La trama (con parole mie): Il capitano Nascimento, uomo d'acciaio del Bopa - le squadre speciali incaricate di ripulire le favelas a suon di proiettili -, è preda di crisi d'ansia legate alla sua professione e all'imminente nascita del figlio. Decide così di sfruttare una ristrutturazione dei vertici delle squadre speciali e la visita del Papa - per la quale saranno costretti a fare gli straordinari per le strade dei quartieri poveri - per diventare istruttore e scegliere un successore che prenda il suo posto: Andrè e Neto sono i due candidati principali, il primo razionale ed intelligente, il secondo tutto cuore.
Amici e compagni, paiono completarsi alla perfezione.
Ma sarà soltanto uno, per scelta e per destino, a doversi confrontare una volta per tutte con la possibilità di caricarsi sulle spalle lo scomodo ruolo che fu di Nascimento.
Il mio pensiero fisso durante tutta la visione di questo film è stato Andrè.
In particolare, il discorso fatto ai suoi compagni di università a seguito della discussione a proposito del ruolo della polizia.
Andrè, cresciuto per le strade dominate dai trafficanti delle favelas, ribatte ai suoi amici studenti bianchi e figli della borghesia benestante che la loro ottica è faziosa ed accecata da un idealismo di comodo.
Loro, che nelle favelas vanno per aiutare, sono disposti a scendere a patti con chiunque permetta alle organizzazioni che gestiscono di rimanere dove sono in modo da poter aiutare chi ne ha bisogno.
Nessuno sbaglia, tutti sbagliano.
Il problema è, al contrario, che l'umanità e l'esperienza che ci formano non chiedono spiegazioni, e in un nulla ci possono portare da una parte o dall'altra della barricata.
"Non esistono meriti, in queste cose" - non mi stancherò mai di ripeterlo - ruggisce William Munny ne Gli spietati, e questo è chiaro fin dal principio, in un luogo in cui vigono molte regole, e nessuna.
Passano davanti agli occhi le immagini di City of god, The millionaire, Carandiru, Cella 211.
Non esistono meriti.
Così Nascimento prima e dunque Andrè e Neto si rifugiano nel dovere, e Maria con i suoi compagni nell'idealismo: a volte i primi eccedono nella repressione, a volte i secondi approfittano della libertà.
Viene da pensare, e non senza aver paura, che il tutto faccia parte della componente inesorabilmente umana del grande gioco delle parti, e non vi sia modo per fuggire da questa danza macabra che, quando i confini si fanno più labili - come nella realtà delle favelas -, non lascia scampo che alla sopravvivenza.
Personalmente - e forse questo riesce a spaventarmi anche di più - non sono riuscito a trovare il modo di slegarmi dal personaggio di Andrè e dal suo percorso, vederlo semplicemente come un poliziotto, un membro del Bopa, uno studente, un ragazzo.
In Andrè ho visto tutto il cuore di qualcuno che cerca di seguire e difendere i propri ideali, soggetto ad errori più che a grandi azioni, esposto alle influenze ma anche in grado di lasciare il segno soltanto grazie alle passioni che lo muovono.
Nessuna giustificazione, e nessun merito.
In fondo, è un pò come essere nel West, in casi come questo.
Dall'altra parte rispetto a queste riflessioni e all'impatto emotivamente importante che un film come questo può lasciare, così come nel confronto di Andrè con i suoi compagni di corso, si ha la sensazione di aver assistito ad uno spettacolo che punta forte - perfino troppo - sulla spettacolarizzazione, strumentalizzando i problemi e narrandoli con la finta partecipazione di chi, anche inconsciamente, si pone per natura al di sopra di essi e di chi li vive in prima persona.
Non per nulla Josè Padilha è figlio della stessa borghesia di quei giovani idealisti della facoltà di legge, e la sua formazione l'ha portato, più che a conoscere le realtà delle favelas di Rio, quella delle università brasiliane prima e americane poi.
Una sensazione scomoda che non permette di godersi la pellicola come il suo regista vorrebbe, e che lascia il dubbio che tutta la violenza, l'ineluttabilità dei tragici destini di questi ragazzi perduti - da una parte e dall'altra - e le vicende narrate non siano altro che una via per giungere ai prestigiosi premi dei Festival internazionali - non per nulla Tropa de elite vinse a furor di popolo l'Orso d'oro a Berlino - puntando sull'indubbio impatto che argomenti come quelli trattati possono suscitare nel pubblico, sia esso occasionale o appassionato, e soprattutto in una giuria.
Un punto di vista che minava anche la visione - almeno nel sottoscritto - di City of god, altro lavoro di grande impatto visivo ed emotivo lanciato dal primo all'ultimo minuto nella realtà mutevole e pericolosa dei ghetti di una delle città più affascinanti del mondo.
Probabilmente una risposta non ci sarà mai, un pò come alla discussione tra Andrè e i suoi compagni di corso: e l'Uomo - nel senso più alto o basso del termine - non smetterà mai di confrontarsi lungo quei confini troppo labili con realtà in cui, senza dubbio, non esistono meriti.
MrFord
"Justice is lost,
justice is raped
justice is gone
pulling your strings
justice is done."
Metallica - "And justice for all" -
city of god mi era piaciuto parecchio. questo è sempre in lista di possibili visioni, ma non l'ho ancora recuperato. magari lo farò prossimamengi (come direbbe altafini) :)
RispondiEliminaSì, la tua lettura ci sta tutta. Sai che molti hanno bollato Tropa de Elite come manifesto fascista? In effetti sarebbe da pensarci su. E' anche vero che tali spirali di violenza esiston davvero ed allora risulta difficile analizzare la sottile linea che divide il Documento dalla Fiction d'esaltazione. Credo che sia nominato il fascismo non tanto per la violenza in sè per sè, ma per il fatto che questa provenga da un'autorità che esercita il suo potere repressivo, intollerante e cinico senza alcun tentennamento. Credo altresì che soltanto un brasiliano ci possa dire quanto il film sia genuino e onesto. Comunque a me il film è piaciuto molto. Se non l'hai visto ti consiglio anche Linha de passe, forse il più piccolo e intimo di questa corrente brasiliana.
RispondiEliminaTutto sommato un bel film che si guarda volentieri, mi sono piaciuti molto anche i salti temporali di regia. (ci sono vero?, non me lo sto immaginando?)
RispondiEliminaPer me city of god è superiore, ma questo una visione la merita tutta.
ps:Sei autorizzato a non postare il film di ieri ;)
Questa mattina sveglia alle 8 agile come un ninja.
Dembo 1
Rhum 0
Cannibale, la saudade ti ha reso inspiegabilmente poco combattivo? O il weekend ti fa apparire più buono? ;)
RispondiEliminaDae, Linha de passe ce l'ho in stand by da un pò, prima o poi lo vedrò di certo, mi ricordo anche la tua recensione. Avevo letto anch'io delle accuse a questo film, ma la questione è che sono riflessioni, quelle che muove, molto oltre la politica e molto dentro l'umanità. In questo assolve benissimo il suo compito.
Dembo, sai che posterò anche il film di ieri! Quello che vedo passa di qui, sempre.
Questo merita una visione, concordo, anche se non è un Capolavoro, e forse le mie aspettative erano abbastanza alte.
Io sveglia alle undici e mezza, spesa al mercato e allenamento. Alla grande!
E complimenti per il tuo vantaggio sul rhum, tra un pò sarai di nuovo pronto per il petroliere! ;)
Visto e subito dimenticato. Dovrei rivederlo. City of god però mi era piaciuto molto.
RispondiEliminaOttimista, City of god piace anche a me, anche se non potrò mai considerarlo una pellicola irrinunciabile. Ad ogni modo una nuova visione potresti concederla, a Tropa. Sarei curioso di una tua recensione!
RispondiElimina:)
RispondiEliminaEh, in effetti Tropa potrei rivederlo, anche se mi spaventa leggere l'elenco dei film che ancora mi mancano e che sono sempre lì, in lista d'attesa...
Ti capisco, io sono sempre in bilico tra quelli da vedere e quelli da rivedere - magari approfittando per farli scoprire a Julez -.
RispondiEliminaAd ogni modo è sempre piacevole concedersi una seconda visione, se il film la vale, ovviamente. ;)