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giovedì 2 settembre 2010
L'uomo nell'ombra
E alla fine arrivò Polanski.
Dopo giorni e giorni di visioni terrificanti - non in senso di genere, quanto di qualità - finalmente le ferie mi hanno permesso di mettere gli occhi sull'ultimo lavoro del regista di origini polacche, da troppo tempo in silenzio e nonostante il buon Oliver Twist ancora in debito con il sottoscritto per il pessimo La nona porta.
L'uomo nell'ombra, prima che possa cominciare a parlarne, è, innanzitutto e senza dubbio, un ottimo film, degno erede della tradizione della prima produzione del regista, concentrato su un protagonista che, come Rosemary, si trova solo contro tutto e tutti, schiacciato da un mondo e da poteri troppo grandi per poter essere anche solo lontanamente intaccati dal singolo.
Anche Adam Lang/Pierce Brosnan, nemesi e controparte, in qualche modo, del ghost writer interpretato da Ewan McGregor, è un uomo lasciato in disparte e in balia di eventi non più in suo potere da tempo (o da sempre?), emblema di una posizione politica che richiede personaggi di facciata in grado di celare le vere, terribili, intoccabili eminenze grigie del sistema, causa ed effetto di ogni decisione, presa di posizione, vita o morte.
Se, ormai quarant'anni fa, Polanski gettava sull'uomo l'ombra della follia religiosa grazie all'indimenticabile Rosemary's baby - che, peraltro, fu preludio alle drammatiche vicende personali del regista culminate con la morte di Sharon Tate per mano della Family di Charles Manson l'anno successivo all'uscita della pellicola nelle sale -, ora pare che il vecchio Roman identifichi il demoniaco influsso delle sette con i corridoi glaciali di chi "controlla i controllori", per usare un vecchio adagio tanto caro al sottoscritto.
La vicenda di Lang, della sua biografia e del ghost writer assume connotati sempre più claustrofobici con il passare dei minuti della pellicola, in barba alle numerosissime scene girate in esterna - piccolo inciso: sempre grande Eli Wallach, inossidabile! -, quasi a mostrare che il vero, oscuro potere è in grado di soffocare a prescindere dal luogo in cui ci si trova.
Il confronto, in questo senso, fra il McGregor e Tom Wilkinson è specchio di tempi in cui il potere è divenuto un mostro capace di inghiottire chiunque, al pari della malavita che spesso e volentieri si diverte a condannare attraverso i media, o dei terroristi cui da la caccia per nascondere i propri peccati: nessun ghost writer, giornalista, padre disperato può opporsi al meccanismo di questa macchina infernale, come direbbe Carpenter, o pensare che, con i propri soli mezzi, si possa affrontare avendo anche soltanto una remotissima chance.
In questo senso, il destino del predecessore del protagonista è profetico quanto simbolico.
Un film soffocante, tesissimo, senza speranza, che mostra tutto il pessimismo umano e "politico" di un regista con tante ombre, ma dal talento indiscusso e cristallino.
Tiro un profondissimo sospiro di sollievo, ormai conscio del fatto che La nona porta sia stato solo un episodio sfortunato, e che Polanski sia a tutti gli effetti uno dei più grandi cineasti europei viventi.
Ti attendo al varco, Roman.
In attesa di scoprire se "l'orrore" è davvero così sterminato, o se c'è sempre, da qualche parte, un Capitano Wilm Hosenfeld pronto a salvare la vita di un pianista deperito e in fuga.
MrFord
"Down in a hole, feelin' so small
down in a hole, losin' my soul
I'd like to fly,
but my wings have been so denied."
Alice in chains - "Down in a hole"
un ottimo thriller, è piaciuto pure a me!
RispondiEliminaOh finalmente è arrivato anche l'uomo nell'ombra! Bello, bello, bello...
RispondiEliminaE gli Alice in Chains!
Cannibale, non posso crederci!
RispondiEliminaUn altro film con un parere unanime!
Devo preoccuparmi?
Alice in chains grandi, anche se il tempo ha fatto invecchiare molto la loro musica.