Pagine

lunedì 27 dicembre 2010

L'attimo fuggente

Alcuni film hanno il potere, nonostante il sentimentalismo, il rischio di retorica, la capacità di parlare ad ogni tipo di pubblico, di riuscire a stupire anche quando si sono visti e rivisti, dando l'impressione di uscire arricchiti ad ogni passaggio sui nostri schermi.
Incrociato per caso in televisione - non mi capitava di vedere un film sul piccolo schermo da anni - mi sono goduto con mio fratello le vicende della setta dei poeti estinti come fosse la prima volta, stupito ad un tempo dell'ottima capacità di Peter Weir di confezionare un film costruito interamente sui sentimenti che non scade mai - o perlomeno, lo fa senza sputtanarsi - nel sentimentalismo da prima serata e della mia capacità di vivere intensamente le vicende del gruppo di protagonisti quasi avessi ancora la loro età, e fosse la prima volta dietro i banchi della Welton Academy a seguire le lezioni del professor Keating.
Interpretato magistralmente da Robin Williams - e divenendo il volto che l'attore avrebbe presentato nei suoi successivi dieci anni di Cinema -, Keating ha incarnato l'ideale di insegnante per generazioni di spettatori, trasmettendo la passione che, almeno nell'immaginario degli studenti, dovrebbe animare tutti coloro che esercitano questa professione fondamentale per la formazione dei giovani, in particolare ed in questo caso nel periodo dell'adolescenza, in assoluto il più difficile della crescita.
Eppure, con gli anni, è interessante anche pensare a quanto rischioso fosse il ruolo di Keating, così come ai potenziali pericoli cui lo stesso professore espone i suoi allievi sollecitandoli a liberare la loro natura più intima senza preoccuparsi troppo di ciò che va oltre il momento: terribile, in questo senso, la ferita lasciata dal suicidio di Neil nel cuore dell'insegnante, esempio della profondità nascosta e del valore di questa pellicola.
Ma andando oltre alla critica o alle formalità, rivedere L'attimo fuggente è sempre un piacere anche e soprattutto per il confronto con le diverse personalità del suo gruppo di protagonisti: personalmente, e pur rifiutando di riconoscerlo, la prima volta che lo vidi, in terza media, se non sbaglio, sono passato dall'associarmi a Neil al timidissimo Todd - che mi ricorda ancora oggi il Ford dei primi due anni di scuole superiori -, dal sorridere all'approccio di Knox con la ragazza dei suoi sogni all'adorare la spinta dirompente della spontaneità e dell'incoscienza di Charlie detto "Nuanda", pur riconoscendo che parte di quello stesso coraggio risulta strettamente legata alle sicurezze economiche della sua posizione sociale.
E passando dalla splendida scena della prima lettura dell'introduzione al libro di letteratura fino all'indimenticabile chiusura, l'intera pellicola diviene una sorta di romanzo di formazione ancora perfettamente in grado di smuovere lati nascosti o dimenticati e mostrare nuovi aspetti del diventare adulti sfuggiti alla visione precedente.
Tutto questo approvando senza riserve il motto dei poeti estinti, "andai nei boschi perchè volevo vivere con saggezza e in profondità, e succhiare tutto il midollo della vita, per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto".
Direi che, se non fosse che esinto non sono proprio e non ci tengo affatto ad esserlo - almeno per i prossimi settantadue anni - sono assolutamente membro della setta suddetta.
Anzi, facciamo così: almeno per oggi, chiamatemi capitano.
Oh, capitano, mio capitano!
Come scriveva il vecchio Walt Whitman.
Con quel suo viso "da pazzo con la bava alla bocca", una coperta "che lascia scoperti i piedi" ed il look da personaggio che pare uscito da Spoon River.
Anche lui doveva essere affamato di vita.
Come ogni poeta estinto degno di non esserlo.
Capitano Ford.
Anche solo un giorno.

MrFord

"We can beat them
just for one day,
we can be heroes
just for one day."
David Bowie - "Heroes" -





11 commenti:

  1. Uno dei miei film preferiti di sempre.
    Non so se ciò faccia di me un Grande Cuore o un ragazzino ingenuo, ma io anche alla decima visione non ho trattenuto le lacrime sulla scena finale. Forse perché capisco fin troppo bene il gesto del ragazzo che si uccide, per averlo sfiorato più volte per motivi simili: il non poter Essere ciò che si E', per colpa di altri. Ma continuerò a lottare. Potrò morire clochard, ma avrò succhiato il midollo della vita, avrò fatto risuonare il mio urlo barbarico sui tetti del mondo, e non dovrò pensare, in punto di morte, di non aver vissuto affatto. La quieta e rassegnata disperazione la lascio tutta ai normali, io per fortuna son pazzo. Viva i veri Eroi, e i MrFord che ce li ricordano!

    RispondiElimina
  2. Non smetterò mai di citare i fenomenali Simpson dicendo: L'attimo fuggente ha rovinato una generazione di educatori!

    RispondiElimina
  3. il più grande romanzo di formazione su pellicola mai realizzato
    una vera lezione di vita, capitano ford

    RispondiElimina
  4. Pesa: sono d'accordo con i Simpson. Ho avuto anche io insegnanti che credevano di potersi permettere - a torto - di fare i Keating. Purtroppo me li sono dovuti sorbire tutti.

    Cannibale: concordo in pieno. E se io sono il Capitano, puoi fare tranquillamente Nuanda.

    RispondiElimina
  5. E tutte, giuro, tutte le volte che lo vedo, non riesco a trattenere quel groppo in gola quando infine salgono sui banchi a tributare l'ultimo saluto al capitano.

    Mai smettere di urlare il proprio barbarico Yawp sui tetti del mondo.

    RispondiElimina
  6. Marziano, il capitano si saluta sempre.
    YAAAAAAAAWP!

    RispondiElimina
  7. In questo momento sto lanciando il mio barbarico YAAAAAAAAAAAAAAWP e presto anche il mondo lo sentirà

    RispondiElimina
  8. YAAAAAWP sempre. Ormai è uno dei motti di queste parti.

    RispondiElimina
  9. uno dei più bei film di sempre, un capolavoro, un mito intramontabile, avrei pagato un milione di dollari per avere un professore come Keating a scuola XD

    RispondiElimina
  10. Arwen, questo film è uno dei miti di un'intera generazione.
    Averne avuti, di Keating a scuola!

    RispondiElimina