Autore: Thomas Pynchon
Origine: Usa
Editore: Einaudi
Anno: 2009
La trama (con parole mie): siamo in California nei primi anni settanta, nel pieno dei riflussi legati alla guerra in Vietnam e alle stragi perpetrate dalla Manson Family, ma anche nel pieno rigoglio della cultura randagia e solare del surf, degli hippies e della psichedelia.
Doc Sportello, investigatore privato dal regime allucinogeno sostanzioso, chiamato in causa dalla sua affascinante ex Shasta, si mette sulle tracce dell'attuale fidanzato di lei, un palazzinaro che pare avere agganci inquietanti con un'organizzazione criminale nascosta come un ninja nel buio chiamata Golden Fang.
Doc Sportello, investigatore privato dal regime allucinogeno sostanzioso, chiamato in causa dalla sua affascinante ex Shasta, si mette sulle tracce dell'attuale fidanzato di lei, un palazzinaro che pare avere agganci inquietanti con un'organizzazione criminale nascosta come un ninja nel buio chiamata Golden Fang.
Per le strade di L. A. e nei casinò di Las Vegas, dalla spiaggia agli uffici di Procuratori Distrettuali, l'insolito segugio si troverà invischiato in un caso ben più complesso di quanto non possa apparire, e dovrà ricorrere a tutto il suo intuito e alla sua capacità sciamanica per cavalcare l'onda giusta ed arrivare al tramonto tutto intero.
A seguito della recente scazzottata letteraria con Bens la mia curiosità si è concentrata su uno degli scrittori più tosti ed imprevedibili del panorama Usa, nonchè creatura quasi mitologica dall'isolamento anche più estremizzato di Salinger - pare che non si sia mai fatto vedere, intervistare, fotografare o tantomeno si sia sognato di ritirare personalmente qualsiasi premio -: Thomas Pynchon.
Certo, con un noir - pur se atipico - ed un'ambientazione californiana, il nostro misterioso scrittore partiva già con un discreto vantaggio ai miei occhi, eppure da subito è stato chiaro che avrei amato molto lo stile "cool" di Doc Sportello, lontano anni luce dai duri d'altri tempi come Mike Hammer e dal panesalamismo un pò rude di Hap e Leonard, eppure in grado di conquistarmi con il suo appeal profondamente lebowskiano senza sparare neppure un colpo o menare un cazzotto ben assestato per tutta la durata del romanzo.
La cosa che maggiormente colpisce, della prosa a volte nebulosa e sicuramente psichedelica di Pynchon, sono la grande energia e la fame di vita ed esperienze - spesso e volentieri allucinogene - che Sportello trasmette al lettore, tali da far pensare di trovarsi di fronte ad uno scrittore giovane ed arrembante, un surfista sulla trentina che si sveglia la mattina con l'hangover della sera prima, va a cavalcare qualche onda prima di fare colazione sulla spiaggia e gira a cazzo duro praticamente ventiquattro ore su ventiquattro: invece il signor Pynchon è classe 1937, ma pare proprio che il peso dell'età non si sia fatto sentire, almeno sulla sua mente, e la lucidità entusiasta con la quale segue e descrive il suo protagonista è sicuramente degna di un grande esploratore dell'esistenza, di quelli come piacciono a me, sempre pronti a muovere un passo avanti anche quando non avrebbero la forza neppure di sollevare il migliolo, tanta è la passione che li guida.
Inoltre, ad una vicenda rocambolesca, complessa, stratificata e a tratti decisamente confusa - volutamente o no che sia - l'autore aggiunge la zampata del leone attraverso lo straordinario confronto tra Sportello ed uno degli esponenti di spicco dell'aristocrazia politica dietro l'organizzazione della Golden Fang: nella frase "uno come lei, Sportello, ha perso il rispetto e la credibilità la prima volta in cui si è recato dal padrone di casa e ha pagato l'affitto" vibra tutto il conflitto tra il popolo del surf , dell'amore libero e dei viaggi oltre le porte della percezione ed una classe dirigente che sapeva già di yuppismo e squali della finanza, di una sorta di nobiltà che agli stendardi e ai vestiti appariscenti ha preferito il doppiopetto e alla spada la penna e la carta di credito, nel pieno rispetto di quello che è, ora come ora, l'indirizzo della cima della piramide sociale mondiale.
Come il Drugo, anche Doc è destinato a barcamenarsi sulle sue onde accontentandosi di un successo che significa soltanto stare in pace, godersi un viaggio a casa per le strade di una Los Angeles abbracciata dalla nebbia come una giovane bionda dal suo surfista del giorno sulla spiaggia e sapere che garantire per qualcuno, a volte, può portare meglio che farci su dei soldi.
Personaggi come Bigfoot Bjornsen e Coy Harlingen, come lui, conosceranno solo la grande sconfitta di chi si tuffa nell'oceano per cavalcare l'onda più grossa che c'è, ben sapendo che la Natura è un'avversaria troppo grande per dei semplici, piccoli uomini: eppure, Doc Sportello è pacifico, sicuro, strafatto, felice ed inossidabile.
Perchè anche se non sa dove sta andando, sa che vivrà ogni dannato secondo della sua cavalcata.
E non posso pensare che non sia un vero piacere fargli un pò di compagnia sulla tavola, in quel tubo d'acqua che pare non avere fine, ma è di un azzurro così incredibile da togliere il fiato.
MrFord
"And the girls on the bus kept on laughing at us,
as we rode on the ten down to Venice again.
flaring out the G-Funk,
sipping on a juice and gin,
just me and a friend.
feeling kinda groovy,
working on a movie. (Yeah right!)"
as we rode on the ten down to Venice again.
flaring out the G-Funk,
sipping on a juice and gin,
just me and a friend.
feeling kinda groovy,
working on a movie. (Yeah right!)"
Bran Van 3000 - "Drinking in L. A."-
Sapevo della sua complessità e ne ho sempre avuto timore, un po' come con Faulkner.
RispondiEliminaMa mi hai incuriosito parecchio, e questo Doc Sportello sembra proprio uno di quei personaggi che noi amiamo tanto.
A dopo.
;)
Fratellino, Doc è proprio pane per i nostri denti.
RispondiEliminaAppena puoi, recuperalo.
Ne vale la pena.