Ebbene sì, nonostante quello che si possa pensare - a partire dal titolo, con tutti i doppi sensi trash possibili - Mongol di Sergej Bodrov è davvero un buon film.
L'approccio del regista, sobrio anche nella rappresentazione delle battaglie e nell'utilizzare gli effetti digitali, rende questa pellicola uno dei kolossal epici più minimalisti e "d'autore" degli ultimi anni, in barba agli Scontri fra titani baracconeschi made in Usa in giro nelle sale in questi giorni.
Basandosi su quel (poco) che sappiamo di quello che, a tutti gli effetti, fu il più grande conquistatore delle civiltà orientali - e probabilmente del mondo -, Bodrov si concentra sulla parte umana di Temugin, raccontandone le peripezie e le sofferenze fin dalla perdita del padre, avvenuta quando il futuro Gengis Khan era ancora un bambino "troppo piccolo per essere ucciso secondo le leggi mongole".
Il confronto con la figura paterna, così come la forza di quella materna, specchio di quella che sarà la sua sposa Borte, divengono i primi mattoni etici sui quali Temugin costruirà l'intero sistema di leggi una volta conquistato il potere e riunite le instabili e nomadi tribù mongole.
Ma il punto forte di Mongol è senza dubbio il percorso che il regista disegna per il suo protagonista, mostrandolo per quello che sarà il suo volto più noto alla Storia - quello del conquistatore, per l'appunto - soltanto nella parte conclusiva, tenendo d'occhio la possibilità concreta che quest'epopea divenga una trilogia: Temugin, in questo incedere, non appare praticamente mai come un feroce tiranno, o uno spietato guerriero, quanto come un uomo capace di costruire i suoi successi sulla tenacia e sulla forza d'animo che ha soltanto chi riesce a trovare lo stimolo ad alzarsi ogni volta sia patita una sconfitta.
E la figura - straordinaria - della sua sposa, arricchisce ulteriormente la trama dando totalmente credito al detto "dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna".
Borte, fin da bambina, diviene il legame con il mondo di Temugin, la strada da seguire di fronte alla caduta, al tormento, alla sofferenza, alla schiavitù.
Si potrebbe quasi pensare a Mongol come ad un film sull'amore, più che sull'epica di un racconto che tanto ricorda i Braveheart occidentali: Temugin, compresa l'importanza di Borte nella sua vita, accetta come suoi figli in tutto e per tutto anche i bambini che la giovane ha avuto durante i periodi di schiavitù patiti per salvare il marito; la stessa Borte, quando la più piccola, al ritorno di Temugin, chiede che fine farà suo papà, risponde "è lui il tuo vero padre"; Jamukha, fratello di sangue prima ed antagonista dopo, liberato dopo la sconfitta, ammonirà Temugin per aver liberato il suo nemico, e si sentirà rispondere "ho liberato mio fratello".
Molteplici temi, dunque, per la maggior parte incentrati sul valore dei legami più stretti ed importanti, dalla famiglia agli amici, dall'amore alla fedeltà.
Poi, certo, per chi avrà cominciato a pensare di essersi ritrovato all'interno del più classico mattone russo, ci sono anche ottime scene d'azione e battaglia: splendido, davvero, in questo senso, l'intero - e breve, purtroppo - scontro con la tribù dei Merkit, mascherati quasi Faccia di cuoio si fosse trasferito nel teatro No.
Certo, la pellicola ha anche dei difetti, patisce i tagli (probabilmente) imposti dalla produzione e in alcuni punti risulta troppo sbrigativa nei raccordi della sceneggiatura: ma è potente, serrata, visivamente ottima - i campi lunghi nelle steppe immense fanno impallidire qualsiasi Conan - e coinvolgente, pur essendo figlia di una cultura lontana e completamente (ma sarà poi vero?) diversa dalla nostra.
Che, rispetto ad un filmone epico da vedere con la voglia di lasciarsi trasportare, direi che è tutto quello che si può chiedere alla vita.
E a proposito di richieste alla vita, ricordo un dialogo di Conan il barbaro che trovo sia perfetto per l'occasione:
"Dimmi, qual è il meglio della vita?"
"La steppa infinita, un cavallo veloce, e il vento che ti stordisce."
"No! Conan, qual è il meglio della vita?"
"Ammazzare i nemici, inseguirli mentre fuggono, e sentire i lamenti delle femmine."
"Bravo! E' questo, il meglio della vita."
Se non fosse stato messo in bocca a personaggi di un film, parrebbe quasi il confronto fra un produttore, Bodrov e un regista americano qualsiasi.
John Milius, da buon, vecchio conservatore, ci aveva visto proprio lungo.
Ad ogni modo, per questa volta, da queste parti siamo tutti per la steppa.
"Run to the hills, run for your lives."
MrFord
Devo ammettere di averlo adorato la prima volta che l'ho visto. Questo sì, sarebbe da qualità blu-ray : )
RispondiEliminaE una citazione...dagli Iron Maiden?!