Regia: Pablo Giorgelli
Origine: Argentina, Spagna
Anno: 2011
Durata: 82'
Durata: 82'
La trama (con parole mie): Ruben è un autista di camion di mezza età che percorre solitario con il suo mezzo le strade che collegano Paraguay e Argentina, un uomo introverso e decisamente poco incline al dialogo, con un figlio ormai cresciuto che non vede da otto anni.
Quando un amico, Fernando, gli chiede di dare un passaggio a Jacinta - donna con una figlia di cinque mesi sola e senza prospettive che vorrebbe raggiungere la cugina per trovare un lavoro - in modo da condurla a Buenos Aires, Ruben si mostra molto riluttante: il viaggio si rivelerà invece una scoperta per l'uomo, conquistato dalla piccola Anahì e per la prima volta da troppo tempo toccato oltre la sua scorza di viaggiatore ramingo.
Quando un amico, Fernando, gli chiede di dare un passaggio a Jacinta - donna con una figlia di cinque mesi sola e senza prospettive che vorrebbe raggiungere la cugina per trovare un lavoro - in modo da condurla a Buenos Aires, Ruben si mostra molto riluttante: il viaggio si rivelerà invece una scoperta per l'uomo, conquistato dalla piccola Anahì e per la prima volta da troppo tempo toccato oltre la sua scorza di viaggiatore ramingo.
Il Cinema è davvero curioso, a volte: in uno stesso giorno è capace di mostrare, infatti, aspetti e sfumature distanti anni luce - in tutti i sensi -, quasi come si trattasse non tanto di una trasposizione, quando di una vera e propria cronaca della vita.
Las acacias, infatti, misconosciuto film di produzione ispano-argentina datato duemilaundici uscito soltanto all'inizio del mese qui in Italia realizzato con mezzi più che limitati, un cast che si conta sulle dita di una mano ed un setting quasi completamente legato all'abitacolo del camion del protagonista, è passato sugli schermi di casa Ford poche ore prima del gigantesco - in termini di mezzi, effetti e tecnica - Gravity.
Il lavoro di Giorgelli, a differenza di quello di Cuaron, si gioca però tutto sull'aspetto emotivo della storia raccontata, e sulle due solitudini - quella del burbero autista Ruben e della speranzosa madre single Jacinta pronta a ricominciare da capo in un altro Paese insieme alla figlia - che si incontrano andando a costruire con semplicità disarmante un road trip scarno e di pancia, o "da tempi di crisi", per usare un'espressione che negli ultimi anni ha preso sempre più piede a tutti i livelli della società.
Potendo, in qualche modo, unire la sincera commozione portata con grande onestà sullo schermo da Las acacias e la produzione stellare di Gravity, probabilmente, avremmo avuto in mano uno dei film più importanti dell'anno, invece che due pellicole a loro modo incomplete, ma ce la faremo andare bene così: un pò come Ruben, che ritrova la gioia dell'essere genitore osservando le espressioni della piccola Anahì, o i turbamenti sentimentali che pensava di aver lasciato alle spalle insieme all'illusione di una famiglia o di un amore, o come Jacinta, pronta a ricominciare a casa di una cugina disposta ad accoglierla una vita che in Paraguay non offriva più alcuna prospettiva a lei come - e soprattutto - alla piccola.
Limitando i dialoghi e concentrandosi su gesti ed impercettibili sfumature e dilatando il ritmo Giorgelli sfodera un piccolo e rurale Una storia vera, lasciando il pubblico a bocca aperta per la sincerità intellettuale ed emozionale con la quale viene raccontato l'incontro - e scontro, per certi versi - di queste due solitudini basate l'una sull'isolamento e l'altra sulla speranza: ma se gli incontri che i due protagonisti sono portati a fare nel corso del loro viaggio vengono rappresentati sempre e comunque molto sotto le righe, con il finale di fronte alla casa della cugina di Jacinta il regista gioca la sua carta migliore, sfiorando la commozione e regalando un colpo d'ala da grande autore, mostrando quanto può essere importante la voglia - se non addirittura la necessità - di raccontare una storia prima ancora della tecnica grazie alla quale la stessa è portata in scena.
Senza dubbio non si tratterà di un film per tutti, o di un titolo destinato a cambiare la storia del duemilatredici cinematografico, eppure lavori come questo sono una vera e propria boccata d'ossigeno per chi, anche dall'altra parte del mondo, vive una vita da maniche arrotolate come Ruben e Jacinta, e con il poco che la fatica ripaga spera di poter costruire un avvenire felice per i propri figli: e se non sempre le cose sono destinate ad andare come vorremmo, è sempre vero che rinunciare ad un viaggio finisce comunque per privarci di un'esperienza che potrebbe non solo sorprendere, ma addirittura divenire un nuovo inizio.
Las acacias, infatti, misconosciuto film di produzione ispano-argentina datato duemilaundici uscito soltanto all'inizio del mese qui in Italia realizzato con mezzi più che limitati, un cast che si conta sulle dita di una mano ed un setting quasi completamente legato all'abitacolo del camion del protagonista, è passato sugli schermi di casa Ford poche ore prima del gigantesco - in termini di mezzi, effetti e tecnica - Gravity.
Il lavoro di Giorgelli, a differenza di quello di Cuaron, si gioca però tutto sull'aspetto emotivo della storia raccontata, e sulle due solitudini - quella del burbero autista Ruben e della speranzosa madre single Jacinta pronta a ricominciare da capo in un altro Paese insieme alla figlia - che si incontrano andando a costruire con semplicità disarmante un road trip scarno e di pancia, o "da tempi di crisi", per usare un'espressione che negli ultimi anni ha preso sempre più piede a tutti i livelli della società.
Potendo, in qualche modo, unire la sincera commozione portata con grande onestà sullo schermo da Las acacias e la produzione stellare di Gravity, probabilmente, avremmo avuto in mano uno dei film più importanti dell'anno, invece che due pellicole a loro modo incomplete, ma ce la faremo andare bene così: un pò come Ruben, che ritrova la gioia dell'essere genitore osservando le espressioni della piccola Anahì, o i turbamenti sentimentali che pensava di aver lasciato alle spalle insieme all'illusione di una famiglia o di un amore, o come Jacinta, pronta a ricominciare a casa di una cugina disposta ad accoglierla una vita che in Paraguay non offriva più alcuna prospettiva a lei come - e soprattutto - alla piccola.
Limitando i dialoghi e concentrandosi su gesti ed impercettibili sfumature e dilatando il ritmo Giorgelli sfodera un piccolo e rurale Una storia vera, lasciando il pubblico a bocca aperta per la sincerità intellettuale ed emozionale con la quale viene raccontato l'incontro - e scontro, per certi versi - di queste due solitudini basate l'una sull'isolamento e l'altra sulla speranza: ma se gli incontri che i due protagonisti sono portati a fare nel corso del loro viaggio vengono rappresentati sempre e comunque molto sotto le righe, con il finale di fronte alla casa della cugina di Jacinta il regista gioca la sua carta migliore, sfiorando la commozione e regalando un colpo d'ala da grande autore, mostrando quanto può essere importante la voglia - se non addirittura la necessità - di raccontare una storia prima ancora della tecnica grazie alla quale la stessa è portata in scena.
Senza dubbio non si tratterà di un film per tutti, o di un titolo destinato a cambiare la storia del duemilatredici cinematografico, eppure lavori come questo sono una vera e propria boccata d'ossigeno per chi, anche dall'altra parte del mondo, vive una vita da maniche arrotolate come Ruben e Jacinta, e con il poco che la fatica ripaga spera di poter costruire un avvenire felice per i propri figli: e se non sempre le cose sono destinate ad andare come vorremmo, è sempre vero che rinunciare ad un viaggio finisce comunque per privarci di un'esperienza che potrebbe non solo sorprendere, ma addirittura divenire un nuovo inizio.
MrFord
"I'd rather live in a doll's house in a small street
where it always rains
you kid yourself you're working all for me
but older kids play with bigger trains."
where it always rains
you kid yourself you're working all for me
but older kids play with bigger trains."
Howard Jones - "Two souls" -
sembra interessante...cerco di recuperarlo...
RispondiEliminaDecisamente. Un film piccolo piccolo, ma molto profondo.
Eliminanon so, mi lascia un po' così, temo sia un po' un "film da festival"
RispondiEliminaSicuramente in parte lo è, ma è anche onesto e di pancia. Fai un tentativo! :)
EliminaUhmm... Mi stimola, sembra proprio qualcosa nelle mie corde. Segnato, grazie Ford!
RispondiEliminaDe nada! Attendo la tua recensione, allora!
EliminaPotrei tentare il recupero...
RispondiEliminaSecondo me ti piacerebbe. :)
Eliminami hai convinto, ci provo pure io!
RispondiEliminaE bravo Frank! Secondo me ti piacerà!
EliminaUn tempo adoravo questi film. Ora fatico a seguirli, anche se mi hai messo addosso una nostalgia...
RispondiEliminaQuesto è molto interessante e dura anche pochino, se lo recuperi dovresti riuscire ad incastrarlo con il resto degli impegni!
EliminaSi, ma la fatica non è tanto legata al tempo quanto proprio alla capacità di trovare energie, no? È come se da un film ora mi aspettassi di essere solo coccolato o di farmi una serata in compagnia, senza pensieri o riflessioni troppo profonde.
EliminaPosso capirti: ma ti assicuro che alla fine di questo ci si sente meglio. Davvero.
Eliminapotrei vederlo giusto perché mi sembra un autorevole candidato al titolo di premio valium 2013 ahah :)
RispondiEliminaSenza dubbio non è un film "cannibale"! ;)
EliminaIn genere apprezzo molto il cinema sudamericano e argentino in particolare...mi sa tanto che lo recupererò :D
RispondiEliminaUna visione la vale tutta: Cinema "operaio" e pane e salame come piace al Saloon!
Eliminadei sudamericani non apprezzo certa letteratura, ma questo film mi ispira non oco. A breve dovrebbero farlo nel cineforum del mio paesello, cercherò di recuperarlo :)
RispondiEliminaSe ti capita dacci un'occhiata: un piccolo film che merita, come spesso accade con la cinematografia argentina.
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