Regia: Malik Bendjelloul
Origine: Svezia, UK
Anno: 2012
Durata: 86'
La trama (con parole mie): Sixto Rodriguez, cantautore di culto di origini messicane nato e cresciuto nella periferia dei lavoratori di Detroit, incise all'inizio degli anni settanta due album che, per i suoi produttori, lo portarono ben oltre il livello perfino di mostri sacri della canzone popolare americana come Bob Dylan. Peccato che, a seguito dell'insuccesso commerciale totale degli stessi, l'uomo scomparve letteralmente senza lasciare traccia del suo passaggio.
A cavallo degli anni ottanta, però, in Sudafrica, Rodriguez divenne una sorta di leggenda ispirando perfino i primi gruppi rock bianchi pronti a contestare duramente l'apartheid: il proprietario di un negozio di dischi, Stephen "Sugar" Segerman, ed un giornalista musicale, fan della prima ora di Rodriguez, si incaricano di indagare quale possa essere stato il destino del loro idolo.
Quello che scopriranno attraversando l'oceano sarà un'incredibile storia di musica e di vita.
A cavallo degli anni ottanta, però, in Sudafrica, Rodriguez divenne una sorta di leggenda ispirando perfino i primi gruppi rock bianchi pronti a contestare duramente l'apartheid: il proprietario di un negozio di dischi, Stephen "Sugar" Segerman, ed un giornalista musicale, fan della prima ora di Rodriguez, si incaricano di indagare quale possa essere stato il destino del loro idolo.
Quello che scopriranno attraversando l'oceano sarà un'incredibile storia di musica e di vita.
A volte non c'è davvero bisogno di troppi giri di parole: Searching for Sugar Man è un grande film, nonchè uno dei migliori documentari che mi sia capitato di vedere nel corso delle ultime stagioni cinematografiche.
Ma prima dei premi, dei riconoscimenti al Sundance e alla notte degli Oscar, prima della ribalta e della distribuzione addirittura in Italia, prima della musica stessa e di una vicenda che pare talmente incredibile da essere stata scritta proprio per un film, il lavoro di Malik Bendjelloul - bravissimo davvero, questo ragazzo svedese di chiare origini extraeuropee, che ha finito per curare praticamente ogni aspetto del suo lavoro, dalla regia, al montaggio, fino alle bellissime sequenze arricchite dai disegni animati, anch'essi opera della sua mano - è un inno alla vita come raramente se ne incontrano nel corso del cammino che intraprendiamo giorno dopo giorno, un esempio di quello che fa la differenza tra chi non riesce a gestire la fama ed il successo e chi, al contrario, decide di vivere quello che il destino gli ha riservato, prendendo quello che ha come parte della sua storia - e, come scrivevo poco sopra, che storia -.
Sixto Rodriguez, cantautore di origini messicane nato e cresciuto nella Detroit dei lavoratori e dei losers della grande tradizione del folk - e non solo - made in USA, all'inizio degli anni settanta compone ed incide due dischi in grado di strabiliare gli addetti ai lavori, album brevi ed intensi che raccontano le vite consumate lungo una Frontiera che di mitico non ha proprio nulla, almeno sulla carta, fatta di calli alle mani e storie di periferia, lavori perduti e sconfitte che non lasciano spazio alle vittorie, speranze perdute un giorno dopo l'altro, schiacciate dalla forzata sopravvivenza.
Due dischi che gente alle spalle di artisti come Marvin Gaye o i Cure non esita neppure un secondo a definire epocali, considerando Rodriguez come uno dei massimi interpreti della musica americana, perfino oltre quello che è stato, è e sarà sempre Bob Dylan: eppure, questi due album monumentali finiscono inspiegabilmente nel dimenticatoio di tutte quelle proposte che, una volta immesse sul mercato discografico, si perdono in un oblio quasi mitologico - altro che Frontiera annichilita dal quotidiano e dal lavoro -.
Così, Sixto Rodriguez scompare. Definitivamente.
Senza sapere di essere diventato quasi per caso una leggenda all'altro capo del mondo, in Sudafrica, in un contesto sociale in cui i suoi testi attecchiscono e divengono uno dei più importanti stimoli della lotta contro l'apartheid, nonchè riferimento per un artista in grado di influenzare generazioni intere: e mentre rimbalzano le voci di un suo suicidio, della sua morte sul palco o per overdose, perduto tra le pagine del mito, Sixto Rodriguez aleggia ancora, come un fantasma, anche se nessuno dei suoi fan lo sa.
E sulle sue tracce si mossero, sul finire degli anni novanta, il proprietario di un negozio di dischi ed un giornalista musicale, pronti a mettere tutte le energie possibili in campo per arrivare a scoprire il vero destino di quell'uomo che avevano imparato a conoscere dietro ogni nota, e la voce rotta da un sentimento profondo di comunione con i perdenti di cui cantava.
E se pensate che questo possa essere già molto, non avete ancora scoperto il meglio.
Spesso mi capita di citare il John Ford de L'uomo che uccise Liberty Valance, con quel suo "Nel West, quando la Realtà incontra la Leggenda, vince la Leggenda".
Qui pare esattamente il contrario: e quello che la vita ha riservato a questa sorta di eroe della musica dei nostri tempi vissuto da fantasma per quasi un trentennio, è un passaggio di lirismo quasi magico che neppure il Cinema di fiction sarebbe riuscito a rendere nello stesso semplice, travolgente modo: una finestra che si apre, un volto che si affaccia sulla strada.
Quella strada cantata tante volte, anni e anni prima, e ancora ogni giorno, in modo diverso, ma ugualmente forte, deciso, pieno di passione.
Una strada diversa da quella di una fama internazionale, di denaro e groupie, e chi più ne ha, più ne metta.
Una strada fatta di tre donne, ed un bimbo nato dall'altra parte del mondo, pronto in qualche modo a raccogliere la sua eredità.
Un'eredità di musica, senza dubbio, ma soprattutto di dignità, forza, coraggio, solidità.
Anche quando non si è altro che un fantasma per le strade di una città che non regala niente a nessuno, costruita sulle spalle dei lavoratori della vita.
Searching for Sugar Man è una lezione, ed un grande film.
Perchè insegna che la passione non è subordinata al successo, come molta della cultura del mondo in cui viviamo pare suggerire.
E insegna anche che la generosità e la forza non nascono dalla fama stessa, ma arrivano dritti dalle ferite che ci ricordano che è impossibile crescere senza farsi male.
E quando abbiamo qualcuno da proteggere, e a cui mostrare il cammino, è ancor più inevitabile.
Caro Rodriguez, non ho mai conosciuto la tua musica, ma è come se fossi stato sempre con me.
Ed anche ora che correrò a comprare i tuoi dischi, credimi, non penserò che sarà finita con qualche pezzo - peraltro magistrale - ascoltato camminando per le strade del mondo.
Non penserò che sarà mai finita, perchè non lo è.
Fino a quando non arriva il momento di scomparire.
E forse non basterà neppure quello.
Ma prima dei premi, dei riconoscimenti al Sundance e alla notte degli Oscar, prima della ribalta e della distribuzione addirittura in Italia, prima della musica stessa e di una vicenda che pare talmente incredibile da essere stata scritta proprio per un film, il lavoro di Malik Bendjelloul - bravissimo davvero, questo ragazzo svedese di chiare origini extraeuropee, che ha finito per curare praticamente ogni aspetto del suo lavoro, dalla regia, al montaggio, fino alle bellissime sequenze arricchite dai disegni animati, anch'essi opera della sua mano - è un inno alla vita come raramente se ne incontrano nel corso del cammino che intraprendiamo giorno dopo giorno, un esempio di quello che fa la differenza tra chi non riesce a gestire la fama ed il successo e chi, al contrario, decide di vivere quello che il destino gli ha riservato, prendendo quello che ha come parte della sua storia - e, come scrivevo poco sopra, che storia -.
Sixto Rodriguez, cantautore di origini messicane nato e cresciuto nella Detroit dei lavoratori e dei losers della grande tradizione del folk - e non solo - made in USA, all'inizio degli anni settanta compone ed incide due dischi in grado di strabiliare gli addetti ai lavori, album brevi ed intensi che raccontano le vite consumate lungo una Frontiera che di mitico non ha proprio nulla, almeno sulla carta, fatta di calli alle mani e storie di periferia, lavori perduti e sconfitte che non lasciano spazio alle vittorie, speranze perdute un giorno dopo l'altro, schiacciate dalla forzata sopravvivenza.
Due dischi che gente alle spalle di artisti come Marvin Gaye o i Cure non esita neppure un secondo a definire epocali, considerando Rodriguez come uno dei massimi interpreti della musica americana, perfino oltre quello che è stato, è e sarà sempre Bob Dylan: eppure, questi due album monumentali finiscono inspiegabilmente nel dimenticatoio di tutte quelle proposte che, una volta immesse sul mercato discografico, si perdono in un oblio quasi mitologico - altro che Frontiera annichilita dal quotidiano e dal lavoro -.
Così, Sixto Rodriguez scompare. Definitivamente.
Senza sapere di essere diventato quasi per caso una leggenda all'altro capo del mondo, in Sudafrica, in un contesto sociale in cui i suoi testi attecchiscono e divengono uno dei più importanti stimoli della lotta contro l'apartheid, nonchè riferimento per un artista in grado di influenzare generazioni intere: e mentre rimbalzano le voci di un suo suicidio, della sua morte sul palco o per overdose, perduto tra le pagine del mito, Sixto Rodriguez aleggia ancora, come un fantasma, anche se nessuno dei suoi fan lo sa.
E sulle sue tracce si mossero, sul finire degli anni novanta, il proprietario di un negozio di dischi ed un giornalista musicale, pronti a mettere tutte le energie possibili in campo per arrivare a scoprire il vero destino di quell'uomo che avevano imparato a conoscere dietro ogni nota, e la voce rotta da un sentimento profondo di comunione con i perdenti di cui cantava.
E se pensate che questo possa essere già molto, non avete ancora scoperto il meglio.
Spesso mi capita di citare il John Ford de L'uomo che uccise Liberty Valance, con quel suo "Nel West, quando la Realtà incontra la Leggenda, vince la Leggenda".
Qui pare esattamente il contrario: e quello che la vita ha riservato a questa sorta di eroe della musica dei nostri tempi vissuto da fantasma per quasi un trentennio, è un passaggio di lirismo quasi magico che neppure il Cinema di fiction sarebbe riuscito a rendere nello stesso semplice, travolgente modo: una finestra che si apre, un volto che si affaccia sulla strada.
Quella strada cantata tante volte, anni e anni prima, e ancora ogni giorno, in modo diverso, ma ugualmente forte, deciso, pieno di passione.
Una strada diversa da quella di una fama internazionale, di denaro e groupie, e chi più ne ha, più ne metta.
Una strada fatta di tre donne, ed un bimbo nato dall'altra parte del mondo, pronto in qualche modo a raccogliere la sua eredità.
Un'eredità di musica, senza dubbio, ma soprattutto di dignità, forza, coraggio, solidità.
Anche quando non si è altro che un fantasma per le strade di una città che non regala niente a nessuno, costruita sulle spalle dei lavoratori della vita.
Searching for Sugar Man è una lezione, ed un grande film.
Perchè insegna che la passione non è subordinata al successo, come molta della cultura del mondo in cui viviamo pare suggerire.
E insegna anche che la generosità e la forza non nascono dalla fama stessa, ma arrivano dritti dalle ferite che ci ricordano che è impossibile crescere senza farsi male.
E quando abbiamo qualcuno da proteggere, e a cui mostrare il cammino, è ancor più inevitabile.
Caro Rodriguez, non ho mai conosciuto la tua musica, ma è come se fossi stato sempre con me.
Ed anche ora che correrò a comprare i tuoi dischi, credimi, non penserò che sarà finita con qualche pezzo - peraltro magistrale - ascoltato camminando per le strade del mondo.
Non penserò che sarà mai finita, perchè non lo è.
Fino a quando non arriva il momento di scomparire.
E forse non basterà neppure quello.
MrFord
"Sugarman
won't ya hurry
coz I'm tired of these scenes
for a blue coin
won't ya bring back
all those colours to my dreams
silver majik ships, you carry
jumpers, coke, sweet MaryJane."
Rodriguez - "Sugar Man" -
"Sugarman
won't ya hurry
coz I'm tired of these scenes
for a blue coin
won't ya bring back
all those colours to my dreams
silver majik ships, you carry
jumpers, coke, sweet MaryJane."
Rodriguez - "Sugar Man" -
Grade recensione. Grande Rodriguez.
RispondiEliminaEro più che certa che questo piccolo grande uomo di Detroit avrebbe conquistato anche te.
Storia fantastica e affascinante come lui.
Per non parlare della bellezza dei suoi testi.
Peccato che il primo luglio sia così vicino e Amsterdam così lontana, perché non mi sarebbe dispiaciuto vederlo in concerto! ;)
Non sarebbe dispiaciuto neanche a me.
EliminaGrande musica, grande storia, grande uomo.
Bellissimo film.
Sora Poison,Lei mi ha levato le letterine dai diti sulla tastiera!
RispondiEliminaSapevo che ti sarebbe piaciuto: con una storia del genere, avrebbe potuto tirare fuori qualcosa di validissimo persino Malick! :D
Puoi dirlo forte, Giocher.
EliminaRodriguez è un fordiano fino al midollo, e da ora in avanti sarà sempre il benvenuto al Saloon. ;)
Ho conosciuto Musica e documentario grazie a quell'irriducibile vecchio rockettaro di Blackswan. E non lo ho più mollato. Come tutti, mi par di capire.
RispondiEliminaBlackswan ci vede lungo: come si può mollare uno come Rodriguez!?
EliminaBene, questo va dritto nell'elenco dei film da vedere. Se continua così dovrò rinunciare alla mia vita sociale.
RispondiEliminaQuando i film sono interessanti come questo, ci si può anche rinunciare! :)
Eliminami ispirava, ma dopo la tua recensione positiva mi ispira molto meno uahahah :D
RispondiEliminaQuasi quasi preferisco che tu non lo veda: non vorrei che il tuo bislacco parere rovinasse un film come questo! ;)
Eliminadevo recuperarlo assolutamente
RispondiEliminaSenza dubbio, Dantès. Senza dubbio.
EliminaWow sembra proprio la ficata che tutti dicono...ora provo a recuperare.
RispondiEliminaE cmq, sì, da quello che ho letto in giro questo sembra un personaggio moooolto fordiano!!
;)
Recupera assolutamente!
EliminaE' uno dei migliori documentari degli ultimi anni, e la storia è fordiana al mille per cento! :)
Voglio vederlooooooooo ^_^
RispondiEliminaMerita alla grande. Aspetto una tua recensione!
EliminaNon potevi rendere merito in maniera migliore Ford
RispondiEliminaMuchas gracias, Caden! :)
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