lunedì 31 marzo 2014

Amici di Ford

La trama (con parole mie): per quanto possa sembrare assurdo, per un presunto duro ed Expendable come il sottoscritto, una serie di coincidenze curiose ha indirizzato la strada, per una due giorni decisamente particolare, del Saloon a Roma, dove ho preso parte alla prima puntata di Amici 2014 come chitarrista della band di Anastacia - e ho avuto modo di conoscere di persona Frank Manila -.
Ripensandoci ora, divertimento ed esperienza decisamente unica a parte, la sola lettura fa ridere anche me. Eppure è proprio vero.




La vita è decisamente curiosa, a volte.
Se qualche anno fa qualcuno mi avesse predetto che avrei preso parte - seppur in maniera decisamente marginale - ad una puntata di Amici avrei destinato una grassa risata alla stessa affermazione, liquidandola con il piglio arrogante del radical chic senza speranze.
Da allora, nella mia vita sono entrati Julez, il Fordino, il ritorno al panesalamismo, una serie di esperienze uniche ed un'evoluzione personale in grado di farmi accantonare tutto il risentimento e le prese di posizione di chi si arrocca tra i privilegi intellettuali e si difende - dagli altri e da se stesso - grazie alle medesime idee: eppure, una situazione di questo genere sarebbe stata in ogni caso fantascienza.
Fino a quando non ha cominciato a prendere forma.
E lo ha fatto grazie ad un viaggio in pieno stile gita, condito da racconti, aneddoti e grasse risate, stanchezza e Jack Daniels, tensione scacciata da attese eterne in camerino ed un approccio al pubblico live che rispetto al momento della visione in tv finisce addirittura per perdere, liberando un'emozione che non pensavo un menefreghista al mondo "dorato" del piccolo schermo della mia risma potesse provare.
E tutto, dai racconti alle sensazioni sulla pelle, fino alla cena a casa della suocera Ford - sempre perfetta ai fornelli e non solo - in attesa del momento "fatidico", finirà per diventare un ricordo che, con il filmato linkato poco sotto, spero possa apprezzare - anche in senso ironico -, un giorno, il Fordino, una volta cresciuto.
Non avevo idea di come avrei potuto presentare questo post, dall'occasione di avere Matthew McConaughey ad un metro di distanza - con tanto di applauso al termine dell'esibizione di Anastacia che pare un'approvazione anche al sottoscritto - all'esplorazione di un mondo praticamente circense come quello della televisione, così alla fine ho deciso di buttarmici al volo, in notturna, lasciando che fosse principalmente il momento di quell'emozione iniziata nell'istante in cui si è spalancato "il sipario", a parlare.
La curiosità, il brivido, la spontaneità di chi vive ai margini e finisce, chissà come, nell'occhio del ciclone. 
O quasi.
Oltre ad una quasi panoramica "face to face" del vecchio Ford.



MrFord



"Now I know what love is worth in a broken world 
but I can't get past the hurt
'til I give up on these stupid little things
I'm so hung up on these stupid little things
that keep me from you."
Anastacia - "Stupid little things" - 





domenica 30 marzo 2014

Morte e vita di Bobby Z.

Autore: Don Winslow
Origine: USA
Editore:
Einaudi
Anno: 1997

 


La trama (con parole mie): le cose non si sono messe certo bene, per Tim Kearney, ex marine congedato con disonore dopo aver ricevuto una croce al valore, e finito in carcere per rapina.
Ucciso a sangue freddo un membro degli Hell's Angels, infatti, Tim diventa un bersaglio, e la sua unica possibilità di evitare un'esecuzione dietro le sbarre è rappresentata da un accordo con la DEA, che vorrebbe assoldarlo per impersonare il leggendario Bobby Z, trafficante d'erba a livello internazionale sparito dai radar di chiunque da anni e morto per caso in Thailandia dopo essere stato tradito dal suo socio in affari e consegnato agli sbirri.
Kearney dovrà imparare ad essere Bobby, e rendersi disponibile ad uno scambio con il trafficante messicano Don Huertero, che è pronto a liberare un agente in cambio dell'ex imprendibile Z.
Per Tim è un'occasione da cogliere al volo, almeno per il momento: peccato non sappia che tutti, ma proprio tutti, stanno tramando alle spalle di Bobby Z per seppellire definitivamente la sua leggenda. Insieme al suo corpo esanime. 








Sono ormai passati diversi anni dalla prima volta in cui misi le mani su un libro firmato da Don Winslow: acquistai in libreria L'inverno di Frankie Machine spinto più dall'idea che Robert De Niro potesse averne acquistato i diritti cinematografici che non per la trama, e ricordo lo chiusi a bordo del Ghan, il treno che portò me e Julez da Darwin fino ad Alice Springs, ventiquattro ore nel cuore dell'Australia.
Da quel momento Don Winslow, ex investigatore e uomo dalle mille professioni, divenne un riferimento nell'ambito del crime letterario: neanche il tempo di metabolizzare la prima ed ottima esperienza, e giunse a sconvolgermi Il potere del cane, divenuto senza dubbio uno dei miei romanzi preferiti di sempre, un affresco incredibile e, ad oggi, l'assoluto Capolavoro dello scrittore.
Da quel momento la carriera del buon Don altalenò tra proposte discrete - La lingua del fuoco, La pattuglia dell'alba -, grandi exploit - Satori - e delusioni quasi cocenti - Le belve -, di fatto rendendo questo autore un imperdibile mai davvero amato fino in fondo dal sottoscritto, soprattutto rispetto al mio pupillo Lansdale e all'impareggiabile Jo Nesbo: il recupero di Morte e vita di Bobby Z, dunque, ha rappresentato un'occasione ghiotta per riconciliarmi con lo spirito delle origini di Winslow, ed ammetto che sia stato un vero piacere riassaporarlo.
Questo perchè, nonostante sia stato presentato neanche si trattasse del suo nuovo romanzo, questo crime d'inseguimento dal ritmo decisamente serrato è in realtà il secondo lavoro ad ampio respiro che lo scrittore newyorkese ormai californiano d'adozione pubblicò ai tempi, ed in quanto tale resta pervaso dall'atmosfera genuina e di pancia e fiato sospeso del già citato Frankie Machine, reso ancor più interessante da un charachter che l'autore riprenderà anche nel più recente I re del mondo - pur se marginalmente - e che riesce a portare sulla pagina una delle tematiche più care in assoluto al sottoscritto, che si tratti di Cinema, Musica o Letteratura, per l'appunto: quella dei losers in cerca di un riscatto.
Perchè è questo che incarna Tim Kearney: un loser.
Uno nato dalla parte sbagliata della città, della società, del mondo che conta.
Uno che non ha mai avuto problemi ad entrare, quanto, piuttosto, ad uscire.
Uno che fatica a controllare gli impulsi, perchè sa che chi è illuminato - si fa per dire - da una certa stella difficilmente potrà fare finta che il tempo non esista e sperare di godersela comunque.
E non è un loser da poco, il nostro ex marine. E' un tipo tosto, anche negli errori. 
Uno da battaglia e competizione.
Uno a cui non fregherebbe nulla, se non fosse per un fulmine a ciel sereno pronto a cambiare la sua vita. E non stiamo parlando di Bobby Z. Affatto.
Perchè quello è Bobby Z, la leggenda. E lui soltanto Tim Kearney, un cazzone sfigato un pò troppo instabile.
Ghiaccio e fuoco.
E non stiamo parlando neppure della DEA, dei trafficanti messicani, degli Hell's Angels.
Non stiamo parlando neppure di una di quelle donne in grado di rimescolare le carte fino a farti terra bruciata attorno.
Stiamo parlando di Kit.
Un bambino cresciuto troppo in fretta in un ambiente che non regala tempo a nessuno.
Neppure ai pesci grossi.
E Tim Kearney non è affatto un pesce grosso.
"Nel West, quando la Realtà incontra la Leggenda, vince la Leggenda", si recita nel dal vecchio Ford amatissimo L'uomo che uccise Liberty Valance.
Tim Kearney contro Bobby Z.
Realtà contro Leggenda.
In bilico su una Frontiera.
Basta un bambino, a cambiare tutto.
A trasformare il numero uno in niente, ed un perdente fatto e finito nel pezzo da novanta.
Perchè nel West, oppure no, un figlio cambia ogni prospettiva.
Ed è un piacere farsele cambiare, per quanto incasinate ed imperfette possano finire per essere.
Saranno comunque le migliori che una vita dalla parte sbagliata della città possa regalarci.




MrFord




"Welcome to the Hotel California,
such a lovely place, (Such a lovely place) Such a lovely face
plenty of room at the Hotel California,
any time of year, (Any time of year) You can find it here."
The Eagles - "Hotel California" - 


sabato 29 marzo 2014

Hannibal - Stagione 1

Produzione: NBC
Origine: USA
Anno: 2013
Episodi: 13




La trama (con parole mie): Will Graham è il più talentuoso profiler a disposizione dell'FBI, lo strumento fondamentale nella caccia ai serial killer, l'unico in grado di esplorare la mente degli assassini quasi fosse uno di loro. Peccato che lo stesso Graham preferisca insegnare ai futuri agenti del Bureau piuttosto che mettersi in gioco in prima persona: quando, però, un killer di adolescenti soprannominato "L'averla del Minnesota" sale agli onori della cronaca, il veterano Jack Crawford riesce a convincere il riluttante Will a scendere in campo, supportato psicologicamente dall'esperto Hannibal Lecter, ex medico reinventatosi psichiatra, uomo dai mille talenti e dall'incredibile olfatto e abilità culinaria.
Inizia così la partita a scacchi giocata sul confine di amicizia e rivalità tra Graham e Lecter, che porterà il primo sull'orlo della follia ed il secondo alla rivelazione della sua vera Natura.








In casa Ford, il genere "morti ammazzati" ha da sempre un posto speciale nella graduatoria delle visioni da piccolo schermo, dalle proposte mainstream come Criminal minds ai cult come Twin Peaks: da tempo, in rete, sentivo parlare di Hannibal, serial nuovo di zecca interpretato nientemeno che da Mads Mikkelsen, uno dei fordiani per eccellenza degli ultimi anni, volto di cult del sottoscritto come Le mele di Adamo e Valhalla rising ed ispirato dai romanzi di Thomas Harris, che nel corso degli ultimi tre decenni hanno dato origine a due Capolavori del genere - Manhunter di Michael Mann e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme - nonchè elevato allo status di personaggio cult Hannibal Lecter, psichiatra e serial killer cannibale divenuto una sorta di icona pop.
L'esperienza della visione, iniziata con più di una riserva dopo il deludente The following, è stata una sorpresa sotto molti aspetti, pur tradendo un calo nel climax che ha condotto al season finale dovuto, principalmente, alla troppa carne al fuoco messa nell'escalation del disagio espresso dal protagonista Will Graham rispetto all'ottima gestione dei tempi dilatati dei primi otto episodi, che sono riusciti a stupire il sottoscritto in più di un loro momento, suggerendo addirittura l'ipotesi di un voto anche più alto di quello alla fine attribuito.
Se, dunque, dal punto di vista del cast - ottimi, oltre al già citato Mikkelsen, anche Lawrence Fishburne e Hugh Dancy - e del comparto tecnico la serie si mantiere su livelli decisamente molto alti - fotografia e scenografia risultano indubbiamente da urlo -, la sceneggiatura - probabilmente anche in base ad esigenze di produzione - non mantiene le buone premesse della costruzione iniziale finendo per pesare troppo sulle spalle di un Will Graham/Hugh Dancy costretto, nella parte conclusiva della stagione, a barcollare neanche fosse Frodo Baggins in preda al potere dell'anello in bilico tra vuoti di memoria ed il cerchio stretto attorno a lui da Lecter, elegantissimo e glaciale, composto ed "educato" anche nell'atto dell'uccisione, quasi offeso dalla violenza dell'aggressione senza controllo.
Fortunatamente per gli spettatori proprio il buon dottore regala momenti da grande thriller di classe riuscendo a trasmettere ad un tempo la sensazione di sicurezza e confidenza tipica dello psichiatra così come quella dell'ospite da manuale, sempre pronto a stupire i suoi commensali con piatti elaborati ed una presentazione d'eccezione.
Il risultato, per quanto non perfetto, lascia ben sperare per la confermata seconda annata, che se verrà giocata con la stessa pazienza nella costruzione della prima metà di questo esordio molto probabilmente presenterà ulteriori miglioramenti portando il già ben noto Lecter a diventare protagonista di un altro titolo di riferimento per quanto riguarda i "morti ammazzati" e non solo.
Resta inoltre la curiosità di scoprire, da conoscitore del destino dei due protagonisti, come si evolverà il loro strano rapporto di amicizia/rivalità/medico-paziente in vista dell'inevitabile conclusione, che vedrà Graham riuscire finalmente a catturare ed identificare il ruolo di serial killer del dottore: considerato quanto possa essere difficile avvincere spettatori già ben consci di quello che sarà l'epilogo di una vicenda, trasformando la stessa in un prodotto ad alta tensione, direi proprio che ci si trova già su una buona strada.
Che poi la stessa sia lastricata di organi e sangue, è tutta un'altra storia.




MrFord




"The world is fucked
and so am i
maybe it's the other way round
I can't seem to decide
domestic refugees
sink in the same boat as me
we suffer alone
and these days I don't wanna go home
idiot pschology Promising equality
so where is the land of the free?
Stop it you're killing me."
Therapy? - "Stop it you're killing me" -  


venerdì 28 marzo 2014

Spiders 3D

Regia: Tibor Takacs
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 89'





La trama (con parole mie): una stazione spaziale legata all'ex Unione sovietica in orbita attorno alla Terra, colpita da un meteorite, viene distrutta. Una delle sue parti, sopravvissuta all'impatto e al contatto con l'atmosfera, finisce per precipitare su New York, bloccando il traffico della rete metropolitana e portando in dono un ragno modificato a seguito di una scoperta che l'ex governo URSS fece nel Caucaso, legata a creature aliene parassite cui paiono resistere soltanto gli aracnidi.
Iniziata la riproduzione nei sotterranei della Grande Mela, i ragni cominceranno a preparare il nido per la loro regina, in barba all'esercito che spera di poterli controllare e alle misure di sicurezza prese per l'occasione: sarà la famiglia di Jason Cole, sovrintendente della sicurezza dei trasporti urbani, a rimettere le cose a posto come in ogni buon, vecchio film USA.








Sono molto, molto, molto deluso.
Davvero.
Ai tempi dell'uscita in sala - che poi, sarà davvero stato distribuito in qualche circolo anche solo di provincia!?  - nutrivo davvero grandi aspettative rispetto a questo Spiders 3D, nonostante il suddetto 3D sia uno dei deterrenti maggiori quando si tratta di decidere oppure no se concedere una visione qui al Saloon: in un modo o nell'altro, mi aspettavo l'erede duemilaquattordici, indiscusso ed indiscutibile, di Sharknado, vera e propria meraviglia trash che la scorsa estate ha finito per essere una clamorosa rivelazione, un colpo di genio che illuminò la sera dell'otto agosto in quel di Viareggio, diventando un must assoluto che appena possibile farà fieramente parte della mia videoteca personale.
Magari addirittura in bluray.
E invece all'opera da zero in grafico Pritchard firmata da Tibor Takacs accade la cosa peggiore che possa verificarsi in questi casi: non si ride neanche per sbaglio, neppure per i clamorosi errori di regia, sceneggiatura e messa in scena, non si prendono per il culo gli attori - tra le altre cose, Patrick Muldoon deve essere abbonato agli insettoni, considerati i suoi trascorsi nel mitico Starship Troopers di Verhoeven -, non si ha la percezione giocosa - o sconvolgente, a seconda di quello che potete provare rispetto agli aracnidi - dei ragni a prescindere dalle loro dimensioni, o quella della meraviglia che soltanto le opere geniali "al contrario" riescono a regalare.
Non ho idea se l'origine di questo clamoroso fallimento sia da ricercare nella volontà di puntare sulla componente in pieno stile complotto degli autori, sulla seriosità dell'approccio o la totale mancanza di ironia anche involontaria - che, purtroppo per lo spettatore, sfocia spesso e volentieri nella noia mortale -, ma di fatto Spiders manca il bersaglio grosso centrato dal già citato Sharknado finendo per apparire come uno di quegli horror che si prendono troppo sul serio e, di norma, incassano il doppio - se va bene - delle bottigliate che meriterebbero proprio a causa della loro spocchiosità.
Dunque la speranza del sottoscritto di raccomandare a tutti i viaggiatori della Frontiera una visione di questo film quasi fosse una garanzia assoluta di meraviglia - per quanto distorta potesse essere la stessa - ha finito per tramontare già nei primi dieci minuti in pieno stile Pelham 123 rivisitato in chiave sci-fi di serie molto, molto infima: di consueto una delusione di questo genere meriterebbe le peggiori bottigliate, ma purtroppo per voi - e per il vecchio cowboy che se l'è dovuto sorbire - il lavoro di Takacs non merita neppure quelle, bensì la gradazione alcolica più bassa che il Saloon possa rimediare.
Un filmaccio pessimo neppure degno di essere associato alle grandi perle del trash di genere e non solo, destinato ad essere dimenticato, per nulla sconvolgente - sotto qualsiasi punto di vista - e più simile alle schifezzine da seconda serata - o terza, o del livello delle fiction pomeridiane - che non a qualche guizzo che potrebbe essere definito unico ed inimitabile uscito dall'oceano delle produzioni minori.




MrFord




"Sorry I'm not home right now
I'm walking in the spiderwebs
so leave a message
and I'll call you back
a likely story
but leave a message
and I'll call you back."
No Doubt - "Spiderwebs" - 





giovedì 27 marzo 2014

Thursday's child


La trama (con parole mie): evidentemente la sbornia del periodo a cavallo degli Oscar deve essere stata smaltita molto alla svelta, perchè per l'ennesima settimana ci troviamo di fronte ad una serie di uscite che paiono di ripiego, tra le quali selezionare quelle che, di fatto, potrebbero essere le meno peggio. A questo giro, però, a tenermi lontano da quel pusillanime di Cannibal, si ergerà con tutta la sua fiera postura Capitan America, pronto a segnare un ulteriore passo avanti in direzione dell'attesissimo sequel di Avengers.

Il Soldato Ford si allena per prepararsi all'eliminazione di Capitan Cannibal.
Captain America – The Winter Soldier di Anthony Russo, Joe Russo


Il consiglio di Cannibal: non bastava Ford, pure Captain America! Uffa, captain tutte a me!
Il primo Captain America non sono riuscito a finirlo. Ho abbandonato la visione dopo appena una ventina di minuti. Visto che in questo secondo capitolo compare Scarlett Johansson, e dico Scarlett “Dio bona” Johansson, potrei fare lo sforzo di recuperare il primo solo per potere guardare pure questo, ma non ne sono affatto convinto. Dopotutto già non amo molto i film Marvel/Disney, e poi Captain America è il supereroe per me meno super dell’universo. A parte Ford, il supereroe che combatte in difesa del pessimo cinema.
Il consiglio di Ford: Captain Ford - The Peppa Soldier
Il vecchio Cap. è da sempre uno dei supereroi dal sottoscritto meno amati della scuderia Marvel, una sorta di Superman in versione molto meno potente. Troppo buono, troppo composto, troppo che stroppia.
Eppure il primo film a lui dedicato all'interno del progetto Avengers-centrico mi era parso discreto, e sono molto curioso di vedere questo Soldato d'inverno, tratto da una saga che a fumetti mi era piaciuta molto e che promette di essere decisamente più action rispetto al precedente capitolo.
Dunque siano accantonati i pregiudizi per quella che, probabilmente, sarà la mia visione della settimana.

"Se provi ad uscire con il Soldato Ford ti scateno contro tutti i miei amici conigli!"
Storia di una ladra di libri di Brian Percival


Il consiglio di Cannibal: Ford – Storia di un ladro di VHS di Van Damme
Dopo l’ennesimo film sui supereroi, ecco l’ennesimo film sulla Seconda Guerra Mondiale?
Può darsi di sì, o può darsi di no.
Io Storia di una ladra di libri l’ho già visto e ve ne parlerò presto. Prometto che il mio post sarà più divertente e meno soporifero rispetto alle storie di Ford sulla Seconda Guerra Mondiale…
Ah no, scusate, mi confondo sempre: lui ha combattuto la Prima Guerra Mondiale.
Il consiglio di Ford: Cannibal - Storia di un Cucciolo ben poco eroico.
E' da parecchio che ho in attesa di visione questo film, che pare quasi chiedermi per favore di essere visto e ricordato e che, allo stesso tempo, mi invoglia quanto un pomeriggio a casa Peppa guardando i cartoni e Buffy mangiando latte e biscotti.
Con il suo approdo in sala, temo però che dovrò mettere da parte anche in questo caso i dubbi e concedere una possibilità.
Tranne che al mio quasi ex rivale. Perchè devo pur sempre mantenere vive le speranze che il nostro conflitto mondiale si riaccenda.

"Questo libro è proprio robetta per ragazzini: si vede che l'ha scritto Cannibal Kid!"
Yves Saint Laurent di Jalil Lespert


Il consiglio di Cannibal: io vesto solo Kyd Saint Laurent
Ci sono vari motivi per dare una possibilità a questo film.
Il primo: è francese. E questo sarebbe già un motivo sufficiente, ma non è l’unico.
Il secondo: è un biopic sullo stilista Yves Saint Laurent e i biopic offrono quasi sempre almeno qualche spunto di interesse.
Il terzo: c’è un cast giovane e promettente capitanato da Pierre Niney, visto nella piacevole MILF-comedy 20 anni di meno.
Il quarto: di moda non ne capisco molto, però è un mondo che mi affascina abbastanza.
Il quinto: essendo un film sulla moda, Ford che è sempre fuori moda lo ignorerà alla grande. E questo è un enorme punto in favore della pellicola.
Il consiglio di Ford: io vesto come voglio. E non come mi dice qualche signorino francese.
Se c'è una cosa ben distante dal sottoscritto è il mondo della moda, troppo da damerini e radical chic per poter conquistare la semplice e rettile mente fordiana.
Un biopic, dunque, dedicato ad una delle sue icone è quanto di più lontano ci possa essere dal sottoscritto dopo Cannibal Kid.
Lascio dunque nelle delicate manine del mio antagonista la visione di Yves e compari, mentre io mi siederò a terra con i miei jeans aspettando gli Expendables.

"Katniss Kid con questo vestito starà benissimo!"

Lovelace di Rob Epstein, Jeffrey Friedman


Il consiglio di Cannibal: Hateford
Non solo Yves Saint Laurent. Questa settimana c’è un secondo biopic in uscita, dedicato alla pornostar Linda Lovelace, la protagonista del controverso Gola profonda. Quindi abbiamo un personaggio intrigante, abbiamo il dietro le quinte della lavorazione di una pellicola molto discussa e a suo modo storica e poi abbiamo un’atmosfera porno 70s alla Boogie Nights. Basteranno questi elementi per fare di Lovelace un bel film?
La risposta arriverà a breve, con la recensione di Pensieri Cannibali che sto tenendo in caldo già da un po’ di tempo per voi lettori sporcaccioni.
Il consiglio di Ford: bioporn.
Al contrario del mondo della moda, quello del sesso mi pare decisamente più affine al vecchio Ford.
Non sono un grande patito del porno - la mancanza di una storia solida l'ha sempre reso poco affascinante -, eppure conosco bene Gola profonda, supercult del genere che negli anni settanta fece letteralmente impazzire il pubblico appassionato e non. Il biopic di Linda Lovelace, protagonista assoluta del film in questione, mi incuriosisce non poco, ed essendo in lista da parecchio, penso sarà riesumato proprio in occasione di questa uscita.

"Ti prometto che non ti consiglierò più di andare dal parrucchiere di Cannibal!"
Quando c’era Berlinguer di Walter Veltroni


Il consiglio di Cannibal: quando c’era Ford, allora sì che si stava male
Dopo la presentazione di questo film, cui era presente persino il capo dello stato, che probabilmente non vedeva una pellicola in sala dai tempi dei corti dei Lumiere, c’è chi ha detto che Walter Veltroni è meglio come regista che come politico. C’è anche chi ha detto che non è che ci andasse molto…
Come sia o come non sia, questo documentario dedicato a Enrico Berlinguer, storico segretario del Partito Comunista Italiano, mi lascia già in partenza parecchio dubbioso. Veltroni è un grande appassionato di cinema, scrive per Ciak e potrà anche essere il regista più talentuoso del mondo, però niente mi toglie dalla testa che, se non fosse un politico, difficilmente gli avrebbero fatto girare un film e, se anche ci fosse riuscito, mooolto difficilmente avrebbe fatto delle anteprime con ospite il Presidente della Repubblica e la stampa nazionale al gran completo. Insomma, bravo o no, il solito privilegiato. Come Ford, che ha l’enorme privilegio di condurre una rubrica insieme a me.
Il consiglio di Ford: quando Peppa Kid faceva sul serio, era un piacere battersi con lui.
A volte mi chiedo se cose come vedere Veltroni presentato come il nuovo volto del Cinema italiano impegnato e radical chic accadano anche in altri paesi, in cui giovani registi - magari anche talentuosi - fanno la fame mentre un politico certo non memorabile usa i suoi agganci per spacciarsi da cineasta di un certo livello.
Ora, il film potrà anche essere interessante, dato l'argomento toccato, ma credo proprio non lo vedrò per partito preso - e pare quasi un gioco di parole -: il solo pensiero di quanto gli sia stato costruito attorno solo per il nome sulla locandina mi fa incazzare parecchio. Un po’ come Cannibal ai tempi d'oro.

"Veltroni!? Ma vaff..."
In grazia di Dio di Edoardo Winspeare


Il consiglio di Cannibal: state lontani da questo film, per amor di Dio!
I film precedenti di Edoardo Winspeare non mi avevano mai attirato manco per sbaglio e questo nuovo non fa eccezione. Si preannuncia come l’ennesimo film neo neorealista di cui io posso fare volentieri a meno, lasciando il gravoso compito di visionarlo al gran visir del cinema neorealista della blogosfera, ovvero MrJamesBoring.
Il consiglio di Ford: per amor di dio, lasciamo perdere!
Non sono mai stato un grande fan del finto Cinema impegnato italiano, e nonostante la parziale morìa di titoli interessanti di queste settimane, non penso cercherò conforto in un titolo che pare troppo perfino per me.
Eventualmente, potrei tenerlo come asso nella manica per una visione tortura all'indirizzo del Cucciolo.

"Così quella è Katniss Kid!? E' proprio una sciacquetta!"
La luna su Torino di Davide Ferrario


Il consiglio di Cannibal: la luna nera su Mr. Ford
Di Davide Ferrario ho visto Tutti giù per terra e Dopo mezzanotte, due film niente male, soprattutto per gli standard italiani. Una volta detto questo, non sento l’esigenza immediata di fiondarmi a vedere questa sua nuova fatica, La luna su Torino, così come non sento nemmeno l’esigenza di sconsigliarlo a priori. Potrebbe anzi rivelarsi una piacevole visione.
Prima che pensiate che stia diventando troppo buono, sventolo subito un bel dito medio in faccia a Ford. Così, per pura e sana cattiveria gratuita.
Il consiglio di Ford: la prossima volta che vado a Torino, prima passo a prendere Peppa Kid. E non sentirete più parlare di lui.
Di Ferrario vidi qualche anno fa Dopo mezzanotte, spinto dalla curiosità per una città che mi ha conquistato passo dopo passo anche grazie alla signora Ford, che è riuscita a farmela amare quasi quanto lei.
Non penso sarà una delle mie priorità della settimana, eppure potrebbe perfino rivelarsi una proposta interessante, al contrario di quello che, di norma, offre il nostro Cinema decisamente in decadenza.

"Ma in quale buco di culo del mondo sarà mai Casale!?"
I fratelli Karamazov di Petr Zelenka


Il consiglio di Cannibal: i fratelli karakosa?
Ed ecco la proposta radical-chic fordiana della settimana. Una pellicola della Repubblica Ceca tratta da Dostoevskij addirittura del 2008 che viene fatta uscire solo ora nelle sale italiane, non si sa bene perché. Ho l’impressione che avremmo potuto continuare a vivere benissimo anche senza questo film che si preannuncia come un bel mattonazzo. Buono giusto da tirare sulla capazza dura di Ford.
Il consiglio di Ford: Dostoevskij, aiutaci tu!
Invoco ufficialmente lo spirito del buon vecchio autore di Delitto e castigo nella speranza di capire - magari prima di imbarcarmi in una visione altrimenti da tortura - se questo ripescatissimo titolo proveniente dalla Repubblica Ceca sia una chicca d'essai da recuperare o una roba da martellamento dei cosiddetti.
In assenza di un'illuminazione dall'aldilà, spero intanto che qualche buon samaritano possa vederlo in tempi brevi e postare la recensione in modo da avere almeno un parziale margine.

"Ho letto che Ford e Cannibal stanno andando troppo d'accordo e ho deciso di farla finita."

Cuccioli – Il paese del vento di Sergio Manfio


Il consiglio di Cannibal: ma questo film cuccioloso è da non perdere!
Finalmente è arrivato il film dedicato alle gesta del sottoscritto, il Cucciolo eroico. La storia è semplice ma coinvolgente: riuscirà il coniglione indifeso Cannibal Kid armato della sua sola incoscienza a sconfiggere il perfido mostro James Ford?
Lo scoprirete non sui nostri blog, o almeno di certo non sul mio, ma solo se avrete il coraggio di andare nei cinema…
Il consiglio di Ford: Cuccioli - Il biopic di Cannibal Kid.
Finalmente approda in sala il film manifesto dedicato alla vita del mio rivale, Cannibal Kid.
Un'epopea cucciolosa che farà impazzire tutti gli amanti dei conigli e del radicalchicchismo.
Peccato davvero perderselo. Andate e godetene tutti.
Io, nel frattempo, resto a casa a vedere qualche vero film.

Foto di gruppo degli amici di Peppa Kid.

mercoledì 26 marzo 2014

The fantastic four - White Russian Edition -

La trama (con parole mie): giornata di celebrazioni, quella del 26 marzo, qui al Saloon. Esattamente quattro anni fa, in una nottata alimentata da diversi Jagermeister, nasceva White Russian Cinema. Onestamente, se qualcuno me l'avesse chiesto proprio in quel momento, non avrei mai e poi mai scommesso che, a distanza di così tanto tempo, sarei stato ancora qui a dire la mia, seguendo questa scombinata creatura quasi fosse una sorta di secondo ed appassionato lavoro.
Ma ci sono, e dunque, mi ci tuffo, come si conviene ad ogni esploratore della Frontiera che si rispetti.






Se vivessimo in un mondo perfetto - per dirla come Clint - stasera vi farei tutti venire a prendere - magari non proprio tutti, in fondo sono pur sempre uno stronzo - per uscire e regalarci una sbronza collettiva di quelle memorabili e festeggiare il quarto compleanno del blog, vedervi finalmente tutti - sì, perfino tu, Peppa Kid - faccia a faccia e spassarcela come se non ci fosse un domani.
Ma dato che non è così mi accontento, almeno per il momento, di un brindisi virtuale con ognuno di voi, che giorno dopo giorno continuate ad alimentare la mia già grande passione per il Cinema e a tornare da queste parti pronti a stimolare il sottoscritto a proseguire nel suo viaggio.
In particolare e per primi ringrazio ovviamente Julez e il Fordino, che rendono speciali le mie giornate e che continano a salvarmi, di conseguenza salvando anche queste pagine.
Dunque il mio fratellino Dembo, che ho conosciuto proprio grazie al blog e che ora, nonostante con la vita da padri ci si veda meno di prima, continuo a sentire come una parte di me.
E come non citare - una volta ancora - il Cannibale? Questi anni sarebbero stati indubbiamente meno stimolanti e divertenti senza la nostra rivalità, che in qualche modo ci ha spinti entrambi più in alto e che, nonostante in questo periodo sia piuttosto sopita, continua ad essere uno degli spunti più interessanti con i quali avere a che fare.
Ma non sono solo i protagonisti della mia vita - quotidiana e qui nella blogosfera - a rendere questo luogo quello che è: ogni singolo avventore, commento, lettura, visita in cerca di un'immagine da utilizzare è un passo avanti di quello che, quattro anni fa, era solo ed esclusivamente una visione alcolica notturna.
Considerato che dovrei citare con gratitudine chiunque abbia lasciato il suo segno da queste parti, ma che non voglio trasformare questa festa in una sorta di retorica lista della spesa, lascio che sia il "nostro" Cinema a parlare, e ad alzare i calici con noi.


MrFord




martedì 25 marzo 2014

Pompei

Regia: Paul W. S. Anderson
Origine: Canada, Germania, USA
Anno: 2014
Durata: 105'





La trama (con parole mie): Milo, scampato ad un massacro operato dai romani in territori celti e finito in schiavitù come gladiatore, spinto dalle sue vittorie nell'arena, è acquistato per rendere ancora più interessanti i giochi che dovrebbero rilanciare Pompei agli occhi di Roma, da poco tempo governata dal nuovo imperatore Tito.
Il senatore Corvus, inviato dallo stesso, ha il compito di trattare proprio affinchè vengano stanziati fondi per la costruzione di nuove terme e di un'area dedicata ai combattimenti che dovrebbero rendere la città alle pendici del Vesuvio uno dei centri più importanti dopo la Capitale.
Cassia, figlia di uno dei cittadini più influenti di Pompei, fa ritorno a casa dopo un anno di vita a Roma per evitare le attenzione di politici e squali come Corvus, sperando di ritrovare la gioia della terra natìa.
Atticus, gladiatore giunto alla vigilia del suo ultimo combattimento prima della libertà guadagnata scontro dopo scontro e fedele alla legge romana, attende soltanto di mietere l'ultima vittima prima di smettere i panni dello schiavo.
Le loro vite si incroceranno a seguito dei drammatici eventi legati all'eruzione del 79 D. C.








Quasi mi dispiace, massacrare un film come Pompei.
In fondo, potrebbe sembrare che nutra una sorta di curioso rancore verso Paul W. S. Anderson, che di norma è considerato da queste parti come una sorta di garanzia quasi assoluta di schifezza atomica.
Come se il pregiudizio ed il partire prevenuto possa, in qualche modo, minare l'effettiva efficacia dei lavori del suddetto.
Eppure, credetemi, io al buon Paul W. S. voglio proprio bene: perchè senza di lui, questi anni trascorsi dall'apertura del Saloon non sarebbero stati gli stessi, ed i Ford Awards dedicati al peggio si sarebbero visti privare di uno dei loro protagonisti indiscussi, un vero Maestro quando si tratta di proporre al pubblico qualcosa di assolutamente pacchiano ed inguardabile, eppure sempre in una certa misura divertente.
Pompei, ultima fatica del regista di cose "memorabili" come I tre moschettieri, mantiene alta la sua bandiera sotto tutti gli aspetti: prendendo spunto dall'eruzione che nel 79 D. C. distrusse completamente Pompei ed i comuni limitrofi e che ancora oggi è ricordata come una delle più spaventose avvenute in Europa, l'Anderson dei poveri cerca da par suo di creare un cocktail pescando a piene mani e senza ritegno da Il gladiatore, la serie di Spartacus, Titanic, The impossible - a quale degli spettatori di Pompei non è tornato in mente, grazie alla sequenza del porto distrutto dal maremoto, lo tsunami che colpì pochi anni or sono il Sud Est asiatico? - regalando di conseguenza una delle pellicole fin da ora candidate al "contropodio" di fine anno, concentrato di melassa hollywoodiana, effettoni da incontrollato 3D, script da fiction televisiva e chi più ne ha, più ne metta.
Eppure, e sempre per non apparire come il professore pronto ad accanirsi sempre e comunque sull'ultimo della classe, ammetto di non essere riuscito a considerare davvero nociva questa schifezza clamorosa: così come per il recente Hercules, Pompei mantiene in qualche modo un'aura naif capace di evitargli quantomeno le bottigliate più dolorose, ed il risentimento o l'incazzatura del sottoscritto.
Non so se questo sia stato possibile grazie ad un cast pescato in gran parte da serie tv che ho amato ed amo ancora alla follia - dal Kit Harington/Jon Snow di Game of thrones al Kiefer Sutherland/Jack Bauer di 24, passando dalle parti di Oz e Lost grazie a Adewale Akinnuoye-Agbaye e di Mad men e Fringe con Jared Harris - o al fascino che eventi naturali catastrofici riescono comunque ad esercitare sul pubblico ed il sottoscritto, ma il risultato ha consentito, malgrado il livello infimo, a questa robetta di passare più che altro per il puro e semplice intrattenimento a neuroni zero tipico delle serate in cui la stanchezza finisce per farla da padrona.
Forse ho finito per rammollirmi, negli ultimi tempi, eppure quando guardo z-movies di questa risma prodotti con tutti i limiti riconosciuti di chi ci lavora non ho neppure lontanamente la stessa voglia di menare fendenti con i vuoti delle bevute che avrei rispetto ad un lavoro più autoriale ma, di contro, spocchioso e deludente rispetto alle aspettative della vigilia: Pompei è quello che è, un film da poco.
Non c'è da aspettarsi altro, ed in questo senso le aspettative non sono per nulla tradite.
Ed in qualche modo è confortante.
Un pò come sapere che, fin dall'inizio del film, nessuno dei personaggi - dai più zuccherosi ai più irritanti - troverà scampo da quello che è stato uno dei disastri naturali più clamorosi della Storia antica.
E, per parafrasare Julez, anche essere sicuri che di questa pellicola non potranno mai - almeno si spera - produrre un sequel.




MrFord



"Don't hold yourself like that
cause You'll hurt your knees
well I kissed your mouth, and back
but that's all I need
don't build your world around
volcanoes melt you down."
Damien Rice - "Volcano" - 


         


lunedì 24 marzo 2014

True detective

Produzione: HBO
Origine: USA
Anno:
2014
Episodi: 8




La trama (con parole mie): Marty Hart e Rust Cohle sono due detectives dalle vite e dai metodi diametralmente opposti, messi in coppia ed al lavoro su un terrificante caso di omicidio avvenuto in Louisiana nel 1995. Il primo, padre di due figlie pronto a concedersi ad alcool e scappatelle, è un uomo sempre in cerca di contatto e conferme, il secondo un lupo solitario metodico e maniacale proprio come un serial killer, che ha un passato di violenze legate al padre, al suo incarico di infiltrato per la narcotici e alla morte della moglie e della figlia. Quando il caso cui lavorano li porta ad una pista che apparentemente coinvolge un alto prelato della zona la vicenda si complica, comportando strascichi nelle vite private dei due investigatori ed una coda che li condurrà, diciassette anni dopo quell'incarico, ad essere interrogati da due colleghi più giovani e a tornare in pista per mettere le mani su un colpevole scampato alla cattura ai tempi.





Il lato oscuro dell'Uomo è da sempre una delle tematiche rispetto alle quali il sottoscritto mostra più sensibilità, che si parli di romanzi, film o serie tv: ai tempi in cui fu annunciata True detective, proposta di lusso - a partire dal cast - targata HBO - già di suo una sorta di garanzia di qualità - l'impressione che mi sarei trovato di fronte ad uno dei cult del piccolo schermo di questo duemilaquattordici ha finito per alzare l'hype di parecchio, tanto da rimandare la visione del primo episodio quasi avessi timore di un flop in pieno stile The following.
Fortunatamente, siano ringraziati Nic Pizzolatto, McConaughey - fresco di Oscar e sempre più bravo, in grado di regalare uno dei charachers più importanti della Storia recente della televisione, Rust Cohle - e Harrelson, True detective ha finito per rivelarsi una delle cose migliori che il Saloon abbia approcciato negli ultimi mesi, in grado di mescolare ad un'ambientazione southern di quelle tanto gradite al sottoscritto elementi che corrono da Mystic river a Se7en, senza dimenticare chicche come Memories of murder o Twin Peaks - i riferimenti all'uomo con le cicatrici sono stati talmente agghiaccianti da ricordarmi i tempi in cui Bob riusciva a scatenare puro terrore nell'allora piccolo Ford -.
Ma scrivere in modo assolutamente freddo delle interpretazioni di qualità decisamente cinematografica dei protagonisti, della sceneggiatura curata sotto ogni aspetto, della regia pulitissima ed autoriale di Fukunaga, della resa del prodotto finale mi pare decisamente limitante per qualcosa di notevole come True detective: poche volte, che si tratti di tv o settima arte, infatti, si è deciso di esplorare con lo stesso coraggio il lato oscuro dell'anima umana, capace di portare noi che ci conviviamo nei recessi più profondi che la Natura abbia mai disegnato per le sue creature con la stessa facilità con la quale si affronta la quotidianità all'apparenza più banale, e che inevitabilmente finisce per salvarci proprio grazie alla sua semplicità da tutto quello che rappresenta la disperata voracità del lato oltre il confine.
Rust e Marty, così diversi eppure entrambi inesorabilmente attratti dal conflitto tra stelle e buio profondo, divengono episodio dopo episodio alfieri (im)perfetti della lotta che l'Uomo intraprende contro se stesso prima ancora che contro gli esponenti più terrificanti della sua specie: i due investigatori sono antieroi sempre al limite, peccatori passionali e profondi, esploratori di un mondo selvaggio e senza perdono, dalle paludi del bayou ai salotti di un'elite religiosa e politica quasi più mostruosa della selvaggia nemesi che chiuderà questo capitolo delle vite dei protagonisti - ed una prima stagione che spero vivamente possa essere seguita da una seconda altrettanto sorprendente -, uno psicopatico imponente ed ipnotico che è riuscito a ricordarmi addirittura due casi illustri, il Giudice Holden di Meridiano di sangue ed il Colonnello Kurtz di Apocalypse now.
Ed opposti all'orrore - e tutti noi ben sappiamo che la violenza sui bambini è il peggiore che si possa immaginare - questi due uomini segnati dalla vita, dall'aura di dannazione simile a quella dell'Hole di Nesbo: Marty, con i doveri di padre ed i peccati dell'uomo, il gregario pronto a diventare protagonista, e Rust, dal piglio da Uomo e lo sguardo tagliente, la follia da visioni e l'impermeabilità apparente al mondo.
Due di quelli che paiono non farcela e ai quali affideresti comunque la vita.
Due che ci sono. Nel senso fisico e non solo.
Perchè nonostante tutto quel buio attorno, non è detto che non siano le stelle, quelle che stanno vincendo la partita.



MrFord



"Well, you're my friend, and can you see?
Many times, we've been out drinking;
many times we shared our thoughts.
But did you ever, ever notice, the kind of thoughts I got?
Well, you know I have a love; a love for everyone I know.
And you know I have a drive, to live I won't let go.
But can you see its opposition, comes rising up sometimes?
That its dreadful imposition, comes blacking in my mind?"
Johnny Cash - "I see a darkness" - 



domenica 23 marzo 2014

Il figlio di Chucky

Regia: Don Mancini
Origine: USA
Anno: 2004
Durata: 87'





La trama (con parole mie): Chucky e Tiffany, morti al termine della lotta con i due innamorati del capitolo precedente, si trovano ad Hollywood, utilizzati come bambole per le riprese di un film ispirato proprio alle loro gesta. Quando il loro figlio, Glen, credutosi orfano per tutta la vita, scopre di portare un segno inequivocabile che indica la paternità di Chucky, fugge dal suo carceriere - un artista di strada di dubbia morale in Inghilterra - e una volta raggiunti mamma e papà si prodiga a resuscitarli grazie all'ormai noto rituale voodoo che aveva dato origine alla leggenda di Chucky stesso.
Tornati alla vita, i due improbabili genitori si ritroveranno a fare i conti con il loro nuovo ruolo e con i tentativi di Jennifer Tilly di riuscire ad essere apprezzata come attrice di successo, cercando di fare di lei e del regista che ha preso di mira i loro nuovi corpi ospiti.







Considerati i picchi di turpiloquio ed umorismo nerissimo cui il vecchio Chucky mi aveva abituato nei precedenti quattro capitoli della sua tanto trash quanto fortunata saga cinematografica, non mi sarei mai aspettato che la pur sorprendente bambola assassina sarebbe riuscita perfino a fare di meglio: sovvertendo le aspettative, invece, la saga porta a casa un quinto capitolo clamorosamente divertente, girato al limite del b-movie e, non ho paura di ammetterlo, forse il più interessante tra quelli visti fino a questo punto.
Perchè, a dispetto dell'infima qualità tecnica del lavoro di Mancini - per la prima volta passato da creatore dei personaggi a regista e sceneggiatore -, se si esclude il consueto ottimo comparto dedicato ai movimenti delle bambole, l'approccio assolutamente ironico nonchè metacinematografico alla storia che questa volta vede i redivivi Chucky e Tiffany alle prese con i capricci delle star di Hollywood regala una marcia in più all'intera pellicola, ed una consistente serie di scene già cult in casa Ford, da Britney Spears buttata fuori strada - Chucky che ridacchiando afferma "Ups! I did it again!" è impagabile - alla battaglia tra i due improbabili genitori per decidere il sesso dell'efebico Glen/Glenda, nato sul finire del film precedente e responsabile del tormentone legato al "made in Japan", anch'esso difficilmente dimenticabile.
L'utilizzo, inoltre, di Jennifer Tilly - l'attrice che impersonò Tiffany prima della trasformazione e che presta la voce nell'edizione originale alla metà di Chucky - come vittima predestinata di questo capitolo è assolutamente geniale, dall'autoironia sfoggiata dall'attrice - nota principalmente per le sue tette e per aver recitato nel lesbo thriller Bound, che nel corso degli anni novanta popolò i sogni erotici anche del Ford adolescente - alla sua rappresentazione della vacuità del mondo dorato della Hollywood che non conta troppo, pronta a tutto pur di percorrere la strada del successo.
Abbandonata dunque completamente la vena horror dei primi due film e concentratosi quasi esclusivamente su quella comico/sanguinosa - la visita dal paparazzo di Chucky e Glen, la chiamata al telefono amico di Tiffany, le ripetute e spassosissime citazioni cinematografiche, da Shining a Rosemary's baby -, Don Mancini sforna un ritratto a suo modo unico della famiglia disfunzionale, concedendosi felicemente parentesi splatter - la morte dell'assistente di Jennifer Tilly, l'incubo ricorrente di Glen - ed un finale in grado di confermare lo spessore di Chucky come charachter unico ed assolutamente carismatico nel panorama dei mostri da grande schermo: la stessa dichiarazione dell'ex serial killer ormai convinto a non cercare più un corpo ospite per la sua anima rimanendo fedele alla nuova natura di pupazzo malvagio e praticamente immortale - con tanto di dichiarazione gridata ai quattro venti "Io sono la bambola assassina" - che non esclude l'ormai consueto rituale di richiamo a Damballah, divinità voodoo che aveva reso possibile il primo passaggio dell'anima del fu Charles nel "corpo" di Chucky, diviene dunque una sorta di dichiarazione al mondo intero che il piccolo, sboccato, scalmanato, sanguinario pupazzo non ha intenzione di mollare i suoi panni così come il palcoscenico della settima arte.
Onestamente, al Saloon non possiamo che essere felici di sapere che questo piccolo bastardo continua ad essere in giro.




MrFord




"Mom and dad you're beautiful,
with bullet holes in your skull.
And red looks good on you too,
good-bye, Good riddance I hate you!"
Murderdolls - "The devil made me do it" -




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