E' curioso passare da Van Damme a Dreyer.
Ma il bello di amare il Cinema è proprio questo.
Vengo proprio ora dalla visione dell'ultimo dei capolavori di C. T. Dreyer, che se non ha un posto fra i dieci migliori registi di tutti i tempi, poco ci manca.
All'epoca della sua uscita, raccolse critiche enormi venute tutte dall'avanguardia della scuola "radical chic" di allora, che vide nella teatralità della messa in scena e nell'apparente sentimentalismo un segno di debolezza e anzianità del Maestro.
Ma che si può dire!? Quando si è troppo impegnati a farsi gran pippe mentali tendenzialmente non si riesce a vedere - e a sentire - la passione vera e propria, che in quest'opera è talmente dirompente da lasciare a bocca aperta per i tempi, la collocazione geografica - il nordeuropa non è propriamente simbolo di una ribollente sensualità - e l'età che lo stesso Dreyer aveva quando decise di girarlo.
Inoltre, in tutta onestà, raramente mi è capitato di vedere un film firmato da un uomo che proprio dell'uomo fotografi ampiamente e in maniera così dettagliata ed approfondita i limiti sentimentali, quasi per un momento il vecchio C. T. fosse diventato Jane Campion di Lezioni di piano o Holy smoke: l'empatia fra il regista e la sua protagonista è totale, e se al principio pare più intellettuale che non "di cuore", con il passare dei minuti - e del tempo, almeno nella fiction - diviene esclusivamente materia della nostro simpatico motore dei sentimenti, giungendo, sul finale, ad una comunione così completa da scuotere le coscienze degli spettatori senza possibilità di fuga, o di coprirsi gli occhi di fronte alla meraviglia che è, a tutti gli effetti, il testamento che Gertrud/Dreyer lascia al suo pubblico prima di scomparire dietro a quell'ultima porta, con un saluto quasi timido.
"L'amore è tutto", dichiara Gertrud, anche quando dell'amore stesso non è rimasto che il ricordo di una giovinezza che non c'è più e di uomini che, per un motivo o per un altro, sono passati come l'acqua di un fiume.
L'amore salva la vita, e nonostante le soddisfazioni della libertà, del lavoro, del proprio ego resta l'unico baluardo delle nostre difese tutte umane prima della fine inevitabile.
E proprio alla fine neanche il nome importerà più.
O almeno, non importerà quanto i sentimenti che avremo provato.
Ora sembrerò un vecchio intenerito dal romanticismo, proprio come accolsero allora quest'opera testamentaria, ma non è affatto così.
Del resto, alla prima scena, ho pensato si trattasse di uno di quei film che o davvero ami il Cinema o non lo guardi, per snobberia o, semplicemente, perchè ti spacchi le palle per impegno e "pesantezza".
All'ultima, invece, ero dell'idea che Gertrud lo dovessero vedere tutti, a prescindere dai gusti cinematografici, dall'approccio completamente teatrale del regista, dai lunghi dialoghi e piani sequenza, dagli interni "statici" in supporto del confronto fra i protagonisti.
In fondo, quello che davvero conta è l'amore.
Lo diceva Dreyer, e lo cantavano i Fantastici Quattro.
No, non quelli dei fumetti. Anche se potrebbero tranquillamente essere d'accordo.
"All you need is love!"
MrFord
Love soft as an easy chair
RispondiEliminaLove fresh as the morning air
One love that is shared by two
I have found with you