono per minacciare la sua: dopo anni passati nella terribile prigione di Pollsmoor a combattere i rivali della gang degli "Americani", Benny è finito a fare il sorvegliante per un'agenzia di sicurezza, alternando giorni vuoti in una baracca di lamiera a notti di pace ed un piacere mai provato prima grazie al silenzio del cantiere e alla vecchia rottweiler che gli è stata assegnata, Bessie.
Benny Mezzosangue sogna una seconda possibilità. E di non dover più dire buonanotte a nessuno.
Ma è difficile uscire dalla merda, quando praticamente ci sei nato.
E così basta che due Americani strafatti di tik - metanfetamine, nel gergo locale - facciano irruzione nella casa dell'americano sbagliato, e tutto cambia: perchè a proteggere la sua famiglia già sul punto dell'implosione, tra quelle mura, c'è John Hill, alias Jack Burn, ex marine e giocatore d'azzardo in fuga dagli States con una vagonata di milioni di dollari e la speranza di poter ricostruire la propria vita altrove.
Burn non fa sconti, a chi minaccia sua moglie incinta e suo figlio Matt: bastano pochi movimenti, e i due gangsters da strada sono solo un ricordo. All'uomo non resterà che lavorare ai fianchi Susan, ormai sempre più distante da lui, perchè si fidi un'ultima volta e lo segua in Nuova Zelanda, dall'altra parte del mondo, alla ricerca di una nuova vita.
Ma è difficile uscire dalla merda, quando praticamente ti ci sei seppellito.
Ma chi erano, questi due Americani uccisi dall'americano? Mezze tacche, spacciatori dei Flats, inutile carne da cannone per il grande stomaco della città. Senza dubbio. Ma anche pedine nel gioco di Barnard.
E nessuno gioca con i pezzi di Barnard, se Barnard non vuole che ci si giochi.
Lui, che si crede un soldato di dio, poliziotto e criminale incallito, animale guardato con sospetto ai piani alti e con timore dagli innumerevoli figli senza identità delle baraccopoli: lui, che uccide secondo una legge che è lontana da quella degli uomini, che vede in un bambino attratto da un paio di Nike un potenziale testimone da eliminare e nella famiglia di Burn una gallina dalle uova d'oro per trovarsi un nuovo posto al sole, lontano dalle accuse che pendono sulla sua testa e dalle mani con tanto di manicure ed assetate di vendetta di Disaster Zondi, l'uomo del governo mandato da Johannesburg per coglierlo in flagrante e sbatterlo dentro, magari accanto a quelli che ha sepolto lui stesso buttando via la chiave.
Ma è difficile uscire dalla merda, quando sei tu stesso a portarla dentro.
Sangue misto è tutto questo e molto di più, un romanzo dalle tante anime, violento e disperato, ma anche in grado di dare una possibilità di redenzione a chiunque abbia il coraggio di afferrarla: onestamente Smith avrebbe potuto fare molto, molto di più, considerata la materia trattata, e usando paragoni cinematografici avrebbe potuto tirare fuori da questa storia qualcosa di più simile a Le iene che ad Amores perros, soprattutto dopo aver seminato benissimo per tutta la prima metà finendo per bruciare fin troppo le tappe - quasi avesse voglia di chiudere il più presto possibile - nella seconda.
Anche i protagonisti, descritti ed approfonditi alla perfezione durante la disposizione dei pezzi sulla scacchiera di questa Città del Capo meravigliosa e crudele, finiscono sacrificati in nome dell'azione dura e pura quando i nodi vengono al pettine risultando in qualche modo addirittura sminuiti - Barnard passa da praticamente intoccabile a braccato da tutta la polizia, Burn da spaccaculi invincibile a uomo comune ricattato da un criminale, Benny da guerriero crudele divenuto zen ad una sorta di "uomo di forza" neanche fosse l'ultimo dei gorilla prezzolati -.
Peccato, perchè con un pò di pazienza in più Smith avrebbe confezionato senza dubbio uno dei romanzi migliori che il genere crime avesse dato alla luce negli ultimi anni, ma in fondo ci può stare anche così: l'autore ha enormi margini di miglioramento, il suo legame con Città del Capo e la terra d'origine è molto interessante e l'approccio duro abbastanza.
Inutile dire che l'aspetto al varco con la sua prossima opera: solo allora potremo davvero capire di che pasta è fatto.


MrFord


"Someone came sayin’ I’m insane to complain
about a shotgun wedding and a stain on my shirt
don’t believe everything that you breathe
you get a parking violation and a maggot on your sleeve
so shave your face with some mace in the dark
savin’ all your food stamps and burnin’ down the trailer park."
Beck - "Loser" -


giovedì 29 novembre 2012

Thursday's child

La trama (con parole mie): come ogni settimana, giunge puntuale come un orologio l'appuntamento che vede il sottoscritto ed il suo irriducibile antagonista confrontarsi senza esclusione di colpi commentando le uscite che ci aspettano per il weekend al Cinema.
Questa volta, però, le cose suoneranno un pò diverse dal solito: prima di tutto, accanto alla consueta vagonata di inutili film italiani, troverete due pellicole finalmente degne di nota, e poi assisterete ad una vera e propria conversione al fordismo del fu Cannibal Kid, che da oggi in poi verrà ribattezzato il Cowboy Eroico.
Durerà questa metamorfosi? O si tratta soltanto dell'ennesimo, diabolico intrigo ordito dal finto giovane Cannibale? Soltanto la prossima settimana avremo la risposta!

"Mi stai dicendo, dunque, che da questa settimana io e te siamo amici per la pelle!?"
Di nuovo in gioco di Robert Lorenz


Il consiglio di Cannibal: speriamo vinca Ford
Questa settimana le sale italiane vedono il ritorno sul grande schermo del grande Clint Eastwood e pure una pellicola (Lawless) che sembra fatta apposta per il mio ex blogger rivale, oggi mio amicone blogger.

Questa qua allora è la Ford week! Oh yeah! Per l’occasione metto così da parte tutto il mio antico odio nei suoi confronti. Perché odiavo tanto Ford? Solo per i suoi atteggiamenti da wrestler tamarro con una mentalità da vecchio conservatore repubblicano? Può darsi, adesso però non lo so più, ora che tutto è alle spalle. E dimentico allore pure le ridicole pantomime nella campagna pro-Romney di quell’altro vecchio conservatore repubblicano che risponde al nome di Clint Eastwood. Di nuovo in gioco potrebbe riportare in gioco un certo tipo di pellicolona sportiva tipicamente americana. Sperando che non cada nello stucchevole come me questa settimana con il mio nuovo BFF Ford.

Per cosa sta BFF? Per Best Ford Forever!
Il consiglio di Ford: Clint non è mai uscito dal campo.
Alle spalle una settimana talmente assurda da sconvolgere perfino gli equilibri del rapporto tra il sottoscritto ed il suo antico rivale Cannibal Kid, finalmente abbiamo tra le mani una tornata di uscite che paiono - almeno parzialmente - decise con criterio.
Iniziamo con il ritorno da attore dell'inossidabile Clint Eastwood, che rispolvera la grinta del Walt Kowalski grantorinesco per interpretare questa pellicola a metà tra lo sportivo ed il dramma di formazione in famiglia con tanto di rapporto complesso da ricostruire con la figlia. Inutile dire che, nonostante il rischio retorica, lo attendo ferventemente.

"Quando Ford mi ha detto che avevi superato tutto l'astio per lui non ci volevo credere, Katniss Kid, ma ora ti posso dire che sono molto fiero di te!"
Lawless di John Hillcoat


Il consiglio di Cannibal: un film per tutti i fordiani
Più che un semplice film, questo potrebbe diventare il nuovo manifesto ufficiale del fordismo. Una pellicola che io non ho apprezzato per niente, nonostante compaia persino la mia preferita Jessica Chastain NUDA!, e che mi ha annoiato profondamente. Ma questo prima che all’ospedale psichiatrico mi curassero con un sano trattamento elettroshock. Se la rivedessi adesso che ormai mi sono convertito al fordismo magari lo rivaluterei. In ogni caso, questo è un film dal sapore country e western, una roba che tutti voi giovani e, soprattutto, meno giovani fordiani là fuori apprezzerete parecchio.

Per tutti gli altri, la blasfema recensione cannibale arriverà presto…
Il consiglio di Ford: meglio un fordiano fuorilegge che un Cucciolo al suo servizio.
Secondo film della settimana e seconda uscita attesissima dal sottoscritto: gli avventori abituali del Saloon - dal Cannibale a Lorant, ma non dimentico Frank Manila - hanno spesso e volentieri definito questo film come fatto su misura per il sottoscritto, quindi non posso che cogliere l'invito di amici, avversari, ex avversari e compagni di sbronze e consigliarlo a gran voce anche a tutti voi. Magari accompagnato da un bel bourbon di quelli che piacciono a noi vecchietti di Frontiera.

"Ford, per dimostrarti che ora siamo amici ti porto anche a fare qualche lezione di guida!"
Le 5 leggende di Peter Ramsey


Il consiglio di Cannibal: per me c’è solo una leggenda, Ford
Le 5 leggende è il nuovo film della DreamWorks che Oltreoceano non è partito molto bene. Sarà che una pellicola che vede protagonisti Jack Frost, Babbo Natale, il Coniglietto di Pasqua, Sandman e la Fata del dentino tutti insieme è una roba da cui scappare a gambe levate.

Io poi non ho mai creduto in Babbo Natale e tutti questi strambi personaggi. Fin da piccolo l’ho sempre saputo che di leggende ce n’era una e una sola vera, quella di Fantastic Mr. Ford, il blogger più mitico e anziano di tutta la blogosfera che ci protegge tutti indossando la sua tutina da wrestler!

Il consiglio di Ford: nel West, quando la Realtà incontra la Leggenda, vince la Leggenda. Qui al Saloon no.
Film targato Dreamworks che si preannuncia come uno dei più brutti titoli d'animazione degli ultimi anni, strampalato già dal trailer nonchè assolutamente inutile. Ennesima conferma di un 2012 certo non favorevole ai buoni e vecchi cartoni, ma in una settimana in cui sono stato graziato non da una, bensì da due pellicole potenzialmente molto fordiane, direi che posso anche fare finta di niente.

"Hey Kid, lo so che ora siamo amici, ma non fare troppo casino mentre esci con i tuoi compagni di scuola, ok!?"
E se vivessimo tutti insieme? di Stéphanie Robelin


Il consiglio di Cannibal: eh magari, come sarebbe bello vivere con Ford!
Nonostante il cinema francese quest’anno ci abbia regalato un sacco di perle, questa commedia mi attira meno di spendere dei soldi per votare Bersani o Renzi. Mi sembra una pellicola rivolta a un pubblico più, come dire?, maturo di me. Come il Maestro Ford. Lui, dall’alto della sua millenaria esperienza e saggezza, magari apprezzerà un film “maturo” come questo.

Il consiglio di Ford: si beve tutti insieme, ma si vive ognuno a casa propria.
Come è giusto che sia, la distribuzione nostrana non può neppure per sogno concepire una settimana in cui in sala passino soltanto proposte interessanti, così ecco spuntare uno dei film firmati dai nostri cugini transalpini con meno appeal dell'ultimo anno - e noi sappiamo quanti ne hanno sfornati di clamorosi, vero!? - che, udite udite, potrebbe addirittura mettere d'accordo me e il Cucciolo a proposito dello snobbarlo come se, per una volta, i francesi fossimo noi.

Ed ecco Cannibal Kid fotografato assieme ai compagni di casa di riposo di Ford.
Una famiglia perfetta di di Paolo Genovese


Il consiglio di Cannibal: un blogger perfetto, Ford
C’è una battaglia che io e il mio nuovo supereroe preferito Mr. Fordastic abbiamo sempre combattutto insieme: quella contro il pessimo cinema italiano. E questa settimana abbiamo addirittura 6 pellicole contro cui scagliarci, give me five Ford!

La prima di questa lunga italica serie è Una famiglia perfetta, che dubito fortemente si rivelerà una pellicola perfetta. Più probabilmente si rivelerà la versione radical-chic del cinepanettone, espressione che spero il mio nuovo superamico Ford apprezzerà molto.

Il consiglio di Ford: una squadra perfetta, Ford e Cannibale contro il Cinema italiano.
Non tutte le ciambelle riescono col buco e da tutti i sogni più goduriosi si finisce per svegliarsi con il pensiero di dover andare al lavoro, e così ecco che, dopo un esordio con i fiocchi, questo weekend assume le fattezze del più classico dei mostri che io ed il mio nuovo compare, non più Joker bensì Robin del Ford Oscuro, bottiglieremo selvaggiamente e senza alcuna pietà: il pessimo Cinema italico. Questa robaccia tutt'altro che perfetta è il primo esempio di nostra futura vittima sacrificale.

"Mi viene da piangere solo al pensiero di aver preso parte alle riprese di questo film."
L’amore è imperfetto di Francesca Muci


Il consiglio di Cannibal: Ford invece è perfetto, l’ho già detto?
Pellicola romanticosa italiana che non promette nulla di buono.
E sono pronto a scommettere che il mitico Ford la penserà proprio come me.

Altroché rivali, io e Ford ormai la pensiamo sempre allo stesso modo!
Il consiglio di Ford: sarà ancora meno perfetto quando avremo finito di prenderlo a bottigliate!
Terrificante pellicola pseudo-romantica che avrà lo stesso trattamento sia al Saloon che su Pensieri cannibali. E a dire il vero, dovrebbe averlo anche nei peggiori bar di Caracas.

Ford e Cannibal united against italian trash!

"Dite ciao ciao al Cinema italiano, ragazzi!"
Ci vediamo a casa di Maurizio Ponzi


Il consiglio di Cannibal: ci vediamo tutti a casa di Ford!
Qualche mese fa, avevo visto il video della canzone di Dolcenera che si chiamava “Ci vediamo a casa” e conteneva le immagini di un misterioso film che però nelle sale non si vedeva. Per le solite incomprensibili, disastrose, suicide e masochiste tecniche di promozione italiane, il suddetto film arriva solo ora. Non potevano coordinarsi e fare uscire film e canzone insieme, come Skyfall di Adele? No eh, troppo difficile.

Tralasciando questo splendido esempio di come l’industria cinematografica italiana faccia acqua da tutte le parti, non solo a livello qualitativo ma anche di promozione e distribuzione, ecco una pellicola che pure a livello qualitativo non fa molto ben sperare. Potrebbe essere una vaporidissata clamorosa di quelle che Ford adorerà prendere a bottigliate. E io con lui.

Il consiglio di Ford: mandiamo a casa il Cinema italiano. Almeno quello di questo genere.
Già digerisco a fatica Dolcenera.
Già non sopporto quando la distribuzione fa acqua da tutte le parti.
Già non trovo un senso rispetto alla realizzazione di schifezze come questa.
E devo pure sprecare tempo per scriverne!? Non credo proprio.

"Ora che Ford e Cannibal si sono alleati, non ci resta che espatriare!"
Itaker - Vietato agli italiani di Toni Trupia


Il consiglio di Cannibal: non facciamo i razzisti e vietiamolo a tutti, non solo agli italiani!
Ed ecco un film impegnato sugli immigrati italiani in Germania ambientato negli anni ’60. Chissà se l’ambientazione retrò regalerà un po’ di fascino a una pellicola che non sembra possederne troppa. Nel dubbio, io preferisco non saperlo. D’altra parte, questa si preannuncia come una visione troppo impegnata per i miei gusti, meglio lasciarla al Ford che lui da persona seria e militante quale è ci sguazza in queste cose.
Il consiglio di Ford: vietiamo alla distribuzione italiana di mettere mano alla programmazione dei film in sala.
Pellicola che mi attira meno di niente, di quelle che passano per figate da microfestival e che invece sono di solito robetta da salotto per signorotte milanesi senza nulla da fare per il primo spettacolo pomeridiano.

Retrò o no, questa volta mi evito qualsiasi impegno e piuttosto vado a ballare in disco accompagnato dal mio nuovo, giovane ed impareggiabile Aiutante Eroico!

"Non ti preoccupare di Ford e Cannibale! Con me stai in una botte de fero!"
Cosimo e Nicole di Francesco Amato


Il consiglio di Cannibal: Cannibale e Ford, finalmente amici
Scamarcio negli ultimi tempi sta facendo delle scelte interessanti, si sta facendo le ossa con piccole parti in film stranieri e in patria preferisce pellicole lontane dai 3 metri sopra al cielo che l’avevano fatto diventare il teen idol più amato dell’epoca pre-Bieber. Se devo puntare su una delle proposte italiane del weekend, direi che questa potrebbe essere la scelta migliore. Ma il mio parere in fondo non conta molto. Il più importante è quello di Ford, sono proprio curioso di sapere cosa ne pensa lui, ora che è diventato il mio nuovo teen idol. Vai Ford, sei meglio dei One Direction!

Il consiglio di Ford: Ford e Cannibale, tag team champions!
Onestamente posso comprendere la volontà di Scamarcio di svicolare da certe dinamiche "troppo italiane" per tentare effettivamente una strada che potrebbe dargli una credibilità fino a questo momento clamorosamente mancata - o quasi -, eppure non riesco neanche sforzandomi ad avere voglia di buttarmi in una visione come questa. Sarà che ormai sono talmente abituato al livello infimo delle proposte made in Italy che neppure mi passa per la testa di scommetterci qualcosa!

"Quei due blogger di cui non ricordo il nome ci massacreranno di critiche: una bella sbronza è l'unico rimedio per non pensarci più!"
Melina - Con rabbia e con sapere di Demetrio Casile


Il consiglio di Cannibal: Melina? Meli-no
Guardate il trailer di questo film. Vi prego, guardatelo. Questo qua rischia di essere lo scult trash dell’anno, e forse del secolo. Dracula 3D è già nel dimenticatoio!
A questo punto, sono quasi curioso di vederlo. Potrebbe essere davvero una delle peggio atrocità mai prodotte nella storia del cinema e dell’umanità più in generale.
Che poi, come diavolo si fa a intitolare un film così? Melina - Con rabbia e con sapere, ma che titolo è? Gente, imparate da Ford. Lui sì che ha trovato un nome grandioso per il suo blog: WhiteRussian, un titolo che con astuzia attira sulla sua pagina la comunità più numerosa del mondo. Quella degli alcolizzati.

Il consiglio di Ford: con rabbia. E tante bottigliate.
Quando la scorsa settimana mi è capitato di visionare il trailer dell'ultima fatica di Dario Argento pensavo che avessimo toccato davvero il fondo. E invece no. Signore e signori, Cuccioli eroici e non, ecco a voi il trailer peggiore dai tempi di quello dedicato a Capitan Basilico, protagonista di una delle proposte più agghiaccianti dello scorso anno gentilmente offerte dalla Terra dei cachi.

Roba da far venir voglia di bere molto. O menare le mani.
O bere molto e poi menare le mani.

Cannibal Kid (a sinistra) e MrFord (a destra): Tag Team Champions!

Le ali dell'inferno

Autori: Joe R. Lansdale, Nathan Fox
Origine: USA
Anno: 2008
Editore:
BD




La trama (con parole mie): Claire e Janet Blassenville hanno da poco ereditato dalla vecchia nonna una casa sperduta nelle paludi della Louisiana che intendono sistemare per poterla sfruttare al meglio, che sia per loro o per una vendita.
Peccato che, una volta giunte nella "ridente località" insieme ad un gruppetto di amici, le due sorelle scoprano sulla loro pelle che la villa, un tempo di proprietà di una famiglia bianca che rese un inferno la vita degli schiavi, non solo è infestata, ma pare ben decisa a non lasciare che qualche visitatore indesiderato le sopravviva.
Con l'aiuto di uno strano sceriffo a cavallo e di un vecchio stregone voodoo che si dice abbia centocinquant'anni, Claire e Janet dovranno armarsi di fede e di un paio di efficaci incantesimi per confrontarsi con la responsabile delle apparizioni, siano esse letali, oppure no.




Il fatto che Joe Lansdale faccia capolino quasi regolarmente in casa Ford in una forma o nell'altra è diventato, negli anni, un piacevole rituale cui continuo a restare legato dai tempi della rivelazione che fu il ciclo degli incredibili Hap e Leonard - a proposito, Joe, vedi di sfornarci una loro nuova avventura presto! -: data la produzione davvero notevole del romanziere texano, però, a volte finisco per perdermi inesorabilmente alcuni suoi lavori, che fortunatamente Julez è sempre brava a scovare nelle occasioni più speciali.
Tra i regali del mio ultimo compleanno, infatti, figurava anche quest'opera a fumetti datata duemilaotto firmata dal buon Lansdale e dal disegnatore Nathan Fox, e che ha segnato il mio ritorno alle pubblicazioni Dark Horse dopo fin troppo tempo - da quando ho smesso di seguire con cadenza fissa il mondo delle "nuvole parlanti" ho finito per perdermi anche molte proposte singole che prima mi capitava di pescare ad ogni visita in fumetteria -, ricordandomi, al contempo, il periodo in cui mi dedicai alla sceneggiatura ed impazzii spesso e volentieri dietro agli sconnessi ritmi di lavoro dei disegnatori.
Tratto da un racconto del Robert E. Howard che fu creatore di Conan, Le ali dell'inferno - in originale Pigeons from hell - si inserisce nel tipico filone horror delle case infestate, differenziandosi da proposte come per il Cinema furono The others o The orphanage da una robustissima dose di contenuti pulp legati al gusto decisamente action dello scrittore, che non si sarebbe mai accontentato di portare sulla pagina spiriti e presenze senza indugiare su sangue a fiumi o qualche testa spaccata: in questo senso il tratto di Fox si incastra alla perfezione con i dialoghi di Lansdale - nonostante a mio avviso il ragazzo sia ancora acerbo, alle matite, e con ampi margini di miglioramento -, e contribuisce ad aiutare lo sceneggiatore nell'operazione di svecchiamento attuata rispetto ai protagonisti e al setting, ovviamente più vintage nell'edizione originale.
Claire, Janet ed i loro sventurati amici divengono così espressione della gioventù attuale, contrapposti allo sceriffo quasi eastwoodiano e allo stregone ultracentenario che riporta alla mente personaggi incontrati in più di un'occasione tra le pagine dei romanzi made in lansdaleandia, su tutti In fondo alla palude e L'ultima caccia.
Un'altra componente molto cara all'autore che torna a fare capolino anche tra le pagine di un fumetto legato ad un'opera non firmata da lui come questa - e dalle basi profondamente distanti dal realismo del tema, trattandosi di un horror fatto e finito - è senza dubbio quella legata alle questioni razziali negli stati del Sud, che Lansdale tratta spesso e volentieri con una sensibilità ed un'ironia che farebbero invidia al più pungente degli Spike Lee.
Cinematograficamente il soggetto si presterebbe molto bene ad una trasposizione assolutamente trash e grindhouse, firmata da gente del calibro di Robert Rodriguez o Rob Zombie, che troverebbero davvero pane per i loro denti in questo cocktail di voodoo, occultismo, ossa spezzate, pistoleri a cavallo, vecchi sciamani ed una maledizione che affonda le sue radici ai tempi dei campi di cotone e della schiavitù.
Sicuramente non una proposta per tutti, e se dovessi tracciare un percorso per un neofita del fumetto non partirei certo da un volume che ha nel caos - anche di struttura - e nelle atmosfere i suoi punti di forza, ma senza dubbio un piccolo cult da recuperare a man bassa per tutti gli appassionati di splatter, zombies, profondo Sud e di Joe R. Lansdale.


MrFord


"Well, I stand up next to a mountain
and I chop it down with the edge of my hand
well, I stand up next to a mountain
chop it down with the edge of my hand
well, I pick up all the pieces and make an island
might even raise just a little sand
'cause I'm a voodoo child
Lord knows I'm a voodoo child."
Jimi Hendrix - "Voodoo child" -

mercoledì 28 novembre 2012

Hatfields&McCoys

Produzione: History
Origine: USA
Anno: 2012
Episodi: 3




La trama (con parole mie): Anse Hatfield e Randall McCoy sono due amici pronti a proteggersi l'un l'altro nel corso della sanguinosa Guerra di Secessione americana. Quando il primo decide di disertare per tornare a casa tra i due si crea una frattura resa ancora più profonda dall'uccisione da parte di Jim Vance, fedele ad Hatfield, di un parente stretto di McCoy.
L'episodio accende la miccia di una disputa che vedrà le due famiglie darsi battaglia senza esclusione di colpi per più di un ventennio, dalle aule di tribunale alle risse di strada, e che costerà lacrime e vite di figli, fratelli, parenti vicini e lontani da entrambe le parti.
I due patriarchi, Anse e Randall, dovranno dunque trovare il modo di risolvere la questione prima che il conto delle esistenze spezzate diventi troppo caro per entrambi: ma soltanto uno tra loro riuscirà, con la vecchiaia, ad abbandonare i propositi di lotta.




Non sarebbe un vero Saloon, questo, se non amassi il western alla follia.
Ricordo quando, da bambino - parliamo del pieno degli anni ottanta - la sera capitava che, dopo cena, scendessi di due piani per andare a trovare i miei nonni materni, che abitavano nel nostro stesso palazzo: mio nonno, reduce della Seconda Guerra Mondiale, carattere orribile, aggressivo e litigioso con quasi tutto il mondo, giocatore di carte incallito - e discreto baro -, con me - ai tempi mio fratello era appena nato - diventava un pezzo di pane, viziandomi in ogni modo e permettendomi qualsiasi cosa.
Così, quando approfittavo di quel breve tempo prima che i miei richiamassero perchè tornassi a casa e andassi a letto, finì per acconsentire a tutte le mie richieste - soprattutto in materia di caramelle - mentre io guardavo ammirato un mondo alla tv che mi fece, di fatto, scoprire lui: dalla lotta libera - il mio amore per il wrestling nacque in quei primi giorni di incontri del leggendario Antonio Inoki - a tutta la filmografia di John Wayne, idolo di mio nonno soprattutto per i suoi ruoli lungo la Frontiera, da Ombre rosse a Sentieri selvaggi, da Rio Lobo a I quattro figli di Katie Elder.
Da allora, i miei sentimenti per il western non sono cambiati, anzi: con l'ingresso nella mia vita de Gli spietati di Clint Eastwood, tutto quello che era il mito, la leggenda, i ricordi di quelle sere magiche nella sala dei miei nonni che ispiravano poi durante il giorno la costruzione di improbabili capanne in stile indiano con coperte, sedie e oggetti di vario genere divenirono il lato onirico di un'epoca difficile, dura, sporca, che non fece sconti a nessuno: sotto questi segni è nato il romanzo che spero a breve di pubblicare, e si sono accumulate visioni sempre nuove.
Da Dead man a Il grinta targato Coen, la Frontiera non era più qualcosa di perfetto e tirato a lucido, ma un luogo di sangue e lotta, segnato nel profondo come chi l'aveva vissuta: Hatfields&McCoys, miniserie in tre episodi targata History, produzione firmata dal Kevin Reynolds che fu regista di Robin Hood - Il principe dei ladri e Waterworld, ne è una rappresentazione perfetta.
Ispirato ad una faida che vide opposte due famiglie e che è divenuta storica negli States, questo lavoro fotografa con un piglio decisamente autoriale - ma non per questo poco fisico - la sensazione di precarietà e continuo "lavoro di gomito" che era prerogativa di luoghi e tempi in cui, fondamentalmente, valeva spesso e volentieri la legge del più forte, e l'alternativa alla morte o ad una schiavitù mascherata da quieta sudditanza era data dall'imparare a difendersi, ad ogni età e senza alcun riguardo per nessuno.
In questo senso un plauso va senza dubbio agli autori, in grado di portare avanti uno script che, seppur reso a tratti ostico a causa dell'elevato numero di personaggi, presenta alla perfezione lo spirito di profonda volontà di lottare che animava uomini, donne ed intere famiglie, senza contare l'equilibrio con il quale vengono presentati personaggi clamorosamente discutibili ed altri sicuramente più nobili d'animo da una parte e dall'altra di questa rivalità che ricorda, pur se legata a diverse motivazioni, quella degli shakespeariani Montecchi e Capuleti.
Così, a tratti e a seconda dei differenti charachters, si finisce per parteggiare per l'una o l'altra parte, ben consci che, in casi come questi, poco importa ed importerà chi avrà davvero iniziato, o chi avrà rifiutato di porre la parola fine quando avrebbe potuto, che "non ci saranno meriti" - e neppure perdono -, e che sangue e morte avranno le redini saldamente in pugno, fino alla fine.
Preparatevi dunque ad una cavalcata che non porterà niente di buono se non qualche pallido momento di felicità che basterà un'occhiata a spazzare via: Hatfield o McCoy, non importa quale sarà il nome che porta il vostro prediletto, perchè il Destino avrà segnato per lui una pagina speciale del suo taccuino.
E non è deciso a fare sconti.
Un lavoro dunque pazzesco, girato con perizia, coinvolgente e tesissimo, con un cast stellare ed in forma smagliante - strepitoso Kevin Costner nel ruolo del ruvido Anse Hatfield, ottimo Bill Paxton in quello di Randall McCoy, ed una spanna su tutti un fantastico Tom Berenger a prestare fisicità ed anima allo "spietato" Jim Vance - che invito davvero tutti a recuperare: tre episodi che paiono film uno migliore dell'altro, una corsa attraverso due decadi che mostra la potenzialità distruttiva del rancore e del desiderio di rivalsa e che è diventata un simbolo nella Storia dei "giovani" Stati Uniti che, per qualità e forza, non esiterei ad associare a cose pregevoli come Game of thrones.
Dunque, che siate abituati alla Frontiera, oppure no, Hatfields&McCoys è un ottimo modo per affrontarla: perchè almeno una volta nella vita, tutti dobbiamo percorrerla almeno per un tratto.


MrFord


"I am what I create
believing in my fate
integrity is my name
all that I am doing
can never be ruined
my song remains insane
eye for an eye
eye for an eye
eye for an eye."
Soulfly - "Eye for an eye" -


martedì 27 novembre 2012

End of watch - Tolleranza zero

Regia: David Ayer
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 109'




La trama (con parole mie): Bryan Taylor e Mike Zavala sono due compagni di pattuglia, agenti che lavorano ogni giorno in uno dei distretti più violenti di Los Angeles. Per loro passare i momenti più tranquilli della giornata scherzando in macchina come due vecchi amici è normale quanto trovarsi coinvolti in una sparatoria, e le scene che si ritrovano davanti agli occhi sono spesso e volentieri di quelle che tutti vorrebbero evitare.
Il loro spirito d'iniziativa e la voglia di mettersi in mostra li porta, a volte, ad entrare in conflitto con colleghi, superiori, agenti federali e, ovviamente, i "cattivi": dall'ultimo galoppino da strada ai boss, infatti, tutti sanno che non si scherza con i pesci grossi dei cartelli della droga, pena il rischio di finire stecchiti prima ancora di scoprire di avere una taglia sulla testa.
Quando i due agenti scopriranno che una trappola li attende, potrebbe essere troppo tardi.





Avete presente quei film che vi danno soddisfazione neanche fossero un kebab di quelli piccanti da sentire le lacrime agli occhi, con la carne calda e saporita al punto giusto, pronti a riempirvi lo stomaco e darvi la carica per una bella bevuta?
Ecco: End of watch - e mi rifiuto di citare l'assurdo e ridicolo sottotitolo italiano - è uno di questi.
Scritto e diretto dallo sceneggiatore di Training day, che già mi aveva sorpreso in positivo con Harsch times - solido noir metropolitano con un Christian Bale in grandissimo spolvero di qualche anno fa -, suo esordio alla regia, questa tostissima via di mezzo tra un mockumentary ed un action movie mostra la vita di una pattuglia di poliziotti in un quartiere a rischio di Los Angeles, una delle metropoli più turbolente dal punto di vista della criminalità - organizzata e non - degli States.
Ayer, che scrive e dirige tagliando con l'accetta ed è palesemente dalla parte dei ragazzi in blu, dipinti di fatto come persone perbene al massimo dedite a qualche scherzetto da caserma, confeziona una sorta di thriller urbano dal ritmo serratissimo, un fratello cinematografico di quello che fu per il piccolo schermo The Shield, interpretato alla grande dai due protagonisti e reso sempre più credibile e profondo ad ogni minuto che passa, accelerando sempre più fino alla clamorosa sequenza che vede la coppia Gyllenhaal/Pena affrontare la trappola che i boss del cartello hanno in qualche modo organizzato per loro decidendo che si erano spinti troppo oltre per rimanere ancora in vita.
Sicuramente lo spirito dell'operazione è molto ammeregano, lo stile volutamente grezzo - la macchina da presa a spalla, che soprattutto nelle prime sequenze mette molto in difficoltà lo stomaco dello spettatore, non è proprio la più amata dall'audience - e molte prese di posizione potenzialmente discutibili, tanto che molti potrebbero storcere il naso di fronte al prodotto finito, eppure tutto funziona che è una meraviglia, e per una volta si ha la netta impressione di assistere alla versione più vera e realistica possibile di un film d'azione di quelli che normalmente tutti noi cazzoni cui piace fare i duri - o presunti tali - adoriamo, completi di sparatorie ed esplosioni varie in cui, ovviamente, a farsi male sono sempre e soltanto i bad guys.
In questo caso, però, non siamo all'interno di un Die hard o di un Arma letale, ma per le strade di una città che pare non fare sconti proprio a nessuno, e così finisce che ragazzi come Bryan e Mike, che in fondo non sono tanto diversi da noi - o forse noi non saremmo tanto diversi da loro, se facessimo quel tipo di lavoro -, si ritrovano a dover lottare con le unghie e con i denti per riportare a casa la pelle ogni giorno nella speranza di evitare che la propria moglie - o marito, o figlio - riceva la telefonata che nessun parente di poliziotto vorrebbe ricevere.
Senza dubbio, considerato il rapporto "qualità/prezzo", quello del piedipiatti è un mestiere ingrato a qualsiasi latitudine, specie se tradotto in un servizio prestato in strade ad alto potenziale di rischio: in questo senso, il lavoro di Ayer rende decisamente bene l'idea del culo che chi lo sceglie deve farsi ogni giorno - se si ha la sfortuna, o il coraggio, di pattugliare quartieri come quelli che frequentano i due main charachters della pellicola -, prendendosi comunque il tempo che serve anche per mostrare la quotidianità e la normalità degli stessi agenti, nei pregi e nei difetti, dalle piccole rivalità interne al senso di fratellanza che, inutile negarlo, cementa i rapporti di chi è costretto - volente o nolente - ad imparare a coprire le spalle del proprio partner confidando nel fatto che lui - o lei - faccia lo stesso per non finire dritto dritto all'obitorio.
Il regista e sceneggiatore, inoltre, riesce nella non facile impresa di non scadere nell'eccesso di retorica, e giunto all'apice drammatico del suo lavoro decide di chiudere mostrando quella stessa quotidianità che è andato fotografando istante per istante dal primo minuto della pellicola, il mondo che questi ragazzi spesso troppo avventati o troppo fragili - come quelli che tentano di fargli la pelle dall'altra parte - vogliono così disperatamente, e fieramente, difendere.
Quello che li vede sognare un matrimonio, o una figlia che possa non soltanto non frequentare mai un poliziotto, ma nessun uomo in generale.
Ragazzi come noi, insomma. Solo con il potere di una pistola e un distintivo.
Che possono essere i più difficili da gestire ed i più pericolosi da portare addosso in una vita tra le più difficili che abbiamo il potere di scegliere.


MrFord


"Hey love (hey love)
turn your head around (turn your head around)
take off that frown
your in love
wake up (wake up)
open the door (open the door)
don't cry no more
your in love."
Delfonics - "Hey Love" -


 

lunedì 26 novembre 2012

Arma letale

Regia: Richard Donner
Origine: USA
Anno: 1987
Durata:
110'




La trama (con parole mie): Roger Murtaugh è un veterano del Vietnam e poliziotto della Omicidi che ha appena compiuto cinquant'anni, sposato e con tre figli, alla ricerca di quella tranquillità che l'età comincia ad imporgli. Martin Riggs, vedovo, più giovane e alla ricerca di un incontro ravvicinato con la morte che lo ricongiungerebbe alla moglie, fu addestrato fin da ragazzo e proprio in Vietnam per diventare una vera e propria arma, finendo per trasformarsi in una mina vagante.
Quando dalla Narcotici Riggs viene assegnato come partner a Murtaugh, i due si trovano a dover fare i conti con le loro differenze e con un gruppo di trafficanti di droga disposti a tutto pur di mettere a tacere poliziotti zelanti come loro: lo scontro con i criminali coinvolgerà anche la famiglia di Roger, che dovrà imparare a fidarsi del suo instabile collega per poter portare a casa la pelle e proteggere i suoi cari.




Richard Donner avrà sempre un posto d'onore nel cuore del sottoscritto per aver permesso ad una meraviglia come I Goonies di diventare uno dei punti fermi della mia crescita, eppure i primi ricordi che ho rispetto a lui sono quelli - sconvolgenti, per allora - della sequenza d'apertura di Arma letale, supercult inossidabile che vidi per la prima volta quando ancora credo che fosse estraneo alle emittenti televisive il concetto di "parental advisory": facevo le elementari, e pronti via, dopo il classicone Jingle bell rock, partiva al volo una sequenza che vedeva la tipica modella strafatta che, in pieno delirio e mostrando quello che allora mi pareva clamoroso - e che non era nient'altro che un seno nudo - si gettava nel vuoto schiantandosi su una macchina.
Come se non bastasse, di lì a poco feci la conoscenza di Martin Riggs, uno dei personaggi più azzeccati che il folle Mel Gibson abbia mai interpretato, pronto ad ogni piè sospinto non soltanto a togliere di mezzo i criminali di turno ma anche ad infilarsi la canna della pistola in bocca, pronto ad affrescare le pareti con la sua scombinata materia grigia per raggiungere la moglie morta tragicamente.
A fare da contrappeso a questi elementi destabilizzanti giunse in soccorso Roger Murtaugh con la sua famiglia, che in un certo senso fotografava una realtà più simile a quella che vivevo tutti i giorni con i miei e mio fratello, quasi facesse da ancora rispetto al mondo invaso dal caos di Riggs e della storia che avrebbe coinvolto entrambi i poliziotti: ma prima di parlare della trama, o del fatto che, a venticinque anni di distanza, questo poliziesco fracassone e roboante ancora funziona e diverte nonostante alcuni palesi limiti, voglio godermi la sensazione dell'ennesima visione concessa alle avventure dei due protagonisti, alle praticamente innumerevoli scene cult disseminate nelle quasi due ore di durata - il salto di Riggs con l'aspirante suicida, ancora oggi il mio momento preferito, il poligono, la cena a casa Murtaugh, lo scontro con il torturatore, i continui botta e risposta dei due poliziotti - e alla sensazione che Arma letale sarà sempre un porto cui potrò fare ritorno nei momenti di difficoltà, quasi una riserva d'aria in caso di apnea cinematografica.
Per il resto, quello che ci troviamo ancora di fronte è un film solido e convincente, scritto dallo stesso Shane Black che qualche anno dopo avrebbe firmato un'altra pietra miliare - L'ultimo boy scout, appena passato da queste parti - del genere, non privo di difetti ma pane e salame abbastanza per essere altamente credibile anche ora, praticamente in un'altra epoca: oserei dire anzi che, insieme a Danko - che resta comunque superiore -, si possa parlare di una delle migliori espressioni dell'hard boiled made in USA del decennio, simbolo di una certa tipologia di pellicole che ora pare quasi fuori moda ma che, al contrario, è assolutamente perfetta per costruire e cementare ogni rapporto d'amicizia, fratellanza o tra padri e figli che si rispetti, unendo di fatto generazioni appartenenti a realtà differenti grazie ad ironia, follia, qualche sparatoria che non fa mai male e botte senza risparmiarsi - si veda lo scontro finale -, giusto per manifestare il proprio sostegno a chi ci guarda le spalle, ricambiato.
Andrebbe spesa qualche parola anche per l'albino selvaggio interpretato da Gary Busey, mitico interprete di Un mercoledì da leoni ed altrettanto mitico Angelo Pappas di Point break, qui nel ruolo di psicopatico ammazzacristiani dalla prima apparizione destinato alla resa dei conti con "l'arma letale" Mel Gibson: spesso e volentieri, negli action che si rispettano, anche il "cattivo" contribuisce - e non poco - alla riuscita dell'operazione.
Ma si potrebbe costruire una serata intera di bevute, su una visione come questa: per quanto non si parli di Capolavori, o di chissà quali alte opere artistiche, ringrazio che ci siano stati film come Arma letale ad alimentare la mia passione per la settima arte.
Senza di loro, non sarebbe davvero lo stesso.


MrFord


"Jingle bell, jingle bell, jingle bell rock
jingle bells chime in jingle bell time
dancin' and prancin' in Jingle Bell Square
in the frosty air."
Bobby Helms - "Jingle bell rock" -


domenica 25 novembre 2012

Critters - Gli extraroditori

Regia: Stephen Herek
Origine: USA
Anno: 1986
Durata: 82'




La trama (con parole mie):  siamo nel cuore del Midwest americano, in una piccola cittadina dove vive la famiglia Brown. In fuga da cacciatori intergalattici, un gruppo di curiosi predatori dalla dentatura da record precipita proprio nella stessa località seminando il panico e lasciando sulla sua strada distruzione e morte.
Quando due bounty hunters venuti dallo spazio giungono per imprigionare i piccoli mostri, troveranno proprio nei Brown, bersaglio dei Critters - questo il loro nome - alleati insoliti quanto preziosi.
A suon di bombe fatte in casa e fucili laser, ovviamente, la minaccia verrà debellata e per il giovane Brad si realizzerà una sorta di sogno ad occhi aperti.




Parlare della mia infanzia e delle giornate d'estate passate a fare la spola tra casa Ford e la videoteca di Paolo riesce sempre a mettermi di buon umore, quasi il racconto avesse il potere di riportarmi ai tempi in cui tutto era magico e decisamente più facile di ora, e la stessa settima arte pareva piegarsi al volere della meraviglia e dell'incanto: guardato in questo nuovo millennio dell'età adulta e delle innumerevoli crisi economiche, un film come Critters raschia senza troppi problemi il fondo del barile dei b-movies, considerato l'infimo livello di quasi ogni suo aspetto - tecnico, recitativo, legato alla memoria dell'audience -, eppure allora, in compagnia di mio fratello, devo averlo visto qualcosa come un migliaio di volte, spinto dal fascino della vita in una fattoria nel cuore degli USA, delle bombe costruite in casa dal giovane protagonista Brad - non sto neppure a dirvi quali esperimenti tentai di compiere con gli strumenti che potevo avere in un appartamento milanese per tentare anche io la strada del piccolo bombarolo, ovviamente senza successo - e dall'impatto dei due cacciatori extraterrestri giunti in un angolo di questo mondo per assicurare ad una sorta di Giustizia galattica i terribili pupazzetti dentati protagonisti di uno dei film obiettivamente più brutti degli anni ottanta.
Ricordo ancora l'esaltazione nel vedere uno dei due poliziotti mutaforma appena citati scegliere di prendere le sembianze del rocker Johnny Steele - omaggio palese al metal parruccone di quel periodo - con tanto di brano musicale del suddetto che registrai su un'audiocassetta dal video della vhs ed ascoltai a ripetizione con il mio primo walkman, o il brivido di ogni singola esplosione causata dagli ordigni preparati da Brad: un tripudio per gli occhi ed il cuore.
Ovviamente, una proposta del genere oggi non riesce neanche per scherzo a rendere l'idea della magia di allora trasformandosi in un'indecente baracconata con mostri che finiscono per essere poco più di peluche malfatti ed un'atmosfera che vorrebbe, nei suoi desideri più reconditi, mantenersi ai livelli di quella di Gremlins o Tremors, chiaramente senza successo.
Ad ogni modo, non riesco a voler male a quello che è stato uno dei miei cult d'infanzia, tra rock tamarro, deflagrazioni, atmosfera da provincia profonda e fucili laser che allora avrei dato davvero tutto per avere.
In tutta onestà, al contrario dei miei tanto amati action, non potrei davvero consigliarvi il recupero di un titolo di questa fattura, eppure dovesse capitarvi in tv, o in una serata trash passata con gli amici, in the mood for molte risate o molto, molto alcool, allora il discutibile lavoro di Stephen Herek potrebbe assumere significati insolitamente nuovi.
O riportarvi indietro ad un tempo in cui tutto era davvero più semplice.


MrFord


"Day after day
I watched love fade away
I wanted love to stay
day after day
the games we played
the foolish things we say
the pain won't go away
day after day."
Ozzy Osbourne - "Time after time" -


sabato 24 novembre 2012

L'ultimo boy scout

Regia: Tony Scott
Origine: USA
Anno: 1991
Durata: 105'




La trama (con parole mie): Joe Hallenbeck è un fallito, o almeno così gli piace definirsi. Detective privato dedito ad alcool, sigarette ed incarichi di ripiego, con un matrimonio traballante ed un futuro incerto, viene coinvolto da un collega in un incarico che prevede la protezione di una spogliarellista destinata ad una brutta fine, fidanzata di un ex talento del football professionistico caduto in disgrazia per affari di droga e scommesse, Jimmy Dix.
Quando la ragazza viene uccisa, i due uomini si trovano loro malgrado alleati alla ricerca dei colpevoli di un intricata vicenda che vede coinvolti il proprietario degli Stallions di Los Angeles, un politico di spicco, criminali incalliti ed un giro losco che prevede corruzione ed omicidi a profusione.
Peccato che i cattivi di turno non abbiano davvero idea di essersi messi contro una squadra di outsiders di razza pronta a fare un gran culo a tutti loro, dal primo all'ultimo.
E senza sconti.





Se non suonasse macabro o comunque in qualche modo fuori luogo, direi che la morte ha portato parecchio bene a Tony Scott, almeno per quanto riguarda casa Ford.
Da sempre considerato, al Saloon, solo ed esclusivamente come il fratellino sfigato di Ridley pronto di tanto in tanto a regalare la trashata giusta da godersi quelle decine di volte senza mai annoiarsi, negli ultimi tempi il suddetto ha di fatto assunto le dimensioni del regista di culto proprio nell'ambito del mondo delle tamarrate, regalandomi perle che avevo colpevolmente ignorato o permettendomi di rispolverare gioiellini come Top gun o questo incredibile L'ultimo boy scout.
Visto l'ultima volta qualcosa come una ventina d'anni fa nel pieno del periodo di videoregistrazione compulsiva di mio fratello - che, lo ricordo bene, passava al setaccio le guide tv sottolineando almeno una decina di titoli al giorno programmando il timer in modo da non perdersene uno che fosse uno - e dunque clamorosamente dimenticato, questo supercult del larger than life è tornato prepotentemente a farsi sentire nella sua versione in bluray senza aver perso un briciolo dello smalto che aveva anche ai tempi del nastro: costruito come una sorta di gemellino del terzo capitolo della saga di Die hard firmato John McTiernan - anche se sarebbe più opportuno affermare il contrario, considerato l'anticipo dell'opera di Scott rispetto a quella dell'autore di Predator - ed altrettanto divertente, L'ultimo boy scout potrebbe definirsi senza alcuna fatica come uno degli emblemi dei film a tematica "amicizia virile", come se non bastasse in grado di traghettare nel pieno degli anni novanta lo spirito guascone e casinaro manifesto di tutta la saga di John McClane, personaggio al quale il detective Hallenbeck - che credo abbia stabilito il record assoluto di sigarette fumate in un film - deve sicuramente ben più di qualcosa.
Scritto, tra gli altri, dallo stesso Shane Black creatore di Arma letale - altro supercult che passerà a breve da queste parti -, questo clamoroso divertissement regala spasso garantito, un ritmo perfetto, un cast all'interno del quale spiccano attori ed attrici divenuti famosi soltanto anni dopo - Halle Berry su tutti, ma anche il Kim Coates di Sons of anarchy, protagonista di una delle sequenze più esilaranti del film e dello scambio con Bruce Willis legato al "toccami un'altra volta e ti uccido" che, prometto, non dimenticherò mai più - ed un continuo botta e risposta tra i due protagonisti da fare invidia agli scambi letterari di Hap e Leonard e di Walt Kowalski con il suo barbiere in Gran Torino.
Ovviamente il tutto senza contare sequenze d'azione pazzesche, sparatorie, esplosioni, scazzottate in grande stile, un'apertura ed un finale nel pieno di uno stadio di football davvero di grande effetto, e l'elemento destabilizzante fornito dalla figlia di Hallenbeck, che dal padre pare avere ereditato l'ironia graffiante, la faccia tosta ed un coraggio davvero niente male per un'adolescente ancora alle prese con l'apparecchio per i denti.
Un cocktail, dunque, riuscito alla grande e senza ombra di dubbio uno dei film meglio riusciti di Tony Scott, talento che ormai ritengo sempre più cristallino del panorama sguaiato e casinaro del Cinema sopra le righe: non nascondo anche di aver provato una certa malinconia per tempi che si fanno sempre più lontani e prodotti che, ora, paiono essere fuori portata per quasi tutti i giovani registi che approcciano il genere con un piglio da saccenti che starebbe bene giusto al killer Milo, che Hallenbeck e Jimmy Dix non fanno giustamente altro che prendere per il culo.
E chi può biasimarli, del resto!?


MrFord


"I've got my saddle
on my horse.
He's called....T-t-t-t-t-trigger
of course.
I wanna be a cowboy
and you can be my cowgirl
I wanna be a cowboy
and you can be my cowgirl
I wanna be a cowboy."
Boys don't cry - "I wanna be a cowboy" -