Regia: Denis Villeneuve
Origine: Canada
Anno: 2009
Durata: 77'
La trama (con parole mie): nel pomeriggio del 6 dicembre 1989, Marc Lepine fece irruzione, armato di tutto punto, all'Ecole Polytechnique, dipartimento di ingegneria dell'Università di Montreal, deciso a vendicarsi delle femministe responsabili di avergli rovinato la vita, prima di suicidarsi.
Senza preoccuparsi degli studenti e del personale di sesso maschile, il giovane si muove all'interno dell'istituto prendendo di mira le sole donne, forte delle sue convinzioni e della scarna, breve lettera lasciata a giustificare il suo massacro.
Quando la furia omicida deciderà di autoimporsi la parola fine con un colpo di fucile alla testa, quattordici vittime saranno state mietute.
Le stesse cui il regista dedica il film.
Figlie, mogli, madri, donne.
Prima di cominciare, ringrazio Ottimista per la prima segnalazione di questo film, e addirittura il mio antagonista Cannibale, autore dell'ottimo post che mi ha indotto a recuperarlo.
"Ma come puoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire."
Ricordo quanto le parole che Boccadoro rivolse all'amico fraterno protagonista con lui di uno dei romanzi cult della mia adolescenza mi colpirono, ai tempi, scatenando quello che fu un vero e proprio amore letterario per Hermann Hesse, uno degli idoli dei miei anni al liceo e dei primi tentativi legati alla scrittura.
Nel corso della visione di Polytechnique, frutto dell'innegabile talento di Denis Villeneuve - già entrato nel cuore di casa Ford grazie allo splendido Incendies - La donna che canta -, l'orrore e l'inquietudine legati alla terribile vicenda narrata - che ha ben più di un punto in comune, tecnicamente e come impatto, con quello che può essere considerato il Capolavoro di Gus Van Sant, Elephant - sono arrivati soltanto ovattati agli occhi e al cuore del sottoscritto, resi meno incisivi e devastanti proprio dal potere di quello che mi pare sia il messaggio estremamente positivo, per quanto dolente e frutto di lacrime, della pellicola.
Un momento in particolare ha cambiato la percezione di una caccia spietata ed orrorifica che le ellissi e la violenza mai mostrata direttamente non parevano in grado di riuscire a rendere più sopportabile: J.F., uno dei primi studenti a cercare di aiutare le ragazze ferite dal killer, torna dalla madre per pranzare con lei, in attesa di un Natale che non vedrà mai, spinto da un senso di colpa legato alla sanguinosa follia di chi, al contrario, di colpa non ha neppure sentito parlare, votato ad un concetto di giustizia che nessuno, al di fuori della sua mente, potrà davvero concepire.
Da quel momento, nella responsabilità espressa dal giovane studente e nel coraggio di Valerie di rinascere una volta vissuta un'esperienza come quella dell'Ecole Polytechnique, tutto pare poter essere affrontato: con fatica, e non senza sofferenza.
Certo, è difficile pensare che da un film come questo possa nascere un punto di vista ottimista, considerato il peso che opprime l'anima di noi spettatori che osserviamo l'atroce racconto portato sullo schermo vent'anni dopo i fatti, e considerata quella che è la scelta dello stesso J.F., motore della mia epifania in positivo. Eppure, non riesco davvero a vederla in un altro modo.
Lo stesso post, che si affacciava dirompente già nel corso della visione e prendeva una sua forma autonoma, è passato dalla desolazione dei corridoi vuoti, in cui borse e fogli paiono lapidi ed il bianco e nero il sudario di un'esistenza dominata dall'odio, e destinata a generarne ancora, e ancora, alla luce negli occhi di una giovane donna che non fa altro che lottare perchè i suoi sogni e la sua vita prendano forma, dalla scelta nell'indirizzo di ingegneria a quella di una famiglia ed un futuro.
E' in lei, che brilla la luce di qualcosa che sfugge all'assassino, e assumono un significato ancora maggiore le parole che Hesse scrive per Boccadoro: "non si può morire senza una madre", neppure puntandosi un fucile in mezzo alla fronte e facendo fuoco.
"Senza madre non si può amare", e di certo, il killer dell'Ecole Polytechnique dimenticò il senso stesso di questa parola: quello che sta alla base di ognuno di noi, e nel bene e nel male ci forma, e spinge verso il futuro e la vita, in tutti i sensi.
"Senza madre non si può morire", si diceva.
Nessuno potrà riportare indietro alle famiglie le proprie figlie, mogli, compagne, amiche o amanti, eppure tutte loro, da vittime, saranno portatrici di un'eredità per tutte le Valerie che resteranno.
Un'eredità che l'autore del massacro non ha mai conosciuto, e non conoscerà mai. Quella dell'amore.
Questa è la scelta più coraggiosa ed importante di Villeneuve e della sua opera: una voce soffusa contrapposta ad un grido di rabbia atroce, una delicata e quasi impercettibile sinfonia leggera come la neve che si posa su una Montreal irreale, come irreale suona la crociata di Lepine - mai nominato nel corso del film - contro il femminismo, causa dei mali della sua vita.
Il femminismo che spinge un giovane a percorrere corridoi vuoti in nome del timore che possa essere riscritta la Storia in nome del concetto di Donna.
E, dunque, di Madre.
"Senza madre non si può amare", continua a suggerire Boccadoro, e così Villeneuve.
Ed è inconcepibile pensare di chiudere i conti senza aver provato almeno una volta a stare di fronte alla donna cui dobbiamo tutto.
Come J.F., come un debito di riconoscenza prima di andarsene.
Come Valerie, ed un'eredità trasmessa ad una vita che si deve ancora compiere.
Caro assassino in bianco e nero, tu non puoi morire. Neanche con un colpo in testa.
Sei ancora qui, senza riuscire a toccare quella neve, per ricordarci che esiste altro, in questo mondo.
Esiste la vita.
E nessuno come la Donna è in grado di regalarla.
Non puoi morire, perchè è importante che tu stia qui, e scopra che siamo tutti figli.
E tutti orgogliosamente femministi.
Da quel momento, nella responsabilità espressa dal giovane studente e nel coraggio di Valerie di rinascere una volta vissuta un'esperienza come quella dell'Ecole Polytechnique, tutto pare poter essere affrontato: con fatica, e non senza sofferenza.
Certo, è difficile pensare che da un film come questo possa nascere un punto di vista ottimista, considerato il peso che opprime l'anima di noi spettatori che osserviamo l'atroce racconto portato sullo schermo vent'anni dopo i fatti, e considerata quella che è la scelta dello stesso J.F., motore della mia epifania in positivo. Eppure, non riesco davvero a vederla in un altro modo.
Lo stesso post, che si affacciava dirompente già nel corso della visione e prendeva una sua forma autonoma, è passato dalla desolazione dei corridoi vuoti, in cui borse e fogli paiono lapidi ed il bianco e nero il sudario di un'esistenza dominata dall'odio, e destinata a generarne ancora, e ancora, alla luce negli occhi di una giovane donna che non fa altro che lottare perchè i suoi sogni e la sua vita prendano forma, dalla scelta nell'indirizzo di ingegneria a quella di una famiglia ed un futuro.
E' in lei, che brilla la luce di qualcosa che sfugge all'assassino, e assumono un significato ancora maggiore le parole che Hesse scrive per Boccadoro: "non si può morire senza una madre", neppure puntandosi un fucile in mezzo alla fronte e facendo fuoco.
"Senza madre non si può amare", e di certo, il killer dell'Ecole Polytechnique dimenticò il senso stesso di questa parola: quello che sta alla base di ognuno di noi, e nel bene e nel male ci forma, e spinge verso il futuro e la vita, in tutti i sensi.
"Senza madre non si può morire", si diceva.
Nessuno potrà riportare indietro alle famiglie le proprie figlie, mogli, compagne, amiche o amanti, eppure tutte loro, da vittime, saranno portatrici di un'eredità per tutte le Valerie che resteranno.
Un'eredità che l'autore del massacro non ha mai conosciuto, e non conoscerà mai. Quella dell'amore.
Questa è la scelta più coraggiosa ed importante di Villeneuve e della sua opera: una voce soffusa contrapposta ad un grido di rabbia atroce, una delicata e quasi impercettibile sinfonia leggera come la neve che si posa su una Montreal irreale, come irreale suona la crociata di Lepine - mai nominato nel corso del film - contro il femminismo, causa dei mali della sua vita.
Il femminismo che spinge un giovane a percorrere corridoi vuoti in nome del timore che possa essere riscritta la Storia in nome del concetto di Donna.
E, dunque, di Madre.
"Senza madre non si può amare", continua a suggerire Boccadoro, e così Villeneuve.
Ed è inconcepibile pensare di chiudere i conti senza aver provato almeno una volta a stare di fronte alla donna cui dobbiamo tutto.
Come J.F., come un debito di riconoscenza prima di andarsene.
Come Valerie, ed un'eredità trasmessa ad una vita che si deve ancora compiere.
Caro assassino in bianco e nero, tu non puoi morire. Neanche con un colpo in testa.
Sei ancora qui, senza riuscire a toccare quella neve, per ricordarci che esiste altro, in questo mondo.
Esiste la vita.
E nessuno come la Donna è in grado di regalarla.
Non puoi morire, perchè è importante che tu stia qui, e scopra che siamo tutti figli.
E tutti orgogliosamente femministi.
MrFord
"Mother, you had me
but I never had you
I wanted you
but you didn't want me
so I got to tell you goodbye
goodbye."
but I never had you
I wanted you
but you didn't want me
so I got to tell you goodbye
goodbye."
John Lennon - "Mother" -
Devo assolutamente recuperare questo e La donna che canta. Ne hai scritto benissimo in entrambi i casi...
RispondiEliminaRossana, sono due film meravigliosi.
EliminaRecuperali assolutamente.
Pure io!
RispondiEliminaSimone, stesso discorso di Rossana. Corri a recuperarli!
Eliminami godo quest'ottimo post e soprattutto i complimenti nei confronti del mio ottimo post, ed evito per una volta di attaccarti.
RispondiEliminama tranquillo che appena rimetti piede nel saloon, la musica cambierà :)
Sono tornato, come vedi.
EliminaE mi godo, per una volta, un attacco risparmiato.
Ma sono sicuro che in materia "europea" tornerai alla carica! :)
Nel post (ottimo davvero) di Cannibal si sentiva l'angoscia e l'impotenza dello spettatore che, sapendo quello che sta per succedere, vorrebbe poter fermare il mondo e deviare il senso delle cose per evitare la strage. Tu hai posto uno splendido accento sulla figura della donna e della madre.
EliminaDue ottiche diverse ma entrambe interessanti, sensibili e ricche di spunti di riflessione.
Non e' un banale 1 a 1 e' un Grazie ad entrambi.
Irriverent, grazie a voi che le leggete, e, chissà, forse ne riuscite a tirare fuori qualcosa che va anche oltre quello che siamo riusciti a scrivere io e il Cannibale.
EliminaPer una volta, è interessante poter parlare di un film dalla stessa parte della barricata. :)
Pensa che questa cosa e' piaciuta anche a me che mi ribalto dalle risate a leggere delle vostre dispute :-)
EliminaOgni tanto ci vuole anche questo, in fondo. :)
EliminaAllora, a quando il fantomatico ritrovo alla Bocciofila?
Dopo il 22, quando vuoi ( prima abbiamo il campus estivo di inglese).Altrimenti, se ti accontenti solo della mia (escudaseepoco) presenza anche a pranzo ( tanto io al mattino sono in zona centro)
EliminaSister, si potrebbe fare come preambolo.
EliminaFacciamo così: mandami una mail, così vediamo cosa riusciamo ad organizzare!
Mi son sempre chiesta se i post ti vengano già mentre guardi, o se accumuli sensazioni e critiche per poi srotolarle solo quando ti siedi a scriverne. Il film sembra molto bello, e soprattutto sembra uno di quelli che mi strappano le budella, e dopo devo ricompormi. Le storie vere, se sapute raccontare, non si fanno dimenticare facilmente.
RispondiEliminaNon conoscevo questa canzone di Lennon (come tante altre, ma se scrivo "questa" si nota meno)
Elle, onestamente non saprei risponderti.
EliminaA volte alcune idee mi vengono nel momento in cui sto guardando il film, altre rimangono in silenzio, ed escono solo quando inizio a scrivere.
Sicuramente, sono sempre guidato dal loro istinto.
Comunque, recupera questo film. Merita davvero.
Potente e glaciale. Mi hai fatto venire voglia di rivederlo. :)
RispondiEliminaConcordo in pieno.
EliminaFilm tesissimo, come un fiocco di neve tagliente.
un film bellissimo e lancinante!
RispondiEliminaVerissimo.
EliminaOrmai Villeneuve è uno dei nomi di punta in casa Ford!
Splendido lato dal quale raccontare il film.
RispondiEliminaSì, il finale è una seconda morte del killer, un inno alla vita.
E alla donna, essere per me superiore
La donna è il più grande mistero, la cosa più affascinante e più letale con la quale noi animali possiamo avere a che fare. ;)
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