Regia: Andrea Arnold
Origine: UK
Anno: 2009
Durata: 123'
La trama (con parole mie): Mia ha quindici anni, vive nel profondo dell'Essex e nel disagio delle periferie, sogna di diventare una ballerina, ha una madre ed una sorella minore con le quali convive a fatica ed è in lotta con il mondo e la vita.
Quando proprio la genitrice trova un nuovo fidanzato - il comunicativo e sempre disponibile Connor - e lo invita a trasferirsi da loro, la vita della ragazza viene completamente travolta: uscire dal guscio diviene un'occasione per confrontarsi con se stessa e provare di poter essere migliore di chi l'ha messa al mondo, di fatto relegandola alla lotta cui paiono essere destinate le adolescenti come lei e, in breve, sua sorella.
Ma l'uomo nasconde un segreto che riporterà Mia ed i suoi sogni ad una dimensione decisamente più reale.
E così uno dei film indipendenti più celebrati e premiati degli ultimi anni è giunto - con colpevole ritardo, lo ammetto - anche sugli schermi di casa Ford: praticamente da sempre ho provato una certa simpatia istintiva per il Cinema sociale britannico, anche e soprattutto grazie alla scoperta, ormai parecchio tempo fa, di un certo Ken Loach che è riuscito a crescermi come spettatore e non solo a suon di cazzotti sui denti grazie a perle quali My name is Joe - forse il suo film che preferisco ancora oggi -, che ricordano quanto sia dura vivere sogni e speranze quando si nasce in una periferia che può nascondere mondi e futuri quotidianamente messi alla prova da un presente spesso e volentieri ingombrante e privo di prospettive.
Fish tank - l'acquario dei pesci, per tradurlo liberamente, quasi fosse un'immagine finto poetica -, premiato a Cannes ed osannatissimo in rete e oltre, si inserisce alla perfezione nella tradizione del buon Ken strizzando l'occhio alle generazioni attuali legate ad Mtv e a prodotti più leggeri come Misfits senza dimenticare quanto, ai Festival - e soprattutto sulla Croisette -, vengano apprezzate le pellicole neorealiste di chiara ispirazione dardenniana: un film tosto, che si dibatte e sbatte contro le pareti trasparenti del suddetto acquario sperando di sfondarlo a suon di testate, ben scritto ed interpretato ottimamente da un cast che rende benissimo l'idea della strada trascinato da un come al solito ottimo Michael Fassbender, ormai certezza del Cinema europeo e non solo.
Eppure, nonostante un impatto emotivo non indifferente ed una sorta di partecipazione che cresce nello spettatore a dispetto del fatto che non esista, di fatto, un personaggio con il quale empatizzare fino in fondo, ho trovato Fish tank un ritratto fin troppo simile alla sua protagonista: una pellicola con ottime potenzialità che combatte fino a ritrovarsi sfinita e senza le energie necessarie a sferrare il colpo decisivo per rimanere davvero impressa nella storia da spettatore di chi vi si pone innanzi.
Rispetto a pietre miliari quali This is England - altro titolo associabile al lavoro di Andrea Arnold -, infatti, la vicenda di Mia non riesce a superare il confine dell'incompiutezza che la giovane vive sulla sua pelle, ritratto perfetto della rabbia tutta adolescenziale per una vita che pare sempre - e forse lo è, a ben vedere - ingiusta e dall'altra parte della barricata: un personaggio scomodo, non piacevole, che fa tenerezza nei suoi tentativi di liberare la vecchia cavalla come se fosse il simbolo della sua stessa libertà e rabbia rispetto all'ostinazione di affrontare a muso duro ogni tentativo di entrare nel mondo che lei stessa non vuole altro - e disperatamente - che far conoscere e condividere: in questo senso, il confronto con l'amica ed il suo nuovo gruppo ad inizio pellicola e la gita con Connor, la madre e la sorella dalla pesca del pesce al ballo nel parcheggio rendono perfettamente l'idea, e risultano tra le più efficaci di una pellicola forse discontinua, ma sicuramente interessante anche nei suoi difetti.
Proprio Connor - cui presta presenza e fisicità il già citato Fassbender - è la benzina che accende la miccia della vera rivolta di Mia, iniziata come un atto di emancipazione rispetto alla madre, proseguita come la scoperta dell'amarezza che l'amore - o qualunque cosa sia - può riservare soprattutto quando non si è maturi abbastanza per comprenderne i rischi e conclusa con un confronto che vede sempre i più piccoli ed indifesi - pur se in modo diverso - fuggire dal proprio predatore, nel passaggio più drammatico e terribile della pellicola, risolto alla grande dalla regista - di fatto, il doppio faccia a faccia tra Mia e Keira prima e Mia e Connor poi risulta essere l'unico vero lampo di genio della Arnold -: attorno, una cornice di miseria umana e sociale che ricorda quella affrontata dalla Rosetta dei - di nuovo - Fratelli Dardenne e della sua ispiratrice, la Mouchette di Bresson, che anticipò perfino i malesseri della crescita del Doinel di Truffaut.
Un film da vedere a cuore aperto, senza soffermarsi troppo sui carrelli laterali o le immagini poetiche a volte inserite soltanto per "fare numero", concentrandosi sulla sua poco avvicinabile antieroina lasciando che la memoria riporti anche noi al periodo in cui, con le ossa ancora fragili, ci affacciavamo sulla vita adulta con la voglia di menare le mani senza sapere che, alla fine, le prime vittime di uno scontro saremmo stati proprio noi.
Soltanto quando il presente non sarà più abbastanza e Mia deciderà di muoversi verso il futuro - che non sarà roseo, ma rappresenterà comunque qualcosa - le cose parranno davvero mettersi in moto, e lo stesso abbraccio alla sorella poco prima della partenza diverrà una testimonianza sentita e profonda del cambiamento: verrebbe da chiedersi cosa accadrebbe se la regista decidesse di legare un'intera storia di crescita e ben più di un lungometraggio alla sua protagonista, portando Katie Jarvis con lei come fece il già citato Truffaut da I quattrocento colpi in avanti.
Forse ci troveremmo al principio di un percorso straordinario.
E anche questo imperfetto punto di partenza assumerebbe un significato ancora più importante.
Un pò come l'adolescenza.
Un pò come la vita.
Uscire fuori dall'acquario e vedere com'è il mondo.
Anche quando potrebbe voler dire finire infilzati dal primo Connor cui si crede di dovere il cuore - e non solo -.
MrFord
"Ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa, che sia vera
ogni adolescenza coincide con la guerra
e così sempre sarà."
Tre Allegri Ragazzi Morti - "Ogni adolescenza" -
Eppure, nonostante un impatto emotivo non indifferente ed una sorta di partecipazione che cresce nello spettatore a dispetto del fatto che non esista, di fatto, un personaggio con il quale empatizzare fino in fondo, ho trovato Fish tank un ritratto fin troppo simile alla sua protagonista: una pellicola con ottime potenzialità che combatte fino a ritrovarsi sfinita e senza le energie necessarie a sferrare il colpo decisivo per rimanere davvero impressa nella storia da spettatore di chi vi si pone innanzi.
Rispetto a pietre miliari quali This is England - altro titolo associabile al lavoro di Andrea Arnold -, infatti, la vicenda di Mia non riesce a superare il confine dell'incompiutezza che la giovane vive sulla sua pelle, ritratto perfetto della rabbia tutta adolescenziale per una vita che pare sempre - e forse lo è, a ben vedere - ingiusta e dall'altra parte della barricata: un personaggio scomodo, non piacevole, che fa tenerezza nei suoi tentativi di liberare la vecchia cavalla come se fosse il simbolo della sua stessa libertà e rabbia rispetto all'ostinazione di affrontare a muso duro ogni tentativo di entrare nel mondo che lei stessa non vuole altro - e disperatamente - che far conoscere e condividere: in questo senso, il confronto con l'amica ed il suo nuovo gruppo ad inizio pellicola e la gita con Connor, la madre e la sorella dalla pesca del pesce al ballo nel parcheggio rendono perfettamente l'idea, e risultano tra le più efficaci di una pellicola forse discontinua, ma sicuramente interessante anche nei suoi difetti.
Proprio Connor - cui presta presenza e fisicità il già citato Fassbender - è la benzina che accende la miccia della vera rivolta di Mia, iniziata come un atto di emancipazione rispetto alla madre, proseguita come la scoperta dell'amarezza che l'amore - o qualunque cosa sia - può riservare soprattutto quando non si è maturi abbastanza per comprenderne i rischi e conclusa con un confronto che vede sempre i più piccoli ed indifesi - pur se in modo diverso - fuggire dal proprio predatore, nel passaggio più drammatico e terribile della pellicola, risolto alla grande dalla regista - di fatto, il doppio faccia a faccia tra Mia e Keira prima e Mia e Connor poi risulta essere l'unico vero lampo di genio della Arnold -: attorno, una cornice di miseria umana e sociale che ricorda quella affrontata dalla Rosetta dei - di nuovo - Fratelli Dardenne e della sua ispiratrice, la Mouchette di Bresson, che anticipò perfino i malesseri della crescita del Doinel di Truffaut.
Un film da vedere a cuore aperto, senza soffermarsi troppo sui carrelli laterali o le immagini poetiche a volte inserite soltanto per "fare numero", concentrandosi sulla sua poco avvicinabile antieroina lasciando che la memoria riporti anche noi al periodo in cui, con le ossa ancora fragili, ci affacciavamo sulla vita adulta con la voglia di menare le mani senza sapere che, alla fine, le prime vittime di uno scontro saremmo stati proprio noi.
Soltanto quando il presente non sarà più abbastanza e Mia deciderà di muoversi verso il futuro - che non sarà roseo, ma rappresenterà comunque qualcosa - le cose parranno davvero mettersi in moto, e lo stesso abbraccio alla sorella poco prima della partenza diverrà una testimonianza sentita e profonda del cambiamento: verrebbe da chiedersi cosa accadrebbe se la regista decidesse di legare un'intera storia di crescita e ben più di un lungometraggio alla sua protagonista, portando Katie Jarvis con lei come fece il già citato Truffaut da I quattrocento colpi in avanti.
Forse ci troveremmo al principio di un percorso straordinario.
E anche questo imperfetto punto di partenza assumerebbe un significato ancora più importante.
Un pò come l'adolescenza.
Un pò come la vita.
Uscire fuori dall'acquario e vedere com'è il mondo.
Anche quando potrebbe voler dire finire infilzati dal primo Connor cui si crede di dovere il cuore - e non solo -.
MrFord
"Ogni adolescenza coincide con la guerra
che sia falsa, che sia vera
ogni adolescenza coincide con la guerra
e così sempre sarà."
Tre Allegri Ragazzi Morti - "Ogni adolescenza" -