Regia: Jerome Sable
Origine: Canada
Anno: 2014
Durata: 89'
Durata: 89'
La trama (con parole mie): Kylie Swanson, diva in ascesa del musical, la notte del suo più clamoroso successo come protagonista di uno spettacolo che ricorda Il fantasma dell'Opera viene barbaramente uccisa lasciando orfani i suoi due figli, accolti come da un padre da parte del produttore e compagno della donna, Roger McCall.
Dieci anni dopo Camilla e Buddy, al lavoro come inservienti nel campo estivo basato proprio sulla cultura del musical diretto da Roger, vengono a scoprire che verrà organizzato da studenti ed ex studenti una rilettura dello show che rese immortale la loro madre: e mentre Buddy cercherà di tenersi ai margini dell'operazione, Camilla finirà travolta da quell'irrefrenabile bramosia di luci della ribalta che costò la vita alla genitrice, finendo per guadagnare lottando con le unghie e non i denti - e non solo - il ruolo di protagonista.
Nel corso della preparazione della messa in scena, però, un misterioso omicida comincia a mietere vittime in tutto il campo, attendendo il suo vero e proprio tripudio conclusivo, che secondo i piani dell'improvvisata versione reale del nuovo "fantasma" avverrà proprio con il debutto dello show.
Chi finirà per averla spuntata, una volta che i riflettori si saranno spenti?
Gli ultimi anni non sono stati certo teneri con l'horror, ed in misura ancora maggiore con il suo pubblico, costretto nove volte su dieci - quando andava bene - a confrontarsi con pellicole che definire di terza fascia continua ad apparire ottimistico.
Da grande appasionato del genere fin dai tempi dell'infanzia, ho finito per vivere con grande dispiacere questo momento di crisi apparentemente senza uscita, accogliendo tiepidamente i titoli proposti dalla grande distribuzione così come dal sempre ribollente universo della blogosfera: così Stage fright, interessante rilettura che unisce come in un cocktail apparentemente sconnesso musical e slasher, ha preso polvere nell'hard disk di casa Ford per un paio di mesi prima di vedersi chiamato in causa e sperimentato sulla pelle, quasi il timore dell'ennesima robetta neppure degna delle bottigliate superasse, di fatto, la curiosità motivata da una serie di recensioni decisamente positive passate in rete.
Devo ammettere, invece, che tutti i miei colleghi pronti a parlarne bene - perfino il mio acerrimo rivale Cannibal Kid - hanno avuto gran ragione ad avere più fretta di me di gustarsi questo sorprendente, nerissimo e divertente ibrido: oltre ad essere stato curato alla grande, quasi mescolando le atmosfere di cult come i Venerdì 13 o Scream - per quanto continui a considerare quest'ultimo sopravvalutato - alla struttura classica del musical - realizzando una scrittura ottima di canzoni come se ne intendono per lo standard del film musicale pur inserendo generi di norma non considerati come il metal -, gestendo elementi profondi e non da poco come il rapporto tra fratelli ed i segni che traumi infantili possono lasciare nell'intimo di chi li subisce tanto da rendere diametralmente opposte le reazioni di persone all'apparenza molto simili, l'opera firmata da Jerome Sable funziona quasi senza cedimenti dall'inizio alla fine.
Grazie, dunque, ad un cocktail insolito ma ben dosato, facendo affidamento sull'esperienza di veterani come Meat Loaf e sulle doti non solo canore di volti nuovi come la protagonista Allie MacDonald, il regista canadese Jerome Sable riesce a sorprendere come pochi altri nel corso delle ultime stagioni gli appassionati di horror, regalando al pubblico un gioiellino che, seppur imperfetto - soprattutto nel finale - è impreziosito da almeno un paio di sequenze a dir poco splendide - il confronto e la rivelazione dell'identità dell'assassino, l'arrivo al campus dei giovani aspiranti lavoratori futuri della grande macchina di Broadway e la splendida canzone che chiude i titoli di coda, da seguire e ricantare dall'inizio alla fine - e finisce per rappresentare uno dei titoli "outsiders" più riusciti che si potessero concepire partendo da una trama decisamente già nota ed un genere che, ormai, pareva non avere davvero più nulla da dare ad una qualsiasi audience.
Come se non bastasse tutto questo, Sable è davvero bravo a sottolineare anche un altro aspetto "oscuro" del mondo dello spettacolo, legato alla voglia di conquistarsi le luci della ribalta ed al cambiamento interiore che la stessa, una volta cresciuta ed alimentata, possa portare a chi lo vive: da Eva contro Eva a Viale del tramonto, sono molti gli esempi classici in questo senso, ed il regista trasferisce le stesse sensazioni sfruttando non solo l'incipit con protagonista Minnie Driver, ma anche la parabola della sua main charachter, il rapporto di quest'ultima con il regista e la sua diretta rivale per il ruolo principale, l'evoluzione dello spettacolo e l'intrecciarsi delle minacce passate e presenti, quello che porterà il futuro, sempre che qualcuno particolarmente assetato di sangue non si metta in mezzo per dire la sua.
Una sorta di parabola, dunque, all'interno della quale il nemico più pericoloso con il quale confrontarsi è rappresentato dal momento in cui, divorati dal desiderio di primeggiare sul palco - emblematica, per quanto divertente, la sequenza dello scontro tra la protagonista mancata e l'assistente di scena riscopertosi primadonna -, dimentichiamo quello che potrebbe essere il prezzo da pagare al cuore.
Resta solo da capire se preferiremo avere sangue sulle mani o sulla coscienza.
Devo ammettere, invece, che tutti i miei colleghi pronti a parlarne bene - perfino il mio acerrimo rivale Cannibal Kid - hanno avuto gran ragione ad avere più fretta di me di gustarsi questo sorprendente, nerissimo e divertente ibrido: oltre ad essere stato curato alla grande, quasi mescolando le atmosfere di cult come i Venerdì 13 o Scream - per quanto continui a considerare quest'ultimo sopravvalutato - alla struttura classica del musical - realizzando una scrittura ottima di canzoni come se ne intendono per lo standard del film musicale pur inserendo generi di norma non considerati come il metal -, gestendo elementi profondi e non da poco come il rapporto tra fratelli ed i segni che traumi infantili possono lasciare nell'intimo di chi li subisce tanto da rendere diametralmente opposte le reazioni di persone all'apparenza molto simili, l'opera firmata da Jerome Sable funziona quasi senza cedimenti dall'inizio alla fine.
Grazie, dunque, ad un cocktail insolito ma ben dosato, facendo affidamento sull'esperienza di veterani come Meat Loaf e sulle doti non solo canore di volti nuovi come la protagonista Allie MacDonald, il regista canadese Jerome Sable riesce a sorprendere come pochi altri nel corso delle ultime stagioni gli appassionati di horror, regalando al pubblico un gioiellino che, seppur imperfetto - soprattutto nel finale - è impreziosito da almeno un paio di sequenze a dir poco splendide - il confronto e la rivelazione dell'identità dell'assassino, l'arrivo al campus dei giovani aspiranti lavoratori futuri della grande macchina di Broadway e la splendida canzone che chiude i titoli di coda, da seguire e ricantare dall'inizio alla fine - e finisce per rappresentare uno dei titoli "outsiders" più riusciti che si potessero concepire partendo da una trama decisamente già nota ed un genere che, ormai, pareva non avere davvero più nulla da dare ad una qualsiasi audience.
Come se non bastasse tutto questo, Sable è davvero bravo a sottolineare anche un altro aspetto "oscuro" del mondo dello spettacolo, legato alla voglia di conquistarsi le luci della ribalta ed al cambiamento interiore che la stessa, una volta cresciuta ed alimentata, possa portare a chi lo vive: da Eva contro Eva a Viale del tramonto, sono molti gli esempi classici in questo senso, ed il regista trasferisce le stesse sensazioni sfruttando non solo l'incipit con protagonista Minnie Driver, ma anche la parabola della sua main charachter, il rapporto di quest'ultima con il regista e la sua diretta rivale per il ruolo principale, l'evoluzione dello spettacolo e l'intrecciarsi delle minacce passate e presenti, quello che porterà il futuro, sempre che qualcuno particolarmente assetato di sangue non si metta in mezzo per dire la sua.
Una sorta di parabola, dunque, all'interno della quale il nemico più pericoloso con il quale confrontarsi è rappresentato dal momento in cui, divorati dal desiderio di primeggiare sul palco - emblematica, per quanto divertente, la sequenza dello scontro tra la protagonista mancata e l'assistente di scena riscopertosi primadonna -, dimentichiamo quello che potrebbe essere il prezzo da pagare al cuore.
Resta solo da capire se preferiremo avere sangue sulle mani o sulla coscienza.
MrFord
"Raining blood
from a lacerated sky
bleeding its horror
creating my structure
now I shall reign in blood!"
from a lacerated sky
bleeding its horror
creating my structure
now I shall reign in blood!"
Slayer - "Raining blood" -
caruccissimo! ma una canzone di Meat Loaf , no?
RispondiEliminaAvrei potuto, in effetti, inserire un pezzo del buon Meat Loaf!
EliminaMi incuriosisce. E se c'è Meat Loaf, devo vederlo per forza!
RispondiEliminaUn recupero ci sta tutto, è davvero una chicca!
EliminaVisto, Ford?
RispondiEliminaAvevo ragione. Come al solito.
Certo che un filmetto trash pur divertente come questo si becchi lo stesso numero di bicchieri di filmoni come Birdman o Whiplash mette in dubbio le tue capacità di giudizio ancor più delle mie eheh :)
Ahahah pensavo avessi capito che i miei voti vanno contestualizzati! ;)
EliminaDetto questo, dubito che le mie dubbie capacità di giudizio siano dubbie quanto le tue! ;)
Sembra un thrillerozzo/horror davvero niente male...
RispondiEliminaE' un thrillerozzo/horror davvero niente male! ;)
EliminaMa quasi quasi
RispondiEliminaUna visione ci sta tutta, fidati!
EliminaConcordo in pieno: spassoso e ben congeniato, con una canzone di chiusura da urlo.
RispondiEliminaSperiamo che Sable non si bruci!