Regia: J. C. Chandor
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 107'
La trama (con parole mie): siamo nel ventre di una grande banca dedita agli investimenti in un tempo che è l'oggi, ma potrebbe anche essere ieri o domani.
Un veterano della compagnia è cordialmente invitato a farsi da parte, ma prima di fare in modo che tutto il suo lavoro scompaia, lascia in eredità a un giovane genio della finanza il lavoro sul quale da tempo stava spremendo le sue meningi: questo semplice gesto apparentemente di rivolta contro la grande azienda scopre in realtà il nervo di una crisi annunciata che i protagonisti della storia - nonchè i vertici della banca stessa - dovranno fingere di non arginare, arginandoli, prima che tutto il sistema crolli.
Una cosa già sentita?
Certo, succede ogni giorno. E' un furto legale. E noi non ci accorgiamo quasi mai di nulla.
Tranne per il fatto di restare con le pezze al culo.
Margin call è un film ostico, e molto, molto tosto.
Sarei un vero ipocrita se non ammettessi di essermi perso più di una volta dietro ai complessi discorsi legati al mondo dell'alta finanza e alle crisi che, periodicamente, scuotono i mercati globali finendo per giocare sui destini di chi, come noi, vive ben lontano dai paradisi fiscali e dalle partite di uno sport pericolosissimo che ha sostituito, di fatto, molti dei traffici illeciti del vecchio secolo.
Eppure il senso c'è, ed è tutto lì.
E cosa ancor più importante, tende ad assumere una dimensione più seria e potente mano a mano che il tempo dalla visione passa, finendo per lasciare una cicatrice neanche fosse il più spinto ed inattaccabile dei documentari verità: Margin call è il ritratto di quello che gli yuppies anni ottanta vivevano come un modo per fare i soldi senza i rischi dell'essere gangsters e trafficanti di droga o l'esposizione di sportivi ed attori e cantanti ed ora è divenuto una sorta di oceano da camera all'interno del quale si muovono squali in grado di gestire come e più che mai i destini del mondo, conosciuto e non.
Un film a suo modo piccolo, eppure devastante ed enorme nelle implicazioni, di quelli che necessitano più visioni per essere compresi a fondo, e ad ognuna di esse rispondono con nuove riflessioni indotte nel pubblico: grazie ad un cast a dir poco perfetto ed in stato di grazia - anche rispetto ad attori ritenuti ormai universalmente sul viale del tramonto come "Polpetta" Bettany o attrici mai davvero considerate tali come Demi Moore -, una sceneggiatura ottima giocata sul tempo, il ritmo e la parola ed una regia che lascia al resto lo spazio che necessita per farsi strada sotto la pelle dello spettatore, Margin call diventa inesorabilmente il corrispettivo, più che di Wall street e decisamente in misura maggiore rispetto a Wall street - Il denaro non dorme mai di Americani per gli anni zero.
Se la pellicola di James Foley rappresentava tutti i lati oscuri del lascito degli eighties nella cultura della vendita anni novanta, Margin call ne eredita il pessimismo di fondo affidandosi ad una sorta di sinfonia da camera che ne ripropone i temi a tutti i livelli - da chi è licenziato a chi, al contrario, prospera sotto ombrelli di miliardi di dollari ai vertici della compagnia - lasciando ben poco spazio all'umanità, relegata ad un cane moribondo e alla speranza di un futuro - di coppia o riferito ai giovani che crescono nell'isolamento o nell'illusione di status symbol - che tanto roseo non è.
Anzi, tutt'altro.
Certo, le praterie della finanza e gli squali della borsa sono quanto di più lontano possa esistere dal saloon e da questo vecchio cowboy, eppure resta indiscutibile il valore di una produzione non così piccola da apparire autoriale quanto basta per essere apprezzata dai radical chic frequentatori di Festival e non abbastanza grande da fare breccia nel cuore del grande pubblico, ma clamorosamente intelligente e sorprendentemente coinvolgente sia a livello cinematografico - pare più un thriller da morti ammazzati che non una sorta di trattato semplificato sulle manovre aziendali nei mercati azionari ad alto livello - che emotivo - ogni personaggio, o quasi, ha qualcosa in grado di stuzzicare la curiosità e la partecipazione dell'audience -.
Non sarà facile approcciarlo - soprattutto nell'ambito specifico della materia trattata - eppure, con i dovuti sforzi richiesti da ogni cosa per cui vale la pena farsi un pò di culo, risulterà una visione in grado di sedimentare e tornare in superficie quando meno ve lo aspetterete, tra le più interessanti che il genere - e non solo - abbiano al momento da offrire.
E questo, in barba alla borsa e agli spot, non ha prezzo.
MrFord
"If I was a wizard of finance
speculating every day on Wall Street
my dividends would be so tremendous, baby
even Dow Jones would find it hard to believe."
Parliament - "Wizard of finance" -
mmmh interessante, è già uscito? Perchè se è così cercherò di vederlo :)
RispondiEliminaio l'ho trovato semplice da comprendere, anche perché è tutto spiegato per poter essere capito anche "da un bambino o da un golden retriever"
RispondiEliminacomunque...
un film che mi è piaciuto parecchio, come avevo già detto nella mia recensione e come ribadirò nella mia classifica ormai in dirittura d'arrivo!
Arwen, purtroppo non ha ancora un distributore italiano. Del resto, qui dalle nostre parti siamo sempre avanti! ;)
RispondiEliminaCannibale, è spiegato chiaramente, questo è sicuro, ma un'ora e quaranta di economia, anche semplice, non so a te, ma a me rischia di spaccare i cosiddetti, dato che io sono pane e salame! ;)
Ho già commentato la tua classifica, su questo film restiamo clamorosamente d'accordo!
vorrei rassicurare i viandanti che da comprendere c'è poco, e non perché james abbia torto ma perché tanto il succo di tutti gli ostici discorsi finanziari è che ce la stanno sistematicamente mettendo nel [bip].
RispondiEliminaFrank, che ce la stiano buttando al culo è stata una cosa chiara dal primo minuto del film. Assolutamente vero.
RispondiEliminaIl resto è fumo negli occhi.
Poi, c'è da dire, in questo film è un fumo di grande stile.
Non mi attira molto, ma se ne parlate tutte così bene...
RispondiEliminaBel film davvero! Effettivamente c'è da dire che più che di difficile comprensione potrebbe risultare un attimino pesante proprio per l'argomento economico predominante, però il film si lascia comunque vedere senza troppe difficoltà secondo me....
RispondiEliminamai sentito, ma se gode della tua simpatia vedrò di visionarlo :)
RispondiEliminaOttimista, secondo me vale davvero la pena.
RispondiEliminaLoz, forse hai ragione. Anche se, a dire il vero, è scorrevole come un thriller. Solo in economese. ;)
Einzige, come per Ottimista: è un'ottima segnalazione - una delle poche, ahahahah - di Cannibale che si è rivelata davvero interessante! :)
Premessa: non c'entra niente con questo post!
RispondiEliminaMi ero talmente abituata (leggi assuefatta!!!) a vedere nel tuo blog la fotografia in alto che solo ora mi si è accesa la lampadina sul proprietario del giubbino ahahahahah!!! Aiutooo...sono da ricoverooo :)))
Melinda, prima o poi metterò le mani su quel giubbotto che pare fatto apposta per me, ma nel frattempo Ryan Gosling e Drive si manterranno saldi come polene di questo veliero!
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