domenica 30 novembre 2014

Babysitting

Regia: Nicolas Benamou, Philippe Lacheau
Origine: Francia
Anno:
2014
Durata:
85'





La trama (con parole mie): Franck, giovane impiegato per una grande casa editrice di fumetti ed aspirante autore degli stessi, viene assoldato come baby sitter improvvisato dal suo direttore editoriale in cambio dell'opportunità di mostrare le sue tavole. Peccato che Remy, il ragazzino cui Franck dovrà badare, sia un vero e proprio stronzetto viziato in conflitto con il padre assente come pochi, e che la nottata di "lavoro" cada proprio nello stesso giorno della sua festa per i trent'anni.
Quando gli amici d'infanzia di Franck faranno irruzione nella villa del suo principale, inizieranno per tutti i guai: il giorno dopo, richiamati dalla polizia giunta a constatare i danni all'abitazione, i genitori di Remy scopriranno grazie ad una videocamera ritrovata nella loro proprietà cosa è accaduto esattamente nel corso delle ultime dodici ore.







Neppure troppe stagioni fa, a cavallo di un paio di annate straordinarie, il rinnovato Cinema francese pareva essere tornato il centro del mondo della settima arte, in grado di soddisfare in egual misura le grandi platee ed il pubblico di nicchia, conquistando premi e favori della critica ad ogni latitudine.
Ad oggi, purtroppo, le emozioni regalate da perle come Quasi amici, Holy motors, Il profeta, The artist paiono ricordi dei bei tempi che furono, sommersi da una serie di commediole di bassa lega neanche ci trovassimo nel cuore del nostro disastrato Bel Paese: Babysitting, lavoro dalla qualità quasi amatoriale di Lacheau e Benamou, rientra perfettamente nella categoria.
Girato nel pieno dello stile del mockumentary - che già sta finendo per stancare se applicato all'horror, figuriamoci alla commedia - e sulla scia del successo della trilogia de Una notte da leoni, questo filmetto cerca - senza riuscirci neanche per sbaglio - di conquistare il pubblico con le trovate fuori di testa della notte brava unite ad un sottotesto da happy ending in famiglia che parrebbe più tipico degli standard hollywoodiani della peggior specie, che non di una produzione transalpina.
Sfruttando le peripezie del protagonista impegnato nel gestire contemporaneamente la sua festa per il trentesimo compleanno e l'ingestibile figlio del capo, appioppatogli dallo stesso in cambio della promessa di concedere una possibilità alle sue tavole di fumettista, Babysitting prosegue - fortunatamente non per molto tempo grazie al minutaggio piuttosto risicato - nella tradizione dedicata ai "fuori orario" del Cinema senza valere neanche l'unghia incarnita del pollice destro della creatura di Scorsese che, di fatto, battezzò un genere: situazioni al limite dell'assurdo in termini di logica - e non parliamo di grottesco, quanto più di soluzioni che, di norma, divertirebbero giusto un quasi adolescente ansioso di farsi due risate con i ragazzi più grandi fingendo di darsi un tono che non ha -, incapacità di divertire e, cosa forse più grave, di far ridere sguaiatamente come un titolo di questo tipo si presuppone sia in grado di fare ad occhi chiusi.
Attori inguardabili, spunti volgari e mosci, una trama che non decolla mai davvero, neppure quando la ricostruzione degli eventi del day after riguarda la ricerca dell'apparentemente scomparso Remy, inizialmente al centro dei sospetti di un rapimento da parte del suo inesperto baby sitter: non mi pare resti niente da salvare di un filmetto davvero degno del panorama italiano, buono giusto come sottofondo per una giornata di gioco sfrenato con il Fordino, senza dover necessariamente sacrificare tempo, sonno, spazio e soprattutto particolare attenzione ad una schifezzuola di questo tipo.
Come se non bastassero le questioni tecniche e sguaiate del caso, a contribuire al massacro di Babysitting ci pensano charachters minori in grado di incarnare molte delle cose che, in maniera totalmente istintiva, finiscono per irritare il sottoscritto a proposito dei cugini transalpini, dal padre del piccolo ed ostico ragazzino ai poliziotti, forse tra i comprimari caratterizzati peggio non solo degli ultimi dodici mesi, ma degli ultimi dodici anni.
Non so, dunque, se essere contento del fatto che dall'Italia si sia "esportata" in Francia l'incapacità improvvisa di generare film decenti oppure spalancare gli occhi allarmato rispetto alla metamorfosi che pare aver colpito i tanto detestati cugini, che potranno avere difetti a non finire - e non sarò certo io a negarlo - ma senza dubbio si sono sempre dimostrati piuttosto capaci quando si trattava di portare la meraviglia da una parte all'altra dello schermo.
Nel caso di Babysitting, e pur vivendo sulla pelle tutte le gioie ed i dolori del rapporto con un bimbo - più piccolo di Remy oppure no, poco conta -, l'unica cosa a fare da "testimone" è una bottiglia.
Di quelle pronte a schiantarsi sulla testa degli autori di schifezze di questo calibro.   
   



MrFord




"Well I'm just outa school
like I'm real real cool
gotta dance like a fool
got the message that I gotta be
a wild one
ooh yeah I'm a wild one."
Iggy Pop - "Real wild child" - 



sabato 29 novembre 2014

Le irregolari - Buenos Aires Horror Tour

Autore: Massimo Carlotto
Origine: Italia
Editore:
E/O
Anno: 1998

 



La trama (con parole mie): unendo realtà e finzione narrativa, lo scrittore Massimo Carlotto racconta il suo personale diario del viaggio che lo conduce alla scoperta delle sue radici argentine, legate ad un esilio in Sud America del nonno, anarchico antifascista fuggito dall'Italia per una generazione prima di fare ritorno a casa.
Incrociato il cammino con il bus dell'Horror Tour di Buenos Aires ed i racconti della dittatura legati alla tragedia dei desaparecidos, Carlotto entrerà in contatto con le Nonne di Plaza de Mayo, un'associazione impegnata sul fronte dei diritti umani che lavora alacremente per tenere viva la memoria di tutte le vittime di uno dei genocidi più sconvolgenti della Storia.
Proprio attraverso questo incontro lo scrittore avrà modo di riscoprire il suo passato "argentino" e vivere ancora una volta l'energia della gioventù di rivoluzionario.








Fin dai tempi in cui, nel pieno del turbinio adolescenziale, tendevo a sbattermene di tutto e tutti, e finivo per detestare gli amici ed i compagni di scuola presi da un posticcio fervore politico, sono sempre e comunque rimasto molto sensibile rispetto al dramma vissuto dall'America latina, che a partie dagli anni sessanta ha finito per conoscere sulla sua pelle eccidi e dittature troppo spesso e volentieri sponsorizzate da Europa e USA responsabili di alcuni tra i crimini più feroci commessi dall'Uomo dopo la Seconda Guerra Mondiale: da Haiti al Cile, dalla guerriglia nella giungla alle battaglie politiche per i diritti umani, molti uomini, donne e bambini innocenti hanno finito per pagare con la vita la sete di potere e la crudeltà di pochi tiranni ed assassini.
L'Argentina è stata, tra le nazioni sconvolte da questo tipo di violenze, senza dubbio la più colpita e segnata nel corpo e nell'anima: il dramma dei desaparecidos, narrato attraverso Letteratura, Musica e Cinema ancora non è conosciuto come dovrebbe soprattutto da questa parte dell'oceano, considerata la portata e l'entità dei crimini commessi sotto l'egida del regime che soggiogò una delle più grandi nazioni del continente tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta.
Massimo Carlotto, che sulla pelle, nel corso della vita, ha provato il dolore della prigionia ed in testa ha continuato a mantenere vivi gli ideali della "rivoluzione" che, di fatto fallita, segnò la sua generazione e quelle successive, sfrutta i ricordi e questo diario in bilico tra fatti realmente accaduti e fiction narrativa per portare il lettore nel cuore di un vero e proprio Horror Tour tra le vie di Buenos Aires, all'epoca in cui bastava aver alzato la testa per aiutare la persona sbagliata per vedere non solo la propria vita messa a repentaglio, ma i propri cari rapiti, scomparsi, seviziati, torturati, uccisi.
Desaparecidos, anzi.
Pensate a quanto potrebbe essere terribile non avere più alcuna notizia delle persone che amate: avere la consapevolezza della loro morte ma convivere con la speranza, un giorno, di poterle ritrovare.
Pensare di avere perduto mariti, mogli, figli dati in affidamento a coppie fedeli al regime e da loro cresciuti.
Pensate ad un'associazione di donne assolutamente comuni ed accomunate dal dolore di perdite enormi per chiunque: un gruppo fattosi sempre più forte, riuscito a giungere ai quattro angoli del globo affinchè i crimini potessero essere riconosciuti, i colpevoli puniti, le vittime restituite alle loro famiglie.
Un'associazione così forte da finire per essere vittima di uno scisma: da una parte, un gruppo pronto a mediare affinchè i torti possano essere riconosciuti come i resti di ogni morto, di ogni martire, e che oltre alla restituzione possa essere concordato un risarcimento, alla memoria così come a chi è sopravvissuto.
Ed un altro che a mediare non vuole pensare, per il quale i morti sono morti, e che tutto sarà finito - se finito si potrà mai definire - soltanto nel momento in cui ogni colpevole verrà punito e riconosciuto come tale.
Massimo Carlotto racconta anche questo.
Un'altra storia, un altro dramma parte del mosaico che la dittatura ha tracciato sulla pelle dell'Argentina, e nel destino di così tante famiglie che è difficile davvero immaginare.
Questo romanzo non è perfetto, ha limiti di retorica e perde contatto con la sua ossatura principale per seguire le orme del protagonista ed autore: eppure è un'altra lettura fondamentale per cercare, almeno alla lontana, di comprendere uno dei più grandi drammi della Storia dell'Uomo, magari accompagnandolo con buona musica e pellicole come Garage Olimpo, La morte e la fanciulla, The agronomist.
Un dolore necessario affinchè questo non sia mai dimenticato. E non si ripeta.
Affinchè noi, con la memoria ed ogni pensiero o parola, si possa incarnare lo spirito delle madri e delle nonne di Plaza de Mayo.
Affinchè i desaparecidos, in qualche modo, possano tornare alle loro famiglie, alle loro case, anche grazie a noi.




MrFord




"E così lo torturarono con i ferri e con i vetri
con i fili con il gas con gli strumenti più segreti
ma lui continuò a sorridere e sparì tutto d'un tratto
perché Fango non smentisce la sua anima di spettro."
Ricky Gianco - "Fango" - 





venerdì 28 novembre 2014

Miss Violence

Regia: Alexandros Avranas
Origine: Grecia
Anno:
2013
Durata:
98'




La trama (con parole mie): la giovanissima Angeliki, nel giorno del suo undicesimo compleanno, si getta da una balconata togliendosi la vita. Gli inquirenti chiamati ad investigare sul caso si trovano di fronte una famiglia soltanto apparentemente normale dominata dalla figura del nonno/padre padrone e chiusa rispetto al mondo esterno. Proprio i componenti dell'insolito focolare, composto dalla moglie del capofamiglia, la figlia ed i nipoti, paiono fare fronte comune rispetto al terribile avvenimento, convinti che si sia trattato di un incidente. Ma quando le porte si chiudono, all'interno della casa si vive un'atmosfera oppressiva e terribile.






Questo post partecipa alla "No more excuses" Week organizzata da Alessandra e contro la violenza sulle donne.





Ricordo come se fosse ieri l'esperienza indimenticabile di Dogtooth, celebratissimo film ellenico che qualche anno fa percorse come una scossa di terremoto tutta la blogosfera, sollevando pareri entusiastici e lasciando una traccia profonda in chiunque l'avesse visto: ricordo anche quanto, nonostante l'avessi bottigliato e mi avesse irritato profondamente, ebbi l'impressione di essere di fronte ad un'opera di rottura, geniale e terribile, di quelle che si amano o si odiano, ma finiscono per diventare comunque delle vere e proprie pietre miliari.
In occasione delle celebrazioni che vedono noi cinefili della rete schierati contro la violenza sulle donne, ho dunque deciso di tornare ad affrontare il Cinema di una terra che amo molto, e che in passato mi ha visto spesso come ospite, analizzando uno dei titoli considerati, di fatto, come figli dello stesso Dogtooth: Miss Violence.
Partito da un presupposto terribile - il suicidio della giovanissima Angeliki nel giorno del suo undicesimo compleanno - e legato al concetto non solo fisico ma anche e soprattutto mentale di violenza domestica, il lavoro di Avranas ha avuto sul sottoscritto un effetto simile a quello dell'opera di Lanthimos privo, però, della quasi certezza di avere di fronte un film destinato a fare una propria parte di Storia: nel corso della visione, anzi, ho continuato a nutrire il terrificante dubbio di stare assistendo allo svolgimento di un dramma quasi goduto da chi ha scelto di raccontarlo, allo stesso modo che rese ancora più agghiacciante l'ignobile immondizia che è A serbian film.
Avranas, che sceglie inquadrature parziali e gioca sul concetto delle porte chiuse - tema dominante, e molto interessante, della pellicola - lasciando spesso e volentieri intuire la violenza allo spettatore - scelta che rende il racconto ancora più teso e spaventoso - finisce almeno in un paio di momenti per farsi prendere la mano, mostrando proprio nelle occasioni che riguardano i più giovani della famiglia portata sullo schermo un'esecuzione esplicita e diretta della stessa - lo schiaffeggiamento di Philippos da parte della sorellina, il sesso di e con la figlia adolescente -.
Dunque, in casi come questo, il dubbio risale come un boccone amaro: quello che il regista sceglie di mostrare è lo specchio di qualcosa che dovrebbe fin oltre misura irritare e sconvolgere lo spettatore in modo da sensibilizzarlo, o assume le connotazioni della messa in atto di una qualche fantasia distorta dello stesso uomo dietro la macchina da presa giustamente e legalmente non praticabile nella realtà?
Il ruolo del padre padrone e l'oppressione insita nella condizione della sua famiglia, già rappresentati con un certo distacco e freddezza quasi hanekiani, necessitano davvero di sequenze in cui la violenza viene mostrata anche esplicitamente? 
Anche Dogtooth mostrò gli stessi limiti, eppure, in parte grazie allo straordinario lavoro fatto rispetto al linguaggio dei personaggi ed una certa "grazia da entomologo" di Lanthimos non mi capitò di provare il fastidioso brivido di essere di fronte ad una fantasia dell'autore, cosa che, al contrario, ho avuto modo di sperimentare, purtroppo, con Miss Violence, pronto a partire come un viaggio mentale all'interno degli abissi più oscuri delle violenze domestiche e sfociato in una sorta di esplosione forse non così clamorosamente eccessiva ma sempre e comunque inquietante proprio per il suo essere incapace di rimanere legata all'ambito della fiction, neanche fosse un documentario in stile Capturing the Friedmans.
Questo può essere considerato un pregio, per una pellicola come questa, eppure non sono riuscito, nel corso della visione, ad allontanare la sgradevole sensazione di assistere a qualcosa di viscido e scomodo, una sorta di violenza aggiunta alla violenza raccontata dalla vicenda: non parlo di sconvolgimento o scandalo, quanto, più che altro, di dubbi che hanno finito per assalirmi rispetto alle possibili sfumature morali dell'autore.
Non penso avremo mai una risposta, e senza dubbio il successo di critica avuto da questo film pare dare ragione all'uomo dietro la macchina da presa: quello che resta importante è il fronte comune che noi cinebloggers abbiamo scelto e continueremo a fare contro ogni singolo episodio di violenza, domestica e non.
Le porte chiuse, da queste parti, non sono ben accette.



MrFord


"Cattivo come adesso non lo sono stato mai
cattivo come adesso non lo sono stato mai
ti faro' male in posti che nessuno potra' mai vedere...NESSUNO!
In posti che ti faranno male per il resto della tua vita!"
Mr. Bungle - "Violenza domestica" -



giovedì 27 novembre 2014

Thursday's child

La trama (con parole mie): settimana ben poco promettente, quella che si prospetta in sala a partire da oggi. Gli strascichi delle "imprese" di Katniss Kid e dei suoi amichetti teen, probabilmente, hanno influenzato i distributori che hanno preferito puntare su robetta a basso cabotaggio che, se dovesse andarci bene, potrebbe giusto riservare qualche misurata sorpresa.
Alla peggio, ci toccherà sorbirci sette giorni di roba pessima o al massimo consigliata dal mio rivale Cannibal.
Il che significa, quasi sempre, la stessa cosa.


"Ammazza, Ford e Cannibal hanno stroncato sul nascere la mia carriera di attore."


Ogni maledetto Natale


Cannibal dice: Ogni maledetto Natale chiedo a Babbo Natale di far sparire Ford dalla faccia della Terra come mio personale regalo, ma quel vecchio barbuto rimbambito non mi accontenta mai. Quest'anno sarà la volta buona? E sarà anche la volta buona che faccia scomparire pure queste commedie italiane?
In Ogni maledetto Natale fa il suo esordio cinematografico Alessandro Cattelan, conduttore che mi sta abbastanza simpatico, soprattutto in radio, però come attore non me lo vedo proprio. Si rivelerà il nuovo Fabio Volo? E questo film si rivelerà il nuovo cinepanettone?
In entrambi i casi, le risposte potrebbero essere più inquietanti di una recensione fordiana.
Ford dice: ogni maledetto natale spero sempre di poter rovinare la festa al Cannibale presentandomi a Casale con un bel sacco di carbone da sparargli dritto nella schiena, ma alla fine preferisco sempre passare le feste in famiglia.
Quest'anno, però, potrei sempre fare una capatina da lui per capodanno.
Quanto a questo film, penso non mi vedrà neppure per pasqua.


"Mi piace come festeggiano il Natale al Saloon!"

I pinguini di Madagascar
 


Cannibal dice: I pinguini di Madagascar presi a piccole dosi, cioè di massimo 30 secondi, sono anche simpatici. Come Mr. Ford...
Ah no, scusate. Lui manco per 30 secondi.
Comunque, un intero film a loro interamente dedicato mi sembra troppo. Perlomeno per la mia sopportazione. Lascio quindi perdere questa bambinata e passo a vedere un film per adulti. Anche se detto così potrebbe suonare ambiguo...
Ford dice: la saga di Madagascar e dei suoi pinguini era partita bene, finendo per banalizzarsi e diventare il solito prodotto macinasoldi pronto a fare presa sui piccoli. Considerato che il Fordino in questo periodo è preda del fascino di Alex il leone e soci e stiamo vedendo il primo venti volte al giorno, penso mi risparmierò i pinguini, almeno per il momento.

"Vi avevo detto di non far scegliere la barca a Ford: quello non sa neanche cosa sia un motore!"
I Vichinghi



Cannibal dice: Mai piaciuti particolarmente, i vichinghi, soprattutto dopo quella lagna assoluta di Valhalla Rising. Negli ultimi tempi però, grazie alla valida serie Vikings, mi sono avvicinato un po' a loro. Adesso sono di nuovo pronto a riprendere le distanze, sia da questi nuovi Vichinghi che promettono malissimissimo, sia dal vichingo onorario Ford.
Ford dice: i Vichinghi mi sono sempre piaciuti, gente cazzuta e spiccia come si conviene, al contrario di quel pusillanime di Peppa Kid. Peccato, però, che il trailer di questo film faccia assolutamente ribrezzo.
Meglio tornare alla serie e far finta che non sia mai esistito.

Ford festeggia la vittoria contro l'esercito Cannibale.
Cub - Piccole prede



Cannibal dice: Curiosa pellicola fanciullesca belga, dalle tinte avventurose ma anche horror, potrebbe essere la sorpresa di una settimana che si preannuncia altrimenti parecchio spenta. Sempre che non si riveli una bambinata fordianata da Giffoni Festival, potrebbe persino regalare qualche vero brivido.
Ford dice: il radicalchicchismo cannibalesco ha sconfinato anche nelle proposte per bambini!? Pare di sì, grazie a questa pellicola piuttosto pretenziosetta di matrice fiamminga. Considerato, però, che uno dei migliori film dell'anno è stato Alabama Monroe, potrei nonostante tutto concedere una possibilità.

"Speriamo non ci sia Ford, in giro, o me la faccio sotto un'altra volta, parola di Peppa Kid."
Trash


Cannibal dice: No, il titolo non si riferisce ai gusti di Mr. James Ford. Si riferisce alla professione dei protagonisti del film, dei bambini che lavorano in una discarica a Rio. Bella eh, Rio. La sua discarica però un po' meno. Così come questo film sembra richiamare City of God e The Millionaire, però mi sa che è un po' meno riuscito di entrambi. Dal trailer mi pare la versione ammerecana e ruffianotta del Brasile e, con una premessa del genere, rischia di finire nella spazzatura di Pensieri Cannibali, insieme al mio blogger rivale.
Ford dice: il film di Stephen Daldry, che in passato ho apprezzato per cose come Billy Elliot, pare la classica americanata buonista pronta per scatenare un ciclone di bottigliate neanche si trattasse di un Cannibal qualsiasi.
Potrei dunque recuperarlo giusto per tenermi un po' in allenamento per la gran festa di capodanno a Casale Monferrato.

"Cannibal, ti pago se la smetti di scrivere le tue stronzate."
Perfidia




Cannibal dice: Pellicola italiana che dal trailer sembra di livello piuttosto amatoriale. Non per essere perfido, ma non consiglierei la sua visione manco a Mr. Ford.
Ford dice: pellicola italiana come al solito troppo italiana. Traduzione: una vera, abominevole schifezza. Non la consiglierei neanche a Peppa Kid. Forse.

"Non c'è nessuno in giro, stasera." "Evidentemente Ford è uscito in macchina."
Mio papà
 


Cannibal dice: Altro film italiano, altro film che evito senza troppi problemi. Lasciando la visione a Mr. Ford che, per età e mentalità, potrebbe anche essere mio papà. Anzi no, che dico?
Potrebbe essere mio nonno.
Ford dice: due film italiani, due vere tragedie. Mio padre, che non si preoccupa troppo di Cinema, potrebbe facilmente decretare la quasi morte della settima arte nostrana. E avrebbe ragione.

Ford e Cannibal discutono delle uscite settimanali.
Master of the Universe


Cannibal dice: Come è noto, non sono un grande appassionato dei documentari. Eppure questo Master of the Universe, che non ha niente a che fare con He-Man, potrebbe rivelarsi un approfondimento interessante sul mondo dell'alta finanza e dei broker in stile The Wolf of Wall Street. Non credo comunque che lo vedrò mai ma, se dovessi trovarmelo di fronte in tv, non cambierei canale. Se invece mi trovassi di fronte Mr. Ford, cambierei immediatamente strada.
Ford dice: come è noto, apprezzo moltissimo i documentari, e questo, considerata anche la morìa del resto delle proposte di questo giro di giostra in sala, potrebbe perfino rappresentare la sorpresa della settimana. Dovesse capitarmi, ovviamente, non mancherò di parlarne al Saloon.

"La rassegna dedicata a Von Trier e a tutti gli idoli radical del Cannibale ha avuto proprio successo!"
Viviane


Cannibal dice: Pellicola israeliana di quelle impegnate, di quelle che tanto piacciono a Mr. Ford, o che fa finta di apprezzare per darsi un contegno intellettualoide. Soltanto a vedere il trailer, a me è salita un'angoscia pazzesca. Cosa non per forza negativa, però certo non mi ha invogliato troppo a vedermi tutto il film.

Ford dice: proposta mediorientale di quelle che piacciono al sottoscritto, e che potrebbe essere una sorta di versione alternativa di Una separazione. Speriamo soltanto che il livello possa avvicinarsi almeno un po' a quello del lavoro di Fahradi.

"Facciamo appello al senso comune per bandire dalla blogosfera quei due tizi poco raccomandabili: Cannibal e Kid."
Melbourne
 


Cannibal dice: Piuttosto che Viviane, tra i film impegnati della settimana preferisco puntare su Melbourne. Una pellicola proveniente non dall'Australia bensì dall'Iran e che non è di Asghar Farhadi, ma sembra in tutto e per tutto un film di Asghar Farhadi. Non a caso il protagonista è lo stesso di Una separazione. Sì, proprio la pellicola che parlava della separazione tra me e Ford, che d'ora in poi condurremo due rubriche sulle uscite cinematografiche differenti. La sua si chiamerà sempre Thursday's Child, mentre la mia con grande fantasia si intitolerà Thursday's Kid.
Ford dice: si scriveva di Fahradi e di Una separazione, ed ecco un film che non solo riporta sullo schermo lo stesso protagonista, ma anche atmosfere decisamente Fahradiane. Anche in questo caso, speriamo bene: anche perchè, se dovessi affidarmi solo al Cinema italiano o a Thursday's Kid, farei davvero poca strada.


"E' inutile che insistiate: io a Casale non metto piede neanche sotto tortura!"

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